Archivi giornalieri: 23 Gennaio 2013

Era il 1977 e John A.Eddy scriveva, il caso delle macchie solari scomparse – 2°Parte –

Svariate testimonianze dimostrano che, tra il 1645 e il 1715, l’attività solare subì un drastico rallentamento: probabilmente quello non fu un episodio isolato

 

 – Articolo ripreso dalla rivista “Le scienze” n°109 del Settembre 1977 su segnalazione del nostro Zambo-

La prima parte è disponibile al seguente link : http://daltonsminima.altervista.org/?p=22855

Ma possiamo fidarci degli antichi osservatori ? Fine a che punto erano efficienti i loro telescopi? Con quanta attenzione cercarono le macchie solari? Il XVII secolo appartiene a un passato molto lontano: era l’età di Luigi XIV, e la gente vestiva strani abiti e scriveva con stile pesante ed elaborato. Contemporaneamente però, Cassini scopri la separazione principale tra gli anelli di Saturno e si trovò che Saturno aveva almeno cinque satelliti. Il minimo di Maunder ebbe inizio 35 anni dopo che Galileo costruì il suo primo piccolo telescopio. In quegli anni sia l’ottica che l’astronomia ebbero un grande sviluppo. Il XVII secolo fu l’epoca dei telescopi sospesi che avevano fino a 60 metri di lunghezza focale. Fu l’epoca del primo telescopio riflettore di Newton e di molte altre innovazioni. Gli astronomi osservavano e contavano le macchie sul Sole più o meno come si fa oggi, e i loro strumenti erano poco diversi da quelli che furono usati per lo stesso scopo nei due secoli successivi. I loro schizzi di macchie solari, conservati nelle annotazioni e nei libri, sono dettagliati quasi quanto quelli degli osservatori del 1977. Sono convinto che gli astronomi del tempo di Luigi XIV possedevano strumenti e abilità sufficienti per vedere tutte le macchie solari, tranne le più piccole – sempre che ci siano state macchie solari da vedere. Credo che quegli osservatori non furono meno bravi di noi, che molto probabilmente ebbero uguale iniziativa e interesse professionale e forse avevano più tempo per stare al telescopio. Tennero il Sole sotto costante osservazione? Oppure Maunder scambio l’assenza di prove per una prova di assenza? Due fatti mi suggeriscono che non c’è problema di assenza di prove. La mancanza di macchie solari fu notata più volte in quel periodo, e se si accetta che gli osservatori del XVII secolo ragionassero come noi, penso che dovettero scrutare il Sole con particolare attenzione per cercare nuove macchie e verificare se quella scarsità, che già allora sembrava strana, era reale o no. Inoltre, gli articoli nelle riviste dell’epoca mostrano che la scoperta di una nuova macchia solare era ragione sufficiente per la stesura di una pubblicazione. Oggi invece, anche nei periodi di minimo si possono vedere tante macchie che se si scrivesse un articolo per ogni macchia, nessuna rivista potrebbe pubblicarli tutti.

Il ciclo delle macchie solari non è regalato ne in frequenza ne in ampiezza, come si può vedere in questo grafico del numero delle macchie solari per anno, che ci indica quante macchie furono visibili sulla superficie del Sole fra il 1610 e il 1976. L'intervallo di tempo tra due massimi del ciclo delle macchie solari non è sempre di 11 anni; è stato anche di soli otto anni o si è esteso fino a 17. Inoltre, alcuni massimi, come quello del 1959, sono molto più pronunciati di altri, per esempio di quelli dell'inizio del XIX secolo. L'autore suole chiamare il periodo dal 1645 al 1715 minimo di Maunder, dal nome del fisico britannico E. Walter Maunder, che per primo ipotizzò che tale periodo potesse avere influito sulle condizioni terrestri. I dati sulle macchie solari osservate prima del 1650 sono approssimativi. Il primo picco attorno al 1612 è stato dedotto da Galileo; il secondo da quelle di Christoph Scheiner, registrato nel suo libro Rosa Ursina; il terzo da quelle di Hevelius.

