Archivio mensile:Maggio 2014

Rubrica Sole Aprile 2014

 

Immagine copertina

Introduzione e riepilogo

Durante la sua progressione verso il massimo solare, il ciclo 24 ha da subito manifestato un’intensità notevolmente inferiore a quella che gli esperti avevano pronosticato al termine del ciclo 23: http://science.nasa.gov/science-news/science-at-nasa/2006/21dec_cycle24/ .   Fino alla fine del mese di Settembre 2013, vista l’evoluzione degli ultimi due anni, dopo il picco dell’autunno 2011, sembrava in verità molto improbabile che questo ciclo potesse prendere un diverso andamento rispetto a quello fatto vedere fino a quel momento. In definitiva il Sole era in una fase di “stallo”. Pur con naturali oscillazioni in alto ed in basso dei vari indici di attività, nel periodo in questione il solar flux (il miglior indicatore dell’attività solare finora noto) non aveva mostrato in media alcun trend particolare, né crescente né decrescente. Lo si nota chiaramente dalla prima immagine successiva.

L’attuale fase di forte spinta ha poi condotto il ciclo al suo secondo massimo che in realtà si è rivelato essere anche il nuovo massimo assoluto di questo ciclo 24, superiore a quello dell’autunno 2011. Le influenze planetarie hanno avuto un peso non indifferente nelle dinamiche di questa ripresa dell’attività solare, come a suo tempo debitamente descritto in un articolo del nostro Michele. Resta però da capire quanto tale fase durerà e quando e come inizierà la fase di declino post-massimo.

In sintesi, il mese di Aprile appena trascorso, è stato caratterizzato da un ulteriore leggero calo, dopo quello di Marzo, dei valori degl’indici di riferimento come il solar flux, ed il Sunspot Number, rispetto ai massimi fatti registrare a Febbraio. Ribadiamo che si tratta comunque di valori bassi se paragonati ad uno qualsiasi dei massimi solari dei cicli compresi tra il 19 ed il 23, anche perché le macchie non sono state né particolarmente numerose, né molto estese ed attive: anche ad Aprile, come nei tre mesi precedenti, si è verificato un solo flare di classe X ( quindi 4 in totale in tutto il 2014).

Questa fiammata dell’attività può essere messa in relazione al secondo picco di attività pronosticato anche dalla NASA http://science.nasa.gov/science-news/science-at-nasa/2013/01mar_twinpeaks/.

Abbiamo ampiamente superato il traguardo dei 5 anni (64 mesi) dal minimo del dicembre 2008 e dobbiamo comunque constatare che, fatti salvi brevi periodi di più intensa attività,

  • il solar flux ha raggiunto solo di recente e per pochi giorni quota 200, come valore di picco giornaliero ma non come media mensile; tale soglia fu ampiamente superata più volte dai cinque cicli precedenti, come valore giornaliero ma spesso anche in termini di media mensile;
  • anche il sunspot number risulta decisamente inferiore e analogo a quello dei cicli di fine Ottocento-inizio Novecento; ricordiamo però che i calcoli attuali sono molto rigorosi e tengono conto anche della macchia più piccola. Pertanto i valori del passato sono molto probabilmente sottostimati: perlomeno del 5% per i cicli di fine Ottocento/inizio Novecento, fino al 20% ed oltre in precedenza (ad esempio durante il Minimo di Dalton).

Il grafico seguente evidenzia come il ciclo sia stato sostanzialmente “piatto”, senza trend, fino a settembre 2013, per poi mostrare una netta accelerazione, fino al picco appena verificatosi.  Risulta evidente anche il temporaneo superamento del “muro” dei 200:

Solen Info

 Il sunspot number

Il nuovo massimo assoluto del ciclo 24 è 75,01 (ottobre 2013) ed ha ampiamente superato il primo massimo registrato a Febbraio 2012 e pari a 66,9. Tra i due massimi la progressione del SSN (Smoothed Sunspot Number, media mobile su 13 mesi; fonte SIDC) si è interrotta ed invertita. Il comportamento del ciclo 24, con due massimi di cui il secondo assoluto, finora assomiglia a qualcuno dei cicli tra fine ‘800 ed inizio ‘900, nonché al ciclo 5 del Minimo di Dalton.

Anche per il NIA’s ottobre 2013 ha fatto segnare il nuovo massimo provvisorio di questo ciclo (40,56) riallineandosi ai dati ufficiali del sunspot number SIDC. Restano da verificare ancora alcuni dati che al momento sono solo provvisori e pertanto vi potrebbe essere qualche leggera variazione nel conteggio. La curva della media “smoothed” di questo indice, con le dovute proporzioni, ricalca l’andamento di quello che per la Scienza ufficiale è e rimane l’unico conteggio valido, ovvero quello del SIDC.

Vediamo in dettaglio cosa ci ha riservato questo Aprile 2014:

Smoothed sunspot area

 Questo grafico, basato sulle medie mensili delle aree del disco solare coperte da sunspot (in rosso la smoothed) è abbastanza eloquente: l’attuale ciclo 24 per ora riesce a stento a tenere il passo dei deboli cicli di fine ‘800 – primi ‘900.

In dettaglio, Aprile ha confermato il discreto livello di attività che ha caratterizzato l’ultimo semestre, pur facendo segnare una ulteriore lieve flessione rispetto al precedente mese di Marzo che ha fatto tornare il sunspot number sotto quota 90: 84,7 rispetto ai 102,8 del massimo assoluto. Come evidenziato dal grafico sottostante, l’attuale decisa seconda impennata di attività certifica che ci troviamo nel massimo del ciclo, con tutta probabilità, in una fase anche abbastanza avanzata.

SN Nia e Sidc

Il valore del NIA’s di Ottobre (49,4), Novembre (42,8) 2013 e dei mesi di Marzo (46,1) e Aprile 2014 (42,4) sono provvisori/stimati ed al momento in attesa di validazione mentre sono già definitivi il dato di Dicembre 2013 (58,4), di Gennaio 2014 (51,6) e di Febbraio 2014 che con 67,3 ha stabilito il massimo relativo (provvisorio?) di questo indice.

Nel grafico è ben evidente il raggiungimento del primo e provvisorio massimo a primavera 2012, l’iniziale declino delle curve del SSN ed il seguente sostanziale stallo nonchè l’ultima nuova e più decisa tendenza al rialzo dell’indice in oggetto che stabilisce nuovi massimi assoluti.

 

Solar flux

Anche il Solar Flux ad Aprile ha fatto registrare un nuovo lieve calo rispetto a quello di Marzo e di Febbraio, che attualmente detiene il record relativo del ciclo. Nel corso del mese il solar flux è sceso a fatica sotto la soglia di 120 e comunque si è mantenuto piuttosto costantemente su valori oscillanti tra 130 e 160 per gran parte del mese con un solo breve picco nella settimana centrale.

