Archivio mensile:Marzo 2010

Conteggio delle Macchie: Il Raffronto col Passato

Ora che almeno la parte più profonda del minimo è finita, è bene secondo me mettere in chiaro la situazione che noi stiamo portando avanti, cioè, che i conteggi moderni delle Sunspot sono parzialmente o anche completamente incomparabili con il passato.

La questione si snoda principalmente su 3 punti chiave:

1) Contare o non Contare? – ovvero decidere se una macchia vada contata sul fatto che nel passato essa molto probabilmente non sarebbe stata vista dai teloscopi dell’epoca, la questione qui diviene fondamentale, perchè ogni macchia contata aumenta notevolmente il numero di Wolf da assegnare a quella giornata e ne consegue una distorsione molto notevole, se poi la macchia in questione è l’unica presente sulla superficie solare allora in caso di conteggio si andrebbe a modificare anche tutta la serie di dati che si basa sui giorni spotless.

2) L’ho vista, ma la conto? – come abbiamo dimostrato mesi fa:

http://daltonsminima.wordpress.com/2009/05/14/le-macchie-solari-del-1913-erano-piu-forti-ed-evidenti-di-quelle-attuali/

http://daltonsminima.wordpress.com/2009/04/30/se-nel-1913-fossero-esistiti-certi-osservatori-moderni-e-probabile-che-non-ci-sarebbe-stato-nessun-record-di-92-giorni-spotless-di-fila/

le macchie venivano viste e disegnate nei bollettini giornalieri, ma dal SIDC, l’ente che controlla i dati ufficiali, non vengono contate e quei giorni li sono considerati spotless.

3) L’ho vista, la conto, ma che numero gli assegno? – come sapete il numero di wolf si basa su 2 semplici regole, assegnare un valore 10 ad ogni regione attiva e 1 per ogni macchia all’interno di ogni regione ( il SIDC usa anche un correttore per cui i numeri spesso sono più piccoli, ma di questo non ci interessa ), ne conviene che con una sola regione attiva il numero da assegnare minimo diviene 11, mentre con due è 22.

La questione diventa importante perchè le macchie che fanno parte di una regione attiva non è detto che sarebbero state viste tutte nei tempi passati, quindi il conteggio anche qui cambierebbe anche se dei 3 punti questo è quello che crea minore distorsione, ma non è da sottovalutare, perchè è direttamente condizionato dal primo punto, perchè se vengono contate macchie piccolissime e considerate regioni attive e’ anche molto probabile che all’interno di una regione attive ne vengano contate di più di quanto realmente una volta si sarebbe fatto.

Questi sono i 3 punti fondamentali su cui è difficile fare chiarezza, sopratutto sul punto 2, visto che raramente, se non mai durante questo minimo abbiamo visto una macchia presente sulla superficie del sole non venire contata.

FABIO

Le AR 1057 e 1059 in decadenza, mentre nell'equatore spunta una nuova ed interessantissima regione!

Guardate lo Stereo Behind:

(Stereo behind autoaggiornante)

Noterete sul versante nord dell’equatore una piccola regione solare che ancora non si riesce a distinguere al magnetogramma Gong:

(Magnetogramma Gong autoaggiornante)

Molto difficile quindi che possa contenere macchie al suo interno, ma noi l’annoveriamo comunque, come abbiamo fatto con le faculae apparse recentemente nel polo sud solare con polarità del ciclo 25.

Che siano tutti piccoli segnali che la nostra stella ci sta inviando?

Stay tuned, Simon

POSSIAMO FARE A MENO DEL METODO SCIENTIFICO? (Ecco spiegato perchè sinora l'AGW è solo una fede)

La scienza, da Galileo in poi (e forse anche prima), applica due metodi per ottenere quello che comunemente chiamiamo progresso scientifico. Il primo è il cosiddetto metodo induttivo. Il seguente schema, tratto da wikipedia, credo sia abbastanza chiaro anche senza commenti:

Metodo induttivo

Russell obiettò che la scienza, molto spesso, lavora per generalizzazioni sempre più ampie. In pratica, quando si scopre un caso (problema) che non si adatta alla teoria fino ad allora sviluppata, allora la teoria stessa viene riformulata per includere anche la nuova casistica, e in qualche caso viene rivisitata completamente. Di seguito, lo schema, anch’esso tratto da wikipedia, del metodo deduttivo, secondo la definizione di Russel:

Metodo deduttivo

Il metodo deduttivo ci dice che possiamo anche raffinare la teoria se troviamo un caso che la mette in discussione, ma poi dobbiamo di nuovo affrontare la fase sperimentale. Nessuno può dire: “l’esperimento non è riuscito, ma ho capito perchè, quindi la teoria, così migliorata, è validata”. La comunità scientifica risponderebbe: ” se hai capito perchè, allora migliora la teoria e pensa ad un altro esperimento”. Naturale, no?

