Svariate testimonianze dimostrano che, tra il 1645 e il 1715, l’attività solare subì un drastico rallentamento: probabilmente quello non fu un episodio isolato
– Articolo ripreso dalla rivista “Le scienze” n°109 del Settembre 1977 su segnalazione del nostro Zambo-
Nel 1893 E. Walter Maunder, sovrintendente per le ricerche solari del Royal Greenwich Observatory a Londra, studiando vecchi libri e riviste poteva credere a stento ai dati che trovava. Sembrava che per molti anni fosse sfuggita una fondamentale verità: il Sole non era cosi regolare e prevedibile come tutti avevano sempre pensato. Se quello che Maunder stava leggendo era degno di fede, allora il Sole doveva avere subito importanti mutamenti in tempi relativamente recenti. Più esattamente,le vecchie cronache mostravano che per un periodo di 70 anni, che finiva nel 1715 circa, le macchie e altri fenomeni di attività solare erano scomparsi dal Sole. Maunder sapeva che, se tutto ciò era realmente accaduto, si sarebbero potute trarre profonde implicazioni non solo per astronomia, ma forse anche per il clima e quindi per le future condizioni di vita sulla Terra.
Le macchie costituiscono il fenomeno solare meglio conosciuto e il ciclo di circa 11 anni in cui esse appaiono e svaniscono e uno degli eventi astronomici meglio documentati. Sebbene per secoli in Oriente gli astronomi avessero osservato grandi macchie solari a occhio nudo, nel mondo occidentale le macchie oscure sul Sole furono sostanzialmente ignorate fine al 1611, quando furono viste col telescopio da Galileo e da numerosi altri. Da allora in poi sono state tenute sotto costante osservazione telescopica. Nel 1343 l’astronomo dilettante tedesco Heinrich Schwabe dedusse dalle sue stesse osservazioni che se si rappresentava graficamente il numero medio di macchie viste in un anno, si poteva individuare un andamento ciclico con un periodo di circa 10 anni. La sua scoperta sorprese gli astronomi professionisti, che da tempo ritenevano che non ci fosse nulla di periodico nella comparsa delle macchie solari o in altri fenomeni di attività solare. Poco dopo annuncio di Schwabe, però, altri osservatori confermarono l’esistenza del ciclo, fissandone il periodo in 11,2 anni. Facendo uso di vecchi rapporti di osservatorio, l’astronomo svizzero Rudolf Wolf stabilì anche che il ciclo si ripeteva continuamente almeno dal 1700, anno che riteneva essere il limite di affidabilità per i dati disponibili. Nel 1893 era ben noto che il ciclo delle macchie solari era associato ad altri segni dell’attività solare e a fenomeni terrestri ricorrenti come le aurore boreali. La curva del numero di macchie solari per anno dal 1700 in poi appariva come una delle manifestazioni di un fenomeno periodico che si ripeteva invariabilmente sia nel passato che nel futuro. Quasi tutti erano convinti che le macchie solari e il ciclo di 11 anni non fossero fenomeni isolati a carattere transitorio. Anche allora come adesso si accettavano quei fenomeni come prove della regolarità dell’attività solare, dal che si deduceva che il Sole era stazionario e prevedibile.
Nel 1893 il Sole attraversava la fase di massima attività del ciclo delle macchie solari ed erano visibili centinaia di macchie, come Maunder ben sapeva. Anche negli anni in cui il ciclo e in fase di minimo si trova almeno qualche macchia solare: e raro che passi un mese intero senza che compaiano macchie sul Sole. Ma nei resoconti ammuffiti del XVII secolo, in un periodo di poco anteriore a quello corrispondente all’inizio della curva familiare che rappresenta la frequenza delle macchie solari, Maunder aveva trovato rapporti originali secondo i quali erano trascorsi anni e anni senza che apparissero macchie solari. Per 32 anni non fu osservata nemmeno una macchia nell’emisfero nord del Sole. Per 65 anni non si vide mai più di un solo piccolo gruppo di macchie per volta. Passarono vari periodi, che durarono anche 10 anni, senza che si trovassero macchie sul Sole. Maunder scopri che il numero totale di macchie solari osservate tra il 1645 e il 1715 era inferiore al numero di macchie che si vedano oggi (1977) in un solo anno di attività media.
