Ao index di Kjai

Cari lettori di NIA,

questo articolo parte da una interessante osservazione fatta non dal sottoscritto (magari!) ma da Roy Spencer, nell’articolo http://www.drroyspencer.com/2012/03/could-arctic-sea-ice-decline-be-caused-by-the-arctic-oscillation/.

L’osservazione in questione è che lo stato dei ghiacci artici, che su NIA viene monitorato da Fabio Nintendo, pare seguire abbastanza bene uno dei principali indici climatici, cioè la cosiddetta Arctic Oscillation (AO, http://en.wikipedia.org/wiki/Arctic_oscillation).

Innanzitutto è necessario chiarire cos’è l’AO. Wikipedia ci dice che:

L’Oscillazione Artica (AO), detta anche “modo anulare nordico” o “modo anulare dell’emisfero nord”, è un indice che mostra qual è l’andamento dominante delle variazioni di pressione atmosferica a livello del mare che avvengono a nord della latitudine 20Nord. Cioè ci dice se la pressione a nord del 20° parallelo è maggiore o minore del valore medio. L’indice AO non è caratterizzato da particolari periodicità (dicono loro!). Però, quando l’indice AO è positivo nell’artico, c’è un valore negativo centrato tra i 37 e i 45° Nord, e viceversa.

I climatologi, secondo wikipedia, credono che l’indice AO sia collegato all’andamento del tempo atmosferico in località anche lontane molte migliaia di chilometri, incluse molte delle principali zone popolate di Europa e Nord America. Il grado di penetrazione dell’aria artica alle medie latitudini è infatti legato all’indice AO. Quando l’indice AO è positivo, c’è bassa pressione nella regione polare, e l’aria fredda resta localizzata là. Quando l’indice AO è negativo, c’è alta pressione nella regione polare, e maggiore movimento di aria gelida verso le medie latitudini.

Il disegno seguente, sempre da wikipedia, rappresenta questo fenomeno. Come notate c’entrano anche le correnti a getto (Jet Stream), che sono quelle che nel caso di AO positiva isolano l’aria fredda al polo e nel caso di AO negativa diventano più irregolari, permettendo le discese di aria fredda alle medie latitudini.

Ricordo che l’indice AO non è un indice predittivo bensì descrittivo; questo significa che descrive una situazione climatica, ma non indica una causa diretta tra il tempo atmosferico in una certa località e il valore dell’indice stesso.

Tuttavia la statistica ci dice che c’è un’elevata correlazione tra il tempo atmosferico in certe località e in certi periodi dell’anno e alcuni degli indici. Quindi, per fare un esempio, se AO è negativo, è assai più probabile che ci siano discese di aria fredda alle medie latitudini. Non certo, ma più probabile. Non si può predire il tempo atmosferico sapendo l’indice AO, ma si può ipotizzare una tendenza.

Nel 2002 è stato pubblicato questo lavoro http://www.drroyspencer.com/wp-content/uploads/Response-of-Sea-Ice-to-the-Arctic-Oscillation-2002-J-Climate.pdf nel Journal of Climate, intitolato “Risposta del ghiaccio marino all’Oscillazione Artica”. Gli autori (uno dei quali, Mike Wallace, fu uno dei co-scopritori dell’AO) suggeriscono che il fatto che il cambiamento della configurazione dei venti, che segue l’indice AO, ha contribuito al declino dei ghiacci artici dalla decade 1979-1988 a quella 1989-1998.

Poiché il ghiaccio marino si muove seguendo il vento, come si può vedere per esempio da questo video (http://www.youtube.com/watch?v=5Y93VEqMP3g), le variazioni della pressione al livello del mare possono portare alla scomparsa dei ghiacci o ad una loro estesa formazione in varie zone dell’Oceano Artico. Gli autori suggeriscono che i venti modifichino il movimento dei ghiacci e la temperatura superficiale sull’Artico, e che le condizioni del ghiaccio artico durante l’inverno si ripercuotano sulla situazione dell’anno successivo, modificando i flussi di calore durante la primavera, la quantità di acque libere durante l’estate e il calore liberato dalla solidificazione dell’acqua durante il seguente autunno. Dunque da un anno all’altro c’è un effetto di memoria, e quando ci sono molti inverni di fila con pressione alta (o bassa), questo può influire sulla copertura di ghiaccio marino su una scala di tempo anche decennale. Il ghiaccio nel tempo può diventare più esteso e più spesso, oppure meno esteso e più sottile.

