Archivio mensile:Settembre 2015

29 agosto 2015: ricognizione aerea dei ghiacciai dalla valle d’aosta alla val susa

La passata settimana, avevo annunciato la pubblicato di un prossimo articolo (studio) a titolo : “Le Alpi nel medioevo”. La presentazione di quest’ultimo studio, viene posticipata, movente, il recente articolo sul sisma occorso in Cile e l’attuale situazione dei ghiacciai alpini (osservazioni condotte a fine Agosto). Il servizio :  Reportage fotografico di Daniele Cat Berro Società Meteorologica Italiana/Redazione Nimbus

….

…..

Il 29 agosto 2015, grazie alla disponibilità dell’Aero Club Torino e del suo pilota Danilo Spelta, è stato possibile effettuare una ricognizione in motoaliante dei ghiacciai delle Alpi occidentali, tra la Valle d’Aosta a Nord e la Valle di Susa a Sud.

La risalita di un promontorio nord-africano ha garantito tempo soleggiato, salvo diffusi cumuli diurni concentrati però sui rilievi prossimi alla pianura, nettamente più radi all’interno della Valle d’Aosta e al confine tra le valli torinesi e la Savoia, situazione favorevole alle riprese fotografiche della maggior parte dei ghiacciai della zona. L’apporto di aria subtropicale ha fatto peraltro impennare nuovamente l’isoterma 0 °C oltre i 4500 m (ben 4772 m alle h 12 UTC al di sopra di Cuneo-Levaldigi).

Nonostante un po’ della neve fresca caduta a Ferragosto resistesse ancora oltre i 3200-3500 m specialmente in Val d’Aosta, la scomparsa quasi totale della neve stagionale sotto i 3200-3400 m durante la rovente estate 2015 ha reso particolarmente efficace il monitoraggio fotografico dei ghiacciai, i cui margini apparivano ben riconoscibili, al termine di una stagione eccezionalmente negativa per la criosfera alpina.

Il versante valdostano del Monte Rosa con il ghiacciaio del Lys (9.6 km2 nel 2005, terzo per superficie in Val d’Aosta). Da almeno cinque anni la lingua valliva si è separata del resto del corpo glaciale superiore e – non più alimentata – è prossima alla scomparsa. La presenza di laghi proglaciali è rapidamente aumentata con la fusione e il regredire della fronte.

Il versante Sud del Cervino con, da sinistra, i ghiacciai del Leone, di Tyndall, del Cervino e della Forca. La via alpinistica italiana alla vetta, come già accaduto nelle caldissime estati 2003 e 2006, è stata temporaneamente chiusa nel luglio 2015 per i frequenti crolli di roccia dovuti allo scongelamento del permafrost in profondità.

In alta Valpelline, il Ghiacciaio di Tza de Tzan (3.3 km2 nel 2005) negli ultimi anni ha perso la sua lingua seraccata che si protendeva a lato del Rifugio Aosta. L’apparato è sgombro di neve residua fin sull’alto bacino a circa 3200 m.

Entriamo nel gruppo del Monte Bianco. In alta Val Ferret, i ghiacciai del Triolet
(al centro) e di Pré de Bar (a destra), in fortissima riduzione. Quest’ultimo a partire dal 2010-2012 ha perso la lingua frontale e il suo margine inferiore si sta ritirando lungo il gradino roccioso soprastante.

La lingua del ghiacciaio del Miage (Val Veny, Monte Bianco) è interamente sepolta dai detriti rocciosi convogliati dalle alte pareti circostanti, e rappresenta uno dei pochi esempi di “ghiacciaio nero” o “himalayano” delle Alpi. Proprio in virtù della spessa copertura detritica che protegge il ghiaccio dalla fusione, la fronte giunge ancora a circa 1600 m e il suo arretramento è piuttosto marginale.

Daniele Cat Berro (SMI/Nimbus) con Danilo Spelta, pilota dell’Aeroclub Torino.

Nota: le aree glaciali indicate sono tratte dal Catasto dei Ghiacciai Valdostani.

…….

NOTA : Al link riportato di seguito, trovate il reportage completo, con inserite molte altre immagini e note sullo stato dei ghiacciai :

http://www.nimbus.it/ghiacciai/2015/150831_vologhiacciaialpiW.htm

Terremoto M8.2 e Tsunami in Cile

Questa notte, alle 22:54 UTC del 16 settembre, le 00:54 in Italia del 17 settembre, un forte terremoto di magnitudo 8.2 ha colpito la zona costiera del Cile, a circa 54 km da Illapel e a 233 km a nord di Santiago. Il terremoto è avvenuto nella zona di contatto tra la placca di Nazca sul lato del Pacifico, a ovest, e quella sudamericana a est. La prima scivola sotto la seconda a una velocità di oltre 15 cm/anno, una delle velocità maggiori tra le placche del pianeta, che costituisce il motivo della elevata sismicità.

