Archivio mensile:Dicembre 2012

DALLE ARMONIE CELESTI ALLE RISONANZE PLANETARIE -1°parte-

ANNA MARIA LOMBARDI*, ALESSANDRO MANARA**
* Università di Padova, ** Osservatorio Astronomico di Brera

Sin dall’antichità sono testimoniate ricerche sui rapporti semplici che si ottengono mettendo in relazione tra loro le distanze e i moti medi dei pianeti. In questo lavoro, dopo aver presentato una breve rassegna dei modelli che dall’antichità fino a Keplero tentavano di scorgere in questa regolarità l’armonia del cosmo, prendiamo in considerazione modelli più recenti, in cui il ritrovamento di semplici frazioni è considerato utile per la comprensione del meccanismo di formazione del Sistema Solare. In particolare la nostra analisi si sofferma su un lavoro di Percival Lowell, per concludersi con una breve panoramica sulle ricerche contemporanee in questo settore.

Introduzione
La ricerca di regolarità tra i parametri dei fenomeni naturali è senz’altro una delle caratteristiche fondamentali del fare scienza dei periodi storici più diversi. Il nostro lavoro si propone di esaminare un ambito scientifico ben determinato, relativo ai tentativi di evidenziare l’esistenza di rapporti semplici tra i raggi delle orbite dei pianeti e/o tra i loro periodi. I modelli sono stati raggruppati in quattro paragrafi, rispettivamente relativi ai sistemi pre-copernicani, al significato di armonia nei modelli di Copernico e Keplero, alle ricerche di Lowell, e infine ai risultati e ai dibattiti più recenti. È stato così possibile riflettere da un lato sui comuni denominatori, dall’altro sulle differenze esistenti in contesti storici tra loro lontani, come pure sulle modalità con cui le regolarità tra i parametri vengono rintracciate, e sulle implicazioni da esse dedotte. Come prima osservazione, viene evidenziato come nel quadro precopernicano i raggi orbitali dei pianeti non erano misurati, bensì dedotti con l’ausilio di ipotesi a priori, tra cui spesso la convinzione che dovessero sussistere delle relazioni armoniche (cioè dei rapporti semplici, corrispondenti a intervalli musicali consonanti). Al contrario, in seguito la commensurabilità tra le orbite o tra i periodi dei pianeti viene ricercata a partire dalle misure sperimentali; l’abilità del ricercatore consiste allora nel far emergere le regolarità ipotizzate, ovvero nello scrivere l’effetto finale (non perfettamente regolare) come somma di più contributi, i quali individualmente presentano delle regolarità.
Anche il significato attribuito al rinvenimento di una commensurabilità nei parametri celesti muta nei diversi contesti. Se fino a Keplero una regolarità tra parametri naturali sottende una armonia progettuale divina, in seguito essa manifesta la presenza di forze ancora da individuare; effetti gravitazionali, dovuti a un pianeta ancora da scoprire; oppure conseguenze della particolare storia del nostro sistema solare.

Gli antichi
In questo paragrafo forniremo una rassegna di modelli astronomici in cui l’Armonia, intesa come concordanza musicale espressa da regolarità matematiche, è elemento chiave. A partire dalle testimonianze più antiche considereremo vari sistemi pre-copernicani, i quali privilegeranno come parametri di volta in volta le distanze dei pianeti dal centro del cosmo, piuttosto che la loro velocità angolare o le posizioni relative da essi assunte. In particolare evidenzieremo gli sforzi volti a sostituire valori dedotti da ipotesi a priori (per esempio la stessa esistenza di Armonia dei cieli) con risultati ottenuti da misure indirette.
Le prime informazioni sui valori attribuiti alle distanze dei pianeti dalla Terra risalgono al VI secolo a.C. fu Aristotele (nel IV secolo) a stendere per primo un resoconto dei modelli degli antichi, anche se le informazioni che sembrano risalire più addietro ci arrivano da Simplicio, che scrive nel II secolo d.C. e la cui testimonianza dobbiamo quindi considerare con una certa cautela. È questa la fonte che ci informa sul sistema utilizzato da Anassimandro, in cui i pianeti, non distinti dalle altre stelle, si trovano a una distanza dalla Terra che è pari a 9 volte il raggio della Terra, la Luna a 18, il Sole a 27.
È poi possibile confrontare diverse fonti a riguardo del modello costruito da Pitagora e in seguito adottato dai suoi seguaci, in quanto esso viene descritto per esempio da Plinio il vecchio, da Marziano Capella e da Censorino. I Pitagorici avrebbero cercato di ricavare le distanze dei pianeti dall’ipotesi che esse dovessero
manifestare proporzioni armoniche, ovvero proprio quei rapporti numerici semplici che si era scoperto caratterizzare gli intervalli musicali fondamentali (2:1, 3:2, 4:3). Attraverso questi rapporti essi arrivarono a individuare il rapporto che caratterizzava le due unità fondamentali per la costruzione della scala musicale, il tono e il semitono: ecco che il Sistema Solare nelle sue distanze presentava le stesse proporzioni di una scala musicale! Secondo le testimonianze dei suddetti storici, l’unità fondamentale di misura, pari a 126.000 stadi, sarebbe stata ricavata da calcoli e misure, anche se non viene rivelato come. Molti furono coloro che si richiamarono in seguito al sistema pitagorico, tra cui Teone, Achille Petavio e altri. Il primo modello che possiamo conoscere da fonte diretta è quello platonico, risalente al IV secolo a.C. per fissare le distanze dei pianeti dalla Terra, Platone considerò le prime due serie geometriche: 1, 2, 4, 8 e 1, 3, 9, 27. Ordinandole ottenne una successione di distanze (relative) per cui, se la Luna dista 1 dalla Terra, il Sole dista 2, Venere 3, Mercurio 4, Marte 8, Giove 9, Saturno 27. Platone stesso sottolinea come (escludendo il 27) si tratti degli stessi numeri che caratterizzano gli intervalli musicali consonanti.

