Archivi giornalieri: 13 Novembre 2012

L’INVERNO CHE VERRÀ (Parte I)

 
É tempo di inverno, è tempo di freddo, è tempo di previsioni meteo. E già perché, esattamente come all’inizio della primavera, stagione degli amori, anche agli albori della stagione del freddo e dei freddofili , si percepisce nell’ “aria” un grande fermento. É proprio questo infatti il periodo i cui, nei “locali della meteo”, impazzano le discussioni tra chi è smanioso di sapere come sarà l’inverno e chi cerca di rispondere tracciando la “retta via”. Ed è arrivato il momento in cui, anche il popolo di NIA, dica la propria in merito a quello che ad oggi rappresenta ancora “l’inverno che verrà”. E Proprio per ottenere un vostro maggiore coinvolgimento, a differenza dello scorso anno, eviterò di fare un “monologo personale e soggettivo”. L’intento è infatti quello di realizzare una trattazione molto didattica, in maniera tale che tutti possiate avere gli strumenti adatti per riuscire ad “inquadrare” la prossima stagione invernale ed esprimere così un vostro parere. Insomma quest’anno, in vista di inverno potenzialmente interessante, voglio proporre qualcosa di diverso, al fine di costruire insieme a tutti voi una buona previsione.
 
Procediamo quindi con lo studio ed il monitoraggio dei principali fenomeni in grado influenzare l’andamento della stagione invernale sul vecchio continente.

 
ATTIVITÀ SOLARE e QBO
Per quanto riguarda l’attività solare, la situazione è abbastanza in bilico e pertanto di difficile interpretazione. Sappiamo infatti che l’attività del nostro astro, pur trovandosi “nei pressi” della fase di massimo, si mantiene su valori relativamente bassi, con il solar flux che oscilla quasi periodicamente da mesi tra 100 e 140. Per cercare di inquadrare meglio la “situazione sole”, cerchiamo di capire alcuni dei meccanismi attraverso i quali l’attività solare influenza la circolazione atmosferica terrestre, facendo riferimento al top della ricerca mondiale (Durkenton, Hood, Labitzke, Salby e Callaghan ecc..).
La direzione e l’intensità dei venti stratosferici tropo-equatoriali ricoprono un ruolo fondamentale nella modulazione del Vortice Polare invernale (VP), e dunque del clima alle medie latitudini. La testimonianza diretta di ciò deriva dalla Quasi Biennal Oscillation (QBO), che corrisponde proprio ad un’oscillazione periodica dei venti stratosferici nell’ambito della fascia tropicale: l’andamento di questi venti, come ben noto, costituisce uno dei principali “regolatori” d’intensità del VP. Ora, senza entrare troppo nel dettaglio (torneremo a parlare di questi interessanti argomenti in una più appropriata sede), negli ultimissimi anni è stato individuato un meccanismo attraverso il quale l’attività solare riesce ad influenzare l’andamento e la forza dei venti stratosferici equatoriali, interferendo così pesantemente sulla forza del VP. Detto meccanismo si basa sulla variazione delle emissioni dei raggi ultravioletti tra massimo e minimo solare e sulla sua interazione con il ciclo di produzione dell’ozono stratosferico. A questo proposito è necessario chiarire preliminarmente due concetti fondamentali:
 
1) in riferimento alla radiazione solare, l’unica frazione che varia “pesantemente” tra massimo e minimo solare è quella ultravioletta (anche 6-7 punti percentuali), mentre tutte le altre frazioni tendono a variare di quantità nettamente inferiori (il TSI nei cicli del XX secolo al più dello 0.1%).


La presente figura mostra l’intensità delle emissioni ultraviolette (raggi UV) nel corso dei ciclo 22 e 23. Come si vede, tra massimo e minimo solare, si riscontrano variazioni significative (dell’ordine del 6%).

