Archivio mensile:Marzo 2011

Google e il più grande Business del 20° Secolo

Inserisco subito il link dell’articolo scritto da Guido Guidi ( che aveva già collaborato per NIA e non mi dispiacerebbe certo risentirlo )

http://www.climatemonitor.it/?p=16613

l’articolo del Guidi era tratto da una lettera inviata da Willis Eschenbach a Google e pubblicata su WUWT ( il Blog di Antony Watts )

http://wattsupwiththat.com/2011/03/19/an-open-letter-to-google/

Sta per esplodere una polemica niente male, o forse no la faccenda passerà inosservata, perché riguarda il mondo dei buoni e perché dalle nostre parti circa il conflitto di interessi abbiamo degli anticorpi speciali. Vorrà dire che ce la cucineremo da soli. Google, la più grande azienda del mondo della rete ha deciso di scendere in campo nel dibattito sul clima. Come? Non finanziando progetti di ricerca (magari questo lo faceva già come del resto il suo concorrente principale Microsoft che progetta fantasiose navi aspira CO2), ma gettandosi anima e corpo nella comunicazione scientifica (qui i dettagli del programma).

Dopo attento screening, sono stati selezionati 21 “esperti” di comunicazione scientifica e di provata fede AGW, perché si facciano venire delle idee su come far capire al mondo che i cambiamenti climatici sono un problema. Avete capito bene, anche i guru della comunicazione globale sono così a digiuno in materia di clima e dinamiche dello stesso, da essere convinti che in fondo sia un problema di comunicazione se ancora non ci siamo presi tutti per mano per far fronte alla minaccia globale del climarrosto. Forse è questa la chiave di lettura: proiezioni climatiche e realtà non coincidono perché la temperatura media superficiale globale non è stata avvisata. Anche questo può essere un problema di comunicazione.

Aspettiamoci dunque una bella offensiva mediatica, perché la rete o almeno una discreta parte di essa, sta per entrare in azione. C’era da aspettarselo, stiamo parlando dei maestri del business dei tempi moderni e quello del clima che cambia per cause antropiche è un business enorme. C’era da aspettarselo, perché Al Gore l’uomo più specializzato al mondo su come far soldi attorno alla CO2, è senior advisor del gigante di internet.

Eppure non va bene, il fatto che rientri nelle possibilità non rende affatto più digeribile la faccenda. Riusciranno infatti i padroni delle gerarchie di ricerca della rete a mantenere la loro imparzialità? Come saperlo? Non ci interessa, perché questa non e’ una domanda che vorremmo essere costretti a porci. Non e’ un segreto infatti che il dibattito sul clima abbia assunto una fortissima, anzi, preponderante connotazione politica. Si può accettare che i padroni di tutti i nostri segreti, cosa cerchiamo sulla rete, quali pseudonimi utilizziamo, quali idee abbiamo, cosa mangiamo, cosa leggiamo etc etc, entrino così a gamba tesa nel dibattito politico?

No, non lo è, e a pensarci bene non conviene neanche a loro. Se non e’ detto infatti che google possa perdere la sua imparzialità, fin qui governata “solo” dalla volontà di far soldi, è pero’ probabile che così facendo possano perdere le sembianze di imparzialità e quindi la fiducia di molti clienti. Dal punto di vista strategico potrebbe non essere stata una grande scelta. Se c’è un posto dove lo scetticismo sull’ipotesi AGW è forte, anzi, fortissimo, è proprio il mondo di internet. Con i media tradizionali tutti proni al “terrore-del-clima-che-cambia” vuoi per faciloneria, vuoi per generalismo, vuoi per convenienza vera e propria, la rete invece è diventata territorio di caccia per gli scettici, e la caccia è stata spesso anche molto buona. Un caso su tutti il climategate, lo scandalo degli imbarazzanti scambi epistolari degli scienziati della Climatic Research Unit inglese, che se non fosse stato per la rete non avrebbe mai potuto vedere la luce, né diventare di dominio pubblico. Se è quello il genere di comunicazione scientifica che con questa operazione verità si vorrebbe potenziare stiamo freschi.