Di pochi anni successivo è il sistema di Eudosso di Cnido, che introduce però una grossa novità: la proporzione che egli presenta tra le distanze Terra-Luna e Terra-Sole (pari a 1:9, ovvero al rapporto esistente tra un tono e la sua quinta, come osserva l’astronomo greco) viene ricavata dall’osservazione delle eclissi supportata da un ragionamento geometrico, e non presupposto a priori. La prima misurazione della distanza Terra-Luna nota risaliva ad Aristarco (II sec. a.C.); essa era una misura relativa – Luna-Terra in rapporto a Terra-Sole – e sfruttava la posizione di Luna perfettamente semipiena (era stato dedotto un rapporto di 1:19, mentre oggi sappiamo che tale rapporto è inferiore a 1:400). Eudosso riuscì a trasformare il dato relativo in assoluto, sfruttando una eclissi lunare di massima durata2. In seguito il modello di Eudosso venne mal interpretato (per esempio da Plinio) partendo dal fatto che le distanze dovevano formare un intervallo di quinta, e attribuendo quindi a loro una valore relativo di 3:2.
Sottolineiamo come fino a questo momento nei diversi modelli si trova sempre che la Luna, considerato allora come il pianeta più interno, è associato alla nota più grave (un altro esempio famoso si trova anche in Cicerone); questa interpretazione deriva dall’osservazione che corpi in moto più lento producono suoni più gravi. In seguito a questi si affiancano sistemi in cui il pianeta più interno, a una distanza minore, è associato alla nota più acuta, come se la distanza del pianeta dal centro del cosmo fosse proporzionale alla lunghezza di una ideale corda sonora, che tanto più corta produce un suono più acuto. Si tratta di un modello in cui le distanze sono poste in diretta analogia con le lunghezze delle corde di una astratta lira greca, il quale, esplicitato tra i primi da Nicomaco Neo-pitagorico, si troverà ancora nei trattati di astronomia e di teoria musicale del XVI secolo. Molto simile a questo sono i modelli in cui il Sistema Solare è messo in analogia con un monocordo; in quel caso (di cui famoso esempio è il Monocordo del Mondo presentato da Robert Fludd nel suo Utriusque Cosmi) non abbiamo un set di più corde, ma un’unica corda sulla quale i pianeti sono posizionati come ideali capotasti. L’armonia musicale viene cercata non solo utilizzando i raggi delle orbite dei pianeti, ma anche in altri parametri come per esempio in quelli tipici degli aspetti, quelle particolari posizioni reciproche degli astri che assumevano un ruolo fondamentale in astrologia. Proprio il rintracciare armonia in queste disposizioni celesti sembrava giustificare il fatto che in quelle precise posizioni gli astri influissero sull’animo e sul carattere dell’uomo: il fatto che esistano dei rapporti armonici tra gli astri spiega perché noi «risuoniamo», siamo «in risonanza» con particolari configurazioni celesti. In pratica in quel caso la nostra anima riconosce la stessa musica che poi apprezza sulla Terra quando è suonata da una voce o da uno strumento [Kassler 1982].
Per esempio Tolomeo nel II secolo d.C. studiava i rapporti tra gli angoli caratteristici dei diversi aspetti (opposizione, trigono, quartile, sestile), ricavandone quelle semplici frazioni che nella musica antica rappresentavano gli intervalli consonanti (vedi fig.1). Più sottile l’analisi di Nicola Oresme, lo studioso francese del XIV secolo. Egli rintracciava l’armonia nei lati dei poligoni tipici degli aspetti, anziché negli angoli corrispondenti. Ancora una volta si trovavano i rapporti caratteristici delle consonanze, ma questa volta i rapporti erano sotto radice quadrata (per esempio al posto di 3:2, rapporto che rappresenta una quinta, si trovava √3:2). Si trattava quindi di un’armonia «celata» da una radice, che la trasformava in un numero irrazionale. Proprio nella natura di questi numeri sembrava indicata l’inafferrabilità da parte dell’astrologia degli umani destini, così come era impossibile conoscere quei numeri in maniera esatta. A queste riflessioni egli dedicò il Tractatus de commensurabilitate vel incommensurabilitate motuum coeli.

