Luigi Mariani : L’anno più caldo a livello globale (con molti se e molti ma….); l’anno più piovoso (e di conseguenza più caldo) in Italia

Grande risalto ha avuto sui media la notizia secondo cui il 2014 sarebbe stato l’anno più caldo da almeno un secolo a questa parte. Questo si sarebbe verificato sia a livello globale sia a livello italiano. Vediamo di analizzare la questione in termini di correttezza della notizia e di rilevanza della stessa.

COSA È POSSIBILE DIRE A LIVELLO GLOBALE
Il 2014 è stato un anno di En Nino, fenomeno periodico a scala globale che si caratterizza per imponenti rilasci di energia nell’atmosfera terrestre che si traducono in un pico delle temperature globali. Che a livello globale il 2014 sia stato l’anno più caldo degli ultimi 100 anni è ancor oggi oggetto di dibattito. In estrema sintesi, in base ai dati disponibili è possibile dire che:
  • il 2014 è stato l’anno più caldo secondo l’agenzia nipponica per la meteorologia (qui)
  • il 2014 è stato l’anno più caldo secondo la Climate Research Unit dell’università di East Anglia (figura 1)
  • il 2014 è stato l’anno più caldo con il 38% di probabilità secondo NASA Giss (qui)
  • il 2014 non è stato l’anno più caldo secondo i dati da satellite MSU relativi alla bassa troposfera (qui)
  • il 2014 non è stato l’anno più caldo secondo le rianalisi del Centro Europeo Previsioni a Medio Termine -CEPMMT (figura 2).

Figura 1 – Andamento della CO2 (linea rossa) e delle temperature globali dal 1850 ad oggi (linea azzurra). La linea grigia è stata tracciata per aiutare ad interpretare gli andamenti. Si noti che dal 1850 al 1878 le temperature globali salgono così come la CO2, dal 1879 al 1910 le temperature calano mentre CO2 sale, e così via. I dati di temperatura provengono dal dataset globale Hadcrut4 della Climate Research Unit dell’Università dell’EastAnglia  mentre i dati di CO2 provengono dal Servizio Meteorologico Olandese.

Figura 2 – Temperature medie annue globali dal 1978 al 2014 secondo le rianalisi del Centro Europeo Previsioni a Medio Termine. Le barre strette indicano le medie globali complete, mentre le barre più ampie e con colori più tenui denotano medie ottenute escludendo Artico e Antartico. Gli anni più caldi sono il 2005 e il 2010.

