Diciamolo: in questi ultimi mesi, l’IPCC è chiamata ad affrontare nuove e stringenti questioni praticamente su ogni fronte. Dalle temperature, al rateo di innalzamento del livello marino, alla fusione dei ghiacci. Oggi si aggiunge un nuovo tassello a questa corsa alla revisione (al ribasso), che procede a ritmi sempre più incalzanti.
Gilberto Camara, direttore dell’Istituto nazionale brasiliano per le ricerche spaziali (INRS), sostiene che le stime relative ai ratei di disboscamento (ovviamente parliamo di foresta pluviale) siano errate.
Camara definisce “poor science” la pratica tecnica utilizzata dall’ONU per stabilire a che ritmo stia scomparendo la foresta amazzonica. Le stime ufficiali parlano di circa 31 mila kmq annui (nel periodo 2000-2005), Camara sostiene che attraverso i satelliti, la stima brasiliana si attesti intorno ai 21 mila kmq annui. Di conseguenza anche il tasso di emissioni di anidride carbonica va rivisto. In ultima analisi l’apporto di CO2 della foresta Amazzonica a livello globale scenderebbe dal 20% calcolato dalla FAO, al 10% calcolato dall’INRS. Tuttavia secondo Camara, questi dati vengono ignorati dai paesi sviluppati.
Perchè?
Questo è l’aspetto più interessante dell’intervento1 dello studioso brasiliano: il dato fornito dall’INRS viene sistematicamente ignorato perchè fa comodo ai paesi ricchi e agli ambientalisti.
“But I should only state that the two people who like these figures are developed nations, who would like to overstress the contribution of developing nations to global carbon, and of course environmentalists.”
In altre parole, con gli accordi di Copenhagen ormai alle porte, un rateo elevato di deforestazione è una delle tante armi che verranno utilizzate nei confronti dei paesi in via di sviluppo (in questo caso il blocco BRIC, Brasile-Russia-India-Cina) per spingerli a intraprendere politiche costosissime di riduzione delle emissioni di CO2. La partita qui è tutta politica.
Nonostante sia stato dimostrato che complessivamente le foreste non stanno così male (soprattutto nel nord del mondo), nelle zone tropicali-equatoriali lo scenario è più complesso. E come sempre succede in questi casi, è difficile chiarire quali dati siano affidabili ed esenti da bias. Ad onor del vero, Camara sostiene che, pur essendo le loro stime inferiori a quelle dell’ONU, i tassi di deforestazione rimangono tristemente elevati. Se i dati brasiliani venissero confermati, si tratterebbe dell’ennesimo ridimensionamento della catastrofe annunciata e propugnata quotidianamente.
A post by Claudio Gravina, climate-monitor