D’altra parte non so quanto i sapientoni del comunicare potranno far bene, l’inizio non si può certo dire che sia sfavillante. Così ha infatti esordito Paul Higgins, co-direttore del programma di policy dell’American Meteorological Society, nonché, ovviamente tra gli eletti di Google:

[…] The vast majority of people don’t know and understand the details of climate science […]

[…] La stragrande maggioranza della gente non conosce e non capisce i dettagli della scienza del clima […]

I poche parole, voi non potete capire, ci pensiamo noi a mettere tutto in bella copia per farvi digerire la pillola.

Sinceramente, al di là degli ovvi risvolti di natura economica, faccio veramente fatica a comprendere questa scelta. Un’azienda il cui core business è quello delle informazioni, non dovrebbe mai accettare di sostenerne solo una parte, alla lunga questo potrebbe non essere pagante. Sento puzza di grande fratello, speriamo bene.

Guido Guidi

NB: L’articolo è stato ripresentato pari pari da come era stato pubblicato su Climate Monitor


Il perduto lago Agassiz

Se osserviamo una cartina del Canada centrale, si possono notare una serie di laghi che procedono verso nord-ovest, in diagonale, tutti di forma piuttosto allungata; sono tutti laghi glaciali, e sono verosimilmente i resti di un unico immenso lago che alcune migliaia di anni fa ricopriva tutta la regione.

Fig 1: Una cartina del Canada odierno: si nota subito la cintura di laghi che procede verso l’Alaska, dei quali una buona parte, tra cui il lago Winnipeg ed il lago Manitoba, facevano parte di un unico, immenso bacino idrico.

L’esistenza di un grande lago nel Canada fu postulata per la prima volta nel 1823, ed esso venne poi rinominato lago Agassiz nel 1879, dal nome di Louis Agassiz, studioso che ebbe una parte nella formazione della teoria delle glaciazioni (di cui abbiamo parlato qui). Sin dall’inizio, ci si rese conto che l’Agassiz non era un lago comune: il bacino idrico stimato alla fine dell’Ottocento da Upham fu poi rivisto al rialzo nel corso del secolo scorso, e secondo certe misurazioni giunse a coprire un’area totale di 440.000 chilometri quadrati, ma altri dati portano questo numero all’incredibile area di un milione e mezzo di chilometri quadrati, pari a cinque volte l’estensione totale dell’Italia.
Le misurazioni non sono facili non solo perché il lago, ovviamente, è scomparso da tempo, ma anche perché si è trattato di un bacino dalla storia movimentata: in circa 5000 anni di storia, il suo livello è cambiato profondamente oltre trenta volte, tra svuotamenti e reflussi; inoltre, la posizione dell’Agassiz si è spostata sempre più verso Nord-Ovest.

Fig 2: La storia dell’Agassiz mostra un lago che ha cambiato la propria estensione e profondità molte volte; di sicuro, il lago da solo era più grande di tutti quelli presenti al momento sul pianeta Terra, anche concentrati insieme. La sua scomparsa avrebbe avuto un effetto notevole sul clima dell’emisfero Nord e, forse, dell’intero pianeta. La superficie in grigio è la calotta ghiacciata che si andava ritirando durante la fine dell’ultimo periodo glaciale, terminato circa 10.000 anni fa.

Ma l’importanza del lago perduto non si limita alla sua estensione; in almeno due occasioni, l’Agassiz vide un’imponente e rapida riduzione della sua estensione, che portò al discioglimento di un’enorme quantità di acqua dolce nell’Atlantico settentrionale.
All’incirca 12.900 anni fa, quando i ghiacci si stavano ritirando dal Canada e da tutto l’emisfero boreale a causa della fine del periodo glaciale, il lago Agassiz non aveva alcuna comunicazione con l’Artico, e l’unico affluente di una certa importanza era il Missisippi, che ne faceva defluire le acqua nel Golfo del Messico. Poi, accade qualcosa nella calotta di ghiaccio che chiudeva l’Agassiz verso nord: forse un diaframma si ruppe, forse l’acqua riuscì ad insinuarsi in una spaccatura. Qualunque fosse la ragione, 9500 chilometri cubi di acqua si riversarono nell’Atlantico, e la superficie totale del lago si ridusse di circa 100.000 chilometri quadrati; ci volle quasi un secolo perché si completasse la fuga dell’acqua, e, proprio in quel momento, accadde qualcosa di molto strano alle temperature dell’emisfero boreale.

Fig 3: L’acqua dell’Agassiz avrebbe potuto dirigersi nell’Atlantico verso Nord lungo il fiume Mac Kenzie, oppure verso est; qualunque fosse la direzione, una quantità d’acqua quasi pari a quella dell’intero Lago Superiore si riversò nell’Atlantico nel corso di qualche decennio.

