L’energia nucleare attualmente si basa sulla fissione dell’uranio 235 e in parte del plutonio 239.
Il nucleo di uranio 235 assorbe neutroni. Nel caso di neutroni lenti, cioè in reattori nucleari normali, questo ha due conseguenze diverse: Nel 82% dei casi il nucleo dell’uranio 236 che è nato con l’assorbimento del neutrone, si spacca in due. Nel resto dei casi, cioè nel 18%, il nucleo dell’uranio 236 si libera della sua energia di eccitazione con l’emissione di raggi gamma. In questi casi resta uranio 236, senza spaccarsi.
L’uranio 236 è abbastanza stabile, fa un decadimento alfa con una semivita di 23,4 milioni di anni. Non è fissile. Può assorbire un altro neutrone e trasformarsi in uranio 237. Questo decade con una semivita di 6,75 giorni in nettunio 237. Il decadimento consiste nell’emissione di un elettrone e di un antineutrino, è un decadimento beta meno.
Nei reattori nucleari attuali il nettunio 237 nasce anche da un altro processo: Un nucleo di uranio 238, colpito da un neutrone veloce, può emettere due neutroni e trasformarsi in uranio 237. Da lì in poi come sopra.
Il nettunio 237 si trova nelle scorie nucleari, negli elementi di combustibile esauriti. E’ tra le scorie più longeve e pericolose, semivita 2,144 milioni di anni. Ha la tendenza di migrare facilmente. Fa in tutto 11 decadimenti, qualcuno del tipo beta meno, la maggioranza del tipo alfa. Per il primo milione di anni la sua quantità nelle scorie nucleari resta costante. Quello che manca a cause del decadimento radioattivo, viene integrato dal decadimento alfa dell’americio 241, che si trasforma in nettunio 237.
Il nettunio 237 è fissile, cioè può spaccarsi in due dopo l’assorbimento di un neutrone termico (cioè lento), però solo nel 0,011% dei casi. Insignificante.
Il nettunio 237 trova un applicazione: Può essere separato dal resto delle scorie nucleari con processi chimici e esposto nuovamente a neutroni lenti, all’interno di un reattore nucleare. Nasce il nettunio 238, che con una semivita di 2,117 giorni decade in plutonio 238.
Il plutonio 238 non è fissile, può essere trattato in quantità notevoli senza incorrere in un rischio di reazione a catena, ma è talmente radioattivo (alfa, semivita 87,74 anni) che il calore sviluppato lo porta a una temperatura di molte centinaia di gradi. Il plutonio 238 è una delle sostanza più tossiche conosciute.
Il calore sviluppato dalla sua radioattività viene sfruttato per la generazione di energia elettrica con termocoppie. Queste batterie si chiamano RTG (Radioisotope Thermal Generator). 1 grammo di plutonio 238 sviluppa 0,5 W di energia termica. Spirit e Opportunity, i due veicoli su marte, hanno a bordo ciascuna 16 grammi di plutonio 238 per tenersi caldi.
Per missioni di sonde spaziali che vanno lontane dal sole i RTG sono l’unico tipo di sorgente di energia che funziona a lungo termine. La Nasa li ha usati in 23 missioni. In ciascuna delle sonde si trova qualche diecina di kg di plutonio 238. La sonda Cassini Huygens, che è andata intorno a Saturno contiene (solo nella sonda Cassini) 32 kg di plutonio 238.
La fallita missione Apollo 13 ha avuto come conseguenza che una batteria al plutonio 238 è andata a finire nell’oceano pacifico meridionale. Finora è ermetica.
In passato batterie al plutonio 238 sono state usate per pacemaker. Questo adesso è proibito.
Nell’Unione Sovietica è successo che batterie radioattive dismesse sono state private degli involucri protettivi da “cacciatori di metalli”, che non sapevano niente della pericolosità della radioattività. La gente sul posto racconta che i ladri sono morti. C’è qualche ombra sulla sicurezza dello stoccaggio delle scorie radioattive.
Elmar Pfletschinger