Archivio mensile:Giugno 2015

Nuovo Studio aumenta l’incertezza circa il Riscaldamento antropogenico dell’Ovest Antartide

L’influenza umana sul riscaldamento nell’Antartide occidentale è più debole di quanto si pensasse.

Lo strato di ghiaccio antartico è uno degli elementi di ribaltamento del sistema climatico, e quindi di vitale importanza per il futuro del nostro pianeta incalzato dai cambiamenti climatici. Anche una parziale fusione delle enormi masse di ghiaccio dell’Antartide alzerebbe il livello del mare in modo sostanziale.

Una nuova analisi, condotta da fisici tedeschi, dimostra che le incertezze nelle tendenze di temperatura in Antartide sono più grandi di quanto precedentemente stimato.

Nella figura sopra sono rappresentate le anomalie di temperatura mensile (a-d) in Antartide occidentale e (e-h) Orientale. Le linee verdi rappresentano la media mobile di 30 mesi. I quattro indici Antartici considerati dai ricercatori (i-l): Penisola Index (PI), Index Antartide occidentale 1 (WAI-1), Index Antartide occidentale 2 (WAI-2), e East Antarctica Index (EA). La figura mostra che le rispettive tendenze nei dati sono lineari, ad una approssimazione molto buona.

“Finora sembrava ci fossero pochissime grandi variazioni di temperatura naturali in Antartide, e in questo modo quasi ogni aumento della temperatura è stato attribuito alla influenza umana”, spiega Armin Bunde, della Justus Liebig Universität Gießen (JLU). “L’influenza umana sul riscaldamento dell’ovest Antartide è molto più piccola di quanto si pensava. Il riscaldamento dell’Antartide orientale, fino ad ora, può anche essere spiegato solo con la variabilità naturale”. I risultati del loro studio sono ora pubblicati sulla rivista Climate Dynamics.

Lo scioglimento delle piattaforme di ghiaccio antartiche non è solo influenzato dal riscaldamento dell’aria, ma anche dagli oceani in riscaldamento, il che causa la perdita di ghiaccio sulla costa. Tuttavia, poiché ancora non ci sono registrazioni a lungo termine sufficienti per il riscaldamento degli oceani Antartici, lo studio si concentra sulle tendenze di temperatura dell’aria, e i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che ci sono grandi e molto persistenti fluttuazioni di temperatura in Antartide.

PS: Per riassunto, aggiungo le due immagini in cui sono raffigurati i principali eventi climatici degli ultimi 12 mila anni nel contesto antartico tratti da studi che sostengono il riscaldamento globale solo di stampo antropico (molti di questi autori e ricercatori che sono citati nel grafico, sono dichiaratemente AGW, e ricordo che l’estrapolazione dei dati proxy dai vari siti dove si effettuano i carotaggi, segnalati dalla x nel grafico a sinistra, sono interpretazioni che variano da un ricercatore all’altro, quindi interpretabili…): NH, Emisfero settentrionale; SH, Emisfero sud; WA, Antartide occidentale; EA, Antartide orientale; MDV, McMurdo Dry Valleys.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il clima in Antartide, proprio come il clima globale, tende ad essere decisamente persistente per natura, rimane in certi intervalli di temperatura per lungo tempo prima che cambi. Questo crea una struttura di temperatura temporale con alti e bassi. Un “basso”, vale a dire un periodo più lungo di freddo, sarà seguito da un periodo più lungo di caldo. Gli scienziati non solo hanno analizzato i dati provenienti da stazioni di misurazione individuali, ma anche quelli generati dalle medie regionali. I risultati mostrano che l’influenza umana sul riscaldamento nell’Antartide occidentale è più debole di quanto si pensasse.

In precedenti stime osservative della forza e l’incertezza delle tendenze di temperatura in Antartide, si dava per scontato che le fluttuazioni naturali di temperatura annuali potessero essere rappresentate da un processo auto-regressivo di primo ordine [AR (1)]. Qui trovano che questa ipotesi è inadeguata: considerano la più lunga osservazione nella registrazione temporale di temperatura in Antartide per dimostrare che la variabilità è meglio rappresentata da un processo persistente a lungo termine, che ha una propensione a grandi e durature escursioni naturali dalla media. Di conseguenza, la significatività statistica della recente tendenza al riscaldamento Antartico è inferiore a quella finora riportata, mentre l’incertezza sulla sua grandezza è aumentata. Infatti, tutte le registrazioni, ad eccezione di una (Faraday / Vernadsky) non riescono a mostrare una tendenza significativa. Quando si aumenta il rapporto segnale-rumore, considerando appropriate le medie della serie di temperatura locale, troviamo che la tendenza al riscaldamento non è ancora significativa in Antartide orientale, e nella Penisola Antartica. In Antartide Occidentale, tuttavia, il significato della tendenza è sopra TeX, e la sua ampiezza è compresa tra 0,08 e 0,96 ° C per decennio.

