Archivio mensile:Novembre 2012

Anomalie radio e variazioni del campo magnetico interplanetario utilizzate come precursori sismici su scala globale – 1° parte –

Presentato alla conferenza EDPD 2011 di Kanyakumari, India

21-25 Settembre 2011

Valentino STRASER

94, Località Casarola – 43040 Terenzo PR, Italy

[email protected]

Abstract: Il monitoraggio delle radio anomalie, iniziato in modo continuo a partire dal 2009 dalla stazione LPTA di Roma e il confronto con le variazioni del Campo Magnetico Interplanetario, hanno permesso di studiare i due fenomeni fisici e metterli in relazione con l’accadimento di terremoti su scala globale di magnitudo generalmente maggiore di 6. Dall’esperienza maturata sul campo, la comparsa delle radio anomalie precede, normalmente, da poche ore a pochi minuti i sismi di forte intensità. Le radio anomalie, associate ai precursori sismici, non sono ancora conosciute e per questa ragione non ancora classificate. In questo studio si propone, quindi, la denominazione di “Precursori Sismici Globali”, quella categoria di precursori individuati strumentalmente dalle radio anomalie, associabili a “caratteristiche variazioni” del Campo Magnetico Interplanetario. Entrambi i valori, fra loro confrontati e messi in relazione, indicano a scala globale l’imminenza di un sisma potenzialmente distruttivo. Il metodo, però, nonostante gli esiti positivi di applicazione, non permette, al momento, di avanzare stime sulla zona epicentrale. I dati, per questa categoria di Precursori Sismici Elettromagnetici, possono essere inoltre confrontati a scala temporale, per una loro validazione, con anomalie magnetiche registrate da altre stazioni localizzate in varie zone della Terra, anche molto distanti l’una dall’altra.

Parole chiave: Anomalie radio, campo magnetico interplanetario, precursori sismici globali, marcatori sismici, precursori sismici elettromagnetici.

 

INTRODUZIONE

Lo scopo di questo lavoro consiste nella proposta di una nuova categoria di precursori, i “Precursori Sismici Globali”,  che rappresentano quei  segnali che normalmente precedono da qualche ora a pochi minuti i terremoti potenzialmente distruttivi per l’uomo e, più in generale, di magnitudo superiore a 6.

Il metodo di indagine  si basa sulla comparsa di radio anomalie e da caratteristiche variazioni del Campo Magnetico Interplanetario (IMF) che si manifestano, frequentemente, prima di un terremoto. I dati sono rilevati in continuo, 24 ore su 24, dalla stazione LPTA situata nei pressi di Roma ( http://www.ltpaobserverproject.com/ ) (Figura n°1).

I precursori sismici globali differiscono da quelli tradizionali perché non si manifestano necessariamente nella futura zona epicentrale con segnali fisici, chimici o di altra natura, ma indicano, più semplicemente, che “a breve” ci sarà un terremoto potenzialmente distruttivo. Il metodo, però, se da un lato ha mostrato di essere utilizzabile a scala temporale con un esito incoraggiante, dall’altro, non consente di fornire indicazioni sulla zona epicentrale. Un obiettivo, quest’ultimo, che si potrà invece raggiungere utilizzando, in sinergia, più metodi di indagine come, ad esempio: le rilevazioni da satellite di IR (Saraf and Choudhury, 2005), Geoeruzioni e Vapour Clouds (Shou, 2007 /2011), Fenomeni luminosi in atmosfera (Straser, 2007), Anomalie termiche (Leybourne et al., 2006), Energia di transmigrazione (Blot and Choi, 2007; Choi, 2010 emissione di gas radon (Chyi et al., 2005; Singh et al., 2010).  Strumentalmente, la radio anomalia si manifesta sul monitor come una piccola linea orizzontale colorata a seconda dell’intensità magnetica, nel range delle bassissime frequenze e associata a un rumore di fondo, come si può notare e riportato nello spettrogramma indicato in figura (Figura n°2). Per analizzare gli spettrogrammi delle radio anomalie ci si serve anche di una scala colorimetrica che serve per stimare il valore del campo magnetico ad esso associato (Straser, 2011).

Una radio anomalia si può definire come una emissione radio sconosciuta che non ha caratteristiche (per durata, estensione, intensità, ecc.) compatibili con:

  • La classificazione IAGA (International Association of Geomagnetism and Aeronomy) delle pulsazioni geomagnetiche;
  • Le Emissioni di tipo antropico
  • Le Emissioni naturali conosciute (Wistler, Chorus, emissioni di fulmini, elettrofonia meteorica, plasmi, ecc.).

Le emissioni radio associate ai precursori sismici non sono ancora conosciute e per questa ragione non ancora classificate.

Figura 1. Mappa. Il cerchio blu indica il Progetto LPTA di monitoraggio della zona, vicino a Roma – Italia, 41 ° 41’4 0,27 ” N, 12 ° 38’33 0,60 “E

La maggior parte delle anomalie radio si osservano al di sotto dei 32 Hz  e generalmente tra 0,1 e 20 Hz.

Le uniche emissioni conosciute nella banda ELF e SLF sono di tipo magnetosferico e alfvénico. Esattamente, tra 0,1 e 10 Hz, è possibile osservare emissioni legate alla cavità Alfvénica, e questo tipo di emissioni cadono all’interno del range di frequenze dove compaiono anche le radio interferenze.

Le frequenze dei Precursori Sismici Elettromagnetici (PSE), in cui rientrano anche le radio anomalie, hanno una larghezza di banda molto vasta. Quando ci si trova sull’epicentro del sisma si osserva un’emissione che ha una larghezza di banda molto ampia da 0,001 Hz sino a centinaia di MHz. Man mano che ci si allontana, però, le emissioni con frequenza più elevata si affievoliscono sino a scomparire mentre rimangono visibili sono le emissioni ELF 0,001-3 Hz. Questo fenomeno è legato all’attenuazione dei materiali che incontra l’emittente naturale. Per questo tipo di indagine è possibile ascoltare solo le emissioni inferiori ai 1000 Hz poiché queste hanno un’attenuazione praticamente nulla, quindi permeano decine di migliaia di km di roccia senza ridursi.

Il rumore di fondo osservabile tra 0 e 20 Hz (Figura n°2a) è rappresentato sia da emissioni naturali che da emissioni antropiche. Le emissioni antropiche sono identificate dal rumore elettromagnetico generato dagli elettrodotti che alimentano le linee ad alta tensione dei treni che hanno una frequenza di 16 Hz con le relative armoniche (non sempre visibili) a 8 Hz e a 32 Hz. Al di sotto di questa frequenza viene di rado segnalata anche una emittente a 3 Hz generata sempre dai treni, ma non vi sono riscontri oggettivi.

