Uscite le previsioni di aprile 2009 del Dr.Hathaway

http://i283.photobucket.com/albums/kk316/MichaelRonayne/SSN_Predict_NASA_2009-03-04.gif

Nell’immagine del link sopra, tratta dal forum di solarcycle 24, si vede la differenza tra la previsione di marzo e l’ultima di aprile.

Fonte: http://solarscience.msfc.nasa.gov/images/ssn_predict_l.gif
Fonte: http://solarscience.msfc.nasa.gov/images/ssn_predict_l.gif

Il dr. Hathaway abbassa ancora di un pò l’SSN del massimo rispetto al mese scorso mentre resta invariata la cronologia del ciclo 24. Nonostante che marzo sia stato l’ennesimo mese in cui il Minimo abbia dato segnali di forza e perduranza incredibili, l’esperto principale della NASA ancora non prende in considerazione la possibilità di un massimo molto debole… e tutto questo mentre solo pochi giorni fa affermava il “deep solar minimum”.

Aspettiamo ancora quindi…intanto i mesi passano ed il minimo continua alla grande… mi chiedo quanto dovrà passare ancora affinchè Hathaway si renda veramemente conto di quello che sta realmente accadendo…se la tattica dev’essere quella di livellare mese per mese il futuro ciclo solare, beh così penso sappiamo fare tutti…

Simon

9 pensieri su “Uscite le previsioni di aprile 2009 del Dr.Hathaway

  1. beh..io penso che lui sia veramente convinto che il prossimo ciclo non sia debole…e puo’ anche avere ragione lui..chi lo sa..e’ lui l’esperto…non ci resta solo che attendere e vedere…
    ciao a tutti..

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  2. bellissimo articolo..da leggere tutto attentamente…

    Sole e clima, un dibattito già inquinato..

    I contestatori delle tesi dell’IPCC gongolano di fronte all’attuale quiescenza, che potrebbe segnare l’arresto del riscaldamento globale, ma usano gli stessi metodi argomentativi dei loro avversari…

    Stefano Di Battista: 05-04-2009 ore 20:34

    Il prolungarsi del minimo legato al trapasso dei cicli solari 23-24 sta destando ampio dibattito sulle cause del riscaldamento globale. Gli scettici circa le teorie antropocentriche dell’IPCC scorgono nel cambio di segno delle curve termiche un primo indizio della quiescenza del Sole, che farebbe supporre un prossimo, incisivo calo delle temperature terrestri. Il postulato si basa sulle due idee seguenti:

    a) le fasi di minimo comportano una diminuzione della TSI (Total Solar Irradiance): l’atmosfera terrestre riceverebbe meno calore, in misura proporzionale al prolungarsi della quiescenza;

    b) la perdita di velocità del vento solare riduce l’efficacia dell’eliosfera quale barriera alla radiazione cosmica, presunta responsabile dei processi di incremento della copertura nuvolosa (schermo solare).

    Detto questo, va chiarito che il XX secolo è stato scenario di quello che passa sotto il nome di Massimo solare moderno (Grand maximum), caratterizzato da un RG 75 medio a partire dal 1950, contro un RG 35 circa per il periodo 1750-1900. Le probabilità che tale episodio possa prolungarsi sono scarse e ciò, lungi dal rappresentare una previsione, emerge in chiave puramente statistica [Usoskin, pp. 50-51]. Se l’attività magnetica è destinata a ridursi, è pensabile che anche la temperatura degli oceani prima, dei continenti poi, segua un trend analogo, pur con qualche importante eccezione. I modelli calibrati sul Minimo di Maunder propriamente detto (1645-1715), ovvero nel cuore della Piccola età glaciale, mostrano che l’Europa mediterranea ebbe temperature medie in linea, o poco inferiori alle attuali; l’area fra Labrador e Groenlandia, la Siberia orientale verso lo Stretto di Bering, l’Oceano Indiano meridionale e la costa australiana occidentale presentarono scarti superiori a +0,5 °C; la costa nord occidentale americana fra Canada e Alaska passò i +1,0 °C. Al contrario, le aree più fredde risultarono la California e l’Oceano Atlantico meridionale (-1,5 °C e oltre), mentre l’Europa continentale andò sotto ai -0,5 °C [Hoyt, p. 182].