Per quanto appena detto il solar flux mensile aggiustato ha fatto segnare un valore pari a 144,92.

Il solar flux testimonia in modo eloquente le difficoltà che il ciclo 24 ha incontrato nella sua progressione. Dal grafico seguente risulta ancor più evidente la netta suddivisione dell’attività solare in due distinte fasi, spinta e riposo, la prima con valori relativamente elevati, la seconda con detti indici più vicini a valori da minimo che da massimo.

Confronto Solar Flux

In termini generali, il grafico conferma la peculiarità del ciclo 24, rispetto a quelli immediatamente precedenti: il ciclo 24 ha proceduto “a scatti”, tra loro ben intervallati. Le pause si sono manifestate dall’inizio del 2009 all’inizio del 2011, poi ancora dall’autunno del 2011 fino all’autunno del 2013 (quando si è osservato addirittura un certo declino). Come già rimarcato, rimane da valutare la consistenza e la durata dell’attuale nuovo massimo.

Più in dettaglio, nell’ultimo mese il valore medio del flusso “aggiustato” (ore 20) è stato pari a 144,92 (contro 148,97di Marzo) mentre la “forbice” tra il valore minimo e quello massimo è rimasta compresa tra 119,1 (ore 17 del 27/04) e 191,2 (ore 23 del 17/04) mentre la media dell’ultima decade, dal 21 al 30 compresi, in concomitanza con il periodo di attività meno intensa, è risultata pari a 131,38 (valori ore 20).

 

Altri diagrammi: butterfly e inversione magnetica

Il cosiddetto “butterfly diagram”, per quanto ancora incompleto nella rappresentazione del ciclo 24, è eloquente: http://solarscience.msfc.nasa.gov/images/bfly.gif

Butterfly

Il ciclo 24 risulta paragonabile ai cicli più deboli, perlomeno dal 1880 in poi, in termini di numerosità delle macchie, in rapporto alla loro estensione (in sostanza la colorazione del grafico “a farfalla”). Risulta addirittura inferiore a tutti i cicli rappresentati, in termini di estensione delle macchie (grafico in basso).

 Per quanto concerne lo stato di avanzamento dell’inversione dei poli solari, nel corso delle precedenti uscite della rubrica avevamo messo in guardia dal considerare ormai conclusa l’inversione dei poli magnetici: l’ultimo dato disponibile (12 Aprile) su http://wso.stanford.edu/Polar.html,  ha ulteriormente confermato le evidenti difficoltà di questo ciclo a livello magnetico e mette in risalto un valore “filtrato” per l’Emisfero Nord pari a -2. Quindi questo emisfero sembra aver fatto marcia indietro rispetto all’inversione avvenuta a giugno 2012! Non ci sono precedenti storici documentati di inversione di un polo meno di due anni dopo l’inversione precedente. L’Emisfero Sud, dopo il cambio di polarità avvenuto tra luglio ed agosto 2013 ed una prima decisa progressione, fa segnare un valore di -14, ovvero in graduale progressione dopo il cambio di polarità, anche se in modo meno marcato rispetto a quanto documentato in precedenza. Il comportamento dei due emisferi si ripercuote su quello della media filtrata, la cui crescita segna una battuta di arresto, dopo un anno di continua crescita: il valore medio, dopo essere salito fino a +8 è tornato a scendere e al momento fa segnare un +6.

Risulta al momento difficile dare un’interpretazione compiuta di quanto stia accadendo ai poli solari ed è ancora più difficile prevederne le conseguenze, sia per quanto concerne il ciclo in corso, sia in relazione al prossimo ciclo 25. Si attende conferma definitiva circa l’avvenuta inversione del Polo Nord. Inoltre è importante verificare se questo nuovo assetto monopolare durerà, oppure se si verificherà a breve una ulteriore inversione.

Può essere utile anche visionare il seguente grafico relativo all’andamento dall’inizio del ciclo 24 fino ad ora:

Mfield aggiornato ciclo 24

 In dettaglio, l’andamento degli ultimi 27 mesi dove è più evidente lo stallo e la tendenza al calo dei valori dell’emisfero nord:

 Dettaglio aggiornamento WSO

 Per una più immediata comprensione dello stato di avanzamento del fenomeno, si vedano inoltre i seguenti grafici, tratti dal sito di Leif Svalgaard: http://www.leif.org/research/WSO-Polar-Fields-since-2003.png,

 WSO polar fields

  andamento dei due emisferi dal 2003 e http://www.leif.org/research/Solar-Polar-Fields-1966-now.png,

N - S polar fields

andamento complessivo dal 1966. Per ulteriori informazioni in merito, si veda anche l’articolo http://solar-b.nao.ac.jp/news/120419PressRelease/index_e.shtml.

Le ultime immagini “Stereo Behind” al momento mostrano un “treno” pressoché ininterrotto di regioni attive, ma soprattutto nell’emisfero meridionale, anche se le macchie attualmente visibili non sono vaste ed attive come nei mesi precedenti. Si notano comunque diverse macchie mediamente coalescenti e di una certa dimensione, se paragonate a quelle che le hanno precedute negli anni scorsi. Un po’ a sorpresa, di recente l’Emisfero Nord sta fornendo un maggiore contributo all’attività solare, mentre quello Sud appare meno attivo. Quanto rilevato finora lascia pensare, come atteso, che il ciclo possa durare più dei “canonici” 11 anni: ad esempio David Archibald sostiene, in base ad uno studio delle emissioni coronali, che il ciclo 24 possa durare addirittura il 40% in più dei soliti 11 anni, cioè ben 17 anni, insomma fino al 2025!

Per i dettagli, si veda l’articolo al link seguente : http://wattsupwiththat.com/2013/03/05/how-long-to-the-2425-solar-minimum/

Intanto, la previsione NASA http://solarscience.msfc.nasa.gov/images/ssn_predict_l.gif ci dice che il massimo starebbe per terminare. Dunque, se corretta, i primi chiari segnali di declino dovrebbero verificarsi nel corso del 2014.

Sunspot number per emisfero e conclusioni

Questo ciclo 24 è sicuramente una grande occasione per il mondo scientifico in quanto ci offre la possibilità di studiare “in diretta” situazioni che fino ad ora avevamo potuto solamente immaginare o “ricostruire” attraverso simulazioni, dati proxy e modelli matematici: molto probabilmente, e non siamo solo noi a dirlo, ci troveremo ad affrontare un periodo (forse anche relativamente “lungo”) di attività solare molto più bassa rispetto a quella a cui, in qualche modo, eravamo abituati.