Come si può notare, in ambedue i casi, un passo importante è il controllo sperimentale di una previsione ottenuta utilizzando la teoria. Se la previsione non si avvera, allora la teoria non è validata. In ogni caso, ci deve essere qualcuno che si ingegna per inventarsi un esperimento o per definire una qualche osservazione specifica di fenomeni, spiegabili con la nuova teoria, da riscontrare in natura.

Lo so che sembra banale, ma ho l’impressione che, per quanto riguarda la teoria dell’effetto serra, sovente si confondano le osservazioni che producono le ipotesi della teoria (primo passo del metodo induttivo) con le prove sperimentali che dovrebbero validare tali ipotesi. In sostanza, se mi accorgo di un fenomeno, e poi dico “ecco, questo è dovuto all’effetto serra”, dovrebbe essere ovvio che non ho effettuato una previsione successivamente riscontrata, come impongono sia il metodo induttivo, sia quello deduttivo, ed in generale ogni metodo scientifico, per la validazione di una teoria. Carotaggi, dati paleo climatici in genere, ricerca di isotopi, sono utilissimi per costruire l’ipotesi, ma non servono per validarla, a meno che non si preveda in anticipo il risultato qualitativo, e soprattutto quantitativo, della ricerca.

Inoltre, sempre più spesso si legge: “le cose non sono andate come ci aspettavamo (es.: ghiacci antartici in aumento anzichè in diminuzione), ma ho capito perchè (colpa del buco dell’ozono), e quindi la teoria è confermata”. Come visto sopra, Russell ci insegna che non funziona così. Perciò, dire che i modelli hanno sovrastimato le previsioni delle temperatura globali perchè, all’epoca, hanno usato parametri troppo elevati per la sensibilità climatica, significa dover effettuare un ulteriore periodo di prova. Non basta affermare che adesso si conoscono i parametri giusti e che se si sarebbero usati all’epoca la previsione sarebbe stata corretta.

Infine, frequentemente per l’effetto serra viene sottolineato il “peggio di quanto pensavamo” per affermare che la teoria è a maggior validata (ghiacci marini artici, livelo degli oceani). Invece dovrebbe essere chiaro che anche in questo caso la teoria non è validata, al contrario, è messa in discussione.

Quali sono le previsioni effettuate dalla teoria del Global Warming di origine antropica (AGW)?

Il senso della teoria AGW, allo stato dell’arte, è che la sensitività del clima rispetto alla CO2, cioè di quanto aumentano le temperature globali a fronte di un raddoppio di concentrazione è (molto probabilmente) inclusa nel range 2.5-4° C. Di conseguenza la continua immissione di CO2 e altri gas serra ai ritmi attuali produce un riscaldamento globale insostenibile.

Da laboratorio, cioè dall’esperimento di Tyndall, sappiamo che in realtà questo valore è di circa 1°C. Il resto è ipotizzato essere dovuto a meccanismi di feed-back (positivi o negativi) presenti in atmosfera, che considerati nella loro complessità gistificherebbero la differenza rispetto a quanto osservato in via sperimentale.

In particolare, l’effetto dei gas serra sarebbe quello di aver avvolto l’atmosfera terrestre con una sorta di coperta virtuale. Per adottare il metodo scientifico bisogna pensare ad esperimenti/effetti che comprovino l’esistenza di questa “coperta”, non al fatto che aumentino le temperature o si sciolgano i ghiacci. L’aumento della temperatura può avvenire per vari motivi, il senso della teoria AGW è che avviene per i gas serra presenti in atmosfera. L’attenzione va posta, quindi, su quanto succede nella troposfera e nella stratosfera. A tal proposito, riporto tre previsioni effettuate dalla teoria dell’AGW in base a modelli o altre considerazioni.

Previsione: esistenza ai tropici di hot-spot (zone calde) posizionati a circa 10km sopra la superficie terrestre.

Riscontrata? No, le radiosonde dell’Hadley Centre non hanno riscontrato hotspot nella zona suddetta. Più in generale, l’andamento termico della media troposfera è ciclico.

Previsione: Raffreddamento della bassa stratosfera.

Riscontrata: No, dal ’94 (fine dell’effetto eruzione Pinatubo) la temperatura in bassa stratosfera è stata sostanzialmente costante, cioè non mostra alcun trend a parte la naturale variabilità.