Nel periodo 1979-1998 gli autori suggeriscono un assottigliamento progressivo dei ghiacci, e in tutto questo conta l’effetto non dell’AO in una singola stagione ma l’effetto cumulativo. Se per molti anni l’indice AO resta prevalentemente con lo stesso segno, allora gli effetti iniziano a farsi sentire. Partendo da queste considerazioni Roy Spencer ci suggerisce che con un certo trattamento dei dati si possano osservare delle variazioni di lungo corso dell’indice AO.

Mi spiego: ecco il grafico dell’indice AO puro per i mesi invernali dell’emisfero nord (media dei valori di dicembre-gennaio-febbraio).

Se è vero che si notano zone con indice AO maggiore e zona con indice AO minore, è anche vero che non è proprio evidente un andamento particolare. Ma se sommiamo opportunamente tutti i valori del grafico uno con l’altro ecco che compare un andamento molto più chiaro:

Qui è chiarissimo come fino al 1935 l’indice AO cumulativo invernale aveva un andamento positivo, mentre dal 1935 al 1970 l’andamento era negativo e dal 1989 al 2009 di nuovo positivo.  Anche se questo valore cumulativo non è esattamente la stessa cosa dell’indice AO, esso rappresenta bene la tendenza che questo indice ha avuto negli anni passati.

Una piccola nota però sul trattamento dati. Rispetto al grafico proposto da Spencer ho fatto un paio di modifiche, e vorrei spiegare di che si tratta. I dati grezzi sono recuperabili qui: http://www.drroyspencer.com/wp-content/uploads/AO-monthly-1899-2002.xls

Se sommiamo i dati puri dell’indice AO invernale non otteniamo il grafico di sopra (che è la linea rossa di questo grafico) né il grafico di Spencer (linea verde) ma la linea blu.

La linea blu non ci dice moltissimo, ma bisogna tenere conto che l’indice AO medio è leggermente negativo, dunque l’indice cumulativo ha un trend decrescente. Per togliere il trend decrescente dalla curva bisogna usare non il dato puro dell’AO ma la differenza tra l’AO e il suo valor medio.

Solo che a seconda del periodo su cui facciamo la media otteniamo curve diverse! La curva rossa è mediata tra il 1935 e il 2012. La curva verde è mediata tra il 1900 e il 2012. Io ho preferito usare la curva rossa, secondo l’ipotesi che i ghiacci artici stiano riprendendosi e che quindi negli ultimi anni ci sia stato un minimo. Spencer ha usato l’intero campione di dati che aveva, cioè la curva verde. Nessuno dei due metodi è quello giusto, l’essenziale è però sapere che tramite la media stiamo forzando un andamento di lungo termine, e che questo può influire sull’interpretazione che il lettore dà ai dati. Nella curva verde la discesa sembra più ripida, nella curva rossa sembrano più ripide le salite. Non c’è un metodo giusto e uno sbagliato, tutto sta nell’avere molta cautela nel valutare i trend, basta un giochino matematico fatto con excel  e la percezione dei dati può cambiare di molto! 🙂

Dunque, con le dovute cautele, da questi grafici possiamo cercare di trarre delle conclusioni.  Se ricordate, AO negativo significa alta pressione al polo, e aumento dei ghiacci. AO positivo significa bassa pressione al polo, e riduzione dei ghiacci.

L’osservazione tramite satellite dei ghiacci artici iniziò nel 1979, dopo un lungo periodo di AO negativo. Dopo qualche anno, intorno al 1989, l’AO iniziò ad aumentare, e tale aumento è stato osservato fino ai giorni nostri. Per essere più precisi, dal 2000 al 2005 l’AO pareva di nuovo stabile, mentre dal 2006 al 2009 è stato di nuovo positivo. Nel 2010 un AO ampiamente negativo ha permesso di recuperare fino a circa il livello del 2000.