Fig. 1 Tolomeo mostra che gli angoli sottesi nelle configurazioni da sempre prese in considerazione
dall’astrologia (opposizione, trigono etc.) danno origine a rapporti corrispondenti
agli intervalli fondamentali della musica di quei tempi (ottava, quinta e quarta). Qui
le Armonie (intervalli musicali) si trovano nei rapporti tra gli angoli. Per esempio il rapporto
tra gli angoli al centro individuati da una retta e da un triangolo equilatero danno origine
a un intervallo sesquialtero, o di quinta: 180°:120° = 3:2.

Fig. 2. Nel modello di Nicolas Oresme le Armonie (intervalli musicali) sono «celate» alla
ragione dalla radice quadrata, ragione per cui l’Astrologia non può predire completamente
il futuro dell’individuo e del Mondo. Ad esempio il rapporto conosciuto come «medietas
sesquialtera» risulta essere: AC:AD = √3:2.

Riportiamo infine il sistema tramandato da Marziano Capella, il quale – rifacendosi a fonti romane risalenti al I secolo a.C. – attribuiva una proporzione diretta tra le distanze e i periodi dei pianeti. I rapporti tra le distanze sarebbero quindi gli stessi che si osservano tra i periodi, ovvero i seguenti:

Si deve sottolineare che adottando il sistema tolemaico è impossibile dare una stima delle distanze planetarie, mentre è possibile fornire per ciascun pianeta il rapporto relativo tra epiciclo, deferente ed eccentrico.
Una stima delle dimensioni dell’Universo e della distanza dei pianeti dalla Terra veniva fatta assumendo l’ipotesi del plenum, ovvero l’idea aristotelica che non potesse esistere uno spazio vuoto. Su questa asserzione era stato costruito un modello di universo come successione di sfere materiali, ciascuna della larghezza necessaria a contenere il moto non esattamente circolare di un pianeta. Ogni sfera aveva il
bordo interno di raggio pari alla minima distanza a cui quel dato pianeta poteva essere osservato, e il bordo esterno di raggio pari alla distanza massima, il suo spessore essendo definito dal diametro dell’epiciclo. Conoscendo – dalle misure di Aristarco – il valore delle distanze dalla Terra di Sole e Luna, e i valori relativi di deferenti ed eccentrici per i diversi pianeti, era possibile ottenere la misura delle dimensioni delle sfere planetarie, nonché dare una stima del raggio dell’Universo. Questo modo di calcolare le distanze è tipico in tutto il periodo compreso fra Tolomeo e Copernico. Grazie all’introduzione del sistema Copernicano è invece possibile realmente calcolare le distanze dei vari pianeti dal Sole.

Da Copernico a Keplero: l’armonia riscoperta, l’armonia misurata

Che l’attenzione ai risvolti «armonici», musicali in senso matematico, dei modelli astronomici sia ancora viva alle soglie della Rivoluzione scientifica è testimoniato dalle parole dello stesso Copernico, che nel De Revolutionibus sostiene come un grosso successo del proprio sistema il fatto che, se si considerano i periodi dei pianeti ordinati secondo la loro distanza dal Sole, si ritrova finalmente una successione monotona: «Troviamo dunque in questa disposizione una ammirevole simmetria del mondo e un rapporto armonico preciso tra movimento e grandezza delle sfere, quale non è possibile rinvenire in altro modo». Sono così poste le basi per rintracciare quella relazione tra distanze e periodi che era stata supposta sin dall’antichità, e che sarà formalizzata in quella che è nota come Terza legge di Keplero. In effetti l’astronomo tedesco dedicò molti anni alla ricerca di un’armonia celeste, dove il termine armonia è ancora inteso in senso tecnico, e strettamente connesso alla teoria musicale: per almeno 23 anni egli provò a determinare tra quali parametri del Sistema Solare esistessero dei semplici rapporti commensurabili. Questi non sarebbero dovuti essere casuali, ma coincidenti con quelle semplici frazioni che in quegli anni rappresentavano gli intervalli consonanti, ammessi dalla teoria musicale.
Nelle sue ricerche, iniziate già dai tempi del Mysterium Cosmographicum, e quindi dalla fine del XVI secolo, tentò di rintracciare tali rapporti dapprima tra le distanze dei pianeti dalla Terra o dal Sole, poi tra i moti medi, senza peraltro riscontrare un risultato armonico preciso. Eppure, se l’armonia delle sfere doveva rispecchiare l’armonia della creazione, non era possibile accontentarsi di una semplice approssimazione: perciò la ricerca dello scienziato tedesco non si arrestò, raggiungendo una precisione assai maggiore considerando non la velocità media dei pianeti, bensì le due velocità estreme dei singoli pianeti, quelle misurate all’afelio e al perielio di ciascuno. Nella tavola (traduzione di quella realizzata dallo stesso Keplero
nell’Harmonice Mundi) è possibile osservare i rapporti rintracciati, e a fianco l’intervallo musicale a essi relativo. I valori delle velocità si riferiscono alle velocità angolari all’afelio e al perielio.

