Archivi giornalieri: 24 Settembre 2015

Le Alpi nel medioevo

Il 18 Agosto 2015 riportavo questa nota sul mio profilo Fb :

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10207842698094192&set=a.10201172870992683.1073741825.1497457597&type=1

Verres

La vacanze estive finiscono e la ricerca sul web inizia, in cerca di possibili conferme …

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La ricerca :  I grandi valichi valdostani in età medioevale alla luce delle moderne concezioni di climatologia

di Cerutti Augusta Vittoria

doi : 10.3406/globe.1985.1198

La storia délla Valle d’Aosta è essenzialmente la storia dei suoi valichi. Il solco della Dora Baltea, pur essendo cinto dai monti più alti d’Europa (Monte Bianco 4.810 m., Cervino 4.478 m.. Monte Rosa 4.633 m.) svolge attraverso i tempi la funzione di canale dei traffici fra il Mediterraneo e l’Europe Centro-Occidentale grazie ai profondi corridoi vallivi e alle larghe selle di trasfluenza che i ghiacciai pleistocenici incisero nella potente massa
montuosa. I passi più conosciuti e più frequentati sono il Piccolo San Bernardo e il Gran San Bernardo che mettono rispettivamente nella alta Valle dell’lsère e nella Valle dell’Entremont, tributaria dei Rodano Vallesano. Essi conservano testimonianze di frequentazione fin dalle età preistoriche e protostoriche. Nelle condizioni climatiche attuali questi passi (che hanno rispettivamente l’altitudine di 2.188 e 2.473 m.) sono innevati per otto, nove mesi l’anno e pertanto è logico chiedersi come potevano in passato garantire una regolare via di transito. Si noti che attraverso i valichi valdostani, durante il medioevo non si svolgevano soltanto transumanze di armenti o traffici locali ma veri e propri itinerari commerciali che provenivano dalla penisola italiana ed erano diretti nei secoli XII et XIII alle grandi fiere dello Champagne, in quelli XII e XVI a quelle di Ginevra e nei secoli XV-XVI a quelle di Lione (BERCIER, 1980, p. 199 e seg.).

Solo i moderni studi della climatologia storica possono dare una valida risposta a questa domanda. Le ricerche sui documenti d’archivio accostate in questi ultimi trenta anni a quelle dendrologiche, palinologiche e glaciologiche hanno messo in luce variazioni climatiche tali da influire fortemente sulla vita e la attività umana, soprattutto nelle zone che, come l’alta montagna e le elevate latitudini, sono poste sulla frontiera dell’ ecumene
(PINNA, 1969). Infatti persistendo per qualche decennio una variazione média annua positiva o negativa di uno o due gradi della temperatura o di alcune decine di millimetri di piovosità in queste zone marginali l’innevamento diventa abbastanza brève da permettere lo sviluppo dei ciclo vegetativo delle fondamentali piante alimentari e la transitabilità delle strade per la maggior parte dell’anno, oppure cosi lungo da impedirli.

La variazione di due gradi di temperatura média annua corrisponde allo spostamento di trecento metri dei limiti altitudinali delle colture, dei boschi, dei pascoli e delle nevi perenni e di conseguenza alla perdita o all’acquisto di centinaia di ettari di territorio utilizzabili ai fini econimici. Per quanto riguarda la transitabilità dei valichi, oltre alla temperatura média annua, grande importanza ha la quantité di neve e il periodo di innevamento; infatti negli anni poco nevosi i passi sono transitabili per un periodo più lungo. Oggi al Gran San Bernardo l’innevamento dura in média 255 giorni (JANIN, 1970, p. 49) ed al Piccolo 210 (JANIN, 1980, p. 34).
Con temperature meno severe e minore quantità di neve l’innevamento potrebbe ridursi rispettivamente a meno di 200 et 160 giorni. Il più attento studioso delle variazioni climatiche in Valle d’Aosta è Umberto Monterin. Nato nel 1887 a d’Ejolo un villagio dell’alta valle di Cressoney posto all’altitudine di 1.850 m., docente universitario, glaciologo e geologo insigne, direttore degli osservatori scientifici del Monte Rosa posti alle quote di 3.000 e di 4.500 metri, egli approfondi fin dagli anni 20 le ricerche di climatologia alpina attuale e storica. Nel 1937 dette alle stampe un opéra dal titolo “II clima delle Alpi ha mutato in epoca storica ?” in cui con metodo rigorosamente scientifico precorre le attuali ricerche.