Previsione: diminuzione dei tempi media di vita di alcuni gas nella stratosfera.

Riscontrata? No, in un articolo di Science Daily viene messo in evidenza che tale diminuzione non esiste ( http://www.sciencedaily.com/releases/2008/12/081215111305.htm e se ne parla su climate monitor http://www.climatemonitor.it/?p=1007)

Anche altre previsione dei modelli o di teorie correlate all’AGW si sono rivelate errate, ma si tratta di effetti generici ipotizzati in base all’aumento di temperatura (es.: gli uragani non sono aumentati negli ultimi due anni, le temperature medie sono sostanzialmente stabili nell’ultimo decennio), e quindi, poiché non sono collegate ai gas serra (cioè non si riferiscono alla “coperta”), non le ho considerate nell’elenco.

Non essendo né un ricercatore, né tanto meno uno scienziato, ma un semplice appassionato, ho trovato naturale domandarmi se esistano altre previsioni di questo tipo che viceversa confermino la teoria AGW e che io non conosca. Ho provato a richiederle in blog sostenitori della teoria. Purtroppo, spesso le risposte confondono osservazioni e previsioni. A volta la risposta è che per l’AGW non è possibile pensare a degli esperimenti. In altri casi, ho ricevuto degli insulti più o meno velati. Alla fine, ho lasciato perdere.

Data, l’importanza della posta in gioco, non credo possiamo fare a meno del metodo scientifico. Quindi vi chiedo: conoscete previsioni successivamente riscontrate, nel senso illustrato sopra, della teoria AGW?

Agrimensore g.

Il Minimo Solare è terminato……oppure no? (ULTIMA PARTE)

Nella prima parte si è accennato alla ripresa di alcuni indici di attività solare, contestualmente alla comparsa di nuove e frequenti macchie. Tuttavia, un indice in particolare ha seguito un andamento in controtendenza: si tratta dell’Ap Index. Esso misura il modo in cui il campo magnetico terreste viene disturbato da quello solare, e può avere valori variabili tra 0 ed oltre 100 (in caso di severe eruzioni solari), e viene misurato da un certo numero di osservatori geomagnetici sparsi sulla Terra. Finora era sempre stato ben correlato al numero di macchie solari: ha infatti raggiunto valori elevati, superiori a 20, nel corso del precedente massimo, attorno al 2001. Invece, nel corso del 2009 non solo non è aumentato in corrispondenza alla ripresa di attività, ma anzi è persino ulteriormente diminuito rispetto ai valori già bassi raggiunti all’inizio dell’anno: a Dicembre 2009 ha raggiunto il valore minimo di 1, il più basso dal 1844, cioè da quando è stato possibile ricostruire i valori assunto da Ap (Fig. 1). E’ da notare come tale indice avesse finora raggiunto i valori finora più bassi nel 1880, nel 1900 e nel 1965, proprio in coincidenza con brevi raffreddamenti del clima terrestre.

Fig. 1l’andamento dell’Ap Index dal 2000 a fine dicembre 2009, quando ha raggiunto il minimo assoluto da quando questo indice viene calcolato, ovvero dal 1844.

Ad onor del vero, nel corso di Gennaio e Febbraio, l’indice è leggermente risalito. Per questo, prima di trarre qualsiasi conclusione, credo sia opportuno attendere perlomeno qualche mese.

La regione attiva corrispondente alle macchie NOAA1035 e NOAA1040 ha compiuto due transiti attraverso l’emisfero visibile del Sole e si è sfaldata poco prima di iniziare il terzo, tra il 15 dicembre ed i primi giorni di febbraio. Da notare come anche la regione NOAA 1041 (ex 1039) abbia completato due transiti. Durante lo scorso ciclo 23, solo la AR9393 durò più a lungo, compiendo ben tre transiti, nella prima metà del 2001, in prossimità del massimo del ciclo 23. Ma ora il Sole, in teoria, non è prossimo al massimo, sta uscendo da un prolungato periodo di minimo e al massimo del ciclo 24, secondo le stime più recenti, mancherebbero almeno 3 anni. La AR9393, nel corso del suo secondo transito sulla superficie visibile del Sole, nel 2001, si meritò un articolo sul sito della NASA nel quale David Hathaway spiegava come raramente le macchie persistessero per oltre un “giro di Sole”, sebbene quelle grandi tendessero a durare più del solito.

Che cosa indica il comportamento della 1040 e della 1041? Si tratta di due casi isolati, eccezioni senza alcun significato particolare? Oppure siamo in presenza di indizi di qualcosa, ad esempio che siamo già in prossimità del massimo?

