Il Picco del Petrolio -Seconda Parte-

h) I suoli al di sopra dei giacimenti di gas naturale hanno un alto contenuto di metano, il che implica un enorme flusso di gas dagli strati sottostanti.

Tale flusso sarebbe cosi’ abbondante che in poche migliaia di anni il deposito sottostante di metano sarebbe esaurito. Quindi tale deposito non potrebbe essersi formato milioni di anni fa.

Sarebbe percio’ piu’ plausibile pensare che il metano salga da riserve molto piu’ grandi poste a profondita’ molto maggiori.

i) L’elio si trova sempre associato al metano.

E’ poco noto, ma spesso all’estrazione di metano si associa l’estrazione di elio.

Nel giacimento di gas Panhandle-Hugoton, Kansas e Texas, Stati Uniti d’America, c’e’ una produzione significativa di elio. Ci sono anche altri giacimenti in Algeria e Russia con livelli significativi di produzione di elio. Ma come si forma l’elio?

Non sono noti meccanismi biologici per la formazione dell’elio, ed essendo un gas si ritiene che la sua presenza nelle profondita’ della terra sia dovuta al decadimento dell’Uranio 238 (l’uranio 238 e’ l’isotopo piu’ abbonante in natura dell’Uranio, con un tempo di dimezzamento di circa 4,5 miliardi di anni). Nel corso del suo decadimento, l’uranio produce elio.

L’elio e’ un gas inerte, che cioe’ non reagisce chimicamente: non e’ percio’ spiegabile perche’ vegetali in decomposizione debbano favorire la concentrazione di questo gas (che in alcuni giacimenti di metano arriva anche al 10%).

Se percio’ l’elio si forma come conseguenza del decadimento dell’uranio, ed essendo il tempo di questo decadimento molto lungo, la concentrazione di elio nel metano dovrebbe essere una indicazione della profondita’ da cui proviene il metano: maggiore concentrazione di elio = piu’ tempo a disposizione dell’Uranio per decadere = maggiore profondita’. 

Si potrebbe tuttavia pensare che per qualche strano motivo associati ai giacimenti di metano ci siano, in prossimita’ o poco piu’ sotto dei grandi giacimenti di uranio naturale, ma non e’ cosi’. Tali giacimenti non sono mai stati individuati, dunque l’elio deve venire da grandi profondita’, da cui risale insieme al metano.

l) Le rocce in profondita’ possono presentare porosita’ in domini isolati. Questo e’ un punto molto importante, e merita di essere spiegato bene.

Per risalire dalle profondita’ della terra, una massa fluida ha bisogno di trovare delle fratture o delle porosita’ nelle rocce sovrastanti. Se la pressione del fluido non e’ sufficientemente alta, la massa delle rocce sovrastanti tende a chiudere ogni fessura o porosita’ al di sotto di una certa profondita’.

Questo meccanismo non funziona nel caso che il fluido abbia la stessa densita’ delle rocce sovrastanti, come nel caso della lava, ma funziona perfettamente per idrocarburi a bassa densita’ come petrolio o gas naturale. In questo scenario la massa sovrastante dovrebbe riuscire a chiudere i pori della roccia ad una profondita’ compresa tra i 3 e i 10 chilometri.

Quindi i geologi sostengono che al di sotto di una certa profondita’ critica, compresa tra 3 e 10 chilometri non puo’ esistere nessuna porosita’ nella roccia e dunque nessun deposito di idrocarburi.

Ma Gold contesta questa affermazione: proprio la mancanza di porosita’ a questa profondita’ critica permetterebbe alla pressione di un qualsiasi fluido sottostante di mantenere aperti i fori ancora piu’ in profondita’, per altri 3-10 km, e cosi’ via, per un numero indeterminato di domini inferiori.

Dunque, trivellando in profondita’ nella crosta terrestre, dovrebbe essere possibile rilevare un brusco aumento della pressione del fluido appena al di sotto del limite di un dominio.

In effetti in alcuni casi di trivellazioni a grande profondita’ e’ stato rilevato un brusco aumento di pressione, che sembra indicare il passaggio verso un dominio inferiore.

m) Le riserve di petrolio si ricaricano spontaneamente.

La sola possibile origine di questo processo va identificata in depositi più profondi che filtrano verso l’alto e ripetono la sequenza di fenomeni che portò alla formazione iniziale dei giacimenti più superficiali. Un caso notevole è quello del giacimento offshore della Pennzenergy Co. a Eugene Island 330 nella Lousiana [7]. Fu scoperto nel 1973 e la riserva totale probabile fu stimata in 60 M di barili. La produzione raggiunse un massimo di 15.000 barili/giorno. Nel 1989 era calata a 4,000 barili/giorno. 10 anni dopo la produzione salì di nuovo 13.000 barili/giorno. La Dr. J. Whelan della Woods Hole Oceanographic Institution analizzò la situazione e concluse che la nuovà produzione di petrolio apparteneva a un’era geologica diversa da quella precedente e proveniva da strati più profondi. La riserva totale veniva ora stimata in 400 M di barili.