Ma allora il problema potrebbe essere che noi abbiamo iniziato ad osservare l’estensione dei ghiacci tramite satellite proprio nel momento in cui la copertura di ghiacci era massima! Questo potrebbe spiegare il declino osservato negli ultimi decenni (vedere i trend qui: http://daltonsminima.altervista.org/?p=18196 per dicembre; http://daltonsminima.altervista.org/?p=19059 per gennaio; http://daltonsminima.altervista.org/?p=19615 per febbraio) senza dover fare intervenire alcun intervento umano. Se quella osservata nel grafico qui sopra fosse un’oscillazione normale, con periodo di quasi un secolo (cioè quasi un secolo tra due minimi o due massimi successivi) allora sarebbe del tutto normale. E quindi niente effetto della CO2 antropogenica…

E’ davvero così? Roy Spencer afferma che anche negli anni 1920 si parlava di ghiaccio marino in declino, temperature record, ghiacciai in scomparsa, e negli anni si arrivava proprio da alcuni decenni di indice AO mediamente positivo. Proprio come adesso. E tutto questo, ovviamente, ben prima che l’uomo potesse aver influenzato il clima in maniera significativa.

Personalmente, non mi piace fare ipotesi su dati parziali, perché non permettono di trarre conclusioni definitive. E purtroppo, parlando di clima i dati sono sempre parziali. Questo spinge a suggerire di usare molto equilibrio nel commentare questi dati, tuttavia mi pare si possa concludere che:

– sul breve periodo (un centinaio di anni), la teoria che l’estensione dei ghiacci artici segua un ciclo sembra abbastanza fondata, visti i risultati del lavoro pubblicato su Journal of Climate e la stretta correlazione tra AO e stato dei ghiacci;

– sul trend di lungo periodo invece non possiamo dire nulla, perché non abbiamo abbastanza dati. Non c’è nessuna ragione per cui non possa esserci un trend di riduzione complessiva dei ghiacci, legato al “riscaldamento globale antropogenico”, sovrapposto all’oscillazione secolare legata all’AO. O viceversa un aumento complessivo legato a qualche altra ragione. Il grafico qui sotto mostra proprio questo: la curva viola indica un trend di lunghissimo periodo di riduzione dei ghiacci, la curva rossa ghiacci stabili, la curva verde un aumento dei ghiacci sul lunghissimo periodo. E questo trend dipende solo ed esclusivamente dal periodo sul quale è stata fatta la media, che è una decisione “matematica” e assolutamente arbitraria. Per fare le cose bene avremmo bisogno di alcune centinaia di anni di dati. Che non abbiamo…

Che fare dunque? Sicuramente delle informazioni le abbiamo: la circolazione dei venti modifica la formazione dei ghiacci artici, e i venti paiono cambiare con cicli di alcuni decenni. Nei prossimi anni pare saggio monitorare l’indice AO e lo stato dei ghiacci artici. Se la correlazione tra queste due grandezze venisse confermata, sarebbe un’ulteriore conferma che esistono cicli di lunga durata che regolano il clima terrestre, in particolare in questo caso la quantità di ghiacci artici. Forse i ghiacci polari si sciolgono (e riformano) anche senza aiuti umani, seguendo invece le variazioni multi-decennali degli andamenti prevalenti dei venti. Non sappiamo se questo è l’unico effetto, certo che attribuire al “riscaldamento globale antropogenico” lo scioglimento dei ghiacci osservato negli ultimi decenni pare, allo stato attuale delle conoscenze, una grossa forzatura.

Kjai

40 pensieri su “Ao index di Kjai

  1. omg? omg nel senso di oh my god? 😀

    Comunque potrebbe proprio essere così. Detto meglio sarebbe “alta pressione persistente a livello del mare sull’artico” –> aumento dei ghiacci artici.

    Sottolineo potrebbe 🙂

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  2. http://www.meteoweb.eu/2012/04/cambiamenti-climatici-a-firenze-un-convegno-con-esperti-e-giuristi/129629/

    Tre le molteplici cause di questo processo la prima e’ senz’altro il riscaldamento globale, come pubblicato sulla rivista Nature da un gruppo di ricercatori guidati da Jeremy Shakun che hanno potuto documentare la strettissima correlazione tra la crescita di anidride carbonica nell’atmosfera e l’aumento della temperatura. Dunque la situazione ha raggiunto, e non da ora, un preoccupante livello di guardia che esige provvedimenti a livello mondiale, nazionale e locale.

    😀

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  3. Ottimo articolo Kjai, descritto in maniera chiara.