E’ possibile che le condizioni atmosferiche abbiano ostacolato le osservazioni ? E’ possibile che l’Europa abbia avuto per 70 anni un numero così insolitamente grande di giorni di cielo coperto, da tenere gli astronomi lontani dai loro telescopi? Fu in effetti un periodo insolitamente freddo per l’Europa, ma non fu un periodo di cielo totalmente coperto. Se così fosse stato, avremmo trovato sulle riviste le lamentele degli astronomi, che non hanno mai avuto la fama di essere pazienti ne silenziosi. [inoltre, nel XVII secolo l’astronomia notturna fu attiva ed efficiente: si avvistarono comete regolarmente e i progressi che furono fatti allora nella conoscenza dei pianeti richiesero non solo cieli liberi, ma anche atmosfera non turbolenta. Resoconti storici sulle aurore boreali – le <<luci del nord>> – lasciano ancor meno spazio per i dubbi sulla realtà del minimo di Maunder. L’apparizione di fenomeni d’aurora e connessa al livello di attività solare. Al di sotto del Circolo Polare Artico il numero di notti in cui si vedono aurore boreali e ben correlato col numero di macchie sul Sole. In generale la frequenza di osservazione delle aurore boreali dipende anche dalla distanza dell’osservatore dai poli magnetici terrestri. Le aurore boreali sono più frequenti alle latitudini più elevate e sono rare all’equatore, infatti a basse latitudini la geometria delle linee di forza del campo magnetico terrestre scherma l’atmosfera dalle particelle emesse dal Sole che causano le aurore boreali. In 70 anni di normale attività solare e possibile osservare almeno 500, ma forse anche 1000, aurore boreali nelle regioni europee densamente popolate. Ma ben poche aurore boreali furono viste in Europa tra il 1645 e il 1715. Perfino in Scandinavia, dove oggi è possibile vedere aurore boreali quasi ogni notte, se ne osservarono così poche da essere ritenute fenomeni eccezionali e portentosi. Durante il minimo di Maunder ci fu un periodo di 37 anni in cui non fu registrata neppure un’aurora boreale su tutta la Terra. Quando finalmente se ne vide una in Inghilterra nel marzo del 1716, alla fine del minimo di Maunder, l’astronomo Edmund Halley, che era allora Astronomo Reale, si senti in dovere di scrivere un articolo per cercare di spiegare il fenomeno. Egli confessò di non avere mai visto aurore boreali in precedenza, nonostante che avesse gia 60 anni e avesse sempre cercato di osservarne una: Halley non sapeva di essere vissuto a cavallo della maggior parte del minimo di Maunder.

Il minimo di 70 anni delle macchie solari e particolarmente evidente se si mette in grafica anno per anno il numero di aurore boreali storicamente registrate. Maunder avrebbe trovato validi motivi per scrivere i suoi articoli semplicemente guardando quel grafico. Nei conteggi di aurore boreali storicamente noti, c’è però un altro fatto che richiede spiegazioni. Nei tempi antichi fu registrato un numero di aurore boreali molto piccolo rispetta ai valori odierni, Come mai se ne videro cosi poche anche prima del 1645 ? I resoconti mostrano che il numero di aurore boreali registrate comincia a crescere rapidamente verso il 1550, è interrotto dal minimo di Maunder, e poi ha un incremento di un fattore pari a circa 20 dopo il 1716. Fino a che punto il rapido aumento nel numero di aurore boreali registrate dopo il 1550 può essere stato prodotto da ragioni sociali, cioè essere una conseguenza dell’interesse per l’astronomia nel Rinascimento, oppure, in un secondo tempo, dell’articolo di Halley? Ho il sospetto che gran parte dell’aumento del numero di aurore boreali registrate dopo le epoche medievali sia stato prodotto da ragioni sociali. Altri fatti mi fanno pensare però che almeno una parte di esso sia un effetto fisico prodotto da cambiamenti reali del Sole. Ci sono indizi che suggeriscono che in tempi antichi ci furono altri periodi prolungati simili al minima di Maunder. Essi appaiono chiaramente in antiche registrazioni di aurore boreali e di macchie solari osservate a occhio nudo. Sono così giunto a pensare che la frequenza odierna di macchie solari e di aurore boreali è probabilmente insolito, se confrontato con i valori medi ottenuti facendo la media su tempi molto lunghi, e che l’attività del Sole e aumentata continuamente dopo il XVII secolo, fine a raggiungere un livello molto elevato – un livello forse mai raggiunto in questo millennio.

Resoconti sull’osservazione di macchie solari senza l’aiuto di un telescopio forniscono un controllo sull’attendibilità dei dati sulle aurore boreali e sulla realtà del minimo di Maunder. Si ha notizia di osservazioni di macchie sul Sole almeno fin dal quinto secolo avanti Cristo e dopo allora furono registrate con regolarità soddisfacente, soprattutto in Oriente. E’ facile osservare a occhio nudo macchie di grandi dimensioni o gruppi di macchie all’alba o al tramonto, oppure quando il Sole è fortemente oscurato e colorato di fumo. Nel 1933 l’astronomo giapponese Siguru Kanda compilò una lista di osservazioni di macchie solari fatte a occhi nudo in Giappone, Cina e Corea. Egli trovò che nell’era cristiana sono state viste in media da cinque a 10 macchie per secolo, comprendendo pochi periodi in cui si vedevano macchie con maggiore frequenza e vari altri in cui non si vedeva nessuna macchia. Uno di questi periodi di assenza di macchie si estende dal 1584 al 1770, comprendendo pertanto il minimo di Maunder. Questa prova non è conclusiva, e ci sono ragioni di carattere sociale che potrebbero render conto dei periodi privi di macchie, soprattutto se si tiene canto che il numero di osservazioni è cosi basso.

Sarei propenso a dimenticare i periodi senza macchie solari registrati in Oriente trattandoli come semplici coincidenze, se non fosse per il fatto che le osservazioni delle macchie solari a occhio nudo concordano molto bene con la frequenza delle aurora boreali osservate in Europa in più di 2000 anni.

 

– Fine seconda parte –

Michele