Si può sostenere che situazioni simili siano alla base del fatto che la stima delle riserve totali mondiali di petrolio è cresciuta del 72% tra il 1976 e il 1996. Le prove osservate nel caso singolo citato sono significative. Non sarebbe possibile trarre conclusioni generali dalle statistiche della produzione globale. Queste, infatti, dipendono largamente (in modo non trasparente) da considerazioni finanziarie e politiche e non dalla valutazione di situazioni fisiche.

n) I diamanti.

I diamanti sono formati da carbonio puro, proprio come le mine delle matite (grafite): diversa e’ solo la struttura cristallina, e quella del diamante si puo’ formare solo in condizioni di pressione estremamente elevata. Tali pressioni, secondo Gold, si sviluppano solo tra i 150 e I 300 Km di profondita’, quindi la formazione dei diamanti si spiegherebbe con la presenza di carbonio puro a tali profondita’. Puro significa non mescolato ad altri elementi. La separazione del carbonio dagli altri elementi avverrebbe secondo Gold all’interno delle rocce: fluidi ricchi di carbonio scorrerebbero nei pori delle rocce, e delle reazioni chimiche rimuoverebbero il carbonio da questi fluidi. Se non ci fosse lo scorrimento in questi capillari interni alle rocce, le eazioni chimiche che separano il carbonio avverrebbero solo negli strati superficiali del fluido. Ma quali sono i fluidi ricchi di carbonio? Sicuramente gli idrocarburi, ma anche la CO2. Pero’ la reazione chimica che dissocia il carbonio dagli idrocarburi avviene piu’ facilmente e a temperature piu’ basse della reazione che dissocia il carbonio dalla CO2, quindi a grandi profondita’ scorrerebbero nelle rocce alcuni idrocarburi.

o) Gli strati piu’ superficiali della crosta terrestre sono ricchissimi di carbonio, presente soprattutto nelle rocce carbonatiche (un classico esempio di roccia carbonatica e’ il travertino).

Travertino

Sono state formulate varie ipotesi per spiegare questa ricchezza di carbonio negli strati superficiali.

Una ipotesi e’ quella del ciclo del carbonio, ma secondo Gold questa teoria non spiega le quantita’ di carbonio coinvolte, e inoltre mal si concilia con la varieta’ di isotopi di carbonio presenti negli strati superficiali.

Secondo un’altra teoria l’atmosfera superficiale della terra era ricchissima di diossido di carbonio, CO2, che e’ poi precipitato al suolo ed ha dato origine alle rocce carbonatiche. Secondo questa teoria, la terra si sarebbe formata per condensazione di nubi di gas disperse nello spazio. Ma questo materiale interstellare, oltre che ricco di diossido di carbonio, e’ ricco anche di gas inerti quali neon, argon e krypto. Essendo inerti, e dunque non reagendo, questi gas si sarebbero dovuti conservare fino ai giorni nostri in quantita’ apprezzabili, mentre invece sono scarsissimi nell’atmosfera.

Si puo’ allora pensare che il carbonio sia stato portato sulla terra da meteoriti; ma la superficie terrestre dovrebbe allora essere piena di crateri da impatto meteoritico.

Ma secondo Gold i meteoriti possono aver giocato un altro ruolo: le condriti carboniose sono meteoriti ricchissime di idrocarburi, che rilasciano quando sottoposte a riscaldamento a forti pressioni.

Una condrite carboniosa

Se parte (gran parte) della terra si fosse formata in seguito all’aggregazione di condriti carboniose, ecco spiegata la presenza all’interno della terra e a grandi profondita’ di idrocarburi, che migrerebbero verso l’alto, e spiegherebbero la ricchezza di carbonio nella crosta e nei sedimenti.

Pierluigi

29 pensieri su “Il Picco del Petrolio -Seconda Parte-

  1. interessante articolo , soprattutto considerando che elementi certi sulla struttura interna del pianeta terra non ne esistono nonostante le trivellazioni fatte sperimentalmente , in fin dei conti non sappiamo ancora con certezza cosa c’è al centro della terra

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  2. @Luigi Locato
    Possono migliorare i rendimenti delle trivellatrici; possono essere scoperte nuove metodologie di trivellazione; possono essere migliorate le tecniche estrattive…
    Devo continuare?
    Il Giappone e il Golfo del Messico cosa c’entrano?
    Li parliamo di inquinamento, che ha a che fare con l’uso del petrolio, non con le origini sulla sua formazione…