Nel 1894 Maunder pubblicò un articolo intitolato: Un minimo prolungato dalle macchie solari in cui dava i dettagli di quello strano periodo nella storia del Sole e richiamava attenzione sulle possibili conseguenze. Se la scarsità apparente delle macchie era reale, l’astronomia solare avrebbe tremato fino alle fondamenta. Maunder fece notare che quel periodo così insolito avrebbe potuto fornire un test estremamente significativo sulle relazioni tra Terra e Sole: se il normale sviluppo del ciclo undecennale delle macchie solari era rilevabile nei cambiamenti del campo geomagnetico o forse delle condizioni atmosferiche, allora una modificazione prolungata nell’attività del Sole avrebbe dovuto essere accompagnata da effetti importanti sulla Terra. Non si sa con precisione se qualcuno prestò attenzione a Maunder. Un articolo precedente, che egli scrisse sullo stesso argomento, non venne tenuto in gran canto; uguale sorte toccò a un lavoro pubblicato un anno prima dall’astronomo tedesco Gustav Spfirer, che per primo spinse Maunder a interessarsi del periodo carente di macchie solari. Maunder non desistette. Nel 1922 ci riprovò con un altro articolo, che intitolo nuovamente; Un minimo prolungato delle macchie solari, in cui metteva ancora in evidenza l’importanza di quei 70 anni per l’astronomia solare e per la fisica terrestre. Sei anni più tardi Maunder mori, e il ciclo delle macchie solari continuò a ripetersi regolarmente quasi a prendersi gioco di lui. I suoi articoli furono dimenticati oppure furono ritenuti il prodotto di un entusiasta che riponeva troppa fiducia in resoconti vecchi e approssimativi.
Parecchi anni fa pensai che fosse tempo di chiarire il caso delle macchie solari mancanti che da troppo tempo pendeva imbarazzante come uno scheletro nell’armadio della fisica solare. Era stato disturbato da riferimenti occasionali a tale problema in relazione con un cambiamento contemporaneo del clima mondiale. Come astronomo solare ero certo che una cosa simile non sarebbe mai potuta accadere e il mio interesse per la storia rendeva particolarmente attraente la prospettiva di un’analisi critica delle affermazioni di Maunder.
II problema si presentava con la trama di un giallo si diceva che un crimine, grave per l’astronomia e forse per la Terra stessa, fosse state commesso in passato. Tutto ciò era realmente avvenuto ? Gli indizi originali che Maunder aveva seguito nello sviluppo del caso avevano ora più di 250 anni, ma si trovavano ancora infatti nelle biblioteche che conservano le cronache del XVII e del XVIII secolo. Ancora più incoraggiante era il fatto che nuove informazioni si erano acquisite col progredire della fisica solare nel mezzo secolo successivo alla morte di Maunder. Le nuove informazioni comprendevano cataloghi di osservazioni storiche di aurore boreali, compilazioni di macchie solari osservate in Oriente a occhio nudo e una più profonda comprensione di come apparirebbe un Sole completamente inattivo durante un’eclisse totale. Ma soprattutto potevano trovare uno strumento particolarmente efficace nell’analisi moderna degli anelli di accrescimento annuale degli alberi.
L’aspetto importante par il mio lavoro non era la larghezza degli anelli, che dà indicazioni solo sul clima locale, ma il loro contenuto chimico che conserva una registrazione indiretta dei cambiamenti del Sole. Maunder non conosceva nessuno di questi indizi. Nessuno di essi era di per se stesso conclusivo. La loro somma però, con i rapporti storici originali potrebbe forse risolvere il problema.
Studiando i resoconti degli astronomi dell’epoca trovai con mia sorpresa che corrispondevano esattamente alla descrizione data da Maunder, cosi che cominciai a chiamare <<minimo di Maunder>> il periodo di scarsità delle macchie solari. Quando una nuova macchia solare fu osservata nel 1671, nel bel mezzo del minimo di Maunder, il direttore di <<Philosophical Transactions of the Royal Society of Landon>> si sentì in dovere di affermare: <<A Parigi l’eccellente Signor Cassini ha osservato recentemente nuove macchie sul Sole, dopo tutti questi anni in cui, per quanto ne sappiamo, non se ne videro>>.
Seguiva la descrizione dell’ultima macchia solare osservata, 11 anni prima, a beneficio dei lettori che avevano dimenticato che aspetto avessero. Lo stesso Cassini (G.D. Cassini, fondatore e primo direttore dell’Osservatorio di Parigi) scrisse dello stesso evento: <<Sono passati circa 20 anni da l’ultima osservazione di macchie di grosse dimensioni sul Sole, sebbene prima di allora gli astronomi ne abbiano viste regolarmente da che è stato inventato il telescopio. Come si sarebbero potute scrivere parole simili in un periodo di normale comportamento del Sole.
– Fine prima parte –
Michele