Dall’ultimo massimo glaciale (circa 20.000 anni fa), la Terra aveva visto ridursi le proprie calotte di ghiaccio, in particolare in America del Nord, ma tale diminuzione non fu continua e graduale, e vide alcuni periodi di ritorno del freddo glaciale: il primo di questi periodi avvenne poco dopo il massimo glaciale, tra i 18.000 ed i 15.000 anni fa, e fu chiamato Oldest Dryas (Dryas più antico), dal nome di un fiore tipico delle alpi e della tundra. Seguì un riscaldamento ed un successivo periodo di freddo intenso, all’incirca 14.000 anni fa, dalla durata molto breve, di circa tre secoli.
Infine, all’incirca 12.800 anni fa, avvenne un ultimo raffreddamento improvviso, che portò ad un’altra grande estensione dei ghiacci e ad un ritorno alle condizioni polari del periodo glaciale: lo Younger Dryas.

Fig 4: Seguendo un periodo caldo (l’immagine va letta da destra a sinistra), vi fu un notevole stadio di raffreddamento delle temperature, che avvenne assai rapidamente e terminò in maniera altrettanto brusca. Rilevazioni compiute in Groenlandia indicano che la temperatura media era di circa 15° inferiore a quella attuale.

Un simile cambiamento repentino costituiva un piccolo mistero della paleoclimatologia; i Cicli di Milankovic non riuscivano a spiegarlo, e nemmeno l’attività solare sembrava correlata. L’imputato allora divenne terrestre: proprio nello stesso periodo dello Younger Dryas, infatti, vi era stato il riversamento delle acque dell’Agassiz nell’Atlantico. Poteva una semplice massa d’acqua, per quanto estesa, provocare un tale mutamento del clima, ed in un periodo così breve?
Uno dei più importanti mezzi di regolazione della temperatura del pianeta sono le correnti marine: basta fare un semplice raffronto tra le temperature medie di Lisbona e di New York, che sono pressapoco alla stessa latitudine, per rendersi conto che la differenza è notevole, ed è dovuta alla presenza della famosa Corrente del Golfo, che sospinge acqua calda nell’Atlantico, riscaldando le coste dell’Europa fino all’Islanda. Superata l’isola, la corrente si sfalda e si mescola con l’acqua più fredda del mare artico, per poi tornare a discendere lungo le coste americane, questa volta come la fredda Corrente del Labrador. Il meccanismo di scambio tra le due correnti è legato alla temperatura, ma è determinato in maniera notevole dalla salinità dell’acqua: pertanto, un suo brusco cambiamento avrebbe potuto determinarne l’arresto.

Fig 5: L’Agassiz avrebbe disciolto nell’Atlantico enormi quantità d’acqua, quasi diecimila chilometri cubi (sufficienti a riempire una vasca di cento chilometri di lato), che nel corso di alcune decine di anni avrebbero alterato la salinità dell’oceano, interrompendo il meccanismo che consente alla Corrente del Golfo di spingersi fino alle alte latitudini, e quindi di riscaldare le coste vicine. Ne sarebbe seguito un improvviso ritorno del ghiaccio.

La coincidenza delle date è impressionante, ed il meccanismo è considerato corretto. Quindi, si può dire che sia stato il lago Agassiz a scatenare il ritorno dell’Era Glaciale in Nord America; inoltre, alcune prove raccolte in giro per il mondo (come un aumento della polvere nell’atmosfera a causa di un espandersi dei deserti, il ritorno della tundra in Scandinavia al posto delle foreste, un espandersi generale dei ghiacciai montani) mostrano come il raffreddamento abbia stretta anche il resto dell’emisfero boreale (in particolare l’Europa), e forse anche l’America meridionale, nella sua morsa.
Non è chiaro quanto abbia impiegato a tornare il freddo, anche perché si parla di un calo delle temperature di circa 5 gradi in un periodo di decenni (questo è comunque un dato da prendere con le pinze, in quanto parlare di un calo di 5° nella temperatura globale, quando si parla di un fenomeno regionale, sebbene esteso come lo Younger Dryas, non sembra avere molto senso; più utili possono essere informazioni su un abbattimento delle temperature di 7° in Europa ed un ritorno dei ghiacciai in Inghliterra, per rendersi conto del fenomeno), ma secondo uno scienziato canadese, William Patterson, sarebbero stati necessari soltanto alcuni mesi, invece di molti anni: nel corso di una singola stagione, dunque, la Corrente del Golfo sarebbe stata bloccata, e ad un’estate normale sarebbe seguito un inverno rigidissimo e molti anni di ghiaccio.