 

Figura 2. L’anomalia radio può essere vista sul lato sinistro dello spettrogramma, indicata con la sigla ESP (ESP – Precursore Elettromagnetica sismico) e una freccia bianca. La perturbazione appare nella gamma di frequenze basse e si distingue dalle altre per la sua forma allungata orizzontale. Lo spettrogramma indica anche i sismi associati con anomalie radio, indicati dalle frecce verdi (per gentile concessione di Gabriele Cataldi).

 

Figura 2a. Aumento del rumore di fondo evidenziato a sinistra dello spettrogramma, e indicato con sfondo rosso (per gentile concessione di Gabriele Cataldi).

Oltre a questa emittente di tipologia antropica non vi sono più altre emissioni della stessa natura, se non delle armoniche di risonanza della rete domestica di 50 Hz. Tali armoniche, però, sono ben riconoscibili poiché, proprio perché si tratta di armoniche, presentano delle emissioni “sorelle” speculari alla stessa distanza, a partire dai 50 Hz. A parte questi segnali il restante rumore di fondo è generato da emittenti naturali. Per “emittenti naturali” si intendono: Sole (vento solare che produce le pulsazioni geomagnetiche, interagendo con la magnetosfera), fenomeni elettrici dell’atmosfera (fulmini e tempeste), emissioni di risonanza longitudinale e trasversale della cavità terra – ionosfera (tra cui la risonanza di Schumann), emissioni della cavità di risonanza terra – magnetosfera e della cavità alfvénica (onde magnetoidrodinamiche, risonanza magnetosferica), emissioni naturali pre-sismiche.

I PSE, inoltre, possono essere osservati in ogni punto sulla superficie terrestre per frequenze comprese tra 0,1 e 5 Hz, ossia la stessa frequenza in cui si osservano anche le pulsazioni geomagnetiche di tipo PC1. Per questo motivo si osservano PSE all’interno della radiazione prodotta dalla cavità terra-magnetosfera. Inoltre, questa cavità può subire delle alterazioni derivate dall’irradiazione di emittenti naturali quali sono i PSE e generare delle modificazioni dell’intensità delle pulsazioni geomagnetiche.

I PSE e le Pulsazioni Geomagnetiche, tuttavia, non sono la stessa cosa e non vanno confusi. Entrambe si rilevano nella medesima banda di frequenze poiché: le pulsazioni geomagnetiche sono il risultato dell’interazione dell’attività solare sulla magnetosfera e tali interazioni generano emissioni che hanno una frequenza molto bassa. I PSE sono emissioni che possono avere un ampissimo spettro, ma solo le emissioni che cadono sotto i 5 Hz hanno un’intensità così elevata ed una frequenza tale da poter permeare il corpo planetario per essere osservate ovunque. Inoltre, alcune di queste emissioni possono creare perturbazioni della cavità alfvénica e generare delle alterazioni delle pulsazioni geomagnetiche, che possono essere altresì osservate con le antenne a bobina.

Dal punto di vista cronologico, i primi strumenti impiegati per la ricezione dei PSE sono stati dei ricevitori che utilizzavano diversi tipi di antenne contemporaneamente poiché non si conosceva l’esatta lunghezza d’onda di questi tipo di segnali, per cui era indispensabile utilizzare antenne diverse per coprire un vasto range di frequenze.
Attualmente si utilizzano ricevitori radio sintonizzati nella banda VLF, SLF, ELF e ULF. Le antenne utilizzate sono di tipo Loop, o di tipo a Bobina e, negli ultimi anni, sono utilizzati anche magnetometri Flux-Gate.

In questo studio, le radio anomalie sono state messe in relazione sia con i dati forniti da altre stazioni di rilevamento, situate anche a notevole distanza di Roma, sia con caratteristiche variazioni del tracciato dell’Interplanetary Magnetic Field, rilevato dai satelliti GOES 13 e 15 (http://www.swpc.noaa.gov/Data/goes.html ), i cui dati sono consultabili online 24 ore su 24.

Dall’esperienza basata sull’analisi dei dati a partire dal 2009, si è notato che poco prima di sismi di magnitudo M>6, il grafico IMF subisce una leggera deformazione, disegnando nel tracciato una “S” caratteristica, denominata in seguito, in questo lavoro, con la lettera greca “σ”, sigma.

La  figura  mostra la comparsa del “σ” durante il terremoto di Honshu il 31 marzo 2011 nel tracciato IMF, dove si nota la variazione caratteristica corrispondente a 2nT, un marker presente nella maggior parte dei casi studiati. (Figura n°3).

L’andamento del grafico IMF, in certi casi, offre interessanti analogie, veri e propri marker sismici, che anticipano forti terremoti, come si può notare, ad esempio, nella sequenza avvenuta dal 22 al 24 agosto 2011. (Figura n°4).

Figura 3. La figura mostra le tracce dal GOES 13 e 15 satelliti, che si distinguono per i loro rispettivi colori, blu e rosso. La linea verticale verde indica il verificarsi di un sisma, in questo caso a Honshu (Giappone) il 31 marzo 2011. I due grafici, corrispondenti al terremoto giapponese, sono sovrapposti insieme il loro valore elettromagnetico corrispondente di 2nT. Nella figura si può notare la comparsa della forma a “sigma” della curva e il terremoto.

Nei tre casi riportati in Figura n°4, si può notare la ricorrenza delle cuspidi indicate con la lettera “A” che si manifestano quando i valori del IMF sono minimi. Queste cuspidi sono seguite, nella fase ascendente del grafico da una uncinatura, evidenziata con la lettera “B” che, normalmente, precede di circa 5 ore la comparsa del “σ” pochi minuti prima della scossa principale.

Figura 4. La figura mostra la ripetitività delle forme particolari nella traccia in relazione al verificarsi di terremoti. Tra i valori minimi appaiono tre valori relativi, indicati rispettivamente dalle lettere A, A1 e A2. Nella fase ascendente, dopo circa 6 ore un’increspatura appare, indicato dalla lettera B, mentre la lettera C indica il sisma, in relazione alla forma sigma. Questo intervallo quest’ultimo ricorre circa 5 ore dopo la lettera B.

 

Sia le variazioni del IMF che le radio anomalie, come viene discusso in questo studio, possono essere associate fra di loro, dal momento che, normalmente, la radio anomalia precede, a scala temporale, la comparsa del “σ” nel grafico IMF, da qualche ora a pochi minuti prima del terremoto. A titolo esplicativo, si riporta l’esempio mostrato nel grafico di Figura n°5, dove in rosso è indicato il marker sismico, mentre in corrispondenza del “σ” l’accadimento del terremoto.

 

Figura 5. Il grafico mostra la relazione tra l’aspetto della anomalia radio e il verificarsi di due sismi, preceduti dalla forma sigma nella curva IMF.