Che questo ciclo fosse lontano da quella presupposta “normalità” di cui abbiamo più volte parlato ne avevamo sentore già da prima che il profondo ultimo minimo solare terminasse. La progressione dell’autunno 2011 aveva dato una parvenza di “normalità”. Gennaio 2012 ed in particolare Febbraio hanno fatto segnare un crollo che ha confermato la debolezza del ciclo. Il più recenti picchi isolati di Luglio 2012 e di Gennaio e Aprile/Maggio 2013, pur inaspettati, non hanno modificato il quadro complessivo. Da Agosto a Novembre abbiamo assistito a mesi senza “acuti” e con il netto calo del SSN. Infine, l’intensa attività degli ultimi 6 mesi ha restituito una temporanea vitalità ad un ciclo che sembrava destinato ad un lungo inesorabile declino. L’emisfero Nord, dopo la (prima!) inversione di polarità , sta mostrando come previsto un fisiologico calo (il massimo fu raggiunto a settembre 2011, con un SSN emisferico di 41,29). Invece l’emisfero Sud, dopo un periodo di sostanziale stabilità ha ripreso la sua rampa di ascesa verso un nuovo massimo relativo, “sorpassando”, per effetto degli ultimi mesi di maggiore attività, il livello di attività dell’emisfero nord: attualmente abbiamo un nuovo massimo provvisorio con un valore pari a 51,23, tendente ad aumentare ancora. Anche in questo caso però, stante l’inversione di polarità già avvenuta, ci si attende presto un declino di attività.

 SC24 progres

Che cosa ci riserverà il ciclo nei prossimi mesi? Dopo il secondo massimo, è ragionevole attendersi i primi chiari segnali di declino.

Vi lasciamo con un grafico che evidenzia l’andamento dell’attività solare in base al SSN: in blu la curva relativa al sole nel suo complesso, in rosso ed in verde lo stesso indice preso in considerazione rispettivamente per emisfero Nord e Sud. Si nota chiaramente il declino dell’emisfero Nord e la sostanziale prepotente crescita di quello Sud dopo la lunga stasi seguita all’ascesa iniziale.

SSN tot +N+S

 Restate sintonizzati per i prossimi aggiornamenti!

 Apuano 70 e FabioDue

Il riscaldamento globale, non è uniforme in tutto il mondo: Alcune aree si sono recentemente raffreddate

Fei Ji, Zhaohua Wu, Jianping Huang, Eric P. Chassignet
Data: 4 maggio 2014
Fonte: Universita dello stato della Florida
Nature Climate Change
doi: 10.1038/nclimate2223

 

Sommario:

Una nuova ricerca, ci fornisce, il primo sguardo dettagliato, a livello mondiale, sulle tendenze al riscaldamento della superficie terrestre, nel corso degli ultimi 100 anni. Illustrando, con precisione, quando e dove, nelle diverse aree del mondo, ha avuto inzio il riscaldamento o il raffreddamento. La ricerca indica, che il mondo, sta davvero diventando più caldo, ma i documenti storici dimostrano che non è successo ovunque alla stessa velocità.

Queste nuove informazioni hanno colto di sorpresa gli scienziati. “Il riscaldamento globale non era così inteso come pensavamo”, ha detto Zhaohua Wu, un assistente professore di meteorologia a FSU.

Wu, ha guidato un team di ricercatori del clima, tra cui Fei Ji, uno studente di dottorato, in visita al Centro di FSU per gli studi di stima oceanici-atmosferici (COAPS); Eric Chassignet, direttore del COAPS; e Jianping Huang, decano del collegio di scienze dell’atmosfera, presso l’univerista di Lanzhou in Cina. Il gruppo, utilizzando un metodo di analisi, recentemente sviluppato da Wu e dai suoi colleghi, ha esaminato le tendenze della temperatura superficiale, dal 1900 in poi, per l’intero globo, meno l’antartide.

Evolution of the zonally averaged trend of surface air temperature

Il lavoro precedente, sul riscaldamento globale, da parte degli scienziati, non ha potuto fornire le informazioni del riscaldamento non uniforme nello spazio e nel tempo a causa di limitazioni precedenti, nei metodi di analisi, nella ricerca sul clima.

Il team di ricerca, ha scoperto, che un riscaldamento evidente, è iniziato attorno alle regioni che circondano l’artico e nelle regioni subtropicali, in entrambi gli emisferi. Ma l’accumolo di riscaldamento più grande, registrato fino ad oggi, è in realtà, alle medie latitudini settentrionali. Hanno anche scoperto, che in alcune aree del mondo, si è effettivamente verificato un raffreddamento.

Montagna di Fitz roy, Patagonia, Argentina. Tra circa il 1910 e il 1980, mentre il resto del mondo era in fase di riscaldamento, alcune zone a sud dell’equatore – vicino alle Ande – si sono effettivamente raffreddate.

“Il riscaldamento globale non è uniforme”, ha detto Chassignet. “Abbiamo aree che si sono raffreddate e aree che si sono riscaldate”.

Ad esempio, tra il 1910-1980, mentre il resto del mondo era in fase di riscaldamento, alcune zone a sud dell’equatore – a ridosso delle Ande – si sono effettivamente raffreddate, e quindi, non abbiamo avuto, alcun cambiamento, fino a metà degli anni novanta. Altre aree, vicino e a sud dell’equatore non hanno visto significativi cambiamenti, paragonabili a tutto il resto del mondo.

Il lavoro del gruppo, è disponibile, nell’edizione del 4 maggio, della rivista Nature Climate Change.

Il quadro dettagliato di quando e dove il mondo si è riscaldato o raffreddato fornirà un contesto più ampio, nella ricerca sul riscaldamento globale complessivo, ha detto Wu.

Fonte : http://www.sciencedaily.com/releases/2014/05/140504133207.htm

 

Michele

Verso una possibile transizione geomagnetica ?

 

A. De Santis1,2, E. Qamili1, and L.Wu3,4

1Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione Roma 2, Roma, Italy

2Università “G. D’Annunzio”, Campus Universitario, Chieti, Italy

3Northeastern University, Shenyang, China

4China University of Mining and Technology, Xuzhou, China

 

Nat. Hazards Earth Syst. Sci., 13, 3395–3403, 2013

www.nat-hazards-earth-syst-sci.net/13/3395/2013/

doi:10.5194/nhess-13-3395-2013

© Author(s) 2013. CC Attribution 3.0 License.

doi:10.5194/nhess-13-3395-2013, 2013

 

Abstract

 

Il campo geomagnetico è soggetto a possibili inversioni o escursioni di polarità durante la sua evoluzione temporale. Considerato che :

(a) Negli ultimi 83 milioni di anni il tempo medio tipico tra una inversione e la successiva (il cosiddetto chron ) è di circa 400 000 anni

(b) L’ultima inversione si è verificata circa 780 000 anni fa

(c) Più escursioni (o variazioni rapide in polarità ) possono avvenire all’interno della stesso Chron

(d) Il dipolo geomagnetico sta diminuendo.