    Questi pochi elementi evidenziano una complessità che non può essere risolta generalizzando la portata d’un singolo elemento. Come l’IPCC, si accusa da più parti, avrebbe enfatizzato il ruolo dell’anidride carbonica per ottenere una semplificazione funzionale a livello mediatico, così ora rischia di avvenire tra i fautori dell’ipotesi solare. Se certe critiche all’IPCC vertono su un uso disinvolto dei dati, analoghe tentazioni stanno emergendo in campo avverso. Esemplare in tal senso, oltre che di stretta attualità, il conteggio dei giorni senza macchia (spotless days). Al 5 aprile, il ciclo 23 ha raggiunto i 593 giorni spotless (il primo risale al 27 gennaio 2004), divenendo così il minimo più importante dal 1913 (ciclo 14). Tra i vari indicatori che danno conto dell’intensità dell’attività magnetica, è determinante il numero complessivo di spotless days, cui si associano, per logica, sequenze ininterrotte di 20 o più giorni; ma più che un dato statistico, tali sequenze rappresentano un fatto contingente. Per semplificare su un piano calcistico, è un po’ come vincere 1-0 o 4-0: vale sempre tre punti in classifica. Invece, basta aprire qualche forum sull’argomento e tale dato pare questione di vita o di morte. Non solo: si fa pure uso dell’unità di misura più comoda a supportare la propria tesi, come se per dire che fa freddo si spacciassero gradi Fahrenheit per Celsius.

    Ecco cosa accade. Il 26 marzo, sul Sole è emersa una fugace macchia che il SIDC (Solar Influences Data Analysis Center) ha registrato con RZ 7; la NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) al contrario, tale macchia non l’ha catalogata. Per il SIDC dunque, al 5 aprile si contavano 10 giorni spotless; per la NOAA invece, 29 a partire dall’8 marzo. E fin qui, tutto bene. Quello che non può essere accettato, è il fatto che si ponga la sequenza della NOAA su un piano storico, facendo confronti con le più antiche documentate (la più lunga, 92 giorni, fu registrata fra l’8 aprile e l’8 luglio 1913; i 140 giorni fra il 24 ottobre 1822 e il 12 marzo 1823 no mai divenuti ufficiali in quanto non esistono osservazioni per il 29 dicembre 1822). La serie della NOAA infatti, va sotto il nome di American sunspot numbers, segue un conteggio proprio e data dal 1944; la sequenza riferita al 1913 invece, fa capo al SIDC, che compila gli International sunspot numbers (o Zürich sunspot numbers, RZ appunto). La differenza è strategica: nel primo caso la serie vanta 65 anni di osservazioni, nel secondo è stata ricostruita sino al 1610. Le due modalità no alternative, e confonderle significa intorbidare le acque, giocare coi dati: e da lì alla manipolazione mediatica il passo è breve.

    L’ipotesi solare nella dinamica del clima terrestre non è campata in aria: potrebbe anzi ottenere vasti riconoscimenti in questa fase di così profonda quiescenza. Le più recenti acquisizioni della ricerca dicono infatti che episodi di Grand maxima come quello del XX secolo sono affatto rari, ultramillenari, poiché il Medieval maximum, correlato all’optimum climatico del XIII secolo, non raggiunse tali intensità [Usoskin, p. 50]. L’informazione e il dibattito in merito però, e a ogni livello, dovrebbero essere sorvegliati dai loro stessi autori, specie in un campo di così radicale novità: altrimenti, quale conoscenza si apporta, se l’argomento è inquinato dall’ideologia? Per tornare all’esempio sportivo, l’attività solare non è una partita di calcio: Sole e clima terrestre seguono le loro dinamiche, del tutto indipendenti dalle umane passioni. Come esseri pensanti, che hanno il privilegio di poterle osservare, in qualche misura le possiamo anche capire. Non sarebbe allora il caso di porsi con più umiltà davanti a questi fatti, la cui complessità e ampiezza trascendono di gran lunga l’uomo, la sua scienza e tutta la sua storia?
    meteo giornale