 

Fine prima parte

 

Michele

Rubrica Sole Ottobre 2012

Introduzione

Ormai da oltre 6 mesi il Sole mostra un’attività non particolarmente intensa, contrassegnata dalla regolare alternanza di periodi moderatamente attivi e fasi di “stanca” con valori degli indici di riferimento da pieno minimo ed un solo picco di rilievo (ma comunque sempre molto relativo), all’inizio di Luglio, come si nota nel grafico seguente.

 

 

 

Da due mesi, però, il Ciclo 24 sembra davvero essere giunto ad una svolta: per la prima volta dal minimo la progressione del SSN (fonte SIDC) ha fatto segnare per Marzo 2012 un valore inferiore rispetto a quello del mese precedente, ovvero 66,8 contro 66,9 ed anche il mese di Aprile 2012, come ampiamente pronosticato, ha avvalorato tale tendenza facendo registrare un valore di 64,6 in netto calo rispetto al precedente. Se questa tendenza dovesse essere confermata nei mesi a venire, il massimo relativo raggiunto nel mese di febbraio scorso diverrebbe un serio candidato al massimo assoluto di questo ciclo.

E’ una possibilità reale, in quanto i quattro mesi di più intensa attività fino ad ora (Settembre-Dicembre 2011) scompariranno progressivamente dalla media mobile che determina il SSN (smoothed sunspot number), indicatore principale dello stato del ciclo. L’attuale andamento solare non lascia presagire nuove imminenti impennate dell’attività e questo comporterebbe la conferma del declino del SSN. La prudenza è sempre e comunque d’obbligo in questi casi, anche perché la nostra stella ha tutte le potenzialità per smentire qualunque previsione: Hataway, NASA & C. lo sanno forse meglio di chiunque altro….. Ciò indicherebbe l’avvio del declino del ciclo e dunque la conclusione della (o forse meglio di questa) fase di massimo.

Per onor di cronaca va rimarcato che il conteggio del NIA’s risulta ancora lievemente difforme rispetto a quelli ufficiali del SIDC, in quanto il mese del massimo relativo risulterebbe essere Marzo 2012 anziché Febbraio. Bisogna comunque attendere l’uscita dei dati definitivi del NIA’s relativi agli ultimi quattro mesi, attualmente caratterizzati da valori provvisori, per avere un quadro più preciso e fare quindi paragoni più attendibili.

Comunque anche per il “nostro” conteggio la fase di crescita sembrerebbe essere terminata e la curva della media “smoothed”, con le dovute proporzioni, sembra ricalcare l’andamento di quello che per la Scienza ufficiale è e rimane l’unico conteggio valido, ovvero quello del SIDC.

Non bisogna però sottovalutare la possibilità che quello di Febbraio 2012 sia solo uno dei (due o più) massimi, più o meno come accadde per alcuni cicli deboli del passato (come il ciclo 12 o il ciclo 14) e che quindi l’attività solare possa in futuro essere caratterizzata da fasi più intense, tali da far risalire il valore del SSN e fasi di relativo riposo, dove il suddetto valore ritornerebbe a scendere verso un nuovo minimo.

Ci ripetiamo ma di certo il ciclo 24 si conferma come “fuori dagli schemi” rispetto a quelli immediatamente precedenti, checché ne dicano taluni autorevoli personaggi del mondo scientifico (ad onor del vero, ultimamente sembra che qualcuno di questi cominci a “ritrattare” le proprie dichiarazioni in merito!). Questo ciclo davvero non vuole farci annoiare, fornendoci sempre nuovi elementi per i quali sorprenderci e sui quali discutere.

Ci preme sottolineare che il “fuori dagli schemi” è sempre e comunque da intendersi in modo relativo, a causa della limitata conoscenza di cui disponiamo circa il comportamento del Sole. Questa dipende anche e soprattutto dal brevissimo intervallo di tempo (50-60 anni), rispetto alla vita del Sole (5 miliardi di anni!), durante il quale la nostra stella è stata oggetto di osservazioni e di studi, da Terra e tramite satelliti, con gli strumenti più sofisticati oggi a disposizione.

Vediamo in dettaglio cosa ci ha riservato il mese di ottobre:

 

 

 

Questo grafico, basato sulle medie mensili delle aree del disco solare coperte da sunspot (in rosso la smoothed) è abbastanza eloquente: l’attuale ciclo 24 per ora non riesce a tenere nemmeno il passo dei deboli cicli di fine ‘800 – primi ‘900.

In dettaglio, ottobre ha avuto un andamento simile ad un “negativo”, inteso in termini fotografici, del mese precedente ovvero si sono avute due distinte fasi “calanti” ad inizio e fine mese mentre la fase centrale è stata caratterizzata da un nuovo, relativo, picco di attività. Come accennato anche in precedenti “uscite” della rubrica, sembra essere sempre più evidente che l’attività solare è sempre più contrassegnata da oscillazioni regolari con valore del solar flux compreso tra 90/100 e 140/150: una sorta di “battito” che di fatto rispecchia la realtà di un sole “a due facce”, una più attiva ed una in completo stand-by.

Tale situazione potrebbe, il condizionale è d’obbligo, essere anche la diretta conseguenza di un sole con uno dei poli magnetici in fase di transizione, mentre l’altro “annaspa” per trovare l’energia necessaria per fare lo stesso…

Il valore medio mensile di solar flux (aggiustato), in relazione a questa “stasi dinamica” che registriamo ormai da circa 6/7 mesi, è leggermente calato rispetto al mese scorso e si è posizionato a 122,2, sempre ben lontano dal 142 di luglio e dal 150 di novembre, finora massimo mensile. Il sunspot number ha registrato invece un ulteriore sensibile calo rispetto ad Settembre, attestandosi a 53,3 dall’originario 61,5. Negli ultimi 12 mesi solo Febbraio 2012 ha fatto registrare un valore più basso: 33,1. L’andamento dei prossimi mesi, perlomeno fino a primavera inoltrata è, a nostro modesto avviso, da monitorare con molta attenzione, per verificare se vi sarà o meno una ripresa più decisa dell’attività. In caso contrario e a meno di colpi di scena clamorosi, potremmo sbilanciarci a dire che il massimo solare è, con tutta probabilità, ormai alle nostre spalle.

 

 

I valori del NIA’s di luglio (37,3), agosto (35,3) settembre (34,4), e ottobre 2012 (30,5) sono provvisori e in attesa di validazione.

L’andamento di tali curve naturalmente esclude un eventuale secondo massimo del ciclo 24, non improbabile stante la previsione NASA (massimo nella prima metà del 2013) e la relativa precocità del primo massimo (Novembre 2011) rispetto al minimo del 2008. Nel grafico è ben evidente il raggiungimento del massimo a primavera e l’iniziale declino delle curve del SSN.