La figura sopra mostra la distribuzione di probabilità dei dati di anomalia temperatura mostrati nella prima figura descritta precedentemente ad inizio articolo. La figura mostra che tutti i dati mensili possono essere approssimati da curve gaussiane (curve rosse).

I ricercatori sostengono dunque che le fluttuazioni di temperatura persistenti non solo hanno una maggiore incidenza sulle incertezze di riscaldamento regionale di quanto si pensasse, ma possono anche fornire un potenziale meccanismo per comprendere l’indebolimento transitorio (“pausa nel riscaldamento globale”, termine molto osteggiato, e difatti in ogni ricerca si afferma essere “transitoria”…) delle tendenze di temperatura regionali e globali.

Fonte : http://www.meteoportaleitalia.it/clima/dibattito-sul-clima/articoli-scientifici/20304-nuovo-studio-aumenta-l-incertezza-circa-il-riscaldamento-antropogenico-dell-ovest-antartide.html

I cambiamenti climatici discussi al G7, secondo Franco Ortolani

Mercoledì 10 Giugno, il prof. Franco Ortolani, ex-ordinario di Geologia presso l’Università Federico II° di Napoli, ha depositato sul proprio profilo su facebook, un sintetico parere, in merito alle recenti comunicazioni in tema di cambiamenti climatici discussi al G7.

Volevo condividere con voi queste brevi righe.

“… Lotta all’inquinamento atmosferico e adeguamento ambientale per affrontare le nuove condizioni climatiche. Tutti i dati attestano che negli ultimi 150 circa si è verificato un progressivo inquinamento atmosferico causato dalle diversificate attività umane. Incontestabili dati geoambientali (per chi li sa vedere e capire) attestano che la superficie del suolo negli ultimi 150 anni ha subito significative modificazioni in relazione alla latitudine, altitudine e antropizzazione ed evidenziano continue evoluzioni.
Dati incontestabili di tipo stratigrafico-geoambientale, archeologico, storico, geomorfologici, paleobotanici etc, testimoniano che tra il 1000 e 13000 anni dopo Cristo nella fascia mediterranea si sono verificate significative modificazioni ambientali controllate da un globale riscaldamento.
Le ricostruzioni geoarcheologiche basate sui dati stratigrafici, storici ed archeologici dell’area mediterranea evidenziano una ciclicità circa millenaria nelle modificazioni climatico-ambientali degli ultimi 2500 anni circa. In base a questi elementi che consentono di ricostruire una storia del clima e dell’ambiente si deduce che le modificazioni climatico-ambientali che si stanno verificando rientrerebbero nella ciclicità circa millenaria. In pratica l’attuale periodo di variabilità climatica rappresenterebbe il periodo di transizione dalla Piccola Età Glaciale al prossimo periodocaldo globale simile a quello che ha caratterizzato il periodo compreso tra il 1000 e 1300 dopo Cristo.  E’ evidente che le modificazioni climatico-ambientali continuerebbero a manifestarsi anche senza le emissioni climalteranti antropogeniche. La lotta all’inquinamento atmosferico è un obbligo come lo è anche la progettazione ed esecuzione di idonei interventi tesi a mitigare gli effetti della variazione climatica alle diverse latitudini!  Ecco un serio e saggio impegno per le nazioni più “intelligenti” a vantaggio di tutti i cittadini di oggi e di domani !

Di questo nel recente G7 non si è parlato ! …”

Fonte : https://www.facebook.com/franco.ortolani.54/posts/889555491122400

L’ipotesi di Linvingston & Penn sta scricchiolando ?

La nuova carta scientifica : Variazione della proprietà delle macchie solari tra il 1999 e il 2014

di R. Rezaei1, C. Beck2, A. Lagg3, J. M. Borrero1, W. Schmidt1 and M. Collados4,5

1 Kiepenheuer-Institut für Sonnenphysik, Schöneckstr. 6, 79104 Freiburg, Germany
e-mail: [email protected]
2 National Solar Observatory (NSO), 3010 Coronal Loop, Sunspot, NM 88349, USA
3 Max-Planck Institute for Solar System Research, 37077 Göttingen, Germany
4 Instituto de Astrofísica de Canarias (IAC), vía Láctea, 38200, La Laguna, Tenerife, Spain
5 Departamento de Astrofísica, Universidad de La Laguna, 38205, La Laguna, Tenerife, Spain

http://www.aanda.org/articles/aa/abs/2015/06/aa25557-14/aa25557-14.html

 

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Dalla carta, figura n°5 : Confronto della distribuzione della forza massima del campo delle macchie osservata nei cicli 23 e 24. Il maggiore valore delle due Gaussiane, per i cicli 23 e 24 è 2.68 e 2,60 kG, rispettivamente. La curva tratteggiata mostra la distribuzione della forza del campo magnetico misurata nel ciclo 23 dal 2003 fino al 2007 riportata da Livingston et al. (2012).