Una possibile ed imminente inversione geomagnetica o escursione non sarebbe del tutto inaspettata. In tal caso, tale fenomeno rappresenterebbe uno dei pochissimi pericoli naturali a carattere globale. L’anomalia del Sud Atlantico (SAA) è un grande ed intensa depressione superficiale del campo magnetico terrestre terrestre, causata da un flusso magnetico inverso del nucleo terrestre esterno. In analogia, con i fenomeni dei punti critici, caratterizzati da una certa quantità cumulativa, ci collochiamo nella misura della superficie di questa anomalia, nel corso degli ultimi 400 anni, con una legge di potenza o funzione  logaritmica in tempo inverso, decorate anche da logaritmiche oscillazioni periodiche, la cui singolarità finale (un punto critico tc) rivela un grande cambiamento nel prossimo futuro (2034 ± 3 anni), quando l’area SAA raggiungerà pressochè un emisfero. Un interessante aspetto che è stato trovato di recente è la possibile diretta del collegamento tra la SAA ed il livello medio globale del mare (GSL). Che il GSL è in qualche modo collegato con SAA è confermato anche da risultati simili, ottenuti con una analisi analoga critica di fit, eseguita su il GSL: il corrispondente punto critico (2033 ± 11 anni) corrisponde, entro gli errori di stima, con il valore trovato per l’SAA. Da questo risultato, sottolineiamo la congettura intrigante, che tc sarebbe il momento di non ritorno, dopo il quale, il campo geomagnetico potrebbe cadere in un processo irreversibile, di una transizione geomagnetica globale che potrebbe essere un’inversione di polarità o escursione.

Figura n°1

Fig. 1. Estensione della SAA nel corso degli ultimi 400 anni e adattamento al  più alto grado non lineare, misura della funzione indicata nel testo come Eq. (5). Il “tempo critico tc ” corrisponde a 2.034 ± 3 anni, dove la curva avrà una singolarità. Per esempio, dove la curva è tangente alla linea verticale tratteggiata disegnata nel momento critico, nella foto piccola. La nostra interpretazione è che questo rappresenterà il tempo di non ritorno per un grande cambiamento nel campo geomagnetico, forse stiamo andando verso una inversione o escursione. Nella tabella inserta, DoF sono i gradi di libertà e R è il coefficiente di correlazione di adattamento non lineare; per gli altri parametri di adattamento vedere  il testo.

 

Figura n°2

Fig. 2. Ascesa del livello globale del mare (GSL) e la sua misura migliore log-periodica con  Eq. (5). Il tempo critico (2033 ± 11 anni indicato, dalla verticale linea tratteggiata, nella figura minore) entro l’errore dato è uguale a quello stimato per l’SAA. Nella tabella inserta, DoF sono i gradi di libertà ed r è il coefficiente di correlazione del fit non lineare; per gli altri parametri di adattamento vedere il testo.

 

Dalle conclusioni :

In questo lavoro analizziamo sia SAA e GSL, e le loro tendenze generali negli ultimi secoli, troviamo una somiglianza sorprendente, ulteriore conferma ai risultati precedenti ( De Santis et al. , 2012).
Queste tendenze simili possono essere spiegate dalla teoria dei processi del punto critico per cui ogni sistema dinamico sta per chiudersi o sta andando verso un punto critico, quando il sistema subirà un drastico cambiamento nelle sue proprietà macroscopiche . Questa interpretazione deriva dall’analisi del comportamento della SAA,  per cui il tempo tc critico corrisponderebbe praticamente al momento in cui l’area SAA supererà la misura di un emisfero. Poiché SAA è una manifestazione superficiale di un flusso magnetico inverso alla CMB, questo tempo, potrebbe essere il momento di non ritorno, dopo il quale il campo geomagnetico andrà ad una significativa inversione o transizione nella polarità, ad esempio una escursione geomagnetica o un capovolgimento geomagnetico completo. Un cambiamento drammatico simile dovrebbe verificarsi negli oceani, anche se non chiare informazioni possono essere ottenute dal presente lavoro.

A questo proposito, fra le varie domande che ci stiamo ponendo : La maggior parte della Terra sarà inondata ?

 

Fonte : http://www.nat-hazards-earth-syst-sci.net/13/3395/2013/nhess-13-3395-2013.html

 

Michele

DALLE ARMONIE CELESTI ALLE RISONANZE PLANETARIE -2°parte-

Dalle risonanze un modello di genesi del Sistema Solare:
le ricerche di Percival Lowell

Lowell desidera sfruttare le risonanze tra i periodi dei pianeti per indagare l’origine del Sistema Solare. Come nel caso delle armonie kepleriane, della legge di Titius, e come vedremo di ben più recenti lavori, le sue ricerche furono al centro di critiche, fondate sul dubbio che si tratti di un vero e proprio modello scientifico, o piuttosto di una mera coincidenza numerologica. L’ipotesi sulla formazione dei pianeti sostenuta nel lavoro di Lowell riprendeva i lavori di Chamberlin e Moulton, secondo i quali i pianeti si erano formati da materiale espulso dal Sole in occasione di una violenta collisione con una stella vicina. Egli cita inoltre come opera di riferimento un testo di Tisserand, quel Traité de mécanique céleste in quattro volumi pubblicato tra il 1889 e il 1896.
In sostanza Lowell parte dalla considerazione che, in prima approssimazione, gli assi maggiori delle orbite dei pianeti sono tali che il moto medio di un pianeta sia multiplo di quello di uno dei due pianeti a lui adiacenti, secondo i rapporti: 1/2, 2/5, 1/3 (nel caso particolare Venere-Terra il rapporto è pari a 3/5). Questa regolarità secondo l’astronomo esprime il meccanismo per il quale avrebbe avuto genesi
il nostro Sistema Solare: i pianeti si sarebbero formati in successione, dal più interno al più esterno, e la posizione del pianeta che si andava formando era necessariamente prossima a un punto tale da dar luogo a rapporti commensurabili, a causa delle interazioni con il sistema formato dal Sole e dagli altri pianeti più interni, che si erano formati precedentemente.
In effetti, come già Keplero aveva sottolineato nell’Harmonice Mundi, i rapporti tra i semplici moti medi non danno luogo a rapporti semplici precisi. Se Keplero aveva scelto di considerare le velocità all’afelio e al perielio, con cui si affinava notevolmente l’approssimazione, Lowell decide di interpretare lo scostamento come l’impronta di un ulteriore effetto, dovuto all’attrazione gravitazionale da parte del Sole e dei pianeti interni. Questa sarebbe la causa per cui i pianeti (come mostra la fig. 3) si trovano tutti spostati verso il Sole, rispetto alla posizione che permetterebbe rapporti esattamente commensurabili.
La sua ipotesi lo portò a cercare un eventuale nuovo pianeta in posizioni corrispondenti ai summenzionati rapporti semplici. Egli dedicò così, con la collaborazione di Carl Otto Lampland, incaricato di fotografare il cielo nelle regioni opportune, gli anni compresi dal 1905 alla fine della propria vita, senza riuscire nell’intento. Dopo la sua morte l’osservatorio da lui fondato continuò, quasi come dovuto omaggio, quelle ricerche, finché nel 1930 Clyde William Tombaugh scoprì un pianeta che orbitava effettivamente alla distanza prevista dalla teoria di Percival Lowell, a cui fu dato il nome di Plutone.

