Archivi giornalieri: 21 Ottobre 2009

Al Cern un test senza precedenti decifra le metamorfosi del riscaldamento globale e il ruolo del Sole.

Va beh, rilassiamoci con un articolo apparso sul quotidiano “La stampa” qualche giorno fa che spiega le potenzialità di un profondo minimo solare secondo la nota teoria di Svensmark. ringrazio Michele (rn) per avermelo proposto.

La data si avvicina: il 7 dicembre si aprirà a Copenaghen la conferenza sul clima dell’Onu e i delegati di 194 Paesi dovranno decidere quali contromisure prendere per contrastare il riscaldamento del Pianeta. L’accordo resta lontano, soprattutto tra i paesi più ricchi – per anni i grandi inquinatori – e la economie emergenti, Cina e India in testa, poco inclini ad accettare vincoli a una crescita sempre impetuosa.

Intanto, anche gli scienziati si preparano a questa scadenza che molti giudicano decisiva e intervengono nel dibattito con l’unico strumento a loro disposizione: il rigore del metodo galileiano. Intanto nel più grande laboratorio di fisica del mondo, il Cern di Ginevra, gli studiosi si apprestano a dare il via, quasi in contemporanea all’accensione dell’acceleratore di particelle Lhc, all’esperimento “Cloud” (l’acronimo, che sta per “Comics leaving outdoor droplets”, è il termine inglese di nuvola): per la prima volta utilizzerà proprio un acceleratore di particelle per ricreare in laboratorio una delle realtà più evanescenti in natura, le nuvole. È un tentativo senza precedenti, che, in realtà, ha un’origine antica: l’idea di coinvolgere il laboratorio di Ginevra in questo tipo di studio nasce alcuni anni fa, in seguito alla partecipazione dell’ex direttore del Cern stesso, Robert Aymar, a una sessione dei seminari di Erice dedicata ai mutamenti climatici.

Scopo del progetto, a cui prendono parte una ventina d’istituti di Russia, USA e Unione Europea, è studiare l’influenza della formazione delle nuvole, e di conseguenza sul clima terrestre, dei raggi cosmici, il cui flusso è correlato all’attività del Sole. Il momento sembra particolarmente azzeccato. La nostra stella, anche se non ce ne accorgiamo, sembra essersi un po’ addormentata. Da quasi 700 giorni, ormai, la sua superfice non presenta macchie, come rilevano le immagini della sonda europea “Soho”. Un record assoluto da qundo (era la prima metà dell’Ottocento) si raccoglie questo tipo di dati. Una condizione che sta mettendo in allerta gli studiosi come dimostra “Sky&Telescope”, la rivista di astronomia più diffusa al mondo, che ha dedicato al fenomeno la copertina con un titolo eloquente: “Che cosa non funziona nel nostro Sole?”.

Le macchie solari, regioni della fotosfera caratterizzate da una temperatura più bassa rispetto al resto della superficie, furono osservate per la prima volta da Galileo Galilei 400 anni fa. Caratterizzate da una periodicità di circa 11 anni, la loro assenza è spesso associata a un irrigidimento delle temperature sulla Terra. Sarebbe bastato che il genio pisano fosse vissuto alcuni decenni dopo, tra il 1645 e il 1715, e non avrebbe visto nulla. In quel periodo, infatti, la nostra stella attraversò una fase di letargo, battezzata ”Minimo di Maunder”. Una lunga quiete, accompagnata sul nostro pianeta da un calo della temperatura globale, noto come piccola era glaciale. “Le prove di un collegamento tra la storia climatica della Terra e l’attività solare sono talmente marcate che non è più impossibile ignorarle”, dice adesso Jasper Kirkby portavoce del progetto “Cloud”. E aggiunge: “Se le variazione nel Sole sembrano condizionare il clima terrestre, il meccanismo con cui ciò avviene, però, non è noto. Scopo di “Cloud” , quindi, è capire attraverso lo studio delle interazioni dei raggi cosmici – le “ceneri” del Big Bang formate perlopiù da protoni, con aerosol e particelle di vapore acqueo in sospensione – se questi fasci energetici possono o meno avere un ruolo nella formazione delle nuvole.