Quale morale trarre da queste analisi? A livello globale, e ce lo mostrano bene i dati CEPMMT, siamo oggi su un plateau. Infatti le temperature, che in complesso hanno manifestato un aumento di 0.85 °C dal 1850 ad oggi, dopo essere rapidamente salite dal 1977 al 1998 si sono poi inaspettatamente stabilizzate, con un fenomeno che a livello internazionale è noto come “global warming hiatus” (qui). La comunità scientifica si sta oggi interrogando sulle cause di tale stabilizzazione e le opinioni sono diverse. C’è infatti chi tira in ballo gli oceani profondi che starebbero accumulando più calore che in passato (qui); (qui) e chi altre cause più o meno complesse come ad esempio la ridotta attività solare.
Fatto sta che i modelli per le previsioni climatiche dall’IPCC non hanno saputo preannunciare lo “hyatus” e ciò pone a mio avviso in discussione le loro capacità predittive, capacità che sono peraltro costantemente poste a repentaglio dalla natura intrinsecamente caotica del sistema climatico, la stessa che ad altre scale temporali rende le comuni previsioni meteorologiche tanto difficili (si veda in proposito il recentissimo caso della “tempesta di neve mancata” su New York).
In sintesi dunque emerge che il 2014 si presenta come uno dei tanti anni a valle del 1998, anni cioè in cui le temperature globali stanno oscillando intorno ad una media di circa 14.9°C. Inoltre la scarsa accuratezza dei modelli previsionali ci impedisce di sapere quale sarà il comportamento delle temperature globali nei prossimi anni.COSE’ ACCADUTO A LIVELLO ITALIANO
Per tale analisi ci riferiremo alla serie storica della rete agrometeorologica nazionale gestita dal CRA-Cma, una rete chiave per fare attività agrometeorologica operativa nel nostro paese in quanto offre in tempo reale dati relativi a 98 siti, parte dei quali afferiscono alla rete del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare.
Da tali dati e dall’analisi delle carte circolatorie in quota si evince che a livello Italiano il 2014 è stato un anno piovosissimo (figure 3 e 4) a causa del lungo persistere di correnti atlantiche umide sul Mediterraneo sia nell’inverno 2013/14 sia nell’estate 2014, fatto questo assai anomalo specie per la stagione estiva. Ciò ha comportato da un lato un’estesa copertura nuvolosa che ha impedito il raffreddamento notturno e dall’altro l’apporto di masse d’aria umida e mite dall’Atlantico centro-meridionale. Queste le ragioni della mitezza che, con riferimento alla serie storica CRA-Cma, ne fanno l’anno più caldo dal 1995 ad oggi a livello nazionale (figura 5) e nelle tre macroaree (Nord, Centro e Sud).
Ciò avvalora a mio avviso anche la valutazione di più lungo periodo del CNR secondo cui si sarebbe trattato dell’anno più caldo dal 1880 ad oggi (qui).
Figura 3 – Precipitazioni medie annue sull’Italia dal 1995 ad oggi (media sui dati di 98 stazioni della rete agrometeorologica nazionale di CRA – Cma). Il 2014 con 1037 mm è il più piovoso dopo il 2010 (1076 mm). Al terzo posto il 1996 con 972 mm.
Figura 4 – Precipitazioni medie annue sul Nord Italia dal 1995 ad oggi (media sui dati di 34 stazioni della rete agrometeorologica nazionale di CRA – Cma). Il 2014 con 1364 mm è il più piovoso seguito dal 2002 con 1225 mm e dal 2010 con 1218 mm.
Figura 5 – Temperature medie annue sull’Italia dal 1995 ad oggi (media dei dati di 98 stazioni della rete agrometeorologica nazionale di CRA – Cma). Il 2014 con 15.9°C è il più caldo, seguito dal 2003 con 15.6°C e, a pari merito, da 2012 e 2011 con 15.5°C.
E GLI EVENTI ESTREMI?
Quando si segnala che le temperature globali sono stazionarie ormai da 17 anni, la prima osservazione che viene fatta è quella per cui gli eventi estremi (piogge violente, ondate di caldo e di freddo) stanno aumentando in intensità mettendo a repentaglio le attività agricole. A fronte di tale obiezione voglio portare alcuni dati di fatto.
Anzitutto ricordo che un “clima più estremo” non sarebbe in grado di garantire quell’aumento delle rese per le grandi colture (mais, frumento, riso, soia) che oggi si aggira intorno all’1-2% l’anno e che ci consente di soddisfare il fabbisogno alimentare di una fascia sempre più ampia delle popolazione mondiale. In proposito ricordo che secondo dati FAO la percentuale delle popolazione mondiale sotto la soglia di sicurezza alimentare è scesa dal 37% del 1970 all’11% del 2013.
Mi domando poi cosa c’azzecchi il clima più estremo con il fatto che, secondo il recentissimo World Disaster Report della Croce Rossa Internazionale (qui), il 2013 ha segnato il minimo di catastrofi naturali dell’ultimo decennio.
Ricordo poi che in un loro articolo scientifico del 2013, Westra e Zwiers hanno analizzato le piogge massime giornaliere annue registrate dal 1900 al 2009 da ben 8326 stazioni sparse nel mondo intero. Il risultato del test statistico applicato è che l’8% delle stazioni mostra un incremento significativo, il 2% un decremento altrettanto significativo ed il 90% mostra infine una stazionarietà, nel senso che non si evidenziano tendenze significative all’aumento o al calo. Osservo anche che il 90% è una cifra di grande rilievo, da cui (ammettendo una distribuzione geografica omogenea della rete pluviometrica considerata) si può dedurre che il 90% della superficie del pianeta non manifesta trend di sorta per quanto riguarda le piogge estreme.
Analogamente in una “letter” uscita su nature Climatic Change, Screen e Simmonds (2014) segnalano che i fenomeni termici e pluviometrici estremi alle medie latitudini del pianeta sono stazionari nel periodo da loro esaminato (1979-2012).
A risultati simili è pervenuto il mio gruppo di ricerca lavorando sulle precipitazioni relative al bacino del Mediterraneo (Mariani e Parisi, 2013) e alla Lombardia (Parisi et al., 2014).
ALCUNE CONCLUSIONI OPERATIVE
A mio avviso occorre anzitutto dire che nel lanciare allarmi in relazione al clima occorrerebbero quelle doti di prudenza che né i media né classe politica mostrano oggi di avere. La prudenza è necessaria sia per scongiurare aumenti dei prezzi ingiustificati delle derrate alimentari sia per evitare che gli agricoltori assumano decisioni imprenditoriali irrazionali.
E’ inoltre essenziale (e qui i governi dovrebbero sentirsi chiamati direttamente in causa) che siano mantenute aperte le vie dell’innovazione in agricoltura, tanto nei settori della genetica (Ogm inclusi) tanto in quelli delle tecniche colturali (concimazione, irrigazione, difesa antiparassitaria, diserbo, ecc.). Mi preme infatti ricordare, parafrasando il grande storico francese del clima Emmanuel Leroy Ladurie, che la storia dell’agricoltura può essere letta come “storia della lotta dell’uomo conto la dittatura del clima” e che tale lotta è sempre stata coronata da successo quando si sono applicate in modo adeguato le armi dell’innovazione tecnologica.
Infine con riferimento agli elevati livelli di CO2 ed alle temperature più miti che caratterizzano l’ultimo secolo, invito in termini generali a valutare non solo gli effetti negativi (livello dei mari che sale, ghiacciai che arretrano, ondate di caldo, siccità, alluvioni, ecc.) ma anche quelli positivi (espansione delle aree coltivate verso le alte latitudini ed in quota sulle montagne; deserti che arretrano e maggiore produzione di cibo in virtù della concimazione carbonica garantita dai più elevati livelli di CO2 atmosferica).
Bibliografia

Mariani L, Parisi S, 2013. Extreme rainfalls in the Mediterranean area, in Storminess and enironmental changes: climate forcing and responses in mediterranean region. Diodato and Bellocchi (Eds.), Springer.

Parisi S. ., Mariani L., Cola G., 2014. Extreme rainfall in the Lombardy region, Italian Journal of Agrometeorology, 1/2014.

Westra S., Alexander L.V., Zwiers F.W., 2013. Global Increasing Trends in Annual Maximum Daily Precipitation, Journal of climate, vol. 26, 3904-3918.

Screen J.A., Simmonds I., 2014. Amplified mid-latitude planetary waves favour particular regional weather extremes, Nature Climate Change, 4, 704–709.
Luigi Mariani  
Già docente di Agronomia e Agrometeorologia all’Università degli Studi di Milano, è attualmente condirettore del Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura di Sant’Angelo Lodigiano

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