Tale circostanza ha portato i maggiori centri di ricerca mondiale a focalizzare l’attenzione sulla radiazione ultravioletta per spiegare i mutamenti climatici a brevissimo termine che si verificano nell’emisfero boreale negli anni caratterizzati da bassa attività solare (come accaduto negli ultimi anni);
 
2) la maggior parte della produzione di ozono si verifica nella stratosfera tropicale, dove è più forte ed è sempre presente la radiazione solare. L’ozono è creato in questa regione in quanto è qui che il sole, presente tutto il giorno e per l’intero anno, è più intenso: i flussi solari (raggi UV) rompono le molecole di ossigeno (O2) in atomi di ossigeno (O), che reagiscono rapidamente con altre molecole di O2 per formare l’ozono (O3). Tutte queste reazioni, che sono altamente esotermiche, portano al riscaldamento radiativo dell’alta stratosfera tropicale, laddove si trova la principale zona di formazione dell’ozono. La conseguenza principale del riscaldamento radiativo è il gradiente termico positivo all’aumentare dell’altezza (a differenza di quanto avviene in troposfera), e dunque un aumento della stabilità della stratosfera stessa.

In definitiva, la riduzione della quantità di radiazione ultravioletta che si verifica negli anni di bassa attività solare, è causa di un riduzione del riscaldamento radiativo: ciò rende la stratosfera più fredda ed instabile (si riduce il gradiente termico positivo all’aumentare dell’altezza). Tale circostanza, attraverso il legame col vento termico, produce un indebolimento del vento zonale (U) nella mesosfera-alta stratosfera tropicale, andando ad interagire con il regime westerly della SAO (semi annual-wind oscillation), che proprio nei mesi in cui si forma il vortice polare stratosferico raggiunge il suo massimo valore (ottobre-novembre). L’anomalo indebolimento della SAO è molto importante per le seguenti ragioni:

è stato osservato che l’indebolimento dei venti stratosferici zonali nell’ alta stratosfera tropicale è associato ad un indebolimento dei venti zonali in seno al Vortice Polare Stratosferico (VPS), proprio durante il periodo in cui si registra il loro massimo (solstizio d’inverno). In altre parole è stato osservato statisticamente che, quando i venti zonali nella mesosfera/alta stratosfera tropicale sono meno intensi, il VPS tende ad essere più debole nella prima parte dell’inverno;

esiste una relazione tra il regime della SAO e quello della QBO. Nello specifico, negli anni di QBO negativa, l’indebolimento della SAO produce, sull’intera colonna stratosferica, venti easterly di maggiore intensità (valore assoluto della QBO più elevato) con conseguente aumento della durata della fase. Non è un caso che tutti gli episodi di QBO fortemente negativa (valori inferiori a -23/-24) sono stati registrati solo negli anni di bassa attività solare. Queste circostanze (aumento di intensità e di durata) sono fondamentali, vista l’importanza che ricopre la QBO negativa nell’azione di disturbo ai danni del futuro Vortice Polare Stratosferico. A questo proposito si ricorda che, quando il regime dei venti stratosferici tropicale è orientale, gli easterlies tropicali tendono a restringere la larghezza della planetary wave-guide nella bassa stratosfera extratropicale, favorendone una maggiore ampiezza d’onda ed una minore velocità di fase. Il risultano è un aumento della propagazione d’onda nella stratosfera con conseguente riscaldamento e rallentamento del VPS.
 