Nell’ultimo secolo, infatti, il vento solare, una pioggia di particelle che si staccano dalla fotosfera e come tanti minuscoli proiettili investono la Terra, ha prodotto un aumento della schermatura contro i raggi cosmici del 15%, con la conseguente diminuzione della copertura nuvolosa”. Ma come si formano le nuvole? Secondo gli scienziati del Cern, quando i raggi cosmici entrano nell’atmosfera, sottraggono elettroni ai gas circostanti, lasciando una scia di molecole cariche, gli ioni. È attorno a questi ioni che si aggregano poi alcune particelle di aerosol, fino a formare dei nuclei di condensazione, che, legando in successione molecole d’acqua, generano le nuvole. Un processo che ora, a Ginevra, gli studiosi cercheranno di replicare in una camera di tre metri di diametro, utilizzando al posto dei raggi cosmici un fascio di particelle generato da un sincrotrone. “Il vantaggio di questo esperimento rispetto alle tradizionali osservazioni atmosferiche – precisa Kirkby – è che potremo per la prima volta controllare il flusso dei raggi cosmici e ciò che succede nella camera, osservando in dettaglio le tappe del processo. Si tratta di un progetto ambizioso ed eccitante, perché la sua natura interdisciplinare unisce specialisti di diverse materie, tra cui fisici dell’atmosfera, chimici, fisici solari e delle particelle. Studieranno il fenomeno da prospettive differenti e quindi le probabilità di successo saranno maggiori”

Articolo tratto da “LA STAMPA”, scritto da Davide Patitucci.

Eccola qui la regione 1028 numerata dal NOAA col sistema Layman&NIA's count!

1Qui abbiamo la mitica regione 1028, che tra l’altro è durata pochissime ore, quindi non solo hanno contato una non macchia, ma pure un qualcosa che ha avuto la durata di qualche ora!

E questa è la prova col metodo di conteggio di NIA:

30 pixel , 0 area e 0 macchie! (notate che gli indici sono affidabili in quanto l’osservatorio di Catania stesso metteva ieri un’area di 000.50, praticamente 0!)

Da oggi in poi si andrà avanti così, come da tempo stanno facendo i nostri amici Geoff e Robert!

Non c’è da aggiungere nient’altro, le immagini parlano chiaro!

Simon

Nasce il Conteggio di NIA! (THE LAYMAN & NIA'S COUNT)

Ciò che è accuto ieri è la classica goccia che fa traboccare il vaso.

Passi Catania (non sono d’accordo assolutamente col loro metodo di conteggio, ma hanno il sacrosanto pregio di essere coerenti), ma il NOAA/SWPC è ingiustificabile!

Già a giugno avevano toccato il fondo del barile, ieri lo hanno proprio “sfondato”, contando una cosa che semplicemente non esiste!

Io vorrei proprio guardare in faccia chi ieri ha deciso di dare un numero alla regione 1028!

Vorrei tanto chiedergli come ha fatto a numerare una cosa che altro non era che un pore con un area inferiore a 1 (la stessa Catania nel bollettino di ieri parla di un area di 000.50!), ma soprattutto vorrei chiedergli perchè altre macchiette di area superiore ma apparenenti al vecchio ciclo non sono state segnalate, e ciò è continuato ad accaere anche negli ultimi 2-3 mesi!

Vorrei chiedere più in generale al NOAA perchè i metodi di conteggio delle macchie sono cambiati, rispetto a solo un anno fa!

Vorrei capire a chi pensano di prendere per i fondelli mettendo prima un’area di 20 p.p.m., poi di 10 e chissà tra qualche giorno di 0, se poi alla fine l’11 di Wolf rimarrà e di fatto il giorno non sarà spotless come doveva essere!