In seguito, il tentativo di rintracciare semplici frazioni, o relazioni numeriche ricorrenti, perde il carattere metafisico che apparteneva ai secoli precedenti, pur senza sminuire l’importanza di questo tipo di attività di ricerca. Lo scopo non è più quello di leggere nell’armonia l’impronta di un creatore, quanto quella di scorgere nelle regolarità dei parametri planetari la presenza di forze non ancora rivelate osservativamente. Senza la pretesa di esaminare in profondità le ricerche fatte lungo i secoli in questo ambito, citiamo come esempio significativo la legge di Titius-Bode, scoperta nel 1766 da Johann Titius e in seguito formulata matematicamente e divulgata da Johann Bode (1778). Essa fornisce per il semiasse maggiore a dell’orbita di un qualunque pianeta del Sistema Solare il valore:

a = 0.4 + 0.3 x 2n

Come noto, la legge ebbe una risonanza clamorosa nel 1781, quando William Herschel scoprì il pianeta Urano proprio alla distanza prevista dalla legge.
Non sempre la regolarità può essere espressa in maniera semplice, e lo sforzo dello scienziato è allora rivolto a svelarla, scomponendo i contributi di più effetti. Se già Keplero adottava il concetto di composizione di forze per spiegare come una azione a simmetria sferica o circolare, come immaginava essere quella del Sole, potesse dare luogo a un’orbita ellittica (egli non immaginava che la forma ellittica potesse essere una soluzione per le forze proporzionali all’inverso del quadrato della distanza), con l’adozione della meccanica di Newton quello di riuscire a districare un fenomeno apparentemente complesso nella somma di più componenti semplici e simmetriche diviene uno sforzo diffuso, che ha il suo culmine nel successo dello sviluppo di Fourier. Il sistema solare diviene una palestra in cui dimostrare la grandezza dell’edificio fondato da Newton e ogni discrepanza diviene origine non di una crisi, bensì di una nuova ipotesi. Sarà così che Adams e Leverrier, con il metodo delle perturbazioni gravitazionali, consentiranno la scoperta di Nettuno, e che sull’impulso dato dalla teoria delle risonanze di Lowell, i suoi allievi scopriranno
Plutone. In realtà gli studi intrapresi da Lowell sono ai nostri occhi particolarmente interessanti, in quanto egli non si limitò a sfruttare una ipotesi di risonanza per individuare l’eventuale presenza di nuovi pianeti, ma la utilizzò per scegliere un modello di formazione del Sistema Solare. Come vedremo più avanti, questo tipo di analisi sarà poi proprio della ricerca del XX secolo, e in questo senso si può ammirare nell’astronomo americano un pioniere di questo ambito di studi.

Fine -1° parte-

C’è solo il calendario …. della nostra VITA !

Non dimentichiamoci delle cose più semplici, questo è quel che conta !

 

 

Gennaio 2013

E’ il passaggio dal vecchio anno al nuovo….

Febbraio 2013

E’ il mese del carnevale e la gioia dei bambini.

Marzo 2013

Inizi a specchiarti in te stesso.

Aprile 2013

Sveglia ! è Aprile .. trova l’anima gemella.

Maggio 2013

Sei oramai grande e libero per le gite fuori porta, immerso nella stupenda natura


Giugno 2013

Sei uomo e puoi vivere il pianeta.

Luglio 2013

Le difficoltà lungo il percoso della vita ci sono per farti crescere.

Agosto 2013

Sei un padre e si giudizioso.

Settembre 2013

Il tempo passa, adesso a due terzi della tua vita, sei maturo e saggio.

Ottobre 2013

Sei oramai una persona anziana, ma non far spengere il bambino che è dentro di te.

Novembre 2013

Che brutto mese, ahime, la morte ti osserva.

Dicembre 2013

Non avere paura, non è la morte, ma un nuovo inizo !

 

Michele

Rubrica Sole – Novembre 2012 –

Introduzione

Siamo ormai alla soglia dei 4 anni dal minimo del dicembre 2008. Da molti mesi, precisamente da aprile, il Sole mostra un’attività non particolarmente intensa, contrassegnata dalla regolare alternanza di periodi moderatamente attivi e fasi di “stanca” con valori degli indici di riferimento da pieno minimo ed un solo picco di rilievo (ma comunque sempre molto relativo), all’inizio di Luglio, come si nota nel grafico seguente.

Da tre mesi, però, il Ciclo 24 sembra davvero essere giunto ad una svolta: per la prima volta dal minimo, la progressione del SSN (fonte SIDC) si è interrotta ed invertita; infatti il SSN ha fatto segnare per Maggio 2012 un valore inferiore rispetto a quello del mese precedente, ovvero 61,7 contro il massimo di 66,9 registrato a Febbraio 2012. Se questa tendenza non si invertirà nuovamente e nettamente, il massimo relativo raggiunto nel mese di febbraio scorso diverrà un serio candidato al massimo assoluto di questo ciclo. Condizione affinché il massimo dello scorso Febbraio sia effettivamente il massimo assoluto è che l’attività solare non manifesti una ripresa su livelli paragonabili o superiori a quelli dell’autunno 2011, prima che l’inversione magnetica dell’emisfero Sud si compia. Dopo, in base alle nostre conoscenze attuali, il massimo del ciclo potrà considerarsi avvenuto.

