Le prove dell'esistenza del Minimo di Maunder

Ancora oggi qualche fisico solare e qualche climatologo pone dei dubbi sulla esistenza o meno del minimo di Maunder e sulle ripercussioni che questo ha avuto sul clima terrestre. Facciamo quindi un poco di storia e poi vediamo quali sono le prove scientifiche dell´esistenza di questi minimo.

Nel 1893 l´astronomo inglese Edward William Maunder costruí la storia dei cicli solari prima del 1700 basandosi sui disegni degli astronomi dell´epoca, un lavoro facile perché i disegni dei vari astronomi sparsi nelle corti di tutta europa erano molti e convergenti tra loro per dimensione di macchie, latitudine e date. Peró si sorprese quando a partire dal 1643 i disegni di macchie solari diminuirono enormemente e che tra il 1660 e il 1670 si arrivó all´estremo che nessun osservatore in Europa aveva visto una sia pur piccola macchia. Maunder arrivó alla conclusione che quel periodo di 70 anni circa, dal 1645 al 1717 si formarono poche macchie solari. Gli scienziati dell´epoca di Maunder non credettero alla sua teoria che andava contro le leggi (di allora) della fisica solare e affermarono che la mancanza si doveva scomparsa dei disegni o alla loro distruzione sminuendo anche quanto scritto da Gian Domenico Cassini che nel 1671 scrisse di aver rivisto dopo 20 anni una macchia sul Sole. Cassini che aveva visto le divisioni degli anelli di Saturno e calcolato il parallasse di Marte non penso che potesse dire stupidaggini. Durante il minimo di Maunder l´apparizione di una macchia doveva essere un avvenimento tanto che anche John Flamsteed astronomo reale inglese scrisse che aveva visto una macchia dopo ben 7 anni di osservazioni continue.

Nel 1970 l´astronomo solare John Eddy rivide lo studio di Maunder ampliandolo con nuovi dati, principalmente quelle degli astronomi cinesi che osservavano il sole dal v° secolo avanti Cristo, e con nuovi studi, e scrisse un articolo intitolato “La scomparsa delle macchie solari” che fece molto scalpore. Fu proprio Jonh Eddy che chiamó quel periodo come MINIMO DI MAUNDER. Lo studio di Jonh Eddy si basa su vari punti fondamentali e di grande importanza:

1) La mancanza di osservazioni negli antichi archivi.

In quella epoca l´astronomia muoveva i primi passi ed ogni avvenimento, avvistamento o sviluppo tecnologico era comunicato a tutti. Tutti gli astronomi si conoscevano tra loro e conoscevano gli studi di ognuno, e quando appariva una macchia sul Sole tutti ne davano la notizia affinché tutti potessero fare le loro osservazioni. A quel tempo ancora si discuteva se le macchie erano sulla superficie del Sole o erano solo l´ombra di pianeti o satelliti… Quindi la mancanza di annotazioni di tutti gli astronomi di tutta Europa in quel periodo non si puó dire che si deve alla perdita dei disegni o distruzione contemporaneamente in tutta Europa degli archivi dello stesso periodo.

2) Precisione delle osservazioni.

Si sa che oggi anche con un piccolo telescopio con poca apertura si possono osservare le macchie solari. I disegni di J. Hervelius del 1643 sono i piú accurati grazie forse alle lenti fatte da artigiani bravissimi per il suo telescopio, fatto é che i suoi disegni mostrano le sunspot con ombra e penombra e additittura i pore. Ma normalmente vista la qualitá degli strumenti dell´epoca, gli osservatori potevano vedere circa la metá rispetto ad una visione moderna, dando quindi come fattore di correzione un K=2. Se quindi i disegni dell´epoca mostrano macchie che nel periodo di massimo prenderebbero un numero di Wolf di 10 col fattore di correzione possiamo dire che avremmo un massimo solare di 20 unitá Wolf per il periodo di Maunder.

3) Aspetto della corona solare durante le eclissi solari

Sappiamo che durante un massimo solare la corona che appare con le eclissi è grande con numerosi raggi, mentre nella fase di minimo la corona appare limitata sia in grandezza che nell´aspetto.

John Eddy guardando i disegni fatti in quel periodo dagli astronomi durante le eclissi solari, giunse alla conclusione che i disegni mostravano senza dubbio una corona solare da grande minimo! Anche perché i disegni anteriori al Maunder fatte dagli stessi astronomi mostravano la corona solare ben sviluppata e grande. Inoltre consideriamo che gli astronomi dell´epoca non avevano nessun interesse a disegnare diversamente la corona solare durante le eclissi dato che per tutti loro quello era solo un effetto ottico e non un fenomeno astronomico.

4) Il clima nel periodo

Qui non mi dilungo anche perché giá su questo blog ci sono ottimi articoli in proposito.(Gli inverni nella PEG)

5) Quantitá di aurore boreali

La formazione di aurore polari é relazionata alla attivitá solare, come tutti sappiamo. Quando John Eddy consultó gli archivi di quel periodo si accorse che si erano verificate pochissime aurore. Notiamo che le aurore polari non necessitano di apparecchiature essendo visibili ad occhio nudo e che data la loro speccolaritá furono sempre inserite nella cronaca degli archivi. Addirittura durante 37 anni, Eddy constató che non vi furono aurore boreali, anzi Eddy registró che negli anni prima del Maunder vi furono ben 1550 aurore e che queste dopo la loro interruzione per il minimo ripresero dopo il 1716.

6) Analisi al Carbonio 14.