A tutto questo dico basta!

A poco servirà, anzi probabilmente a nulla, ma sento il dovere di fare qualcosa, sento il dovere di rendere giustizia a Galileo che per primo puntò un telescopio e scoprì le macchie solari, alla continuità col passato, alla Scienza della statistica solare!

Qui cari miei non si tratta più di tecnologie avanzate che vedono quello che non non si poteva vedere 100 anni fa…qui si tratta di conteggi falsificati, non veritieri, che rompono ogni legame che c’era cl passato, e per passato intendo anche semplicemente 2-3 anni fa!

Non mi interessa sapere il perchè lo fanno (anche perchè credo di conoscerlo già) ma mi interessa rimettere le cose apposto, per quanto possa valere e per quanto sarà possibile.

In sintonia con il Layman’s count : http://www.landscheidt.info/?q=node/50, nasce il NIA’s count, che poggia sulle stesse basi del metodo inventato dai 2 amatori solari (Australiano il primo ed americano il secondo) Geoff Sharp e Robert Bateman che ovviamente ringrazio.

Il NIA’s count prevederà l’uso del sistema di conteggio delle macchie solari ideato e programmato da Luca Nitopi (già utente di NIA), che non si discosta di tanto dal Layman’s count.

Una macchia per essere conteggiata deve ottenere 23 pixels, ed il sistema di Luca offre ottime garanzie di affidabilità.

Essendo praticamente speculare al Layman’s count, ed iniziandolo solo dalla giornata odierna, prendo per buoni i giorni spotless che il sito di Geoff Sharp ha calcolato sinora nel 2009, e cioè 250 giorni senza macchie al 30 settembre 2009, ai quali possiamo aggiungere tranquillamente i primi 20 giorni del emse di ottobre!

Con ieri siamo dunque a 270 giorni spotless solo nel 2009, a – 41 giorni dal battere il record del 1913 (311), mentre per il Sidc siamo fermi a 233.

Dati solari aggiornati compresi del nuovo metodo di conteggio di NIA sempre al solito link: http://daltonsminima.wordpress.com/dati-sole-in-diretta/

Purtroppo è quasi impossibile risucire a decifrare a quanti giorni spotless totali ammonterebbe il minimo 23-24 con tale metodo, statene certi che sarebbero comunque molti di più rispetto ai circa 740 che abbiamo conteggiato finora.

Vorrei terminare questo articolo con un messaggio, anzi un augurio, di speranza: come sarebbe scientificamente giusto che il Sidc il 1° di novembre se ne sbattesse di simili conteggi e tornasse a fare quello per cui è stato designato da sempre, e cioè garantire la continuità statistica col passato!

Che sia la volta buona?

O è proprio vero che al peggio non c’è mai fine?

Simon

UPDATE: 2 COSE IMPORTANTI:

1) http://sidc.oma.be/html/SWAPP/dailyreport/2009/meu294

Il Sidc nel bollettino di oggi non conta la regione di ieri, anche se come il 17 ottobre è presente la segnalazione di Catania…cedo che il 1° di novembre il sidc abbia delle grandi responsabilità decisionali, si gioca davvero l’ultimo briciolo di reputazione rimastogli.

2) E questa invece fa triplicamente pù incazzare (concedetemelo) di tutte le altre cose (ringrazio Fabio Campanella di avermela fatta notare): così si legge infatti su Space Weather:

New-cycle sunspot 1028 is so small, it is practically invisible in today’s SOHO white light image of the sun. The spot is more obvious in this magnetic map.

Praticamente ammettono che la macchia è invisibile oggi (lo era anche ieri signori miei), ma che si vede meglio nel magnetogramma!

Non potendo giustificare la comparsa della regione 1028, si aggrappano al magnetogramma…

Da quando in qua le regioni sono contate dal magnetogramma?

Forse 100 anni fa avevano il magnetogramma?

Incredibile! (P.S: Luca Nitopi hai un’email importante)