    Per quanto riguarda l’articolo inserito da Michele, recita testuali parole:

    “Le temperature tra il 2001 e il 2010 sono state piu’ alte della media di 0,46 gradi, il valore massimo mai raggiunto dal 1850.”

    Ma a questi signori gli è stato spiegato che circa dal 1850 in avanti stiamo uscendo da una PEG??

    Tra l’altro tra i partecipanti non ho visto il nome di Bardi!! Come mai?!?! 😆

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  4. ho preso il dato grezzo trimestrale riferito all’inverno
    ho calcolato i dati smoothed della serie e ho trovato i dati scarto di questa nuova serie di dati più smussata.
    da questa serie scarto ho calcolato la cumulata che si conclude per forza di cose con un valore finale pari a zero (perchè lavoriamo su dati scarto)
    ho quindi calcolata la cumulata detrendizzata dal trend lineare che viene imposto dalla trasformata scarto dalla media per “stabilizzare” la serie.

    ecco il risultato

    http://img688.imageshack.us/img688/9889/aodetrended.png

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  5. @Kjai

    :)) si inteso come oh my god 😉

    ho esclamato così perchè pensavo e ho sempre letto che un alta pressione sull’artico o sul polo (indice AO negativo) corrisponda ad un vortice polare disgregato se non del tutto assente(a seconda dei periodi) e quindi risluti più difficile avere condizioni adatte per un aumento o inspessimento dei ghiacchi artici….con maggior freddo dipianato alle medie e basse latiutudini , visto il regime altopressorio vicino al polo. mentre un vortice polare compatto(indice AO positivo) significhi getto sparato alle medie latiudini con pochi scambi meridiani e tempo mite nelle zone temperate e freddo intenso nella regione artica con relativ conseguenze…
    magari si riferisce al ghiaccio lontano dal polo, se no non riesco bene a capire…scusate la questione che mi è venuta subito in mente…

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  6. Kjai :

    @Fabio Nintendo

    uhm… sai che non è che ho capito esattamente cosa hai fatto? :)
    Ma non è la stessa cosa che sottrarre il valor medio sull’intero set di dati dopo averci fatto uno smoothing?

    dopo quello ho calcolato la cumulata dei dati.
    solo che la cumulata arriva a valore 0 per l’ultimo dato (per via della proprietà della media aritmetica) per cui se volevo impedire che arrivasse a zero bastava detrendizzarla (renderla stazionaria se non conosci il termine)

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  7. Ivan :
    @Kjai
    ) si inteso come oh my god
    ho esclamato così perchè pensavo e ho sempre letto che un alta pressione sull’artico o sul polo (indice AO negativo) corrisponda ad un vortice polare disgregato se non del tutto assente(a seconda dei periodi) e quindi risluti più difficile avere condizioni adatte per un aumento o inspessimento dei ghiacchi artici….con maggior freddo dipianato alle medie e basse latiutudini , visto il regime altopressorio vicino al polo. mentre un vortice polare compatto(indice AO positivo) significhi getto sparato alle medie latiudini con pochi scambi meridiani e tempo mite nelle zone temperate e freddo intenso nella regione artica con relativ conseguenze…
    magari si riferisce al ghiaccio lontano dal polo, se no non riesco bene a capire…scusate la questione che mi è venuta subito in mente…

    ciao Ivan,

    in effetti anch’io avevo sempre pensato così.
    Però credo che bisogna fare attenzione al fatto che qui si parla in specifico di un effetto cumulativo della pressione a livello del mare. Questo effetto, come penso di aver capito dall’articolo su J. Climate, è legato a fenomeni che richiedono più stagioni. Citando l’abstract dell’articolo:
    “In questo lavoro si mostra come la memoria dell’AO invernale perduri per la maggiorparte dell’anno seguente: la SAT (temperatura dell’aria in superficie) durante primavera e estate e la concentrazione del ghiaccio marino durante l’estate sono tutti fortemente correlati con l’indice AO dell’inverno precedente. Si ipotizza che queste risposte ritardate riflettano l’influenza dinamica dell’AO sullo spessore del ghiaccio marino invernale, la cui “impronta” persistente è riflessa nei flussi di calore durante la primavera successiva, nella quantità di acqua libera durante l’estate successiva, e nel calore liberato dal congelamento dell’acqua libera durante il successivo autunno.”