Fig. 3 Le posizioni che darebbero luogo a periodi esattamente commensurabili sono segnate
con i cerchietti bianchi, in scuro le posizioni reali dei pianeti. N.B. Per motivi di spazio la
figura riporta soltanto i pianeti interni.

Una panoramica sulla situazione contemporanea

Concludiamo con una panoramica sulle ricerche contemporanee in questo settore, tralasciando naturalmente le numerose risonanze tra i pianeti e i loro satelliti e quella tra Nettuno e Plutone, del tutto particolare e che richiederebbe una lunga discussione. In particolare osserveremo due approcci ben differenti: da un lato gli studi di coloro che ricavano relazioni dai dati osservativi, e cercano di assegnare a queste un significato fisico; dall’altro le ricerche di chi, a partire da ipotesi fisiche, cerca di ottenere equazioni valide in un sistema planetario. Tra i ricercatori moderni che hanno cercato di trovare delle risonanze a due corpi tra i pianeti del Sistema Solare ricordiamo Albert Molchanov, che dimostrò che le relazioni esistenti nelle serie delle distanze planetarie sono il risultato di più
semplici ed esatte relazioni nelle serie delle loro frequenze. La struttura del Sistema Solare è determinata da una tavola di relazioni risonanti. La struttura risonante, nello stadio finale, è inevitabile se un sistema dinamico come il Sistema Solare ha una evoluzione che avviene sotto l’azione di forze dissipative (cioè che fanno perdere energia orbitale). Nel Sistema Solare attuale il campo potenziale (conservativo) è dominante. Tuttavia il sistema esiste da quasi 5 miliardi di anni per cui anche forze dissipative molto piccole, che hanno causato perdita di energia orbitale a scapito di energia termica, hanno avuto sufficiente tempo per esercitare la loro influenza. Molchanov dimostra che questi piccoli termini dissipativi hanno tendenza a creare configurazioni stabili. Dal momento che le zone di risonanza sono determinate da serie di numeri interi, emerge un discreto numero di possibili stati stazionari, e il Sistema Solare si trova esso stesso in uno di tali stati. Molchanov procede creando equazioni lineari tra le frequenze (definite come l’inverso del periodo) dei pianeti. Indicando con Me la frequenza orbitale di Mercurio, V quella di Venere e così via, si hanno le seguenti equazioni lineari, prendendo la frequenza di Giove uguale a 1:

Il modello ottenuto risolvendo queste equazioni fornisce frequenze abbastanza vicine a quelle reali, come si può vedere in tavola M, ma non proprio coincidenti con le risonanze. Il punto debole del lavoro è il fatto che con lo stesso procedimento è possibile trovare equazioni analoghe alle precedenti che danno residui ancora minori. Infatti Michel Henon [1969] fa notare che le frequenze reali hanno un errore relativo dell’ordine di 0.005. Facendo degli esempi esplicativi dimostra che le equazioni (1) possono essere pienamente soddisfatte da effetti casuali, e pertanto non possedere alcun significato fisico.
Anche Backus [1969] fa notare (come si può anche vedere dalla tabella) che le otto relazioni di risonanza per le frequenze orbitali dei nove pianeti non sono pienamente soddisfatte ma hanno un errore piuttosto evidente, la cui grandezza fa pensare che quelle relazioni possano essere soddisfatte anche da una serie di nove numeri scelti a caso.

Con argomenti non molto diversi dai precedenti Stanley F. Dermott [1969] demolisce le teorie di Molchanov, che però risponde alle feroci critiche con due lavori [1969] pubblicati sempre sulla prestigiosa rivista «Icarus». In uno di questi spiega perché non accetta i «very crude statistical model» dei detrattori delle sue teorie e propone un modello più preciso che migliora i risultati precedenti.

In un secondo lavoro Molchanov cerca di dare una valutazione quantitativa di una data struttura risonante e dimostra, tramite un nuovo e complicato sistema di equazioni applicato anche ai sistemi dei satelliti di Giove, Saturno e Urano, che una «buona» struttura risonante casuale non è assolutamente possibile. Sebbene, come vedremo più avanti, si osservino realmente delle risonanze nel
Sistema Solare, pur se soltanto per coppie di pianeti o satelliti, le teorie di Molchanov vennero abbandonate per il loro essere non risonanze vere e proprie, ma semplicemente valori vicino alle risonanze.
Proseguendo la rassegna sulla ricerca di risonanze nei pianeti del Sistema Solare ricordiamo i calcoli di simulazione numerica mediante computer sviluppati da Dole [1970], Hills [1970], William e Galley [1971] e Dormand e Woolfson [1971].
Tra questi esporremo, a titolo di esempio, la simulazione della formazione del Sistema Solare realizzata da Dole con il metodo Monte Carlo. Partendo dall’ipotesi che i pianeti si siano formati per aggregazione di materia dentro una nube di polveri e gas che circondano il Sole appena formato, Dole inietta nella nube stessa uno alla volta nuclei massivi che si muovono lungo orbite ellittiche. Le dimensioni del semiasse maggiore e dell’eccentricità dell’orbita di ciascun nucleo sono determinati da una successione random. Quando i nuclei orbitano dentro la nube crescono per aggregazione e gradualmente spazzano la polvere libera. Il processo di immettere nuove masse continua fino a che tutta la polvere è stata spazzata via; qualcuna delle masse si unisce l’una con l’altra a formare pianeti maggiori, che a loro volta spazzano lontano quei pianeti minori che si avvicinano troppo. Il risultato finale dei calcoli di Dole è una serie di pianeti che in massa, numero e spaziatura sono piuttosto simili al Sistema Solare. La fig. 4 mostra quattro dei venti modelli di sistemi planetari ottenuti da Dole; il quinto è il nostro sistema planetario che può considerarsi come membro della serie.
Ciascun sistema planetario prodotto usando una differente sequenza di numeri casuali è unico, ma tutti i sistemi così prodotti rispecchiano le maggiori strutture regolari del Sistema Solare. Gli spazi tra le orbite mostrano la suggestiva regolarità della legge di Bode. I pianeti interni sono piccoli corpi rocciosi; quelli medi sono larghi corpi gassosi, quelli esterni sono generalmente piccoli; anche la distribuzione delle masse è simile a quella del Sistema Solare con masse che vanno dal piccolo Mercurio al maggiore Giove.
Laskar, più recentemente [1988], si serve per le integrazioni numeriche dei più potenti computer di quegli anni (super computer CRAY-1). I calcoli sono svolti per la soluzione di sistemi differenziali che danno la variazione secolare del Sistema Solare considerando gli otto maggiori pianeti tenendo conto anche degli effetti lunari e relativistici. Laskar trova, dopo una integrazione del sistema secolare per un periodo di 30 milioni di anni, che le soluzioni per il Sistema Solare esterno sono più stabili di quelle del Sistema Solare interno, dove molte quasi-risonanze nelle frequenze a lungo periodo mostrano una buona convergenza di soluzioni, in particolare le soluzioni per Mercurio e Marte sono le maggiori suscettibili di variabilità. Ancora Laskar l’anno successivo [1989] presenta una integrazione numerica, per un periodo d’integrazione di 200 milioni di anni, di un grande sistema analitico di equazioni differenziali mediate contenenti l’evoluzione secolare delle orbite degli otto maggiori pianeti. La soluzione è caotica, con un massimo esponente di
Lyapounov che raggiunge il sorprendente enorme valore di circa 1.5 milione di anni. Il moto del Sistema Solare è così dimostrato essere caotico, non quasi periodico. In particolare, la predicibilità delle orbite dei pianeti interni, incluso la Terra, cessa dopo poche decine di milioni di anni. La situazione evolve, pur su tempi astronomici, ma comunque mantenendo posizioni in risonanza.