E’ una possibilità reale: i quattro mesi di più intensa attività fino ad ora (Settembre-Dicembre 2011) stanno scomparendo dalla media mobile che determina il SSN (smoothed sunspot number), indicatore principale dello stato del ciclo. L’attuale andamento solare non lascia presagire nuove imminenti impennate dell’attività e questo comporterebbe la conferma del declino del SSN. La prudenza è sempre e comunque d’obbligo in questi casi, anche perché la nostra stella ha tutte le potenzialità per smentire qualunque previsione: Hathaway, NASA & C. lo sanno forse meglio di chiunque altro…. Ciò indicherebbe l’avvio del declino del ciclo e dunque la conclusione della (o forse meglio di questa) fase di massimo.

Ad onor di cronaca va rimarcato che il conteggio del NIA’s risulta ancora lievemente difforme rispetto a quelli ufficiali del SIDC, in quanto il mese del massimo relativo risulterebbe essere Marzo 2012 anziché Febbraio. Bisogna comunque attendere l’uscita dei dati definitivi del NIA’s relativi agli ultimi quattro mesi, attualmente caratterizzati da valori provvisori, per avere un quadro più preciso e fare quindi paragoni più attendibili.

Comunque anche per il “nostro” conteggio la fase di crescita sembrerebbe essere terminata e la curva della media “smoothed”, con le dovute proporzioni, sembra ricalcare l’andamento di quello che per la Scienza ufficiale è e rimane l’unico conteggio valido, ovvero quello del SIDC.

Non bisogna però sottovalutare la possibilità che quello di Febbraio 2012 sia solo uno dei (due o più) massimi, più o meno come accadde per alcuni cicli deboli del passato (come il ciclo 12 o il ciclo 14) e che quindi l’attività solare possa in futuro essere caratterizzata da fasi più intense, tali da far risalire il valore del SSN e fasi di relativo riposo, dove il suddetto valore ritornerebbe a scendere verso un nuovo minimo.

Ci ripetiamo ma di certo il ciclo 24 si conferma come “fuori dagli schemi” rispetto a quelli immediatamente precedenti, checché ne dicano taluni autorevoli personaggi del mondo scientifico (ad onor del vero, ultimamente sembra che qualcuno di questi cominci a “ritrattare” le proprie dichiarazioni in merito!). Questo ciclo davvero non vuole farci annoiare, fornendoci sempre nuovi elementi per i quali sorprenderci e sui quali discutere.

Ci preme sottolineare che il “fuori dagli schemi” è sempre e comunque da intendersi in modo relativo, a causa della limitata conoscenza di cui disponiamo circa il comportamento del Sole. Questa dipende anche e soprattutto dal brevissimo intervallo di tempo (50-60 anni), rispetto alla vita del Sole (5 miliardi di anni!), durante il quale la nostra stella è stata oggetto di osservazioni e di studi, da Terra e tramite satelliti, con gli strumenti più sofisticati oggi a disposizione.

Vediamo in dettaglio cosa ci ha riservato il mese di Novembre:

Questo grafico, basato sulle medie mensili delle aree del disco solare coperte da sunspot (in rosso la smoothed) è abbastanza eloquente: l’attuale ciclo 24 per ora non riesce a tenere nemmeno il passo dei deboli cicli di fine ‘800 – primi ‘900.

In dettaglio, novembre ha fatto segnare un andamento del tutto simile a quello del mese precedente ovvero si sono avute due distinte fasi “calanti” ad inizio e fine mese mentre la fase centrale è stata caratterizzata da un nuovo, relativo, debole picco di attività. Come accennato anche in precedenti “uscite” della rubrica, sembra essere sempre più evidente che l’attività solare è sempre più contrassegnata da oscillazioni regolari con valore del solar flux compreso tra 90/100 e 140/150: una sorta di “battito” che di fatto rispecchia la realtà di un sole “a due facce”, una più attiva ed una in completo stand-by.

Tale situazione potrebbe, il condizionale è d’obbligo, essere anche la diretta conseguenza di un Sole con uno dei poli magnetici in fase di transizione, mentre l’altro “annaspa” per trovare l’energia necessaria per fare lo stesso.

Il valore medio mensile di solar flux (aggiustato), in relazione a questa “stasi dinamica” che registriamo ormai da circa 7/8 mesi, è leggermente calato rispetto al mese scorso e si è posizionato a 118,45, sempre ben lontano dal 142 di luglio e dal 150 di novembre 2011, finora massimo mensile. Il sunspot number ha registrato invece una ripresa rispetto ad Ottobre, passando da 53,3 a 61,4, pressoché identico al 61,5 di Settembre. L’andamento dei prossimi mesi, perlomeno fino a primavera inoltrata è, a nostro modesto avviso, da monitorare con molta attenzione, per verificare se vi sarà o meno una ripresa più decisa dell’attività. In caso contrario e a meno di colpi di scena clamorosi, potremmo sbilanciarci a dire che il massimo solare è, con tutta probabilità, ormai alle nostre spalle.