La scoperta di queste dinamiche, nonostante costituisca un grosso passo in avanti nella comprensione dei fenomeni di “trasmissione” del segnale solare , non consente ancora di spiegare a pieno il reale meccanismo di accoppiamento tra alta stratosfera tropicale, bassa stratosfera-troposfera tropicale e stratosfera polare. Non è un caso che i modelli di simulazione (“GCM simulations”), pur mostrando risultati coerenti alle previsioni teoriche, presentano ancora delle sostanziali divergenze con le misurazioni sperimentali. Ciò induce a ritenere che vi siano ulteriori fenomeni retroattivi in grado di amplificare fortemente la risposta dell’atmosfera nei riguardi del primario segnale “fotochimico” indotto dalla varabile solare, svolgendo così un importante un ruolo di accoppiamento: tra questi figura sicuramente la Brewer-Dobson circolation (BDC).
In passato abbiamo già avuto modo di parlare di questa “affascinante” circolazione meridiana. Brevemente ricordiamo che la BDC, così chiamata per i suoi scopritori Brewer e Dobson, è una lenta circolazione emisferica agente a quote stratosferiche e disposta lungo i meridiani. Tale circolazione è responsabile del movimento di particelle d’aria dalle regioni equatoriali sino alle regioni polari ed è maggiormente attiva nell’emisfero nord. In particolare detta circolazione è caratterizzata da moti ascendenti nelle regioni equatoriali e da moti discendenti nelle zone extratropicali (soprattutto polari nell’emisfero boreale). L’azione della BDC produce alcuni effetti fondamentali:
 
• grazie al trasporto verticale e meridionale delle specie chimiche, tra cui principalmente l’ozono, la BDC influenza enormemente la chimica dell’atmosfera polare. Il trasporto di ozono verso il polo nord ricompre, tra le altre cose, una grande importanza per le sorti della seconda parte dell’inverno (metà gennaio in avanti), in quanto, con l’arrivo sul polo della prima radiazione solare, l’ozono presente assorbe la maggior parte della radiazione solare ultravioletta e la restituisce sotto forma di calore, favorendo lo sviluppo di fenomeni di stratwarming e rendendo il VPS più debole;

i moti verticali associati alla BDC hanno conseguenze importanti nella distribuzione delle temperature nella stratosfera. Addirittura, a causa dell’azione della BDC, la tropopausa tropicale è la regione più fredda nella troposfera e stratosfera. Questo perché l’aria in risalita ai tropici si raffredda per espansione adiabatica, portando le temperature tropicali della bassa stratosfera ben al di sotto della temperatura di equilibrio radiativo locale. A tal proposito, poiché la BDC è più forte durante l’inverno boreale, la forza della risalita d’aria (upwelling) nei tropici, e quindi la bassa temperatura della tropopausa tropo-equatoriale, presenta un ciclo annuale, con valori record durante l’inverno boreale. Al contrario, nella regione polare, l’aria discendente si riscalda per compressione adiabatica, portando le temperature nella stratosfera polare a diverse decine di gradi sopra l’equilibrio radiativo locale. Quest’ultima circostanza favorisce il riscaldamento ed una maggiore “instabilità” della stratosfera polare anche nelle prime fasi dell’inverno.
 

La figura costituisce una schematizzazione della BDC.
 
Lo schema di funzionamento della BDC è abbastanza complesso. In prima analisi ci si potrebbe aspettare un meccanismo tipo cella di Hadley, nel quale la circolazione trae origine dal riscaldamento solare ai tropici ed il raffreddamento nella regione polare ed è caratterizzato da un grande trasporto di aria calda ascendente (tropicale) verso le regioni più fredde (nelle quali l’aria ridiscende). In realtà la BDC risultata strettamente correlata all’azione delle onde planetarie (onde di Rossby) nella stratosfera extratropicale. Difatti, quando un’onda stazionaria planetaria raggiunge la stratosfera, deposita il suo momento esterly, decelerando la corrente a getto stratosferica invernale che è westerly. In queste occasioni il vortice polare rallenta e può anche essere spostato. La deposizione di quantità di moto est nella stratosfera polare ed il conseguente rallentamento del getto polare invernale è conosciuto come “breaking wave”. Tale circostanza produce per attrito il fenomeno del riscaldamento stratosferico improvviso. Il risultato è una situazione che è termodinamicamente squilibrata. A questo punto, per ripristinare l’equilibrio radiativo, a partire dall’alta stratosfera inizia rapidamente un processo di raffreddamento. Il raffreddamento dell’aria è accompagnato da movimenti di affondamento, dal momento che l’aria più fredda è più densa ed affonda. Ed è proprio questo movimento che stabilisce il movimento d’aria lungo i meridiani dall’equatore al polo nell’emisfero invernale. Infatti l’aria discendente nella regione polare deve essere bilanciato da un flusso di aria verso i in movimento verso i poli. Per requisiti di continuità di massa, questa aria deve venire dai tropici. La BDC costituisce dunque quella cella circolazione in cui l’aria tropicale muove verso i poli per sostituire l’aria discendente ai poli.