 

 

Solar flux

Il solar flux testimonia in modo eloquente le difficoltà che il ciclo 24 incontra nella sua progressione.

Dal grafico risulta ancor più evidente negli ultimi mesi la netta suddivisione dell’attività solare in due distinte fasi, spinta e riposo, la prima con valori relativamente elevati di Solar Flux e Sunspot Number, la seconda con detti indici più vicini a valori da minimo che da massimo.

 

 

In termini generali, il grafico conferma la peculiarità del ciclo 24, rispetto a quelli immediatamente precedenti: è un ciclo “pigro”, con le “marce lunghe”, è l’unico degli ultimi 6 cicli (dal ciclo 19, cioè da quando si misura il solar flux) che non sia ancora riuscito a raggiungere la soglia (di picco giornaliera) di 200, ampiamente superata da tutti quelli precedenti. Inoltre, si nota chiaramente la brusca frenata dopo il massimo, per ora relativo, comunque tutt’altro che eccezionale, nonché il tentativo di “ripresa” e lo stallo degli ultimi mesi.

Più in dettaglio, nell’ultimo mese il valore medio del flusso “aggiustato” (ore 20) è stato pari a 122,22 (contro 124,70 di agosto) mentre la “forbice” tra il valore minimo e quello massimo è rimasta compresa tra 97,9 valore non certo da massimo (ore 20 del 7/10) e 153,9 (ore 20 del 22/10). Nell’ultima decade (dal 22 al 31 compresi) la media è stata pari a 122,46 (valori delle ore 20), perfettamente sovrapponibile alla media mensile. Si osserva quindi un’estrema variabilità di questo indice, dettata forse dall’avvenuta inversione magnetica dell’emisfero nord e che si manifesta con le oscillazioni regolari, con cadenza di circa 20/25 giorni, di cui abbiamo parlato in premessa.

 

Altri diagrammi

Il cosiddetto “butterfly diagram”, per quanto ancora incompleto nella rappresentazione del ciclo 24 è eloquente:

 

 

http://solarscience.msfc.nasa.gov/images/bfly.gif

Il ciclo 24 risulta paragonabile ai cicli più deboli, perlomeno dal 1880 in poi, in termini di numerosità delle macchie, in rapporto alla loro estensione (in sostanza la colorazione del grafico “a farfalla”). Risulta addirittura inferiore a tutti i cicli rappresentati, in termini di estensione delle macchie (ultimo grafico in basso).

Per quanto concerne lo stato di avanzamento dell’inversione dei poli solari (o, per meglio dire, il tentativo di inversione), l’ultimo dato disponibile (19 ottobre) su http://wso.stanford.edu/Polar.html#latest evidenzia un valore “filtrato” per l’Emisfero Nord pari a +1, ovvero inalterato rispetto alla rilevazione di 30 giorni prima. Dunque il cambio di polarità dell’emisfero Nord sembrerebbe essere avvenuto, sebbene a fatica. Per l’Emisfero Sud, invece, il percorso sembra essere ancora lungo, infatti i valori degli ultimi 2/3 mesi hanno fatto segnare una sensibile discesa, ma tuttora la distanza dalla “neutralità rimane sempre cospicua (+24). E’ bene precisare che tali valori sono soggetti, nel breve termine, a variazioni considerevoli, come si può osservare nei grafici proposti di seguito. Meglio quindi aspettare ancora un poco per avere maggiori e più sicuri elementi a disposizione.  In definitiva, risulta essere comunque poco probabile un’inversione in tempi relativamente brevi anche per questo emisfero. Storicamente, negli ultimi 30 anni, le inversioni sono avvenute a distanza di pochi mesi o al massimo di poco più di un anno. Ma, come testimoniato al link precedente, in nessun caso un emisfero si era trovato così distante dall’inversione e in progressione antitetica, mentre l’altro l’aveva appena effettuata, tant’è che la media dei due emisferi, pur in progressiva diminuzione, rimane tuttora abbastanza distante dalla neutralità.

Per una più immediata comprensione dello stato di avanzamento del fenomeno, si vedano i seguenti grafici, tratti dal sito di Leif Svalgaard: http://www.leif.org/research/WSO-Polar-Fields-since-2003.png, andamento dei due emisferi dal 2003 e http://www.leif.org/research/Solar-Polar-Fields-1966-now.png, andamento complessivo dal 1966. Per ulteriori informazioni in merito, si veda anche l’articolo http://solar-b.nao.ac.jp/news/120419PressRelease/index_e.shtml.

Le ultime immagini “Stereo Behind”, segnalano un nuovo possibile stallo dell’attività solare nelle prossime settimane: si nota una certa scarsità di regioni attive, in entrambi gli emisferi. Risulta sempre valida quindi la regola che occorre attendere ancora qualche mese per poter avere un quadro complessivo della situazione solare. Perlomeno occorre attendere l’inizio del 2013, quando secondo le previsioni NASA si raggiungerebbe il massimo del ciclo. E’ soprattutto essenziale comprendere se e quando vi sarà spazio per ulteriori massimi, prima del fisiologico declino del ciclo. L’estrema debolezza e variabilità di questo ciclo non lasciano ancora spazio ad interpretazioni univoche.