I valori del NIA’s di agosto (35,3) settembre (34,4), ottobre (30,5)  e novembre 2012 (36,6) sono provvisori e in attesa di validazione.

Nel grafico è ben evidente il raggiungimento del massimo a primavera e l’iniziale declino delle curve del SSN.

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Solar flux

Il solar flux testimonia in modo eloquente le difficoltà che il ciclo 24 incontra nella sua progressione.

Dal grafico risulta ancor più evidente negli ultimi mesi la netta suddivisione dell’attività solare in due distinte fasi, spinta e riposo, la prima con valori relativamente elevati di Solar Flux e Sunspot Number, la seconda con detti indici più vicini a valori da minimo che da massimo.

In termini generali, il grafico conferma la peculiarità del ciclo 24, rispetto a quelli immediatamente precedenti: è un ciclo “pigro”, con le “marce lunghe”, è l’unico degli ultimi 6 cicli (dal ciclo 19, cioè da quando si misura il solar flux) che non sia ancora riuscito a raggiungere la soglia (di picco) di 200, ampiamente superata da tutti quelli precedenti. Inoltre, si nota chiaramente la brusca frenata dopo il massimo, per ora relativo, comunque tutt’altro che eccezionale, nonché il tentativo di “ripresa” e lo stallo degli ultimi mesi.

Più in dettaglio, nell’ultimo mese il valore medio del flusso “aggiustato” (ore 20) è stato pari a 118,45 (contro 122,22 di Ottobre) mentre la “forbice” tra il valore minimo e quello massimo è rimasta compresa tra 91,1, valore più da minimo (ore 22 del 3/11) e 144,5 (ore 22 del 13/11). Nell’ultima decade (dal 21 al 30 compresi) la media è stata pari a 117,97 (valori delle ore 20), pressochè sovrapponibile alla media mensile. Si osserva quindi un’estrema variabilità di questo indice, dettata forse dall’avvenuta inversione magnetica dell’emisfero nord e che si manifesta con le oscillazioni regolari, con cadenza di circa 20/25 giorni, di cui abbiamo parlato in premessa.

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Altri diagrammi

Il cosiddetto “butterfly diagram”, per quanto ancora incompleto nella rappresentazione del ciclo 24 è eloquente: http://solarscience.msfc.nasa.gov/images/bfly.gif

Il ciclo 24 risulta paragonabile ai cicli più deboli, perlomeno dal 1880 in poi, in termini di numerosità delle macchie, in rapporto alla loro estensione (in sostanza la colorazione del grafico “a farfalla”). Risulta addirittura inferiore a tutti i cicli rappresentati, in termini di estensione delle macchie (ultimo grafico in basso).

Per quanto concerne lo stato di avanzamento dell’inversione dei poli solari (o, per meglio dire, il tentativo di inversione), l’ultimo dato disponibile (18 novembre) su http://wso.stanford.edu/Polar.html#latest evidenzia un valore “filtrato” per l’Emisfero Nord pari a +3, ovvero in lenta e progressiva crescita rispetto alla rilevazione di luglio (mese dell’inversione). Dunque il cambio di polarità dell’emisfero Nord è avvenuto. Per l’Emisfero Sud il momento dell’inversione si sta avvicinando: infatti i valori degli ultimi 4 mesi hanno fatto segnare una sensibile discesa (da +30 a +16). E’ bene precisare che tali valori sono soggetti, nel breve termine, a variazioni considerevoli, come si può osservare nei grafici proposti di seguito. Meglio quindi aspettare ancora un poco per avere maggiori e più sicuri elementi a disposizione. In ogni caso, occorreranno ancora diversi mesi prima che l’inversione si verifichi. Storicamente, negli ultimi 30 anni, le inversioni sono avvenute a distanza di pochi mesi o al massimo di poco più di un anno. Ma, come testimoniato al link precedente, in nessun caso un emisfero si era trovato così distante dall’inversione e in progressione antitetica, mentre l’altro l’aveva appena effettuata, tant’è che la media dei due emisferi, pur in progressiva diminuzione, rimane tuttora abbastanza distante dalla neutralità.

Per una più immediata comprensione dello stato di avanzamento del fenomeno, si vedano i seguenti grafici, tratti dal sito di Leif Svalgaard: http://www.leif.org/research/WSO-Polar-Fields-since-2003.png, andamento dei due emisferi dal 2003 e http://www.leif.org/research/Solar-Polar-Fields-1966-now.png, andamento complessivo dal 1966. Per ulteriori informazioni in merito, si veda anche l’articolo http://solar-b.nao.ac.jp/news/120419PressRelease/index_e.shtml.