Un altro elemento concernente il comportamento delle macchie riguarda la loro latitudine: è stato più volte osservato in questo forum come le macchie più recenti, almeno visivamente (chiedo per questo conferma ai forumisti più preparati, magari con qualche numero di confronto delle latitudini di macchie autunnali e macchie più recenti), si siano collocate ad una latitudine prossima ai 15 gradi nord e sud, cioè la latitudine alla quale solitamente convergono le macchie al’approssimarsi del massimo solare.

Che cosa ci suggerisce questa osservazione ? Che siamo più vicini al massimo di quanto si pensi ? Oppure ci sono altre spiegazioni, altri precedenti durante cicli passati ?

Infine un’ultima considerazione: Agosto 2009 è stato un mese interamente “spotless”. A fine agosto il Sole aveva totalizzato circa 700 giorni senza macchie, di cui circa 190 dall’inizio del 2009 fino al 31 agosto, su 243 giorni totali (78%). Dal 1 Settembre al 31 Dicembre, su 122 giorni totali ne sono stati rilevati 72 circa “spotless” (59%), concentrati soprattutto nei primi due mesi e, dal 1 Gennaio 2010 al 21 Marzo, appena 6 (7,5%). In sostanza, nel giro di qualche mese, i giorni senza macchie si sono drasticamente ridotti e, negli ultimi tre mesi, quasi azzerati. E’ come se il ciclo 24 fosse partito all’improvviso, con una “rampa” piuttosto ripida, se confrontata con quella di altri grandi minimi, come quelli ottocenteschi. Se è vero, come indicano le previsioni NASA più aggiornate, che il massimo potrebbe collocarsi non prima della metà del 2013, il Sole non è ripartito un po’ “in fretta” ? Dobbiamo attenderci un massimo notevolissimo, a dispetto di tutte le previsioni, oppure una prossima frenata, tale da consegnarci poi comunque un ciclo debole ? Infine, siamo sicuri che il massimo sarà effettivamente nel 2013 ?

Il clima

L’inverno si è appena concluso, e credo sia opportuno riportare qualche considerazione e trarre qualche conclusione, per sgombrare il campo da possibili equivoci:

  1. il freddo ha colpito, a più riprese ed a lungo, diverse aree dell’Emisfero Settentrionale, dall’Europa (comprese regioni dal clima solitamente mite e umido, come Francia e Gran Bretagna) al Nord America, fino all’Asia orientale (in particolare Mongolia e Cina), come non accadeva da molti anni;
  2. il fenomeno noto come “El Nino” (un riscaldamento superficiale dell’Oceano Pacifico centro orientale, compreso tra le coste del Perù e l’Australia, esteso per milioni di km2), fino all’estate annunciato come piuttosto forte e in passato ritenuto responsabile di inverni miti in Europa, si è poi rivelato (è ormai giunto al suo massimo e anzi tende lentamente a decrescere) di intensità medio-bassa, rispetto a quanto visto negli ultimi 10-15 anni e, soprattutto, non ha apparentemente prodotto rilevanti effetti mitigatori sull’inverno europeo;
  3. si sono verificati diversi riscaldamenti (stratwarming) stratosferici, che hanno poi fortemente alterato la circolazione atmosferica dell’Emisfero Settentrionale, contribuendo in modo forse determinante a causare le ripetute ondate di freddo cui abbiamo assistito;
  4. l’indice AO (Arctic Oscillation) misura la distribuzione delle alte e basse pressioni sopra e sotto la latitudine di 45 gradi nord, grosso modo quella di Milano: se l’indice AO è positivo, a sud del 45 parallelo (ad esempio sul Mediterraneo) prevalgono le alte pressioni e a nord le basse (depressioni atlantiche); viceversa se esso è negativo. Nel secondo caso sono favorite forti irruzioni di aria fredda sull’Europa continentale, mentre il Mediterraneo è invaso dalle depressioni atlantiche, costrette a scendere di latitudine. Ebbene, tale indice a dicembre 2009 ha raggiunto i valori minimi da quanto viene calcolato e previsto (dagli anni ’50 del secolo scorso), finendo “fuori scala” e quindi costringendo il NOAA ad aggiornarla nella sua porzione negativa. A Gennaio, Febbraio e Marzo tale indice, dopo temporanee risalite, è nuovamente tornato ad avvicinarsi al valore minimo di dicembre.