    @ tutti
    Piu’ che del picco del petrolio, occorrerebbe preoccuparsi (realmente) del picco del fosforo.
    Negli ultimi 14 mesi il prezzo del fosforo e’ aumentato del 1400%, e senza fosforo (e petrolio) non c’e’ agricoltura industriale.
    Sul sito della confederazione svizzera (che non so quanto sia attendibile scientificamente, ma di sicuro lo e’ economicamente :-P), e’ scritto che le riserve mondiali di fosforo potrebbero esaurirsi in 80 anni, anche prima se il consumo aumenta ai livelli attuali.
    Sono stime condivise anche dal dipartimentogeologico delgoverno degli Stati Uniti.
    L’europa non possiede fosforo, ma ne possiede molto il nordafrica……….
    Dove, guarda un po’, un paese con una grande industria alimentare sta fomentando un po’ di “rivoluzioni” “democratiche”, che le permetterebbero di mettere due piedi nel Sahara (che si ritiene sia ricco di giaimenti di fosforo), ma si guarda bene dal fomentare disordini in Marocco, e anzi chiude un occhio sulla guerra che il Marocco stesso sta ricominciando a combattere con il fronte polisario (nel cui territorio si trovano alcuni tra i piu’ grandi giacimenti di fosforo al mondo)…

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  3. OT – Spero sia solo un po’ di parte………ma ho la sensazione che veramente su quell’isola possa succedere qualcosa che sulla terra non è stato mai visto prima.

    La verità su Fukushima

    Quando si saprà la verità sugli effetti di Fukushima forse vorremo cambiare pianeta. Siamo arrivati al livello 7. Il massimo possibile. Il livello 8 nessuno sarà in grado di raccontarcelo. Uno studio commissionato da Greenpeace Germania a un esperto tedesco di sicurezza nucleare, rivela da giorni che l’incidente di Fukushima “ha già rilasciato un tale livello di radioattività da essere classificato di livello 7, secondo l’International Nuclear Event Scale (INES)“. È il livello massimo di gravità per gli incidenti nucleari, raggiunto solo da Chernobyl. Secondo Greenpeace, la quantità totale di radionuclidi di iodio-131 e cesio-137, rilasciata a Fukushima tra l’11 e il 13 marzo 2011, equivale al “triplo del valore minimo per classificare un incidente come livello 7 nella scala INES“.

    http://www.greenstudioservice.com/la-verita-su-fukushima/

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  4. ps: dimenticavo, tracce di iodio radioattivo in germania (60 micro-becquerel per m2) dicono.. non essere niente di che (fonte: http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Tracce-di-iodio-radioattivo-in-Germania_311829284977.html) ..fukushima continua a sviscerare fuori radiazioni, i venti fanno il loro, è lecito credere che oltre ad avere già (e ancora) questa minima quantità di radiattività nei cieli, il tasso aumenterà via via col tempo fino ad una presunta e sperata risoluzione di sorta? domando perchè non ho idea, tantè che con queste prime piogge del fine settimana, alcuni con dei contatorini geiger han voluto provare l’ebrezza di veirificare la suddetta pioggia e.. sembra non ci sia proprio nulla di chè almeno nei due casi di bologna e milano.

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  5. @ Ivoblu
    Non dire cavolate per cortesia e fomentare inutili allarmismi.
    NEANCHE SE LA CENTRALE DI FUKUSHIMA ESPLODESSE le radiazioni arriverebbero fino qua da noi. Per il semplice fatto che le particelle radiattive sono tutti neuclidi pesanti e ovunque piovesse prima i giungere a noi precipiterebbero al suolo. Il giappone é dall´altra parte del mondo rispetto a noi.
    Non che quello che succeda lá non sia una catastrofe, ben s´intenda.
    Ma non fate, mi ripeto, di ogni erba un fascio.
    Qui siamo sicuri… almeno fino a quando nn succederä un incidente del genere a casa nostra…

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  6. @Lorenzo

    vediamo di non esagerare con le prese di posizione:
    http://www.zamg.ac.at/pict/aktuell/20110325_Reanalyse-I131-Period2.gif

    La realta’ di Fukushima e’ totalmente differente da quella che si sente in TV o che si legge sui giornali. Avevo parlato della situazione attuale gia’ a 4 giorni dal sisma… ovvero circa 15 giorni fa. A qualcuno non e’ piaciuto e sono stato zitto. I miei contatti sul posto mi riferivano di un problema drammatico che le autorita’ stavano coprendo.
    Al link di cui sopra c’e’ la mappa della propagazione in atmosfera delle particelle radioattive.

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  7. @Lorenzo oh che cavolo! ma non era mia intenzione fare allarmismo, ho riportato quello che ho letto per poter ri-formulare per la seconda volta, (stavolta in modo implicito), la domanda sulla presenza e/o eventuale permanenza in sospensione di queste fatidiche particelle, perchè non mi so dare risposte e ero curioso di sapere, alla prima non mi ha risposto nessuno e ora tu con un garbo prima riservato solo a Bora, takle it easy! Non è possibile che ad ogni post si debba leggere risposte col nervo teso. Ma non è stressante?
    Per la cronaca ho pure scritto di chi ha confermato col proprio contatore geiger che non sono state rilevate particelle radioattive in queste piogge, dove sta l’allarmismo? bha

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