Fig 6. Durante lo Younger Dryas, per oltre mille anni, questo deve essere stato l’aspetto di buona parte dell’emisfero settentrionale: un’enorme distesa di ghiacci a perdita d’occhio.

Rapidamente come era giunto, ad ogni modo, lo Younger Dryas se ne andò. All’incirca 1300 anni dopo il blocco delle correnti che avevano determinato l’arrivo del ghiaccio, le temperature segnarono un brusco aumento (sembra nell’arco di pochi decenni, o forse addirittura di anni), e riportarono le zone dell’America del Nord e dell’Europa ad inverni più simili a quelli attuali.
E nel centro del Canada, ridotto ma ancora imponente, rimaneva il lago Agassiz.
Circa tremila anni dopo la fine del Younger Dryas, dopo un’altra lunga stagione di mutamento di livello, avvenne un altro grande prosciugamento dell’Agassiz, che condusse ad un ulteriore, periodo di raffreddamento, anche se meno accentuato e molto più breve dello Younger Dryas; a differenza del primo evento, questa volta vi è una differenza di più di due secoli tra la scomparsa dell’acqua dall’Agassiz (ancora una volta ceduta all’Atlantico) e il decadimento delle temperature, e come soluzione è stato proposto un drenaggio dell’acqua avvenuto in fasi distinte, forse aggravato da altri riversamenti di acqua dolce  in Siberia.

Dopo quest’ultimo riversamento, il lago Agassiz finì per prosciugarsi definitivamente, e scomparve attorno a settemila anni fa, lasciando poche tracce dietro di sé. Ad ogni modo, gli effetti del suo riversamento hanno intrigato gli scienziati, e c’è chi negli ultimi anni ha paventato un raffreddamento rapido e intenso a causa del ghiaccio disciolto dalla Groenlandia nell’Atlantico, ma misurazioni successive hanno stroncato l’idea.

Con questo articolo si chiude un dittico sulle glaciazioni che è la prima parte di una serie di articoli sulla storia della Terra che ho in mente di fare nei prossimi mesi. Una delle considerazioni più interessanti che ho ritrovato nello spulciare decine e decine di pagine di paleoclimatologia, geologia, geografia eccetera, è che il clima ha sempre fluttuato in maniera selvaggia non solo negli ultimi 100, 1.000 o 10.000 anni, ma in tutta la storia della Terra, e spesso non si è comportato come noi pensiamo.
Quindi, forse le paure di un surriscaldamento nei prossimi anni, o decenni, sono più una paura irrazionale che un modello scientifico.

By Stefano Sciarpa

(Articolo pubblicato anche su: http://survivalrule.wordpress.com/)

Nowcasting Solare: si ricomincia a ballare!

 

Un immagine vale più di mille parole…è quella dello Stereo Behind che ci mostra bene cosa ci aspetterà nei prossimi 10-15 giorni, quindi gli ultimi di marzo ed i primi aprile.

Al momento che vi scrivo la media del solar flux mensile si attesta a 115.13 aggiornata al 22/3, marzo è stato di gran lunga il mese sinora più attivo del ciclo 24, ed ora ci si aspetta di rivivere una nuova accelerazione dell’attività solare dopo che per una decina di giorni il sole si era momentaneamente calmato.

I picchi record hanno riguardato sia il SN che ha registrato un valore di 85 il 6 di marzo ed il solar flux aggiustato che ha toccato 164, mentre vi sono state numerose flare di classe C, M, ed una di classe X.