aaaaaa

Conclusioni

Questo ciclo è sicuramente una grande occasione per il mondo scientifico in quanto ci offre la possibilità di studiare “in diretta” situazioni che fino ad ora avevamo potuto solamente immaginare o “ricostruire” attraverso simulazioni, dati proxy e modelli matematici: molto probabilmente, e non siamo solo noi a dirlo, ci troveremo ad affrontare un periodo (forse anche relativamente “lungo”) di attività solare molto più bassa rispetto a quella a cui, in qualche modo, eravamo abituati. Ovviamente la prudenza ci impone di attendere conferme che necessiteranno, inevitabilmente, di parecchio tempo anche perché, non ci stancheremo mai di ripeterlo, il sole è assolutamente in grado di smentire in un baleno anche la previsione dei più “quotati” esperti di fama mondiale, e anche loro ne sono pienamente consapevoli. Che questo ciclo fosse lontano da quella presupposta “normalità” di cui abbiamo più volte parlato ne avevamo sentore già da prima che il profondo ultimo minimo solare terminasse, la parvenza di “normalità” dello scorso autunno, quando la progressione era parsa netta e, per la prima volta dal minimo, continua per qualche mese consecutivo aveva dato l’illusione che il ciclo 24 potesse essere solo un poco più debole di altri precedenti ma comunque “normale”. Gennaio ed in particolare Febbraio hanno fatto segnare un crollo difficilmente pronosticabile che ha di fatto minato l’ipotesi di un proseguimento “normale”, anche se contraddistinto da un debolezza di fondo. Il recente massimo di Luglio, pur inaspettato, ha avuto il carattere di episodio isolato, come quello di novembre 2011 e dunque non ha modificato il quadro complessivo. Agosto  e Settembre sono stati mesi interlocutori, senza “acuti”, pur con la novità del primo lieve calo del SSN, confermato e rafforzato dall’ulteriore calo di attività di Ottobre. Ciò avvalora ancor di più la possibilità che i due massimi trascorsi possano persino essere quelli assoluti del ciclo. Certo, non si può escludere ve ne sia qualche altro nei prossimi mesi o nel 2013, come indicato nelle previsioni NASA. La modesta attività degli ultimi mesi, tra i due massimi e da luglio in poi, è ben poca cosa se confrontata con quanto accadeva al Sole negli approcci al massimo dei passati cicli e non è in grado di sovvertire quanto sopra scritto. Solo in caso di una forte ripresa nei prossimi mesi si potrebbe riaprire il discorso circa la natura del ciclo 24. Attualmente sembra essere in corso una fase di  riequilibrio tra i due emisferi solari, dopo qualche mese di “spinta” più decisa da parte dell’emisfero Sud. Si tratta però di un riequilibrio al ribasso, almeno per ora. Che cosa ci riserverà il ciclo nei prossimi mesi? Un pronostico risulta comunque complicato ma, volendosi sbilanciare un tantino, la sensazione è che difficilmente riusciremo a vedere un Sole più attivo di quanto non lo sia stato nell’autunno scorso. E’ più probabile magari un relativo picco di attività dell’emisfero sud, magari coincidente con la probabile “prossima” inversione magnetica.

Vi lasciamo con un grafico che evidenzia l’andamento dell’attività solare in base al SSN: in blu la curva relativa al sole nel suo complesso, in rosso ed in verde lo stesso indice preso in considerazione rispettivamente per emisfero Nord e Sud; è evidente il tracollo dell’attività dell’emisfero Nord mentre il Sud, sebbene negli ultimi mesi abbia drasticamente ridotto la sua “spinta”, è ancora in fase di crescita…..

 

 

Restate sintonizzati per i prossimi aggiornamenti!

aaaaaa

Apuano 70 e FabioDue

Gli esperimenti di Birkeland -Terella- e la loro importanza per la moderna sinergia di laboratorio e lo studio dei plasmi – 7° parte –

Il legame Birkeland-Stormer, conclusioni e riflessioni

 

Si tratta di un fatto spiacevole che il lavoro di Birkeland sui gas di scarico e sulla fisica solare-terrestre sia stato ignorato dalla comunità di fisici dello spazio per più di mezzo secolo, dopo che le osservazioni dei satelliti cominciarono a confermare molte delle idee più controverse di Birkeland. L’atteggiamento tra i fisici spaziali si modificò in ammirazione e l’accettazione fu pressoché totale. I fisici del plasma, d’altra parte, data la nascita della loro disciplina nel 1920, si sono mostrati impreparati riguardo i lavori di Birkeland.

Tuttavia, le recenti lodi a Birkeland, basate sulla constatazione che molte delle sue idee hanno dimostrato di essere essenzialmente corrette, di per sé non sono servite al progresso della scienza. In effetti, può essere addirittura più importante studiare lo sviluppo di idee errate e percorrere vicoli ciechi,  perché le idee giuste spesso si sviluppano attraverso la lotta con le linee di pensiero in competizione.

In un certo senso, il lavoro di Birkeland è stato destinato al fallimento, perché era troppo avanti per il suo tempo. Voleva sviluppare una grande teoria corrispondente all’Universo del plasma, ma non ha avuto a sua disposizione i concetti e i metodi teorici della fisica del plasma. Voleva indagare e comprendere in profondità i fenomeni dei gas di scarico ionizzati, ma non aveva gli strumenti diagnostici che erano necessari.

Tuttavia tutte le conoscenze e i metodi scientifici da applicare disponibili al momento, erano in grado di formulare teorie complete e coerenti pronte per le prove contro i futuri progressi nel campo della fisica e della tecnologia. La tragedia è stata, tuttavia, che solo una manciata di scienziati ha accettato la sfida di affrontare la potenza esplosiva delle teorie di Birkeland dopo la sua morte prematura. Uno dei pochi che è andato contro la scienza convenzionale è stato Carl Stormer (1908-1995).

Nel suo discorso di apertura al Simposio di Birkeland sulle Aurore e le tempeste magnetiche, realizzato dallo IAGA in Norvegia nel 1967, Sydney Chapman (1888-1970) effettuò il seguente commento su Birkeland :

“…Le concezioni di base, nella mente di Birkeland, si mescolano inestricabilmente con gli errori nell’interpretazione delle sue idee e sperimentazioni sulle aurore e le tempeste magnetiche…”

Per quanto riguarda l’Aurora, un po’ lo stesso può essere detto a proposito del lavoro teorico di Stormer. Chapman era forse lo scienziato più influente nel campo della geofisica cosmica nel periodo 1920-1960, ed è stato il creatore di una teoria matematicamente elegante per gli attuali sistemi ionosferici  e le tempeste magnetiche. Secondo questa teoria tutte le perturbazioni del campo geomagnetico, potrebbero essere spiegate da un sistema di correnti che scorrono orizzontalmente in un guscio sferico che circonda la Terra, ma in questa teoria non c’era posto per le correnti dei campi allineati di Birkeland. Chapman sviluppò anche un teoria cinetica dei gas ionizzati, che si trova nell’ultimo capitolo del suo famoso libro con T.G. Cowling. Sotto molti aspetti questa teoria era obsoleta prima che la prima edizione venisse pubblicata nel 1939, dal momento che potrebbe non essere esaustiva nei confronti degli effetti collettivi nei plasmi, che sono stati osservati da Langmuir e altri una decina di anni prima.

Chapman, criticando Birkeland come se fosse un avversario contemporaneo, ha perso un’occasione d’oro per utilizzare le idee del vecchio gigante come un passo per ulteriori progressi.