 

Riassunto

Obiettivi : Studiamo la variazione della forzadel campo magnetico, l’area, e la continua intensità delle zone di ombra delle macchie solari nei cicli solari 23 e 24.

Metodi : Abbiamo analizzato un campione di 374 macchie solari osservate dal 1999 fino al 2014 con il telescopio di Tenerife a infrarossi. Il campionamento (dati) dell’intensità del campo, l’area e l’intensità è stato utilizzato per tracciare, nel lungo termine, la ciclica tendenza delle zone di ombra negli ultimi 15 anni.

Risultati
: Le macchie solari si rilevano sistematicamente deboli, cioè hanno una intensità di campo più debole e una più forte intensità verso la fine del ciclo 23, più di quello che avevamo durante il massimo del ciclo 23. L’andamento lineare si inverte con l’inizio del ciclo 24. Troviamo che la forza del campo diminuisce nella fase calante del ciclo 23, di circa 112 (± 16) G yr-1, mentre aumenta nella fase di salita del ciclo 24, di circa 138 (± 72) G yr-1. L’intensità delle zone di ombra mostra un andamento opposto: l’intensità aumenta con un tasso di 0,7 (± 0,3)% di Ic yr-1 verso la fine del ciclo 23 e diminuisce con un tasso di 3,8 (± 1,5)% di Ic yr-1 verso il massimo del ciclo 24. La distribuzione della forza del campo umbrale massima nel ciclo 24 è simile a quella del ciclo 23, ma è leggermente spostata su valori inferiori di circa 80 g, corrispondenti a un possibile inclinazione nel lungo termine della forza del campo delle zone di ombra di circa 7 ± 4 G yr-1.

Conclusioni : La luminosità delle zone di ombra delle macchie solari diminuisce nella fase di salita di un ciclo solare, ma aumenta dal massimo verso la fine del ciclo. I nostri risultati non indicano un drastico cambiamento del ciclo solare verso un grande minimo nel prossimo futuro.

 

Fonte : https://tallbloke.wordpress.com/2015/06/06/new-data-disagrees-with-livingston-et-al-cycle-25-expected-much-the-same/

Giugno in Groenlandia : registrate le temperature più basse di sempre

Normalmente entro questa data, circa il 20% della calotta glaciale della Groenlandia si doveva sciogliere. Quest’anno invece siamo fermi al 5%. Il valore più basso mai registrato.

http://beta.dmi.dk/en/groenland/maalinger/greenland-ice-sheet-surface-mass-budget/

La capitale della Groenlandia è ancora sepolta nella neve il 7 giugno.

La webcam : http://arcticomm.gl/webcam/arcticomm_webcam.jpg

Non sorprende quindi, che le temperature continuano ad essere le più fredde mai registrate nel 2015.

ftp://ftp.ncdc.noaa.gov/pub/data/ghcn/daily/all/GL000004250.dly

Particolarmente interessanti sono le temperature giugno. Temperature che sono crollate ai minimi storici degli ultimi tre anni.

Fonte : https://stevengoddard.wordpress.com/2015/06/07/june-temperatures-in-greenland-have-plummeted-to-record-low-levels/

Noaa : Lo hiauts non c’è mai stato

La “pausa” nel riscaldamento globale non esiste. L’Ipcc si sbagliava
Scienziati Noaa: «Lo “iato” è un’illusione causata da dati inesatti»

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Negli ultimi anni molti studi – assediati e commentati  da molte polemiche degli ecoscettici – si sono dedicati a risolvere “il mistero” del cosiddetto “iato” nel riscaldamento climatico, una pausa, o meglio un forte rallentamento, nell’aumento delle temperature globali della superficie terrestre che durerebbe dal 1998.  Ma ora lo studio “Possible artifacts of data biases in the recent global surface warming hiatus” pubblicato su Science da un team del National Centers for Environmental Information (Ncei) della National Oceanographic and Atmospheric Administration (Noaa) e del LMI presenta un’analisi aggiornata delle temperature globali  che rivela che «I trend globali sono superiori  a quanto riportato dall’Ipcc, soprattutto negli ultimi decenni, e che la stima centrale del tasso di riscaldamento durante i primi 15 anni del XXI secolo è grande almeno quanto nell’ultima metà del XX secolo. Questi risultati non supportano la nozione di “rallentamento” dell’aumento della temperatura superficiale globale».

