Archivi giornalieri: 4 Marzo 2009

Su alcuni metodi di previsione dell'attività solare (parte seconda)

I metodi geomagnetici, esposti nella parte prima presentano alcune difficoltà, come abbiamo sottolineato. In questa seconda, analizzeremo altri tre metodi di previsione sull’attività solare, facendo emergere anche qui i limiti in cui questi incorrono.

Metodo di Schatten

Il metodo, fondato sull’intensità del campo magnetico dipolare, fu utilizzato per la prima volta da Schatten e da altri suoi collaboratori (1978). Egli osservò che le intensità del campo magnetico solare, misurate ai poli geografici del sole, eseguite vicino ad un minimo solare, potevano essere utilizzate per prevedere l’ampiezza del seguente massimo. Hathaway riporta una previsione determinata nel 2005 da Svalgaard e Cliver, due eminenti fisici solari, utilizzando questo metodo. Costoro prevedono un ciclo debole, il più debole degli ultimi cento anni, pari a un numero massimo di macchie di 75±30 (osserviamo che l’errore su tale previsione è stato corretto da Hathaway, in quanto i due avevano fornito il valore di 75±8). Questo metodo presenta alcune debolezze che lo stesso Hathaway ci fa notare: «Un problema di questa tecnica è che abbiamo i dati del campo polare solo degli ultimi tre cicli. Un secondo problema è la mancanza di indicazioni su quando le misure polari devono essere fatte». Il metodo di Schatten non è ancora pienamente testato e presenta lo stesso problema dei metodi geomagnetici: i campi magnetici polari devono essere misurati vicino al minimo del ciclo solare, ma come individuarlo è un problema, specialmente di fronte a questo minimo prolungato.

Metodi fondati su modelli dinamo solari

Gli astrofisici per fare previsioni sull’attività del sole utilizzano anche metodi che si fondano sui cosiddetti modelli dinamo, con tale termine si intende il processo fisico che genera il campo magnetico solare, che come ben sappiamo è la causa determinante della formazione delle macchie solari. L’importanza di tali modelli non è solo nella capacità predittiva di un nuovo ciclo, ma anche nella comprensione stessa del funzionamento della nostra stella come di altre nell’Universo. Ci soffermeremo su due modelli in particolare, ma eviteremo di entrare in dettaglio in quanto troppo complessi.

a) Metodo di Diptaki e altri

Questo metodo, utilizzato da Diptaki, De Toma e altri nel 2006, è fondato su un modello dinamo dominato da un flusso meridionale ed usa i dati sulle dimensioni e sulla posizione delle macchie per predire l’attività di un ciclo successivo. Essi sono riusciti con questo metodo a riprodurre l’intensità dei cicli solari dal 12 al 23 con una notevole precisione e prevedono per il 24 un ciclo forte, pari a 165±15 come massimo numero di macchie. Come ci indica Hathaway, anche tale metodo non è esente da alcuni problemi: 1) Diptaki e altri hanno utilizzato dei dati sulle dimensioni del ciclo 20, aumentate di un valore pari al 20%, e sono riusciti a prevederlo con una buona precisione, tuttavia i cicli successivi sono stati previsti accuratamente nonostante l’errore nell’input dei dati; 2) Il modello suppone che il flusso meridionale di plasma (gas ionizzato) sia costante nel tempo, il che non è sempre vero; 3) Sappiamo che all’inizio di un ciclo solare le macchie compaiono ad una latitudine di 35º per poi spostarsi linearmente a 5º alla fine degli undici anni del ciclo. Una migliore rappresentazione dello spostamento delle macchie sarebbe una traiettoria parabolica da 25º a 8º.

b) Metodo di Choudhuri e altri

Questo metodo proposto da Choudhuri, Chatterjie e Jiang nel 2007 è basato su un modello dinamo dominato dalla diffusione e ha portato a prevedere un ciclo 24 molto debole con numero massimo di macchie pari a 75±30. Vediamo alcuni problemi che presenta: 1) Il modello dinamo proposto da Choudhuri e altri fornisce cicli di 14 anni. Essi hanno dovuto, pertanto, modificare i parametri per cicli di 11 anni, ma non hanno indicato in che modo questi cambiamenti potessero influenzare altri aspetti del loro modello; 2) Nel loro modello usano i dati sull’intensità dei campi magnetici polari, quindi hanno solo tre cicli per un confronto. È interessante far notare come i promotori di questi due metodi abbiano avuto un’accesa discussione per difendere i loro modelli dinamo e le previsioni fornite sul nuovo ciclo solare.

Riepiloghiamo tutte le previsioni sul ciclo 24 fornite da questi metodi:

Metodi geomagnetici: 105±30 (valore che è la media di quello ottenuto dal metodo di Feynman e Thompson ricavato da Hathaway);

Metodo di Schatten:75±30 (previsione fornita da Svalgaard);

Metodo di Diptaki: 165±15;

Metodo di Choudhuri: 75±30.