 

 

Fine 7° ed ultima parte

Traduzione eseguita da Simone Becuzzi

 

Referenze

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Fonte : http://hal.archives-ouvertes.fr/docs/00/25/55/64/PDF/ajp-jp4199707C408.pdf

L’INVERNO CHE VERRÀ (Parte I)

 
É tempo di inverno, è tempo di freddo, è tempo di previsioni meteo. E già perché, esattamente come all’inizio della primavera, stagione degli amori, anche agli albori della stagione del freddo e dei freddofili , si percepisce nell’ “aria” un grande fermento. É proprio questo infatti il periodo i cui, nei “locali della meteo”, impazzano le discussioni tra chi è smanioso di sapere come sarà l’inverno e chi cerca di rispondere tracciando la “retta via”. Ed è arrivato il momento in cui, anche il popolo di NIA, dica la propria in merito a quello che ad oggi rappresenta ancora “l’inverno che verrà”. E Proprio per ottenere un vostro maggiore coinvolgimento, a differenza dello scorso anno, eviterò di fare un “monologo personale e soggettivo”. L’intento è infatti quello di realizzare una trattazione molto didattica, in maniera tale che tutti possiate avere gli strumenti adatti per riuscire ad “inquadrare” la prossima stagione invernale ed esprimere così un vostro parere. Insomma quest’anno, in vista di inverno potenzialmente interessante, voglio proporre qualcosa di diverso, al fine di costruire insieme a tutti voi una buona previsione.
 
Procediamo quindi con lo studio ed il monitoraggio dei principali fenomeni in grado influenzare l’andamento della stagione invernale sul vecchio continente.

 
ATTIVITÀ SOLARE e QBO
Per quanto riguarda l’attività solare, la situazione è abbastanza in bilico e pertanto di difficile interpretazione. Sappiamo infatti che l’attività del nostro astro, pur trovandosi “nei pressi” della fase di massimo, si mantiene su valori relativamente bassi, con il solar flux che oscilla quasi periodicamente da mesi tra 100 e 140. Per cercare di inquadrare meglio la “situazione sole”, cerchiamo di capire alcuni dei meccanismi attraverso i quali l’attività solare influenza la circolazione atmosferica terrestre, facendo riferimento al top della ricerca mondiale (Durkenton, Hood, Labitzke, Salby e Callaghan ecc..).
La direzione e l’intensità dei venti stratosferici tropo-equatoriali ricoprono un ruolo fondamentale nella modulazione del Vortice Polare invernale (VP), e dunque del clima alle medie latitudini. La testimonianza diretta di ciò deriva dalla Quasi Biennal Oscillation (QBO), che corrisponde proprio ad un’oscillazione periodica dei venti stratosferici nell’ambito della fascia tropicale: l’andamento di questi venti, come ben noto, costituisce uno dei principali “regolatori” d’intensità del VP. Ora, senza entrare troppo nel dettaglio (torneremo a parlare di questi interessanti argomenti in una più appropriata sede), negli ultimissimi anni è stato individuato un meccanismo attraverso il quale l’attività solare riesce ad influenzare l’andamento e la forza dei venti stratosferici equatoriali, interferendo così pesantemente sulla forza del VP. Detto meccanismo si basa sulla variazione delle emissioni dei raggi ultravioletti tra massimo e minimo solare e sulla sua interazione con il ciclo di produzione dell’ozono stratosferico. A questo proposito è necessario chiarire preliminarmente due concetti fondamentali:
 
1) in riferimento alla radiazione solare, l’unica frazione che varia “pesantemente” tra massimo e minimo solare è quella ultravioletta (anche 6-7 punti percentuali), mentre tutte le altre frazioni tendono a variare di quantità nettamente inferiori (il TSI nei cicli del XX secolo al più dello 0.1%).


La presente figura mostra l’intensità delle emissioni ultraviolette (raggi UV) nel corso dei ciclo 22 e 23. Come si vede, tra massimo e minimo solare, si riscontrano variazioni significative (dell’ordine del 6%).

Tale circostanza ha portato i maggiori centri di ricerca mondiale a focalizzare l’attenzione sulla radiazione ultravioletta per spiegare i mutamenti climatici a brevissimo termine che si verificano nell’emisfero boreale negli anni caratterizzati da bassa attività solare (come accaduto negli ultimi anni);
 
2) la maggior parte della produzione di ozono si verifica nella stratosfera tropicale, dove è più forte ed è sempre presente la radiazione solare. L’ozono è creato in questa regione in quanto è qui che il sole, presente tutto il giorno e per l’intero anno, è più intenso: i flussi solari (raggi UV) rompono le molecole di ossigeno (O2) in atomi di ossigeno (O), che reagiscono rapidamente con altre molecole di O2 per formare l’ozono (O3). Tutte queste reazioni, che sono altamente esotermiche, portano al riscaldamento radiativo dell’alta stratosfera tropicale, laddove si trova la principale zona di formazione dell’ozono. La conseguenza principale del riscaldamento radiativo è il gradiente termico positivo all’aumentare dell’altezza (a differenza di quanto avviene in troposfera), e dunque un aumento della stabilità della stratosfera stessa.

In definitiva, la riduzione della quantità di radiazione ultravioletta che si verifica negli anni di bassa attività solare, è causa di un riduzione del riscaldamento radiativo: ciò rende la stratosfera più fredda ed instabile (si riduce il gradiente termico positivo all’aumentare dell’altezza). Tale circostanza, attraverso il legame col vento termico, produce un indebolimento del vento zonale (U) nella mesosfera-alta stratosfera tropicale, andando ad interagire con il regime westerly della SAO (semi annual-wind oscillation), che proprio nei mesi in cui si forma il vortice polare stratosferico raggiunge il suo massimo valore (ottobre-novembre). L’anomalo indebolimento della SAO è molto importante per le seguenti ragioni:

è stato osservato che l’indebolimento dei venti stratosferici zonali nell’ alta stratosfera tropicale è associato ad un indebolimento dei venti zonali in seno al Vortice Polare Stratosferico (VPS), proprio durante il periodo in cui si registra il loro massimo (solstizio d’inverno). In altre parole è stato osservato statisticamente che, quando i venti zonali nella mesosfera/alta stratosfera tropicale sono meno intensi, il VPS tende ad essere più debole nella prima parte dell’inverno;

esiste una relazione tra il regime della SAO e quello della QBO. Nello specifico, negli anni di QBO negativa, l’indebolimento della SAO produce, sull’intera colonna stratosferica, venti easterly di maggiore intensità (valore assoluto della QBO più elevato) con conseguente aumento della durata della fase. Non è un caso che tutti gli episodi di QBO fortemente negativa (valori inferiori a -23/-24) sono stati registrati solo negli anni di bassa attività solare. Queste circostanze (aumento di intensità e di durata) sono fondamentali, vista l’importanza che ricopre la QBO negativa nell’azione di disturbo ai danni del futuro Vortice Polare Stratosferico. A questo proposito si ricorda che, quando il regime dei venti stratosferici tropicale è orientale, gli easterlies tropicali tendono a restringere la larghezza della planetary wave-guide nella bassa stratosfera extratropicale, favorendone una maggiore ampiezza d’onda ed una minore velocità di fase. Il risultano è un aumento della propagazione d’onda nella stratosfera con conseguente riscaldamento e rallentamento del VPS.
 