Moto caotico. Coefficienti di Lyapounov

Per moto caotico si intende un moto il cui risultato finale è così sensibile a piccoli cambiamenti delle condizioni iniziali e delle forze che influenzano la traiettoria che la previsione dello stato del sistema in un futuro lontano diventa praticamente impossibile. Nel caso del moto caotico la divergenza tra orbite che partono da condizioni iniziali vicine avviene molto rapidamente, seguendo una legge esponenziale, cioè con una velocità che aumenta progressivamente nel tempo. La rapidità con cui tale divergenza si manifesta è misurata da un parametro detto «tempo di Lyapounov», che rappresenta il tempo necessario perché la distanza tra orbite vicine aumenti di un fattore e (la base dei logaritmi naturali); così dopo un periodo pari a due tempi di Lyapounov la distanza iniziale delle orbite sarà cresciuta di un fattore e2, cioè di circa 7,39 volte il valore iniziale, e così via.
L’insorgere del caos è strettamente legato al fenomeno delle risonanze, cioè alla presenza di rapporti semplici tra i periodi di rivoluzione o di precessione dei corpi celesti considerati. Ad esempio se un corpo celeste si trova su un’orbita avente un semiasse maggiore pari a 0,62996 volte quello di Giove, per la terza legge di Keplero il suo periodo orbitale sarà uguale a 0,5 volte quello di Giove. Cioè nell’intervallo di tempo in cui Giove esegue un giro completo intorno al Sole il corpo celeste ne compirà esattamente due: si parla in questo caso di risonanza 2:1 con Giove. In generale lo stato di risonanza comporta la ripetizione periodica delle stesse configurazioni reciproche tra i due corpi celesti coinvolti; in tal caso una parte delle perturbazioni gravitazionali non si compensano nel corso del tempo, come avviene normalmente, ma si accumulano progressivamente, generando effetti particolarmente intensi sull’eccentricità ed inclinazione del corpo celeste. La grandezza di tali perturbazioni dipende in modo critico dal verificarsi in modo esatto della condizione di commensurabilità; si verifica quindi quella estrema sensibilità dalle condizioni iniziali che è tipica del moto caotico. La risonanza secolare possiamo definirla come uno stato dinamico in cui il periodo di precessione della linea dei nodi o dell’argomento del perielio di un corpo celeste viene a coincidere con l’analogo periodo di precessione del corpo maggiore. Tale situazione dà origine in generale a fenomeni di caos dinamico.

Pochi anni dopo (1992) Jacques Laskar, Thomas Quinn, e Scott Tremaine, confermano l’esistenza di risonanze secolari tra i moti di precessione della Terra e di Marte. Ancora Laskar [1997] facendo integrazioni di equazioni del Sistema Solare in un periodo di miliardi di anni, ha dimostrato che gli spazi dei pianeti interni possono essere la conseguenza della presenza di caos in grande scala nelle loro orbite, i cui intervalli di variazioni sono solamente limitati da qualche mancanza di conservazione del loro momento angolare, cioè la parte del loro momento angolare risultante dal moto non circolare e non planare.

Norman Murray e Matthew Holman [1999] hanno sviluppato una nuova teoria analitica che dimostra che il caos tra i pianeti gioviani risulta dalla sovrapposizione delle componenti di una risonanza di moto medio a tre corpi, Giove, Saturno e Urano.
Gli stessi ricercatori danno un valore approssimato del tempo di Liapunov (107 anni); i pianeti gioviani devono essere entrati in risonanza dopo che tutti i gas e la maggior parte dei planetesimi nel disco protoplanetario furono rimossi.
Gli ultimi che si sono interessati all’argomento che ci riguarda sono stati T.A. Mitchtchenko e S. Ferraz-Mello, i quali hanno studiato le risonanze del Sistema Solare esterno nelle vicinanze dei pianeti. La stabilità di questa zona è analizzata usando un nuovo metodo numerico per scoprire la caoticità del moto planetario; questi ricercatori esplorano una gran parte dello spazio delle fasi dove il Sistema Solare esterno evolve e costruiscono mappe dinamiche delle regioni intorno ai pianeti gioviani. Le regioni studiate sono densamente riempite da risonanze di moto medio a due e tre pianeti che generano instabilità nel moto planetario. Inoltre Mitchtchenko e Ferraz-Mello hanno dimostrato quanto siano vicine le reali posizioni dei pianeti a queste instabilità.

Conclusioni

Nell’articolo che King-Hele dedica agli studi sui fenomeni di risonanza, egli si chiede (e si risponde):

«“Are they significant, or mere numerology?»”. The quick answer is: “Yes, yes” [King-Hele 1972].

http://www.annalombardi.eu/

Fonte : http://www.brera.unimi.it/sisfa/atti/2003/245-258LombardiBari.pdf

Michele

Il secondo lavoro scientifico presentato a Vienna

Geophysical Research Abstracts
Vol. 16, EGU2014-1387-1, 2014
EGU General Assembly 2014
© Author(s) 2014. CC Attribution 3.0 License

Copy in English : Preliminary report, between seismic swarms, the constant cycles of inflation deflation in some volcanic calderas in the world and the minimum and or solar maximum years

Relazione preliminare, fra gli sciami sismici, i continui cicli di inflazione/deflazione in alcune caldere vulcaniche del mondo e gli anni di minimo e/o massimo solare