Thomas R. Karl, direttore del Ncei Noaa spiega che «L’aggiunta negli ultimi due anni di dati della temperatura superficiale globale e di altri miglioramenti della qualità dei dati osservati, forniscono evidenze che contraddicono la nozione di uno iato nei recenti trend del global warming. La nostra nuova analisi suggerisce che lo iato apparente può essere in gran parte il risultato di limitazioni nei passati datasets e che il tasso di riscaldamento durante i primi 15 anni di questo secolo è, infatti, stato più veloce o altrettanto veloce di quello osservato nel seconda metà del XX secolo».

Hiatus

Secondo il Fifth Assessment Report pubblicato nel 2013/2014 dall’Intergovernmental Panel on Climate Change, il rialzo globale andamento della temperatura superficiale (0.05 gradi centigradi) nel periodo1998-2012 è stato nettamente inferiore rispetto al trend (0,12° C)  del periodo 1951-2012.

Ma, da quando è stato pubblicato il rapporto Ipcc, gli scienziati americani della Noaa  hanno introdotto notevoli miglioramenti nel calcolo dei trend ed ora utilizzano dati della temperatura superficiale globale che includono quelli del  2013 e del 2014, l’anno più caldo mai registrato e i calcoli utilizzano anche versioni migliori sia per la temperatura della superficie terrestre che dei datasets della temperatura dell’aria e della superficie del mare. «Uno dei più importanti miglioramenti – sottolineano alla Noaa – è una correzione che spiega la differenza nei dati raccolti dalle boe e dei dati sulle navi. Prima della metà degli anni ‘70, le navi erano il modo predominante per misurare la temperatura della superficie del mare e da allora le boe sono state utilizzati in numero sempre crescente. Rispetto alle navi, le boe forniscono misure di un’accuratezza significativamente maggiore».

Un altro autore dello studio, Thomas C. Peterson, capo ricercatore del Ncei Noaa, evidenzia che «Per quanto riguarda la temperatura della superficie del mare, gli scienziati hanno dimostrato che, su tutta la linea, i dati raccolti dalle boe sono più freddi  rispetto ai dati sulle navi. Al fine di confrontare con precisione le misurazioni delle  navi e le misurazioni delle boe  nel lungo termine, devono essere compatibili. Gli scienziati hanno sviluppato un metodo per correggere la differenza tra le misurazioni di una nave e di una boa ed è quello che stiamo usando questo nella nostra analisi delle tendenze. Inoltre, sono state ottenute informazioni più dettagliate circa il metodo di osservazione di ogni nave. Questa informazione è stata utilizzata anche per fornire una migliore correzione, per cambiamenti nel mix dei metodi di osservazione».

Le nuove analisi realizzate utilizzando questi dati aggiornati di mostrano che «La copertura spaziale incompleta ha portato anche a sottostimare il reale cambiamento della temperatura globale precedentemente riportato nel rapporto 2013 dell’Ipcc. L’integrazione di decine di datasets ha migliorato la copertura spaziale in molte aree, compreso l’Artico, dove negli ultimi decenni le temperature sono in rapido aumento».

I ricercatori statunitensi fanno l’esempio della Ad esempio, il rilascio della banca dati della  International Surface Temperature Initiative  che è stata integrata con il dataset  Global Historical Climatology Network–Daily della Noaa e i dati storici raccolti negli ultimi 40 anni, il che ha permesso di più che raddoppiare  il numero di stazioni meteorologiche disponibili per l’analisi. A questo vanno aggiunti i dati record del 2013 e 2014, che  hanno avuto un impatto notevole sulla valutazione della temperatura.

Come ha detto anche l’I’pcc, il periodo di “iato” 1998-2012 è breve ed è iniziato con un anno insolitamente caldo e con  El Niño, ma i ricercatori del Ncei Noaa  dicono che «Tuttavia, per l’intero periodo di raccolta dei dati, dal 1880 ad oggi, il trend al riscaldamento appena calcolato non è sostanzialmente diverso da quello riportato in precedenza [0.68° C per secolo (nuovo) contro 0,65° C per secolo (vecchio)], rafforzando la nuova correzioni che hanno un impatto soprattutto negli ultimi decenni».

Karl conclude: «Vogliamo sperare che questo faccia capire all’opinione pubblica che la temperatura oggi sta realmente continuando a riscaldarsi. La dichiarazione dell’Ipcc di due anni fa – che la temperatura della superficie globale mostrava un trend lineare all’aumento molto più piccolo nel corso degli ultimi 15 anni che nel corso degli ultimi 30-60 anni – non è più valida».

Fonte : http://www.greenreport.it/news/clima/la-pausa-nel-riscaldamento-globale-non-esiste-lipcc-si-sbagliava/