La scoperta di queste dinamiche, nonostante costituisca un grosso passo in avanti nella comprensione dei fenomeni di “trasmissione” del segnale solare , non consente ancora di spiegare a pieno il reale meccanismo di accoppiamento tra alta stratosfera tropicale, bassa stratosfera-troposfera tropicale e stratosfera polare. Non è un caso che i modelli di simulazione (“GCM simulations”), pur mostrando risultati coerenti alle previsioni teoriche, presentano ancora delle sostanziali divergenze con le misurazioni sperimentali. Ciò induce a ritenere che vi siano ulteriori fenomeni retroattivi in grado di amplificare fortemente la risposta dell’atmosfera nei riguardi del primario segnale “fotochimico” indotto dalla varabile solare, svolgendo così un importante un ruolo di accoppiamento: tra questi figura sicuramente la Brewer-Dobson circolation (BDC).
In passato abbiamo già avuto modo di parlare di questa “affascinante” circolazione meridiana. Brevemente ricordiamo che la BDC, così chiamata per i suoi scopritori Brewer e Dobson, è una lenta circolazione emisferica agente a quote stratosferiche e disposta lungo i meridiani. Tale circolazione è responsabile del movimento di particelle d’aria dalle regioni equatoriali sino alle regioni polari ed è maggiormente attiva nell’emisfero nord. In particolare detta circolazione è caratterizzata da moti ascendenti nelle regioni equatoriali e da moti discendenti nelle zone extratropicali (soprattutto polari nell’emisfero boreale). L’azione della BDC produce alcuni effetti fondamentali:
 
• grazie al trasporto verticale e meridionale delle specie chimiche, tra cui principalmente l’ozono, la BDC influenza enormemente la chimica dell’atmosfera polare. Il trasporto di ozono verso il polo nord ricompre, tra le altre cose, una grande importanza per le sorti della seconda parte dell’inverno (metà gennaio in avanti), in quanto, con l’arrivo sul polo della prima radiazione solare, l’ozono presente assorbe la maggior parte della radiazione solare ultravioletta e la restituisce sotto forma di calore, favorendo lo sviluppo di fenomeni di stratwarming e rendendo il VPS più debole;

i moti verticali associati alla BDC hanno conseguenze importanti nella distribuzione delle temperature nella stratosfera. Addirittura, a causa dell’azione della BDC, la tropopausa tropicale è la regione più fredda nella troposfera e stratosfera. Questo perché l’aria in risalita ai tropici si raffredda per espansione adiabatica, portando le temperature tropicali della bassa stratosfera ben al di sotto della temperatura di equilibrio radiativo locale. A tal proposito, poiché la BDC è più forte durante l’inverno boreale, la forza della risalita d’aria (upwelling) nei tropici, e quindi la bassa temperatura della tropopausa tropo-equatoriale, presenta un ciclo annuale, con valori record durante l’inverno boreale. Al contrario, nella regione polare, l’aria discendente si riscalda per compressione adiabatica, portando le temperature nella stratosfera polare a diverse decine di gradi sopra l’equilibrio radiativo locale. Quest’ultima circostanza favorisce il riscaldamento ed una maggiore “instabilità” della stratosfera polare anche nelle prime fasi dell’inverno.
 

La figura costituisce una schematizzazione della BDC.
 
Lo schema di funzionamento della BDC è abbastanza complesso. In prima analisi ci si potrebbe aspettare un meccanismo tipo cella di Hadley, nel quale la circolazione trae origine dal riscaldamento solare ai tropici ed il raffreddamento nella regione polare ed è caratterizzato da un grande trasporto di aria calda ascendente (tropicale) verso le regioni più fredde (nelle quali l’aria ridiscende). In realtà la BDC risultata strettamente correlata all’azione delle onde planetarie (onde di Rossby) nella stratosfera extratropicale. Difatti, quando un’onda stazionaria planetaria raggiunge la stratosfera, deposita il suo momento esterly, decelerando la corrente a getto stratosferica invernale che è westerly. In queste occasioni il vortice polare rallenta e può anche essere spostato. La deposizione di quantità di moto est nella stratosfera polare ed il conseguente rallentamento del getto polare invernale è conosciuto come “breaking wave”. Tale circostanza produce per attrito il fenomeno del riscaldamento stratosferico improvviso. Il risultato è una situazione che è termodinamicamente squilibrata. A questo punto, per ripristinare l’equilibrio radiativo, a partire dall’alta stratosfera inizia rapidamente un processo di raffreddamento. Il raffreddamento dell’aria è accompagnato da movimenti di affondamento, dal momento che l’aria più fredda è più densa ed affonda. Ed è proprio questo movimento che stabilisce il movimento d’aria lungo i meridiani dall’equatore al polo nell’emisfero invernale. Infatti l’aria discendente nella regione polare deve essere bilanciato da un flusso di aria verso i in movimento verso i poli. Per requisiti di continuità di massa, questa aria deve venire dai tropici. La BDC costituisce dunque quella cella circolazione in cui l’aria tropicale muove verso i poli per sostituire l’aria discendente ai poli.

Ora che abbiamo più chiaro uno dei meccanismi principali con cui l’attività solare, insieme alla QBO, modula l’intensità del getto polare, siamo sicuramente in grado di inquadrare meglio la situazione attuale. Infatti abbiamo capito che, per riuscire a decifrare l’attuale “rebus solare”, il parametro che bisogna monitorare con particolare attenzione è l’intensità della radiazione ultravioletta in arrivo sulla terra. Per far questo consideriamo i flussi a frequenze d’onda pari al 205 nm, in quanto sono quelli che riescono a penetrare fino alla quota di 30 km, ovvero fino alla zona di confine tra la mesosfera e l’alta stratosfera tropicale (è questa la quota dove si registra la massima produzione di ozono).
Di seguito si riporta quindi un grafico dal quale è possibile desumere l’andamento dei raggi UV in riferimento all’ultimo anno:
 

 
Per riuscire a “quantificare” l’intensità attuale dei flussi, utilizziamo come raffronto l’andamento dei raggi UV registrato durante il minimo solare a cavallo tra i cicli 22 e 23 (1995-1996):
 