In questa opéra egli, sulla scorta dell’esame di tronchi su-fossili ritrovati molto al di sopra del limite attuale del bosco, stabilisce che in epoca medioevale, nelle valli del Monte Rosa, pinete ed abetaie raggiungevano l ‘altitudine di non meno di 2.500 m. Inoltre l’esame degli antichi canali di irrigazione esistenti in Val d’Ayas e in Valle di Gressoney lo porta a concludere che in età medioevale i ghiacciai avevano una estensione assai più limitata dell’attuale e il clima non solo era più caldo ma anche notevolmente più secco.

Il grafico in allegato mostra l’andamento della cosiddetta “linea degli alberi”, cioè l’altezza massima alla quale possono crescere gli alberi di alto fusto sull’Arco Alpino (tratto da HH Lamb). Si deduce dal ritrovamento di piante fossili distribuite lungo l’Arco Alpino a varie altezze, che mostrano quella che era la quota di accrescimento nelle varie epoche climatiche. Ne deduciamo che nel 2500 a. C. le piante allignavano fino a 2100 metri di quota, in media, rappresentando il periodo climatico più caldo per le Alpi Svizzere ed Austriache degli ultimi 5000 anni! Ma ne deduciamo anche che nel Medioevo, attorno all’anno 1000, le piante ad alto fusto allignavano almeno 100-150 metri più in alto di adesso, con una differenza termica quindi superiore ad 1°C in più rispetto agli anni Duemila. Fonte : https://notalotofpeopleknowthat.wordpress.com/2014/06/22/alpine-tree-lines-offer-clues-to-mwp/

Infine, sulla scorta di numerosi documenti d’archivio lo studioso valdostano mette in luce che soltanto nel XVII e XVIII secolo vengono rilevate difficoltà di transito sui valichi più elevati per l’aumento delle masse glaciali mentre nei secoli precendenti gli stessi valichi (Passo di Monte More 2.862 m; Passo del Teodula 3.317 m.; Col Fenêtre de Durant 2.812 m.;
Col Collon 3.132 m.; Col d’Herin 3.480 m.) appaiono come normali vie di collegamento fra le valli contigue. Gli studi condotti dal geomorfologo austriaco Mayr sulla scorta della datazione al C14 delle torbe prelevate a Bunte Moor in Tirolo, presso la fronte del ghiacciaio di Fernau, hanno messo in luce che dopo la forte espansione glaciale dei secoli VI, VII e VIII corrispondenti ad un ‘epoca più fredda dell’attuale, attorno al 750 d.C. il clima cominciô a migliorare (LE ROY LADURIE, 1967, p. 240).

Di decennio in decennio il limite polare e altimetrico delle coltivazioni si estese; i passi alpini si fecero transitabili per un periodo annuale sempre più lungo e la vita in montagna cambiò in modo sostanziale. Con il trascorrere del tempo il miglioramento climatico andrà facendosi sempre più évidente e, salvo un cinquantennio freddo posto fra il termine del secolo XII e l’inizio del XIII perdurera fino a meta del secolo XVI dando luogo a quello
che viene chiamato “l’optimum climatico del Basso Medioevo” (BERGIER, 1980, p. 173).

In quegli anni il clima doveva essera tanto mite da assicurare la transitabilità
degli alti valichi per la maggior parte dell’anno. Non si spiegherebbe
diversamente la decisione di San Bernardo di fondare l’ospizio sul valico
stesso all’altitudine di ben 2.470 m. s.l.m. e non sulla via di accesso corne
era stato per l’Abbazia carolingia di Bourg St. Pierre.

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Il lavoro continua al seguente link : http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/globe_0398-3412_1985_num_125_1_1198