Domanda: Il nuovo ciclo sarà forte, debole o intermedio? Come potrete notare non c’è una risposta univoca da parte degli astrofisici, ma il tutto dipende da quanta importanza dà ogni ricercatore a un determinato metodo. In questi due articoli ci siamo soffermati solo su alcuni dei metodi di previsione dell’attività solare, ma ve ne sono tantissimi altri che potrebbero essere analizzati. Questo nuovo ciclo potrebbe farci capire quali di questi potrebbero essere affidabili e quali meno e per quanto riguarda quelli fondati su modelli dinamo, aiutarci a eliminare quelli errati, per poter comprendere meglio il funzionamento della nostra amata stella.

Fonti: http://www.iiap.res.in/ever/PDF/arnab_evershed.pdf

http://192.211.16.13/z/zita/articles/Dik06GRLMar.pdf

http://www.leif.org/research/Cycle%2024%20Prediction%20Lund.pdf

http://solarscience.msfc.nasa.gov/presentations/20090207Astrofest_SunspotCycle.ppt.

Scritto da Angelo

Gli inverni nella PEG (parte seconda)

Nel precedente articolo abbiamo fatto una premessa, anche se con nessuna spiegazione scientifica, non mi voliate male mica lo faccio apposta, diciamo che ufficialmente lo faccio per avere un approccio da appassionato ma realmente è che non saprei cosa dire. Detto questo continuiamo da dove ci eravamo lasciati, e si incomincia a parlare del 1400, partito subito alla grande. Si parte subito con l’inverno 1407/08, divenuto famoso per essere il più freddo del millennio ( peccato ci sia una assenza di dati delle temperature, in fondo il termometro venne inventato 300 anni dopo ), dove il Tamigi restò gelato per ben 14 settimane, circa 3 mesi e mezzo, la neve a Firenze superò i 60cm e in tutta Italia gli alberi “scoppiarono” per il freddo. Si hanno notizie che il ghiaccio arrivo fino alla scozia ed invase parte del mar nero. Un altro inverno fu il 1409/10 dove in Italia nevicò per circa 1 mese quasi tutti i giorni, lo si ricorda per il fatto che il vino congelò nelle botti. Passiamo poi al 1431/32 terribile anche lui, con gelo in Europa da Novembre a Marzo, periodo lungo il quale i fiumi Tedeschi rimasero ghiacciati, la laguna veneta ghiacciò fino in profondità tanto da permettere il passaggio dei carri, l’unico modo per approvvigionare la città, anche il Po gelò e rimase così per circa 2 mesi, da segnalare infine per quell’inverno l’assenza quasi totale della neve nelle alpi, probabilmente i mesi invernali furono segnati da continue correnti da est, proprio grazie al già citato Orso Russo. Segnalo il Tamigi gelato anche nel 1433/34. Si susseguì un periodo disastroso per l’agricoltura e la vegetazione, dal 1450 al 1480 in quasi tutti gli inverni i fiumi gelavano e i raccolti venivano distrutti dal freddo, in più occasioni gelò la laguna veneta e il Tamigi. Passiamo quindi alla fine del secolo dove una coppia di inverni mise a dura prova l’Europa in generale, il 1489/90 e il 1490/91. Nel primo si segnalano gare di corsa con i cavalli a Venezia sul Canal Grande e a Firenze sull’Arno, a Venezia inoltre nevicò per 12 giorni consecutivi e nella Pianura Padana la neve rimase al suolo fino a Marzo. Il secondo si fa sentire anche in Europa dove i fiumi Francesi rimasero gelati per 10 settimane, 2 mesi e mezzo, la laguna veneta ghiaccia ancora, ma quell’inverno resterà alla storia per aver portato la neve a Bologna il 1° Giugno, 32cm di accumulo, e a Ferrara il 4 con gelate successive. Da segnalare anche il 1492/93 dove a Firenze la neve supero i 60cm di accumulo e dalle testimonianze si pensa che la temperatura possa aver raggiunto valori inferiori a quelli del Gennaio 85. Da li seguì un periodo più mite per gli inverni, una parentesi di calma del clima che portò alla fioritura delle rose in Francia ad inizio 1500 nel mese di Gennaio. Poi arrivò l’inverno 1505/06, che rimise le cose a posto ( per l’epoca ), gelarono i fiumi europei ed italiani, la laguna veneta e addirittura il mare nel porto di Marsiglia, gela anche il Tamigi. Si passa poi al 1509/10 dove la neve raggiunse i 60cm a Firenze ( dove sapere che non è una coincidenza che siano sempre 60 i cm di accumulo di Firenze, all’epoca veniva usata una unità di misura, che valeva appunto 60cm e probabilmente il valore misurato veniva semplificato, oppure quello indica solo il valore massimo raggiunto dalla neve e non l’accumulo totale, cmq non c’è dato saperlo ), cmq tornando a Firenze, durante quell’inverno si organizzarono nuovamente delle gare di cavalli sull’Arno. Segnalo il Tamigi gelato nel 1514/15 e nel 1522/23, da qui in poi seguirà un’altra serie di inverni miti. Addirittura in Italia si arriva ad avere un periodo molto lungo di siccità, il cui culmine si raggiunge a cavallo del 1540 dove in Valtellina è segnalata l’assenza totale di pioggia per 5 mesi.

To be continued

Fabio sta facendo un lavoro biblico! Ottima ricerca ed ottimi articoli!

PS. Le fonti verranno fornite dallo scrittore nell’ultima parte della serie