 
Come si può ben vedere siamo praticamente sugli stessi livelli, pertanto possiamo affermare con discreta sicurezza che la situazione attuale può essere considerata più da minimo che da massimo solare.
In risposta a tale andamento dei raggi UV, la QBO sta facendo segnare dei valori negativi di tutto rispetto. Nello specifico, in riferimento alla quota di 30 hPa, per due mesi consecutivi (luglio ed agosto) è stato segnato un valore quasi da record (-28), mentre nella fase successiva (settembre-ottobre), nonostante il superamento del picco, la QBO si è mantenuta comunque su livelli molto bassi (intorno a -25). E’ probabile inoltre che l’attuale ciclo della QBO negativa risulti particolarmente lungo. Infatti, sempre in riferimento alla quota di 30 hPa, se il cambio di segno si avrà a febbraio (come è lecito aspettarsi), l’attuale ciclo risulterà composto da ben 18 mesi consecutivi di regime easterly (QBO-). Per quanto riguarda invece la QBO alla quota di 50hPa, è cosa praticamente certa che il cambio di segno avverrà ad inverno ultimato. Quindi possiamo concludere che, anche per quanto riguarda la QBO, la situazione in vista dell’inverno risulta decisamente positiva.
Infine, sempre in riferimento alla QBO, ci tenevo a farvi notare che la situazione attuale è molto simile a quella avuta nel biennio 1984-1985. Anche in quel frangente la QBO a 30hpa faceva segnare un picco significativo (ancora -28) al termine dell’estate (in quel caso nel mese di settembre). Ovviamente non possiamo considerare questa informazione come indicativa circa l’andamento del prossimo inverno, ma sicuramente si tratta di una “coincidenza” da tenere d’occhio, considerando soprattutto che anche in quel periodo l’attività solare si presentava debole.

Termina qui la prima parte dello studio teleconnettivo per l’inverno 2012-2013. Nella parte seguente procederemo analizzando altri fondamentali indici predittivi (tra cui il ciclo ENSO), in modo tale da avere una più completa visione in merito all’inverno che verrà.

 

Riccardo e Zambo

Il pensiero di altri .. su questo prossimo massimo, però forse più minimo solare + Centrata una nuova finestra di indicazione incremento dell’attività sismica globale

E’ stata una settimana, nella quale sono andato un pò in giro per la rete, in cerca di valutazioni, impressioni sulla attuale situazione solare.

Sono passato dal blog di Antony Watts, dove è continuamente in atto una guerra scientifica fra i sostenitori delle dinamiche planetarie legate alla genesi ed evoluzione del ciclo solare (vedi i presenti Geoff Sharp, Roger Tattersall, Nicola Scafetta, Misha Vukcevic e altri … ) per passare al forum su Meteo Giornale, per finire sul forum di Astronomia.com in cerca, lo ripeto, di valutazioni, confronti, informazioni su questo prossimo massimo solare ?

Perchè ?

Perchè, a mio parere è importante ascoltare, scambiare, cercare informazioni “scientifiche” anche con altre piattaforme, per acquisire, non solo ulteriori dati, ma assaggiare, nel vero e proprio senso della parola, la temperatura, gli stati d’animo, dei vari appassionati nel settore e non.

Ad esempio, il Dott. Leif Svalgaad grande studioso delle dinamiche solari, in settimana, si è lasciato andare ad un’affermazione molto importante, che cela a mio parere un importante messaggio velato fra le righe.

http://wattsupwiththat.com/2012/11/0…omment-1137701

The Panel prediction of 90 was too high to begin with [as I pointed out already back then] but was a compromise [so much for science]. My own prediction stands at 72. An unknown element is the effect of the Livingston and Penn effect, which will lead to an undercount of sunspots compared to to the magnetic fields present: http://www.leif.org/research/Disappe…ible-Spots.pdf
There is no doubt that the Sun is ‘up to something’. What it is we don’t know. One may speculate that a Maunder Minimum is in the cards.

 

Il mio pensiero trova conferma anche nella parole di Aldo Meschiari, su forum di MTG. Aldo scrive :

http://forum.meteogiornale.it/showthread.php?t=68688&page=6

Se questo lo ha scritto Svalgaard allora qualcosa di grosso bolle in pentola…

Poi, ho deciso di fare un passo rischioso, visto i precedenti :

http://daltonsminima.altervista.org/?p=19158

Dopo essermi inscritto qualche mese fa su Astronomia.com, ho deciso, un paio di giorni fa, di aprire una discussione sul loro forum,  in cerca di valutazioni scientifiche,  in riferimento a questo minimo solare e alle molte ricerche scientifiche che  giorno dopo giorno sembrano evidenziare le varie ciclicità solari  (vedi ad esempio le recenti carte del Dott.Nicola Scafetta o di Ivanka Charvatova )

http://www.astronomia.com/forum/showthread.php?1323-L-inizio-del-grande-minimo-solare

Non ce sta censura, ma cosa dire, la temperatura ( non solare ) sta salendo….

🙂

Quindi, abbiamo una vera e propria ciclo-mania, come la definisce Leif :

http://wattsupwiththat.com/2012/11/06/solar-cycle-24-continues-weakly-perhaps-weakest-of-the-space-age/#comment-1141469

Ray Tomes says:
November 9, 2012 at 12:49 pm
I have found that often the modulation period is matched to other known cycles.
Clearly, cyclomania cannot be rationally discussed as it seems to be an article of faith for believers.

Vi, mi  domando quindi, se questo interesse  ( in riferimento a queste anomale dinamiche solari ) inizia a salire nel vari blog, forum, che cosa potrai mai succedere un giorno, se i lavori dei vari ricercatori passati e presenti confermeranno ancora di più la ciclicità dell’attività solare e lo stretto legame con il clima.

Però signori miei c’è anche una possibile alternativa….ossia, che resti tutto come, ad esempio….

“……….Ho sognato stanotte che il fanatici del GW dichiaravano nel 2020 che le copiose nevicate e il forte abbassamento delle temperature era dovuto alle pesanti soluzioni adottate per contrastare l’effetto serra  e che quindi…si era innescato un meccanismo opposto …aiutttooooo !!!……”

🙂

Vi saluto, buona Domenica

Michele

 

P.S.

In settimana esce un nuovo lavoro  di Riccardo,  sul prossimo inverno, non mancate !

Update : Abbiamo delle nuove conferme sulle ciclicità solari by Dott.Archibald !

http://wattsupwiththat.com/2012/11/10/is-there-is-a-planetary-influence-on-solar-activity-it-seems-so-according-to-this-new-paper/

Conclusion

This paper is a major advance in our understanding of how solar activity is modulated and in turn its effect on the earth’s climate. It can be expected that planetary torque will progress to being useful as a tool for climate prediction – for several hundred years ahead.

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Update del 12-11-2012

Nuova previsione di incremento attività sismica terrestre centrata.

Previsione scritta il 12 Settembre 2012

http://daltonsminima.altervista.org/?p=22873

Ripropongo l’animazione creata il 12 Settembre 2012 e che evidenzia l’ingresso in luna nuova e il prossimo passaggio di Mercurio.

 

La conferma in questa immagine.

Jpg che mostra il trigger lunare nei due eventi di magnitudo M5.9 in Perù e nel terremoto di magnitudo M6.8 a Myanmar.

Michele