Tutti questi elementi, messi insieme, sembrano suggerire qualcosa di più che una semplice variabilità annuale, tanto da aver indotto qualche studioso della materia ad ipotizzare un collegamento con il minimo solare. Tuttavia, non ci consentono di affermarlo con ragionevole certezza: così come una rondine non fa primavera, un inverno freddo nell’emisfero Boreale, sebbene generalizzato e preceduto da un inverno freddo (2009) nell’emisfero Australe, non basta ad affermare che ci sia un collegamento con il minimo solare appena trascorso.

Per disporre di un solido indizio, o addirittura di una prova dell’influenza sul clima dei minimi (almeno di quelli prolungati) e dei massimi solari, è necessario attendere perlomeno alcuni anni: solo qualora la debole attività solare si prolungasse e gli inverni freddi (oltre ad estati fresche) dovessero ripetersi con frequenza decisamente maggiore rispetto al passato e, soprattutto, se le temperature medie dovessero abbassarsi, potremmo trarre conclusioni abbastanza certe e nette.

Conclusioni

Il Sole si sta riprendendo, certo, ma per andare dove? Verso un massimo debole, ben più debole di quelli del recente passato, dicono ormai concordi i principali studiosi della sua attività, a cominciare proprio da David Hathaway, il quale ha finora sostanzialmente confermato le previsioni circa il prossimo massimo da lui formulate nel mese di settembre, posticipandone leggermente la data. Altri studiosi (Svalgaard, Archibald) ritengono che il massimo possa essere anche più debole di quanto previsto da Hathaway, persino della metà e che questo (Archibald) possa condurre ad un minimo simile a quello di Dalton (1798-1823). Qualcun altro (alcuni studiosi russi) ipotizza persino che il Sole sia in procinto di entrare in un prolungato periodo di stasi, simile al Minimo di Maunder (1645-1715).

In realtà, nessun metodo previsionale si è finora rivelato realmente attendibile (fig. 2) e le recentissime scoperte annunciate da David Hathaway sul comportamento della dinamo solare non fanno che confermarlo. La ricerca, in questo campo, continua e richiederà ancora molto tempo prima di condurre a previsioni realmente attendibili: il Sole è nato miliardi di anni fa e non bastano certo pochi decenni di osservazioni per comprenderne appieno la natura.

Fig. 2: Negli ultimi anni sono state formulate numerose previsioni circa gli sviluppi del minimo attuale e del successivo massimo, cioè del ciclo 24. Gli approcci utilizzati sono dei più vari e comprendono la (presunta) dinamica solare interna, considerazioni di natura statistica, la climatologia terrestre ed altri ancora. Le previsioni ottenute circa l’intensità massima del prossimo ciclo, riportate in un istogramma, hanno il seguente aspetto. Esse risultano comprese tra un valore minimo di poco inferiore a 40 ed un valore massimo pari a circa 180 e coprono in modo abbastanza uniforme la maggior parte dei valori intermedi. Si consideri che R=40 è inferiore ai valori registrati nel corso dei deboli massimi del Minimo di Dalton (1798-1823) e R=180 è pari ai valori raggiunti nel corso dei più intensi massimi solari degli ultimi millenni (cioè quelli verificatisi negli ultimi 60-70 anni).

Ciò fa capire chiaramente quanto sia tuttora estremamente difficile realizzare previsioni attendibili del comportamento del nostro Sole.

Quello che possiamo dire con certezza è che il Sole procede per la sua strada, senza curarsi di noi esseri umani che, da un suo piccolo pianeta roccioso, ci affanniamo a scrutarne il futuro, così importante (per non dire vitale!) per noi e per i nostri discendenti.

Non perdetevi i prossimi aggiornamenti e, nel dubbio……tenete a portata di mano cappotti, cappelli e coperte!

-FINE-

FABIO 2

Nonostante le AR 1057 e 1059, l'attività solare resta BASSA!

Siamo ormai al 28 marzo, e possiamo dire che questo mese chiuderà sotto a febbraio sia come SN (per sidc e noaa) che per attività solare media!

Il solar flux anche se molto probabilmente chiuderà con una media mensile leggermente superiore a febbraio, ha fatto registrare un picco massimo di 91 contro i 93 registrati a febbraio, lo stesso per gli altri parametri tra cui gli X-ray che a differenza di febbraio non hanno mai raggiunto la soglia della classe “M”.

Sarà interessante vedere se questo trend continuerà oppure no, è bene ricordare che un solo mese in questo momento del ciclo solare vuol dire molto poco, se non nulla, mentre se appunto anche i prossimi mesi avessero un comportamento simile, allora si potrà inizare a parlare di anomalia…

Stay tuned, Simon