Prove recenti suggeriscono che la radiazione solare che raggiunge la superficie terrestre non è mai stata costante nel tempo, ma ha subito sostanziali variazioni su scale temporali decennali. Le osservazioni disponibili indicano una diminuzione generalizzata della radiazione solare tra il 1950 e 1980 (comunemente denominato “global dimming”- “oscuramento globale”), mentre più recentemente, c’è stato il fenomeno inverso(”brightening”, luminosità) .
Il ruolo della radiazione solare nel cambiamento climatico (“global dimming” and “global brightening”)
Uno speciale volume del “Journal of Geophysical Research” ha revisionato il tema della ricerca sul “global dimming” e “global brightening”in oltre 20 articoli. Questi fenomeni, che si suppone siano dovuti all’azione dell’uomo, controllano la radiazione solare incidente sulla superficie terrestre e quindi l’influenza del clima. Nubi ed aerosol influenzano la radiazione solare sulla superficie terrestre, e quindi il clima.
Degli speciali strumenti hanno registrato la radiazione solare che raggiunge la superficie terrestre dal 1923. Tuttavia, è solo dal 1957/58 che una rete globale di misurazione ha iniziato a prendere forma. I dati così ottenuti mostrano che l’energia fornita dal sole alla superficie terrestre ha subito variazioni notevoli nel corso degli ultimi decenni, con impatti sul clima. Una ricerca condotta all’ ETH di Zurigo ha investigato quali siano i fattori capaci di ridurre o intensificare la radiazione solare e quindi causare il “global dimming” o il “global brightening”.
L’American Geophysical Union (AGU) ha pubblicato un volume speciale sul tema, che presenta lo stato attuale delle conoscenze in dettaglio e fornisce un contributo notevole alla scienza del clima.
“Solo ora, soprattutto con l’aiuto di questo volume, la ricerca in questo campo dovrebbe davvero decollare”, sottolinea Martin Wild, direttore presso l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Politecnico federale di Zurigo, che è anche uno specialista in materia.
I risultati iniziali, che hanno rivelato che la radiazione solare sulla superficie terrestre non è costante nel tempo, ma piuttosto varia notevolmente nel corso dei decenni, sono stati pubblicati alla fine degli anni ’80 ei primi anni ’90 per specifiche regioni della Terra. Atsumu Ohmura, professore emerito presso l’ETH di Zurigo, per esempio, ha scoperto che la quantità di radiazione solare in Europa è diminuita considerevolmente tra il 1950 e il 1980. Ma è solo dal 1998 che è stato condotto il primo studio a livello mondiale con aree più grandi quindi, tipo Africa, Asia, Nord America ed Europa, per esempio. I risultati hanno mostrato che in media la superficie di radiazione solare è diminuita del due per cento per decennio tra il 1950 e il 1980. Nell’analizzare i dati più recenti, tuttavia, Wild e il suo team hanno scoperto che la radiazione solare è andata progressivamente aumentando di nuovo dal 1985. In un articolo pubblicato su “Science” nel 2005, essi hanno coniato la frase “Global brightening” per descrivere questa nuova tendenza, opposta al termine precentemente usato “Global dimming”. Solo di recente, un articolo comparso sulla rivista “Nature”, in cui ha partecipato lo stesso Wild, ha portato attenzione maggiore al tema del global dimming /brightening.
L’Inquinamento atmosferico favorisce la fotosintesi
In questo studio, per la prima volta, gli scienziati hanno esaminato il legame tra global dimming/brightening e il ciclo del carbonio. Essi hanno dimostrato che più luce dispersa è presente durante i periodi di global dimming a causa della maggiore concentrazione di aerosol e di nuvole, la quale consente poi alle piante di assorbire CO 2 in modo più efficiente rispetto a quando l’aria è più pulita e quindi più chiara. Secondo gli scienziati, questo è dovuto al fatto che la luce diffusa (riflessa) penetra più in profondità all’interno della vegetazione di quanto non faccia la luce diretta del sole, il che significa che le piante possono utilizzare la luce in modo più efficace per la fotosintesi. Di conseguenza, c’è stato circa il 10 per cento in più di carbonio immagazzinato nella biosfera terrestre tra il 1960 e il 1999 (global dimming).
Molte questioni sono comunque ancora aperte. Infatti non è ancora chiaro se siano gli aerosol o le nubi a causare il global dimming/brightening, o magari un interazione dei 2 fattori. L’inchiesta su questi eventuai rapporti è complicata dal fatto che ci sono dati insufficienti sui cambiamenti di aerosol e nubi negli ultimi decenni. Tuttavia dei specifici satelliti recentemente lanciati in orbita dovrebbero contribuire a colmare questa lacuna.
“C’è ancora un enorme quantità di ricerche da fare, e molte questioni sono ancora aperte”, spiega Wild. Questo comprende l’entità del fenomeno del global dimming e brightening e in che modo gli effetti variano notevolmente tra zone urbane e rurali, dove meno aerosol vengono rilasciati in atmosfera. Un’altra questione irrisolta è ciò che accade sopra gli oceani, infatti quasi tutti i dati di misura non sono disponibili per queste zone. Un’ulteriore sfida per i ricercatori è quello di incorporare gli effetti del global dimming /brightening in modo più efficace nei modelli climatici, per capire meglio il loro impatto sul cambiamento climatico. Dopo tutto, slcuni studi indicano che il global dimming ha mascherato l’aumento della temperatura effettiva – e quindi il cambiamento climatico – fino agli anni 1980. Inoltre, gli studi pubblicati mostrano anche che i modelli utilizzati dall’ IPCC, non riproducono il global dimming/brightening in modo adeguato: quindi, né il global dimming, né la successiva fase di brightening è realisticamente simulato dai modelli. Secondo gli scienziati, questo è probabilmente dovuto al fatto che i processi che causano il global dimming/brightening non sono stati presi in considerazione in modo adeguato e che i dati sulle emissioni antropiche utilizzati come input del modello sono affetti da notevoli incertezze.
“Questo è il motivo per cui all’ETH di Zurigo stiamo lavorando con una versione di ricerca per un nuovo modello climatico globale, che contiene i dati degli aerosol molto più dettagliati e microfisica delle nubi, in grado così di riprodurre il global dimming/brightening in modo più efficace”, dice Wild.
Fonte articolo: http://wattsupwiththat.com/2009/08/30/global-dimming-and-brightening-in-the-context-of-solar-radiation/
Per saperne di più sul tema trattato: http://www.agu.org/journals/jd/special_sections.shtml?collectionCode=DIMBRIGHT1&journalCode=JD
UPDATE: Non perdetevi oggi pomeriggio l’articolo sull’ennesima mission impossible del centro catanese…