Le ultime immagini “Stereo Behind”, segnalano una probabile prosecuzione del modesto livello di attività solare nelle prossime settimane: si nota una certa scarsità di regioni attive nella metà sinistra dell’immagine, specie nell’Emisfero Nord, anche se nell’ultimo, periodo è stato proprio quest’ultimo l’emisfero più attivo. Risulta sempre valida quindi la regola che occorre attendere ancora qualche mese per poter avere un quadro complessivo della situazione solare. Perlomeno occorre attendere l’inizio del 2013, quando secondo le previsioni NASA si raggiungerebbe il massimo del ciclo. E’ soprattutto essenziale comprendere se e quando vi sarà spazio per ulteriori massimi, prima del fisiologico declino del ciclo. L’estrema debolezza e variabilità di questo ciclo non lasciano ancora spazio ad interpretazioni univoche.

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Conclusioni

Questo ciclo è sicuramente una grande occasione per il mondo scientifico in quanto ci offre la possibilità di studiare “in diretta” situazioni che fino ad ora avevamo potuto solamente immaginare o “ricostruire” attraverso simulazioni, dati proxy e modelli matematici: molto probabilmente, e non siamo solo noi a dirlo, ci troveremo ad affrontare un periodo (forse anche relativamente “lungo”) di attività solare molto più bassa rispetto a quella a cui, in qualche modo, eravamo abituati. Ovviamente la prudenza ci impone di attendere conferme che necessiteranno, inevitabilmente, di parecchio tempo anche perché, non ci stancheremo mai di ripeterlo, il sole è assolutamente in grado di smentire in un baleno anche la previsione dei più “quotati” esperti di fama mondiale, e anche loro ne sono pienamente consapevoli. Che questo ciclo fosse lontano da quella presupposta “normalità” di cui abbiamo più volte parlato ne avevamo sentore già da prima che il profondo ultimo minimo solare terminasse, la parvenza di “normalità” dello scorso autunno, quando la progressione era parsa netta e, per la prima volta dal minimo, continua per qualche mese consecutivo aveva dato l’illusione che il ciclo 24 potesse essere solo un poco più debole di altri precedenti ma comunque “normale”. Gennaio ed in particolare Febbraio hanno fatto segnare un crollo difficilmente pronosticabile che ha di fatto minato l’ipotesi di un proseguimento “normale”, anche se contraddistinto da un debolezza di fondo. Il recente massimo di Luglio, pur inaspettato, ha avuto il carattere di episodio isolato, come quello di novembre 2011 e dunque non ha modificato il quadro complessivo. Da Agosto a Novembre abbiamo assistito a mesi interlocutori, senza “acuti”, pur con la novità del netto calo del SSN. Ciò avvalora ancor di più la possibilità che i due massimi trascorsi possano persino essere quelli assoluti del ciclo. Certo, non si può escludere ve ne sia qualche altro nei prossimi mesi o nel 2013, come indicato nelle previsioni NASA. La modesta attività degli ultimi mesi, tra i due massimi e da luglio in poi, è ben poca cosa se confrontata con quanto accadeva al Sole negli approcci al massimo dei passati cicli e non è in grado di sovvertire quanto sopra scritto. Solo in caso di una forte ripresa nei prossimi mesi si potrebbe riaprire il discorso circa la natura del ciclo 24. Attualmente sembra essere in corso una fase di  riequilibrio tra i due emisferi solari, dopo qualche mese di “spinta” più decisa da parte dell’emisfero Sud. Si tratta però di un riequilibrio al ribasso, almeno per ora. Che cosa ci riserverà il ciclo nei prossimi mesi? Un pronostico risulta comunque complicato ma, volendosi sbilanciare un tantino, la sensazione è che difficilmente riusciremo a vedere un Sole più attivo di quanto non lo sia stato nell’autunno scorso. E’ più probabile magari un relativo picco di attività dell’emisfero sud, magari coincidente con la probabile prossima inversione magnetica.

Vi lasciamo con un grafico che evidenzia l’andamento dell’attività solare in base al SSN: in blu la curva relativa al sole nel suo complesso, in rosso ed in verde lo stesso indice preso in considerazione rispettivamente per emisfero Nord e Sud; è evidente il tracollo dell’attività dell’emisfero Nord mentre il Sud, che negli ultimi mesi ha drasticamente ridotto la sua già scarsa “spinta”, sembra apparentemente entrato in una fase di stallo.

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Apuano 70 e FabioDue

La Rubrica di NIA: Previsione Inverno 2012/13 sul ciclo ENSO

NB: questo articolo è stato scritto l’8 Dicembre ma è stato deciso, purtroppo, di pubblicarlo molti giorni dopo

 

Con questo articolo della Rubrica di NIA ci accingiamo a discutere su uno scenario possibile del prossimo inverno.

 

La particolarità però di questa previsione si basa sull’avversità che io ho nei confronti degli indici teleconnettivi, i quali non servono assolutamente a niente in tutto ciò che riguarda output previsivi, ma servono più che altro a spiegare il quadro di insieme attuale e soprattutto quello passato.