    Dunque non è tanto quel che capita d’inverno ma quel che capita nelle altre stagioni, che porta complessivamente ad avere un trend opposto a quello che uno potrebbe aspettarsi.

    Ovviamente se qualche esperto meteo riuscisse a spiegare in due parole la situazione, credo gli saremmo tutti grati 🙂

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  8. @Fabio Nintendo

    ciao Fabio,

    Non conoscevo il termine ma ho finalmente capito, hai fatto in modo che un’interpolazione lineare del segnale desse una linea piatta.

    Però anche questa è una forma di manipolazione del dato. Secondo me il problema qui è l’estensione del campione che scegli. Siccome questo è un campioni di dati oscillante, se non hai un numero di periodi di oscillazione sufficiente rischi di sbagliare. E sbagli tanto più quanto più il periodo dell’oscillazione è piccolo e diverso da un numero intero di pigreco. In questo campione ci sono circa 3 pigreco, quindi ti viene una sinusoide “piatta”, ma se ce ne fossero stati x es. 2.5 di pigreco, allora avresti avuto una curva detrendizzata con un trend positivo o negativo.

    Quindi mi sembra più corretta (anche se poi in questo caso sostanzialmente identica) la scelta di usare non la media dell’intero campione e poi detrendizzare ma di scegliere la media su un singolo periodo della sinusoide (2 pigreco).
    E’ vero che questo prevede una selezione manuale dei dati, ma la scelta di un trattamento statistico “freddo” in questo caso secondo me non funziona perché il campione di dati non è sufficente a garantire la “freddezza” di tale scelta.

    Spero di essermi spiegato!

    Kjai

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  9. Riccardo :
    Apparte qualche imprecisione sull’indice AO, articolo davvero interessante…..complimenti…..

    azz.. maledetta wikipedia! 🙂
    Se hai un attimo correggici le imprecisioni sull’indice AO, che si può sempre imparare qcs di nuovo 😉

    grazie
    Kjai

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  10. Kjai :omg? omg nel senso di oh my god?
    Comunque potrebbe proprio essere così. Detto meglio sarebbe “alta pressione persistente a livello del mare sull’artico” –> aumento dei ghiacci artici.
    Sottolineo potrebbe

    Cerco di capire: alta pressione a livello del mare e fino a tutta la troposfera, in inverno, giusto?
    Questo vuol dire che la prevalenza dell’alta pressione garantirebbe cieli perlopiù sereni nella stagione fredda alle alte latitudini, con conseguente persistenza di basse temperature e quindi estensione ed ispessimento del ghiaccio artico?
    La stessa alta pressione, però sarebbe deleteria per i ghiacci in estate, come abbiamo visto più volte in questi ultimi anni.
    Come la mettiamo? 😮

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  11. vi semplifico io come funzia

    durante la fase di crescita di estensione, cioè Ottobre-Dicembre l’AO positiva favorisce un’estensione maggiore dei ghiacci
    nel periodo di massima estensione e primo calo stagionale Marzo-maggio un AO negativa favorisce il mantenimento di un’estensione elevata.

    durante invece tutta la fase di calo dell’estensione Giugno-Settembre l’AO positiva favorisce un calo minore ed una maggiore estensione a fine stagione.

    i mesi di Gennaio e Febbraio sono un po’ un incognita, dipende da tanti fattori, primo fa tutti a che latitudine arriva il vortice polare, un AO negativa favoriscesicuramente l’estensione, ma se ci troviamo un vortice che non arriva a basse latitudini l’essere debole risulta uno svantaggio.

    sicuramente queti dati dell’AO invernale mostrano come negativo pare essere meglio, ma la relazione è tutt’altro che così semplice

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  12. @FabioDue

    Sul rapporto tra alta pressione a livello del mare e ad alta quota sei sicuramente più preparato tu, quindi non discuto 🙂