A causa della magnitudo elevata, che corrisponde a una faglia di almeno un centinaio di chilometri con spostamento tra le due placche di diversi metri, e della posizione della faglia, piuttosto superficiale, il terremoto ha generato uno tsunami che si sta propagando mentre scriviamo in tutto l’Oceano Pacifico. Secondo i dati del Centro Allerta Tsunami dell’Ingv, che opera in fase sperimentale e calcola in maniera rapida e automatica i parametri di tutti i forti terremoti che avvengono sulla Terra, il terremoto cileno aveva il potenziale per produrre uno tsunami. Ecco l’andamento dei tempi di propagazione della prima onda di tsunami (figura sotto) calcolata automaticamente pochi minuti dopo il sisma.

Isocrone della propagazione della prima onda di tsunami e livelli presunti di allerta sulle coste dell’America del sud (il rosso equivale al livello massimo). La magnitudo indicata nella figura (8.0) era quella preliminare calcolata pochissimi minuti dopo il terremoto, che è stata poi rivista a 8.2

I dati dei mareografi e delle boe nella regione pacifica sudamericana hanno effettivamente rilevato onde di tsunami di qualche metro, con un picco di circa 4 metri a Coquimbo. Da notare che la prima onda non è la più alta, come spesso accade. La maggiore al momento è arrivata a Coquimbo circa un’ora dopo la prima.

Registrazione delle onde di tsunami a Coquimbo, in Cile. Si noti che le onde maggiori arrivano dopo la prima (fonte: IOC)

Il Cile è dotato di un buon sistema di Early Warning per gli tsunami, che ha dato prova di efficacia negli ultimi anni, dopo che nel terremoto del 2010 (M8.8) ci furono dei problemi nell’allerta. Mentre scriviamo è in corso l’evacuazione delle zone costiere.

 

Fonte : https://ingvterremoti.wordpress.com/2015/09/17/terremoto-m8-2-e-tsunami-in-cile-16-17-settembre-2015/

Una nuova ricerca trova evidenza del ciclo solare alle alte latitudini nell’emisfero settentrionale

Un nuovo articolo pubblicato su Advances Space Research trova prove di un collegamento tra le lunghe variazioni secolari nell’attività solare ed il clima su l’intera zona boreale dell’emisfero settentrionale,” correlata alla scala secolare Gleissberg del ciclo solare.

Secondo gli autori :

Una ciclicità su scala secolare (60-140 anni) è stata trovata nella ricostruzione delle temperature estive nella penisola Taymir (~72 ° N, ~105 ° E) ed in altre regioni alle alte latitudini (60-70 ° N) durante l’intervallo di tempo AD 1576-1970. Questa periodicità è significativa e si compone di due modi di oscillazione. Una di 60-70 anni e una di 120-140 anni. Nel breve termine (60-70 anni), la variazione risulta presente nelle temperature estive della penisola di Yamal (~70 ° N, ~67 ° E). Un confronto della variazione secolare delle temperature dell’emisfero settentrionale con le corrispondenti variazioni del numero di macchie solari e il berillio cosmogenico 10Be, dei ghiacci in Groenlandia, mostrano che una probabile causa di questa variabilità è la modulazione della temperatura del ciclo solare sulla scala secolare Gleissberg. Questo è coerente con i risultati ottenuti in precedenza per la Fennoscandia settentrionale (67 ° -70 ° N, 19 ° -33 ° E).

 

Il documento : http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0273117714007340

 

Fonte : http://hockeyschtick.blogspot.it/2015/03/new-paper-finds-evidence-of-solar-cycle.html

La fusione del ghiaccio marino artico è quasi terminata / terminata

Siamo prossimi al giro di boa dei ghiacci artici e la fusione sembra quasi terminata. La traccia (secondo il fornitore NSIDC) ci dice che siamo leggermente sotto il 2013/2014, fortunatamente lontani dal 2012 e con una situazione pressochè simile al 2011.

Ice

http://nsidc.org/arcticseaicenews/charctic-interactive-sea-ice-graph/

Secondo il fornitore danese siamo già in pista per la risalita, leggermente sotto il 2013/2014 e di poco superiori al 2011.

http://ocean.dmi.dk/arctic/icecover.uk.php

Se si osserva il grafico che riporta l’anomalia dei ghiacci, sembra che quest’ultima abbia raggiunto un certo livellamento, si noti infatti come a partire dal 2007 i dati sembrano oscillare attorno alla linea del chilometro quadrato -1.000.000 :

http://arctic.atmos.uiuc.edu/cryosphere/IMAGES/seaice.anomaly.arctic.png

In giro leggo di un possibile collegamento dell’indice AMO con i ghiacci artici. Credo che nel giro di qualche anno avremo una migliore visione del possibile collegamento.