La rete globale di comunicazione, la trasmissione dei dati senza fili, i sistemi satellitari, i GPS etc.. ci stanno permettendo di monitorare, in molti siti e da più di un decennio, alcune fra le aree vulcaniche, più sensibili, conosciute e densamente urbanizzate del pianeta. L’ipotesi di una possibile relazione, fra le dinamiche di accoppiamento elettromagnetico Terra-Sole e i grandi eventi geofisici e in fase di studio e dimostrazione [Sytinskii,1987,1989] [Casati;Straser,2012][Casey,2010][Charvátová,2010][Jaggar,1931][Jensen,1902,1904][Lyons,1899][Mazzarella;Palumbo,1989][O’Relly,1899][Stothers,1989][Kolvankar,2008], tuttavia, la maggioranza dei ricercatori, sta orientando le proprie ricerche, in una sola ed unica direzione. Il tentativo di dimostrare una relazione significativa, fra le dinamiche di accoppiamento EM solari e la sismicità terrestre [Huzaimy,2011]. Trascurando quindi, una possibile relazione fra le dinamiche solari e le dinamiche insite nelle caldere vulcaniche. I riferimenti scientifici sono scarsi [Lyons,1899][Madonia;Gurrieri;Inguaggiato;Giugliano;Romano;Spadaro;Zuccarello,2005][Střeštik,2003], tuttavia, uno studio condotto da l’osservatorio vesuviano di Napoli, rileva che l’attività sismica presente sul vulcano è in stretta relazione con le variazioni dell’attività solare e del campo magnetico terrestre [Duma;Vilardo,1998]. Partendo quindi da questo studio, abbiamo deciso di estendere lo studio a molte altre caldere vulcaniche del pianeta, in cerca di una possibile relazione fra l’attività solare e la  sismicità e/o deformazione del suolo. L’elenco dei vulcani presi in esame è il seguente, ed interessa l’emisfero nord del pianeta:

  • (United States) Long Valley [California Volcano Observatory -CalVO-] Yellowstone[Chang;Smith;Wicks;Puskas;Farrell,2007][Chang;Smith;Farrell;Puskas,2010][Farrell;Smith;Taira;Chang;Puskas,2010][Waite;Smith,2002], figura 3a, 3b;Three sister [Riddick;Schmidt,2011]; Kilauea Hawai [Baker,Amelung,2012];Axialseamount[Dziak,Haxel,Bohnenstiehl,Chadwick,Nooner,Fowler,Matsumoto,Butterfield,2012]
  • (Alaska) Augustine [Alaska Volcano Observatory –AVO-]
  • (Japan) Sakurajima [Iguchi,2012, figura n°2
  • (Iceland) Hammarinn,Krisuvik,Askja [Hreinsdottir;Gunnar,2014], figura n°5,6,7
  • (Italy) Campi Flegrei [INGV,Observatory of Naples,2014], figura n°4

Rileviamo, che la deformazione dei vulcani, registrata nelle tracce dei campionamenti dei GPS nei lunghi e lenti processi geodinamici in tali aree, è in relazione con i due ben noti periodi temporali all’interno del ciclo undecennale dell’attività magnetica solare: il minimo e/o massimo solare. Riscontriamo, che gli anni nei quali si registrano il minimo o il massimo solare, coincidono, con gli anni nei quali si è verificato il passaggio tra una fase di deflazione o inflazione, o viceversa (figura n°1).

Anche la sismicità registrata in tale aree, raggiunge il suo picco massimo negli anni di minimo o massimo solare (figura n°1). Specificatamente, gli eventi sismici, risultano essere maggiori (in numero totale di eventi ed in magnitudo) durante i profondi minimi solari, che viceversa, negli anni di massimo solare. Dinamica recentemente avvenuta tra il 2006 e il 2010.

L’influenza solare risulta quindi presente, tuttavia questa ricerca è esclusivamente uno studio preliminare di relazione. Ulteriori e più approfondite ricerche si rendono necessarie, in maniera tale, da poter formulare un giorno, un preciso processo logico di relazione fra gli aspetti magnetici e i processi geofisici insiti nelle ristrette aree vulcaniche. Il nostro obiettivo, è fornire quindi un giorno, una ulteriore procedura, da inserire e collegare in sinergia con gli altri, verso un processo parametrico predittivo significativo.

Grafico n°1

Grafico 1 – Correlazione fra l’evoluzione dei processi interni alle caldere vulcaniche e l’attività solare – Traccia dei cicli solari dal n°19 a l’attuale ciclo n°24 (conteggio delle macchie solari annuale del SIDC), indicazione del picco degli sciami sismici e indicazione degli anni di passaggio o transizione, da una fase di deflazione ad una successiva fase di inflazione o viceversa. Analisi effettuata su undici caldere vulcaniche del nord emisfero. I settori di colore giallo, mostrano come gli anni di massimo solare o di minimo solare (vedi ad esempio, il recente minimo solare 2006-2010), sono anni favorevoli, per assistere a dei processi di cambiamento, all’interno delle caldere vulcaniche.

Grafico 2 – Sakurajiama volcano – Japan Numero annuale delle esplosioni del cratere Minamidake, dal 1955 al 2012. L’attività esplosiva del vulcano, è incrementata radicalmente, a partire dal 2009-2010 (inizio ciclo solare 24). Fonte : Volcanic activity of Sakurajima volcano, South Kyushu, Japan – Sakurajima Volcano Research Center, DPRI, Kyoto Univ.

Chart 3a – Plot of recorded earthquake activity (≥ M 1.5) at Yellowstone from 1974 through 2004 (blue bars) along with caldera uplift and subsidence (red dotted line). The green line shows the cumulative num.

Chart 3b – Comparison of earthquake activity and ground uplift of the Yellowstone caldera, 2003-2010. Uplift of GPS stations WLWY and OFW2 are shown as blue lines (compare with blue scale bar). The histogram (gray bars) shows the number of Yellowstone earthquakes per month (right Y axis), with most activity occurring during the period when the uplift began to slow.

Grafico 3a & 3b – Yellowstone caldera – USA Numero di eventi sismici in crescita dal 1994 al 2000 (raggiungimento massimo solare SC23), figura 3b e successivo termine eventi, tra il 2008-2010, anni di inizio nuova serie di eventi sismici (inizio ciclo solare SC24), figura 3a.

Grafico 4 – Pozzuoli – Campi Flegrei volcano – Italy L’anno 2000, primo massimo solare del ciclo SC23, risulta essere l’inizio dell’abbassamento dell’area vulcanica flegrea (deflazione). Il successivo innalzamento (inflazione) inizia tra il 2006 e il 2007 e dopo un breve pausa, registrata tra il 2007 e il 2008, riprende fino al 2013 (rampa di salita del ciclo solare SC24). Serie temporale delle variazioni settimanali in quota della stazione di RITE (Pozzuoli) dal 2000 al novembre 2012 – Osservatorio Vesuviano – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Il sollevamento del vulcano, ha avuto inizio durante la transizione dal ciclo solare SC23 al SC24. Si registra un sollevamento dell’area, a partire dal 2003 (secondo massimo solare del ciclo solare 23). Il sollevamento del vulcano, ha avuto inizio durante la transizione del ciclo solare SC23-SC24 e si è protratto, per tutta la rampa di salita del ciclo solare SC24.