Se quindi analizzare questi indici lo ritengo interessante nel guardare eventi passati risulta del tutto inutile per prevedere eventi futuri, ricordatevi che sono i modelli previsionali che prevedono gli indici e non il contrario, è un concetto che spesso non viene chiarito.

Quindi io mi limiterò a prendere l’indice oceanico ENSO, che misura la variabilità dei fenomeni opposti chiamati El Nino e La Nina, questo perché tale variabilità ha un’influenza importantissima sulle dinamiche atmosferiche della terra nei mesi successivi a tale fenomeno, specialmente per quello che riguarda la stagione invernale.

Quindi ho preso la serie di reanalisi NOAA che parte dal 1948 e ho valutato e classificato le fasi ENSO di ogni pre-inverno, precisamente dei mesi di Ottobre e Novembre, quindi classificando gli inverni successivi in base al tipo di Nino o Nina presenti nei 2 mesi precedenti.

 

Il fenomeno dell’ENSO è stato classificato in 7 diverse modalità:

Nino West Based

Nino East Based

Nino Central Based

Neutral

Nina West Based

Nina East Based

Nina Central Based

 

Ogni modalità poi è stata divisa in Debole (che comprende anche la classificazione “Media”) o Forte

La fase di ciclo ENSO che abbiamo visto negli ultimi 2 mesi è classificabile neutra.

Questo comporta una incredibile difficoltà per tutti i previsori perché un’eventuale spostamento dalla fase neutra nel corso del mese di Dicembre potrebbe cambiare radicalmente le sorti invernali per i mesi di Gennaio ma soprattutto il periodo Febbraio-Marzo

Con questo è quindi chiaro che una previsione basata esclusivamente su questo fenomeno rischia di risultare quasi del tutto nulla se tale condizione dovesse mutare.

Questi sono gli anni che hanno visto un ENSO neutro

1952

1958

1959

1961

1978

1980

1981

1993

 

Non siamo in grado di fare considerazioni su diverse modalità con le quali la neutralità dell’indice si sia dimostrata e per semplicità di analisi mi sono limitato a considerare tutti gli anni complessivamente.

Anomalie di Geopotenziali per il Trimestre invernale

 

 

Eventuali commenti a questa carta sono decisamente superflui, è chiaro che la tendenza vede un centro-Europa dominato da condizioni di bassi geopotenziali con una disposizione però più favorevole alle zone oltr’alpe, con asse maggiore su Francia e UK

Anche se l’ampiezza di un’eventuale anomalia del genere non esclude nulla.

Anomalia delle Temperature al suolo

 

 

La tendenza è chiara, sarà il nord-Europa a subire le anomalie più importanti, con la Scandinavia in una condizione di Inverno molto freddo

In queste anomalie il mediterraneo viene visto con valori neutri, se non leggermente positivi sui balcani, credo che probabilmente alla fine potrebbe risultare una situazione simile, ma con anomalie tendenti al leggero sotto-media.

Anomalia delle Temperature in quota

 

 

Lo scenario delle anomalie in quota è molto simile a quello che io ritengo più probabile come scenario delle anomalie al suolo.

Possiamo quindi concludere l’articolo dicendo che l’asse più probabile nel corso dell’inverno sarà quello che vedrà anomalie bariche negative nel centro dell’Europa dove quindi il grosso del freddo sarà portato in zone al nord delle alpi, specialmente in area Scandinava.

Sul mediterraneo l’inverno avrà temperature nella norma, ma presenterà situazioni favorevoli agli ingressi perturbati, quindi piovoso ed anche nevoso, ma difficilmente potrà esserlo nelle zone del sud-italia dato che il freddo farà più fatica a raggiungerle.

 

FBO

 

Commovente calo d’attività del Sole!

Ebbene si, siamo arrivati a metà dicembre e sono i dati a parlare più di ogni qualsivoglia parola!

Al 14/12/2012 il resoconto del SN del Sidc si ferma a 15.9, per trovare un parziale di metà mese più basso bisogna scomodare il febbraio 2012 quando come ricorderete benissimo il sole chiuse il mese cn un valore di SN di 32.9!

Per quanto concerne il valore del solar flux, anch’esso è davvero bassissimo, al 14/12 esso si ferma a 100.07!!!

Quasi sicuramente quindi il valore finale di dicembre dovrebbe attestarsi davanti solo a quello di febbraio 2012, notevole se pensate che siamo, anzi dovremmo essere, nel pieno del massimo solare!

Così si presenta lo Stereo Behind:

Non vi sono più parole…con il valore di dicembre quindi, il SSN dovrebbe ancora scendere, e sarebbe il quarto mese di fila:

http://daltonsminima.altervista.org/?page_id=3523

molto difficile  quindi che il ciclo 24 possa riprendersi a tal punto da registrare un secondo massimo, febbraio 2012 col suo valore di 66.9 a sto punto rischia davvero di essere il mese del massimo solare…e che fanno Noaa e compagnia cantante invece di ammettere che ormai è palese che non vi sarà alcun massimo nel 2013?

Semplice, tacciono, ormai le figure non si contano più, ma NIA ci aveva sempre visto giusto!

Simon