Le prove dalle registrazioni geologiche
In un mio precedente articolo reperibile al seguente indirizzo,
http://daltonsminima.altervista.org/?p=14847
vi ho riportato un recente lavoro redatto dal Dr. Paul La Violette. Il quest’ultima ricerca , il La Violette, sostiene che i tremendi sconvolgimenti naturali registrati nello YD potrebbero aver avuto causa grazie ad alcune straordinarie emissioni/ esplosioni di massa coronale da parte della nostra stella.
Viceversa adesso, andiamo ad analizzare tutta quella serie di dati e/o registrazioni geologiche effettuate da numerosi paleontologi, geologici, chimici etc. che sembrano confermare a chiare lettere l’ipotesi di un’ impatto o più impatti di oggetti di natura extraterrestre (vedi sciame di meteoriti e/o comete).
La testimonianza principale di questi impatti risiede in numerosi strati di carbonio, rinvenuti in più di cinquanta siti geologici. Siti riconosciuti , ben analizzati e documentati dalle organizzazioni ufficiali.
Nel nord-america si trovano dei sottili depositi, che sottoposti ad analisi ci rilevano dei picchi di : grani magnetici di iridio, microsferule magnetiche, carbone, fuliggine, sferule di carbonio, vetro, nano diamanti, fullereni con elio ET ed altre prove ha sostegno di un’ impatto ET con combustione di biomasse.
L’età di questi strati coincide con l’oramai ben noto raffreddamento dello YD e crescenti evidenze suggeriscono che questa dinamica si è verificata improvvisamente ed è stata pronunciata nel nord-america dove 33 generi di mammiferi sono scomparsi.
Sconvolgimento che ha causato una sostanziale diminuzione della popolazione paleo-americana. Le cause di questa estinzione sono molto dibattute e rimangono molto controverse. L’ evidenze geologiche e geochimiche sono ancora insufficienti per la scienza ufficiale. Le due ipotesi principali sono : l’intervento umano o il brusco raffreddamento.
Un certo Toon (1997) Rev Geophys 35:41–78 asserisce che un’ impatto ET capace di lasciare traccie in tutto il continente americano, richiede un’energia pari a 107 megatoni, equivalenti all’impatto di una cometa dal diametro di 4km. Ovvio, che un’ impatto di questo tipo lascia di solito un cratere di grandi dimensioni. Quindi asserisce il Toon , la mancanza di un grande cratere, risalente al pleistocene, può essere dovuta ad un’esplosione di uno o più oggetti ET in molti frammenti nell’ingresso nell’atmosfera terrestre, producendo quindi crateri al suolo ! Viene da ricordare l’evento Tunguska registrato in siberia nel 1908. Nella seconda parte, tornerò in merito a detta questione, riportando delle interessanti immagini.
In sintesi, un vero e proprio scenario apocalittico si sarebbe registrato in quelle ore nel nord america.
Produzione di onde d’urto devastanti con una sovra-pressione e contemporanea creazione di veri e propri venti e vortici di fuoco che avrebbero causato incendi globali , distruggendo foreste, praterie e scorte di cibo per tutti gli erbivori. Diminuzione della fotosintesi per le piante . Fuliggine, fumi tossici e cenere avrebbero completato l’opera oscurando e bloccando la luce solare, producendo l’effetto collaterale più temuto una glaciazione a tempo di record. I feedback li conoscete molto bene, vapore acqueo e ghiaccio nell’alta atmosfera, incremento della nuvolosità ed effetto albedo e blocco della circolazione termoalina nel nord atlantico dovuto all’impatto ET con conseguente scioglimento e frammentazione delle calotte di ghiaccio con abbassamento della salinità dell’oceano.