    Sul fatto che alta pressione preveda estensione ed ispessimento del ghiaccio artico direi che non è così. La relazione non è tra l’alta pressione e i ghiacci ma tra il fatto che la pressione è leggermente più alta del solito per un certo numero di anni.
    L’AO media nei vari mesi non è vicina a zero. Tende a essere positiva da gennaio ad aprile, negativa negli altri mesi. Quindi d’estate è prevalentemente negativa, alta pressione, d’inverno positiva, bassa pressione.
    Però l’effetto cumulativo di anni in cui è “più negativa del solito” è correlato con l’estensione dei ghiacci.
    Ho anche controllato eventuali correlazioni tra l’AO nelle varie stagioni e nei vari mesi dell’anno e non ne ho trovate. Ho trovato deboli correlazioni tra l’AO di gennaio e quello di febbraio, tra maggio e giugno, tra luglio e agosto. Ma sempre nella stessa stagione.
    Inoltre lo stato dei ghiacci non sembra essere correlato con l’AO cumulativa primaverile, estiva o autunnale, ma solo con quella invernale (da dicembre/gennaio a febbraio/marzo, più con la media dei vari mesi che con il singolo mese)

    Il fenomeno sembra dipendere dalla relazione tra l’andamento prevalente dei venti e il comportamento dei ghiacci nelle varie stagioni successive ad inverni successivi con pressione più alta della media. Provo a buttar giù, appena trovo il tempo, una spiegazione più chiara del meccanismo espresso dall’articolo su J. Climate!

    Va anche detto che le modalità di calcolo dell’AO sono vieppiù complesse (http://www.cpc.ncep.noaa.gov/products/precip/CWlink/daily_ao_index/history/method.shtml), ad essere precisi non ci ho capito una benerita mazza, dunque non sono in grado di valutare quanto la modalità di calcolo influenzi il risultato. Lo sto usando come un puro indice numerico…

    ciao
    Kjai

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  13. Fabio Nintendo :vi semplifico io come funzia
    durante la fase di crescita di estensione, cioè Ottobre-Dicembre l’AO positiva favorisce un’estensione maggiore dei ghiaccinel periodo di massima estensione e primo calo stagionale Marzo-maggio un AO negativa favorisce il mantenimento di un’estensione elevata.
    durante invece tutta la fase di calo dell’estensione Giugno-Settembre l’AO positiva favorisce un calo minore ed una maggiore estensione a fine stagione.
    i mesi di Gennaio e Febbraio sono un po’ un incognita, dipende da tanti fattori, primo fa tutti a che latitudine arriva il vortice polare, un AO negativa favoriscesicuramente l’estensione, ma se ci troviamo un vortice che non arriva a basse latitudini l’essere debole risulta uno svantaggio.
    sicuramente queti dati dell’AO invernale mostrano come negativo pare essere meglio, ma la relazione è tutt’altro che così semplice

    Ok, grazie Fabio, su scala annuale mi torna perfettamente.
    Ma questo come si concilia con il grafico pluriennale riportato nell’articolo?
    Quando l’AO cumulato cresce, dunque in prevalenza l’AO è positiva, o quando cala (AO in prevalenza negativa nell’anno) significa forse che i valori assunti in inverno sono decisivi, per stabilire il segno prevalente dell’AO annuale e dunque il suo contributo al cumulato? Intendo, ad esempio ripetuti inverni rigidi, dunque con AO fortemente negativa, o viceversa ripetuti inverni miti (AO positiva) fanno cambiare andamento all’AO cumulato?
    O c’è dell’altro secondo voi?
    Spero di essere riuscito a spiegarmi…… 🙂

      (Quote)  (Reply)

  14. L’AO invernale spesso incide per tutti i mesi successivi fino all’inverno successivo.
    sinceramente però non ho mai fatto un’analisi che si potrebbe fare tranquillamente.
    vedo.
    al massimo ti contatto se lo fai te visto che io sono iper impegnato

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  15. Fabio Nintendo :L’AO invernale spesso incide per tutti i mesi successivi fino all’inverno successivo.sinceramente però non ho mai fatto un’analisi che si potrebbe fare tranquillamente.vedo.al massimo ti contatto se lo fai te visto che io sono iper impegnato

    Ok, fammi sapere, anch’io adesso non ho molto tempo ma nel weekend o il prossimo 25 aprile…..

    OT (ma non troppo)
    http://www.osdpd.noaa.gov/data/sst/anomaly/2012/anomnight.4.16.2012.gif
    si sta profilando un bel Nino “east”, come temevi. A proposito, mi spiegheresti perchè lo temi, per il tempo in Europa ovviamente? Favorisce per caso anche lui la distensione delle correnti occidentali lungo i paralleli?

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