Ora che abbiamo più chiaro uno dei meccanismi principali con cui l’attività solare, insieme alla QBO, modula l’intensità del getto polare, siamo sicuramente in grado di inquadrare meglio la situazione attuale. Infatti abbiamo capito che, per riuscire a decifrare l’attuale “rebus solare”, il parametro che bisogna monitorare con particolare attenzione è l’intensità della radiazione ultravioletta in arrivo sulla terra. Per far questo consideriamo i flussi a frequenze d’onda pari al 205 nm, in quanto sono quelli che riescono a penetrare fino alla quota di 30 km, ovvero fino alla zona di confine tra la mesosfera e l’alta stratosfera tropicale (è questa la quota dove si registra la massima produzione di ozono).
Di seguito si riporta quindi un grafico dal quale è possibile desumere l’andamento dei raggi UV in riferimento all’ultimo anno:
 

 
Per riuscire a “quantificare” l’intensità attuale dei flussi, utilizziamo come raffronto l’andamento dei raggi UV registrato durante il minimo solare a cavallo tra i cicli 22 e 23 (1995-1996):
 

 
Come si può ben vedere siamo praticamente sugli stessi livelli, pertanto possiamo affermare con discreta sicurezza che la situazione attuale può essere considerata più da minimo che da massimo solare.
In risposta a tale andamento dei raggi UV, la QBO sta facendo segnare dei valori negativi di tutto rispetto. Nello specifico, in riferimento alla quota di 30 hPa, per due mesi consecutivi (luglio ed agosto) è stato segnato un valore quasi da record (-28), mentre nella fase successiva (settembre-ottobre), nonostante il superamento del picco, la QBO si è mantenuta comunque su livelli molto bassi (intorno a -25). E’ probabile inoltre che l’attuale ciclo della QBO negativa risulti particolarmente lungo. Infatti, sempre in riferimento alla quota di 30 hPa, se il cambio di segno si avrà a febbraio (come è lecito aspettarsi), l’attuale ciclo risulterà composto da ben 18 mesi consecutivi di regime easterly (QBO-). Per quanto riguarda invece la QBO alla quota di 50hPa, è cosa praticamente certa che il cambio di segno avverrà ad inverno ultimato. Quindi possiamo concludere che, anche per quanto riguarda la QBO, la situazione in vista dell’inverno risulta decisamente positiva.
Infine, sempre in riferimento alla QBO, ci tenevo a farvi notare che la situazione attuale è molto simile a quella avuta nel biennio 1984-1985. Anche in quel frangente la QBO a 30hpa faceva segnare un picco significativo (ancora -28) al termine dell’estate (in quel caso nel mese di settembre). Ovviamente non possiamo considerare questa informazione come indicativa circa l’andamento del prossimo inverno, ma sicuramente si tratta di una “coincidenza” da tenere d’occhio, considerando soprattutto che anche in quel periodo l’attività solare si presentava debole.

Termina qui la prima parte dello studio teleconnettivo per l’inverno 2012-2013. Nella parte seguente procederemo analizzando altri fondamentali indici predittivi (tra cui il ciclo ENSO), in modo tale da avere una più completa visione in merito all’inverno che verrà.

 

Riccardo e Zambo