Sono state inoltre ipotizzate anche vere e proprie onde pandemiche, ma ad oggi, non si sono trovate prove nelle registrazioni del pleistocene. Inoltre, negli ultimi 80’000 anni si sono verificati numerosi episodi di raffreddamento brusco, ma nessuno è noto per essere associato a grandi estinzioni. Questa estinzione è troppo ampia ed ecologicamente profonda ed impulsiva a sostegno ti tali ipotesi.
Si ipotizza perfino una grande esplosione nel nostro nucleo galattico, oppure troviamo ricercatori come un certo Brakenridge che ipotizza l’esplosione di una supernova. Cluber e Napier propongono molteplici incontri con i resti di una cometa o un flusso di meteoriti.
Entriamo adesso nel vivo della trattazione andando a parlare ed analizzare i siti geologici dove sono stati rinvenuti dei sottili strati di sedimenti di uno spessore di soli circa 5 cm. !
Torno a specificare che i numerosi luoghi analizzati sono stati selezionati in base alla loro lunga tradizione archeologica e paleontologica (vedi la cultura clovis), quindi son ben documentati e datati dai ricercatori precedenti. Vedi la tabella sotto riportata.
Tre i siti che confermano l’estinzione della fauna (marcatori con la lettera “K”).
Sette siti presentano il tappetino nero di carbone che sovrasta il confine dello YD ( marcatore con la lettera “B”). Alcuni restanti marcatori “misc.markes” sono per il Carbone la lettera “C“, per il carbone vetrificato la lettera “G”.
L’accuratezza delle analisi al radiocarbonio su questi sedimenti ha permesso di calcolare con estrema precisione la datazione di molti siti. Uno dei siti più noti e documentati è Murray Springs in Arizona.
Otto campionamenti che fanno risalire il tappetino nero ad una datazione pari a 10’890AC al 14Cyr corrispondenti a 12920 anni fa.
Osservate nell’immagine sotto riportata, il deposito (linea scura), dei sedimenti, presente su una parete del sito sopra citato. Appena sotto la rottura litologica (linea scura) troviamo l’iridio, la fuliggine,i fullereni e microsferule che andremo nello specifico a trattare in seguito.
Sia sopra, che sotto sono stati ritrovati sia impronte (scavi condotti da Vance Haynes Jr.), che resti di mammut, che artefatti della civiltà “Clovis”. In particolare l’ottima conservazione degli scheletri dei mammut sembra confermare il rapido interramento dopo l’evento YDB – younger dryas boundary – ( confine dello Younger dryas ).
Di seguito riporto immagine dei siti calibrati (datazione) al confine del periodo dello Younger Dryas YDB . I siti evidenziati con il colore verde sono quelli che presentano un’alta percentuale di Iridio. I siti con valori irrivelanti di Iridio (<0,05 ppb) sono segnalati con il colore marrone. I siti che presentano il famoso depositi o tappetini neri di carbonio riportano un triangolo nero invertito.
Non solo nel nord america , in europa abbiamo il sito di Lommel in Belgio al confine con l’Olanda. In questo luogo, 12940 anni fa, si trovava una grande foresta ai margini di una palude. La striscia di colore nero, datata nuovamente 12,9ka (inizio del dryas recente), contiene tutti quei marcatori , precedentemente accennati, indicatori di un’ impatto extraterrestre (grani magnetici, microsferule magnetiche, carbone etc.). In particolare, da sottolineare l’alta percentuale di Iridio, pari a 117ppb, presente nei grani magnetici. Il carbone suggerisce inoltre combustione diffusa di biomasse.
Comunque in molti altri siti europei si trovano strani simili, datati sempre 12,94ka, come in Gran Bretagna,Francia, Germania, Danimarca e Polonia. Tutto quanto si correla appunto con gli strati YDB in nord america.
Nella seconda parte entreremo nel dettaglio dei veri e propri marcatori rinvenuti nello strato di sedimenti, dimostrando a suon di esami di laboratorio come questi indicatori avvalorino a chiare lettere l’ipotesi di un’ impatto extraterrestre.
Michele