Abbiamo già parlato settimane fa del fatto che da metà gennaio il sole ha subito un impennata forte e decisa che ha sancito la sua uscita definitiva dal torpore che durava  praticamente da 3-4 anni, quindi è da circa 2 mesi che le cose si sono fatte interessanti e stiamo di fatto vivendo scenari nuovi, almeno parlo del sottoscritto che avendo iniziato a seguire il sole solo durante il minimo passato, non avevo ancora visto ciò che è invece capace di fare man mano che ci si avvicina al massimo. Ma noi tutti sappiamo che questo ciclo ha una storia a sè, e di fatto anche se ora pare essersi svegliato per bene, rientrerà sempre e comunque nell’ambito di quei cicli che vengono definiti deboli. Quanto debole, lo scopriremo solo vivendo…

Tutt’oggi rimane in piedi la teoria che questo ciclo solare 24 sia un Dalton like, o meglio somigli al primo ciclo del minimo di Dalton che ebbe un SN max di circa 50.

Non è ormai un mistero che in molti qua dentro, compreso il sottoscritto, credono che il massimo solare possa essere entro i primi mesi del 2011, e di certo per come sono andate le cose fino ad ora, marzo 2011 potrebbe essere un ottimo candidato!

Stando così le cose, ci aspettiamo il comparire delle prime macchie da ciclo diaspari (25) entro metà 2012!

Di certo, la cosa più interessante, e qui corro un pò coi tempi, sarà quella di vedere come saranno i cicli venturi, perchè lo ricordo per la millesima volta, per poter avere e verificare degli effetti tangibili sul clima terrestre, un ciclo debole e basta non serve un gran chè, soprattutto di questi tempi dove a causa dell’enorme attività solare degli ultimi 60 anni, abbiamo un grande surplus energetico da smaltire, specie negli oceani che poi sono i principali termoregolatori del pianeta!

Stay tuned, Simon

Ghiacci Marini Artici – Situazione Febbraio 2011

Estensione:

Anomalia Concentrazione:

Area:

Trend Anomalia Estensione:

Curiosità:

Rispetto a 10 anni fa abbiamo 0.9milioni di kmq di estensione in meno e 0.8 in meno di area.

Rispetto a 20 anni fa abbiamo 0.9milioni di kmq di estensione in meno e 0.9 in meno di area.

Rispetto a 30 anni fa abbiamo 1.3milioni di kmq di estensione in meno e 0.1 in meno di area.

L’AO dopo aver toccato valori molto negativi ed aver sfavorito l’estensione artica ha raggiunto valori molto positivi, che in Febbraio paradossalmente hanno l’effetto opposto che in Gennaio, perché ha favorito si la concentrazione ( che è decisamente superiore agli scorsi anni ) ma non ha favorito l’estensione che infatti risulta molto bassa

FABIO

GW NASA (GISS) – Febbraio 2011

La Premessa da fare quando si guardano questi dati è ovviamente sull’affidabilità.

Su NIA abbiamo molto spesso parlato proprio della serie storica GISS, che di tutte non è certo la migliore come affidabilità e come trend presenta valori diversi anche dalla serie storica del NOAA.

Con una breve ricerca sul sito di NIA (meglio se quello vecchio su wordpress) troverete sicuramente tanti articoli dove parliamo dell’affidabilità di queste serie storiche.

Cosa offre allora la NASA in più degli altri? Offre la possibilità di generare mappe che mostrano le anomalie rilevate negli oceani e dalle stazioni terrestri di superficie potendo cambiare il periodo di riferimento di tali anomalie.

Affronteremo allora il problema GW guardando come base di riferimento il decennio appena passato (il 2001-10) che secondo tali rilevazioni è il più caldo dal 1850.

Così facendo abbiamo un confronto su periodi da noi vissuti recentemente, diminuiscono anche i problemi di rilevazioni con strumentazione inadeguata, eliminiamo il periodo precedente al 1990 (quando le stazioni di rilevamento erano più del doppio di adesso) così da avere sempre le stesse stazioni come base ed infine abbiamo la certezza che il dato calcolato come media è stato realmente rilevato dalla stazione e non derivato attraverso processi statistici.

Come leggere le Mappe:

La mappa riguardante le stazioni di rilevamento terrestri ha la particolarità che considera tali stazioni come influenti nel raggio di 250km da esse, cioè, l’anomalia registrata in una stazione viene considerata come riguardante una porzione di territorio che ha distanza dalla stazione fino a 250km, cioè circa 60’000kmq di area interessata (noterete infatti dei quadratini isolati in mezzo a zone senza dati, tali quadratini rappresentano una singola stazione di rilevamento)

Nella mappa saranno anche presenti zone senza dati, colorate di grigio.

Anomalia Terre Emerse

Anomalia Oceani

Anomalia Terre Emerse + Oceani

FABIO