La prova definitiva dell´esistenza del minimo di Maunder, John Eddy la trovó negli archivi che la natura lascia sui tronchi degli alberi. Sinteticamente sappiamo che gli anelli degli alberi sono piú grossi quando vi é maggiore attivitá solare. Il carbonio 14 che si trova negli anelli degli alberi é il prodotto dei raggi cosmici nella parte superiore dell´atmosfera e che i raggi cosmici variano al variare del ciclo solare. Quando il ciclo é al massimo i raggi cosmici diminuiscono e diminuisce il carbonio 14 e quando il ciclo é al minimo i raggi cosmici aumentano e aumenta il carbonio 14. Eddy vide (e dopo di lui anche gli altri scienziati) che la quantitá di carbonio 14 negli anelli degli alberi durante il minimo di Maunder era eccezionalmente alta provando definitivamente che durante quel periodo l´attivitá solare fu bassissima.

In un prossimo articolo vedremo quale sarebbe il numero di Wolf e i massimi che si ebbero nei cicli durante il minimo di Maunder in base alle analisi dei disegni degli astronomi dell´epoca, ricordando che questo minimo di Maunder pur se profondo e prolungato non significa mancanza assoluta di macchie o mancanza dei cicli solari.

SANDRIO

50 pensieri su “Le prove dell'esistenza del Minimo di Maunder

  1. Caro Bora, dovresti leggere cosa scrive il prof. Mario Tomasino del Dip. di Scienze Ambientali dell’Università di Venezia sul Giornale dell’Ingegnere di questo mese intitolato “Il climagate dimenticato”.
    In pratica si dimostra che siti con tendenza di temperatura negativa dal 1880 ad oggi i Signori del CRU li hanno trasformati in positiva!! Di più non ti dico…

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  2. stai parlando di 3 anni fa, forse non sai che siamo entrati in una crisi economica spaventosa, e anche loro hanno bisogno di soldi.

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  3. Il SOHO ha aggiornato ora la macchietta in alto e’ si’ diventata una sola,
    ma e’ ingrandita, a proposito e’ nel “recinto”
    A Catania deve essere nuvolo oggi non aggiorna

    Alberto

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  4. Un pore si sta sviluppando molto rapidamente nella mediana nord del Sole. Al centro del proprio del “recinto”.
    http://gong2.nso.edu/dailyimages/img/jpg/bqa/201003/udbqa100325/udbqa100325t0954.jpg
    Lp osservatorio belga oggi segna un pore ma non mi sembra dalla posizione che sia lo stesso di quello che sta crescendo adesso;
    http://sidc.be/images/last_ORBdrawing.jpg
    Ma non puó essere questo pore che hanno visto ieri al NOAA perché ieri non esisteva e anche spaceweather (braccio della NASA) segnala per ieri solo la 1057 pur indicando il numero di 27 SN
    http://www.spaceweather.com/

    Intanto la 1057 avvicinandosi al recinto sta diventando sempre piú importante come avevamo previsto… dai 2 pore che aveva quando si é affacciata sul visibile ora ha raggiunto una estensione di 250. Il flusso solare oggi dovrebbe anche crescere abbastanza superando i 90.

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  5. Allora non sono un visionario !
    Vi garantisco che stamattina il SOHO mostrava 2 pori !
    Mi sa allora davvero che ci sono pori o macchie che hanno vita brevissima.
    Alberto

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  6. A http://www.aamt.it/sole/immagini/A.JPG singola macchia isolata senza penombra, chiamata anche “poro”.Deve essere contata sia come macchia che come gruppo.
    B http://www.aamt.it/sole/immagini/B.JPG gruppo di due o più macchie ma in nessuna di esse si nota penombra.
    C http://www.aamt.it/sole/immagini/C.JPG gruppo di macchie in cui una è principale ed è circondata da una zona di penombra.
    D http://www.aamt.it/sole/immagini/D.JPG gruppo di macchie in cui due almeno sono circondate da penombra.
    E http://www.aamt.it/sole/immagini/E.JPG gruppo di macchie simile a D ma molto più complesso, con molte macchie e complicate conformazioni.
    F http://www.aamt.it/sole/immagini/F.JPG gruppo di macchie notevole e vasto con zone complesse e frastagliate, che può superare una estensione di 15° in longitudine
    H http://www.aamt.it/sole/immagini/H.JPG residuo di un gruppo E o F in via di estinzione, di solito si nota una grossa macchia circondata da due tre piccole macchie

    Le macchie di tipo A difficilmente evolvono, la maggior parte è destinata a scomparire nel giro di poche ore o di un giorno. I gruppi B e C più facilmente possono avere una loro evoluzione fino a passare a forme complesse come il tipo F.
    Le macchie possono durare da alcuni giorni a diverse settimane.

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  7. Ieri al noaa nn contavano quel pore, uno perchè ancora nn c’era, 2 perchè avrebbero messo new region…quindi ierri he doveva giustamente finire a cn un SN di 13 è finito a 27!

    scandalosi!

    Simon

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  8. ciao a tutti, mi chiamo Valeria, sono una molto dilettante appassionata di stelle, dalla tenera età, di sera in estate stavo ore a guardare le stelle, lo spazio. Oggi ancora ho questa passione, e sono interessata, alle macchie solari; ho difficoltà a comprendere alcuni termini tecnici,( facendo altro nella mia vita) sarei grata a chiunque fosse gentile da segnalarmi una sorta di manuale per comprendere meglio, e riuscire ad interpretare con correttezza i grafici

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