Grafici n°5-6-7  – Deformazione crostale dei vulcani islandesi

Krísuvík – GPS Time Series (MOHA) Institute of Earth Sciences, University of Iceland

Il sollevamento del vulcano, ha avuto inizio durante la transizione del ciclo solare SC23-SC24.

http://strokkur.raunvis.hi.is/~sigrun/KRIV.html

Hamarinn – GPS Time Series (HAMA) Institute of Earth Sciences (IES), University of Iceland, Icelandic Meteorogical Office (IMO), and the Iceland Glaciological Society (JORFI)

Si registra un sollevamento dell’area, a partire dal 2003 (secondo massimo solare del ciclo solare 23). http://strokkur.raunvis.hi.is/~sigrun/KRIV.html

Askja, Dyngja – GPS Time Series (DYNG) Nordic Volcanological Center, Institute of Earth Sciences (IES), University of Iceland, Icelandic Meteorogical Office (IMO)

Il sollevamento del vulcano, ha avuto inizio durante la transizione del ciclo solare SC23-SC24 e si è protratto, per tutta la rampa di salita del ciclo solare SC24.

http://strokkur.raunvis.hi.is/~sigrun/DYNG.html

 Authorship of the data : Sigrun Hreinsdottir, IES ;Benedikt Gunnar Ofeigson, IMO

 

Riferimenti

1. Casati Michele, Straser Valentino ; Possible relationship between changes in IMF, M7+ earthquakes and VEI index, during the transition between the solar minimum cycle 23 and the rise of solar cycle 24 EGU General Assembly 2013, held 7-12 April, 2013 in Vienna, Austria, id. EGU2013-1405

2. Casey John L. – 2010 ; Correlation of Solar Activity Minimums and Large Magnitude Geophysical Events

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4. Chang, W., R.B. Smith, C. Wicks, C. Puskas, and J. Farrell, 2007, Accelerated uplift and source models of the Yellowstone caldera, 2004-2006, From GPS and InSAR observations, Science 9 November 2007: Vol. 318. no. 5852, pp. 952 – 956 doi: 10.1126/science.1146842

5. Chang, W.-L., Smith, R.B., Farrell, J., and Puskas, C.M., 2010, An extraordinary episode of Yellowstone caldera uplift, 2004-2010, from GPS and InSAR observations: Geophysical Research Letters, v. 37, L23302, doi: 10.1029/2010GL045451

7. Dziak,Haxel,Bohnenstiehl,Chadwick Jr,Nooner,Fowler,Matsumoto,Butterfield Seismic precursors and magma ascent before the April 2011 eruption at Axial Seamount Nature Geoscience 5,478–482 (2012) doi: 10.1038/ngeo1490

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10. Huzaimy, J.M. ; Yumoto, K. Possible correlation between solar activity and global seismicity  Space Science and Communication (IconSpace), 2011 IEEE International Conference doi:10.1109/IConSpace.2011.6015869

11. Iguchi  Masato (2012) Volcanic activity of Sakurajima volcano, South Kyushu, Japan Sakurajima Volcano Research Center, DPRI, Kyoto Univ.

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13. Jensen, H. I., Possible relation between sunspot minima and volcanic eruptions, J. R. Soc. N. S. W., 36, 42-60, 1902

14. Jensen, H. I., Possible relation between sunspots and volcanic and seismic phenomena and climate, J. R. Soc. N. S. W., 38, 40-90, 1904.

15. Kolvankar Vinayak G.-  Sun induces semi-diurnal stress on the earth surface’s, which trigger earthquakes and volcanic eruptions – 2008   New Concepts in Global Tectonics Newsletter, no.47, June, 2008 Seismology Division, Bhabha Atomic Research Centre, Trombay, Mumbai 400 085, India

16. Lyons, C. J., Sunspots and Hawaiian eruptions, Mort. Weather Rev., 27, 144, 1899

17. Madonia, P.; Gurrieri, S.; Inguaggiato, S.; Giugliano, P.; Romano, P.; Spadaro, D.; Zuccarello, F Atmospheric Pressure Anomalies Recorded on Italian Volcanoes: Possible Relationships With Solar Activity American Geophysical Union, Fall Meeting 2005, abstract #A43C-0118 2005AGUFM.A43C0118M

18. Mazzarella, A.; Palumbo, A. Does the solar cycle modulate seismic and volcanic activity? J. Volcanol. Geotherm. Res., 1989, Vol. 39, No. 1, p. 89 – 93 doi :10.1016/0377-0273(89)90023-1

19. O’Reilly, J.P., On the dates of volcanic eruptions and their concordance with the sunspot period, Proc. R. Irish Acad., 5, 392-432, 1899

20. Riddick, S. N., and D. A. Schmidt (2011), Time-dependent changes in volcanic inflation rate near Three Sisters, Oregon, revealed by InSAR, Geochem. Geophys. Geosyst., 12, Q12005,doi:10.1029/2011GC003826

21. Baker, Amelung, Top-down inflation and deflation at the summit of Kīlauea Volcano, Hawai‘i observed with InSAR Journal of geophysical research, vol. 117, B12406, doi: 10.1029/2011JB009123, 2012

22. Stothers Richard B. Volcanic eruptions and solar activity Journal of Geophysical Research: Solid Earth (1978–2012) Volume 94, Issue B12, pages 17371–17381, 10 December 1989 doi: 10.1029/JB094iB12p17371

23. Střeštik, J. Possible correlation between solar and volcanic activity in a long-term scale Solar variability as an input to the Earth’s environment. International Solar Cycle Studies (ISCS) Symposium, 23 – 28 June 2003, Tatranská Lomnica, Slovak Republic. Ed.: A. Wilson. ESA SP-535, Noordwijk: ESA Publications Division, ISBN 92-9092-845-X, 2003, p. 393 – 396

24. Sytinskii, A.D., 1989. On the relation between earthquakes and solar activity. Fizika Zemli 2, 13–30

25. Sytinsky A.D. About planetary atmospheric perturbations during the strong earthquakes. //Geomagnetism and Aeronomy, v. 37, 1997, p. 132-137

26. Waite, G.R. and Smith, R.B., 2002, Seismic evidence for fluid migration accompanying subsidence of the Yellowstone Caldera: Journal of Geophysical Research, v. 107, no. B9, p. 2177, doi: 10.1029/2001JB000586

 

EGU General Assembly 2014, held 27April – 02May, 2014 in Vienna, Austria

http://meetingorganizer.copernicus.org/EGU2014/EGU2014-1387-1.pdf

 

Michele Casati