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  3. Caro bora,
    mi preme troppo farti una domanda (ma più che a te, la farei a Stefano Di Battista che ha scritto l’articolo che tu hai postato) e poi delle precisazioni. Dunque la domanda è: da dove li hai presi quegli scarti negativi e positivi riferiti al periodo del minimo di Maunder (1645-1715) se il termometro è stato inventato nel 1714 da un tal Gabriel Daniel Fahrenheit (dicono alcuni)??? Ma sì mi dirai tu…..sono solo dei modelli!!! E tu allora ci credi ai modelli ti chiedo io??? Le uniche cose certe (o quasi) della storia climatica le possiamo estrapolare dalle carote di ghiaccio dei poli. E in california e in australia non mi risultano che ci siano carote di ghiaccio. Scusa il sarcasmo. Passiamo alle precisazioni. Sono ben d’accordo sul fatto che non è bene mischiare dati di vari enti con storia diversa eccetera eccetera. Ancor di più se pensiamo che le persone sono diverse e diversi sono i loro metri di giudizio, oltre al fatto che le tecnologie si sono perfezionate nel corso degli anni. Ok. Detto questo, però non lascio passare la tua semplicistica riduzione a contesa calcistica che hai fatto circa i spotless day. Quì non c’è nessuna manipolazione di numeri ad uso e consumo di nessuno, in quanto il dato che il minimo è iniziato 3 anni fà e ancora non è finito nessuno lo può manipolare. Come anche la sua intensità dettata dalle percentuali dei giorni spotless nell’arco dell’anno. E tanti altri dati inconfutabili.
    Concludo, infine, col definire addirittura oltraggioso dove scrivi un”’ipotesi solare nella dinamica del clima terrestre”. Ma come solo un’ipotesi? Ma stiamo scherzando? Ci potrebbe mai essere vita sul pianeta terra senza la calda presenza solare? Di che cosa si riscalderebbero le masse d’aria dell’atmosfera muovendosi sottoforma di depressioni ed alte pressioni? Come credi che si possano formare correnti negli oceani? Potrei proseguire all’infinito. Mi sembra chiaro che l’attività del sole influisca in modo determinante (non assoluta) sulle dinamiche climatiche del nostro pianeta. Quindi, caro Stefano Di Battista, prima di scrivere assurdità del tipo che l’influenza del sole nel clima terrestre è solo un’ipotesi, è meglio che ci pensi sù un bel pò di volte. Buona Settimana Santa a tutti. Ciao

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  4. E’ chiaro, Davide, che Di Battista si riferiva all’influenza dei cicli solari sul nostro clima..lo sanno anche i bambini che senza il sole la terra non ci sarebbe…
    Pero’ nessun scienziato ha ancora le prove certe su come e quanto questi influiscono sulle temperature globali..(c’e’ anche chi dice quasi niente)..
    questo minimo solare ci offre una buona opportunita’ per capire meglio..
    sul resto posso essere anche d’accordo con te..
    ciao e buona settimana Santa anche a te..

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  5. Ciao bora,
    ti ringrazio per la tua risposta. Voglio aggiungere solo una riflessione. Sai una cosa che credo avverrà nei prossimi mesi? E’ vero che questo minimo solare ci offre una buona opportunità, ma ho paura che l’eruzione in Alaska, se dovesse continuare ancora di questo passo, rovinerà in parte questa opportunità. Mi spiego meglio. Secondo me, se i prossimi inverni saranno sempre più freddi, stai pur certo che daranno tutta la colpa all’eruzione vulcanica, considerato anche che l’effetto delle polveri vulcaniche ha un’effetto sul raffreddamento del pianeta pressocchè immediato. E il rischio che l'”ipotesi solare” venga accantonata si concretizzerebbe. Spero tanto di sbagliarmi. Ciao

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  6. Hai ragione Davide…i dubbi ci saranno sempre…anche perche’ e’ vero che le eruzioni dei vulcani possono influire sulle temperature globali(ma perche’ se influiscono le polveri vulcaniche,non potrebbe influire anche i troppi gas serra che emaniamo)
    ps…sono importanti da osservare non solo gli inverni..ma anche l’ estati…e sopratutto tenere d’occhio sempre le temperature globali..
    ciao e grazie..

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