Michele

Cinque modi con cui El Niño puó alterare il clima del pianeta

AP

Il mese di luglio é stato il mese nel quale si sono registrate le maggiori piogge, in molte parti del sud della California.

Lo stato della California, nella parte ovest degli Stati Uniti, stava passando una delle maggiori siccitá della sua storia negli ultimi quattro anni e l’arrivo dell’estate nell’emisfero nord preoccupava le autoritá, giá che questa é una stagione con meno pioggia. Ma, per la sorpresa di molti, il mese di luglio é stato il mese piú piovoso registrato in molte parti del Sud dello Stato, con alti livelli di umiditá.

Sono molti gli specialisti che hanno la certezza che fenomeni come questo sono causati dal El Niño. El Niño, che si caratterizza per un riscaldamento “naturale” delle acque dell’oceano Pacifico nella regione equatoriale e la cui attivitá si sta rafforzando negli ultimi mesi. Esiste un consenso sempre maggiore tra gli scienziati, secondo cui El Niño, oggi, potrebbe raggiungere o addirittura superare la grandezza avuta tra il 1997 e 1998, quando causó inondazioni e siccitá in tutto il pianeta. Il Servizio Nazionale di Meteorologia degli Stati Uniti ha dichiarato che questo puó essere El Niño piú forte mai registrato. “I dati che abbiamo indicano che é El Niño piú forte dal 1997, ma, ovviamente, i modelli climatici possono solo prevedere quello che succederá nei prossimi mesi, per questo dobbiamo essere cautelosi” ha detto alla BBC Mondo  William Patzert, specialista in climatologia del Laboratorio di Propulsione a Getto della Nasa  (JPL, nella sigla in inglese) e uno dei piú importanti studiosi del fenomeno El Niño degli USA.

“Affinché raggiunga una intensitá simile come quella del periodo 1997-1998, é necessario che succedano due cose. Primo, nei prossimi mesi si deve avere una diminuzione dell’intensitá dei venti alisei da est verso ovest,  nel Pacifico. Secondo,  se succede questo, vedremo un trasferimento drammatico del calore dalle acque dall’ovest del Pacifico verso il Pacifico centrale e orientale. E’ con queste condizioni che si potranno vedere alterazioni della temperatura e precipitazioni in tutto il pianeta”, ha detto Patzert, che garantisce che il fenomeno di quest’anno ha il potenziale per essere proprio un “El Niño Godzilla”, nome dovuto proprio alla sua intensitá. La BBC ha chiesto allo specialista della Nasa di parlare su alcuni degli effeti che El Niño potrebbe avere in alcune parti del mondo nei prossimi mesi, nel caso in cui la sua forza sia confermata.

1 – America del Nord

BBCImmagine copyright BBC World Service
William Patzert chiede cautela, giá che i modelli climatici possono prevedere quello che potrebbe succedere solo nei prossimi mesi 

“El Niño produce una corrente  subtropicale, che abitualmente si trova nel sud del México e América Centrale, e che si sposta verso nord. Questo provoca inverni piú piovosi del normale nel sud degli Stati Uniti.Contrastando con questo, la corrente a getto polare, che é stata molto forte nell’America del Nord megli ultimi due anni, e per questo avremo inverni meno freddi nel nord degli Stati Uniti e Canadá” Secondo Patzert, anche se l’aumento delle piogge può essere una buona notizia per il sud-ovest degli USA, per la siccitá nella regione, questo potrebbe anche causare grandi inondazioni e frane.

2 – América del Sud

ReutersImage copyrightBBC World Service
 El Niño puó far aumentare il prezzo delle materie prime in scala globale.  

“Nella regione che va dal nord del Cile fino all’equadore, in cui si trovano le aree pú aride del pianeta,  El Niño causa inverni molto piovosi. Oltre a questo, in questa regione, che possiede le piú grandi navi da pesca commerciali del mondo, se la temperatura dell’acqua continua ad essere più alta del normale si avrá un collasso nella pesca, e questo avrebbe un enorme impatto, per le economie di questi paesi” ha spiegato lo specialista della Nasa. “Nel nord-est del Brasile,  El Niño provoca siccitá mentre nel sud del Brasile e nord dell’Argentina, saranno registrate inondazioni”.

3 – Asia

APImage copyrightBBC World Service
L’attivitá  del El Niño si sta rafforzando negli ultimi mesi. 

Secondo  Patzert, “quando, nel Pacífico equatoriale, l’acqua calda si muove fino l’America del Sud, in altri luoghi come Filippine, Indonesia o Thailandia sono registrate siccitá estreme”. In alcuni di questi paesi, in cui l’agricoltura é responsabile per una grande percentuale del prodotto interno, potremo avere un forte aumento dei prezzi degli alimenti, questo finirebbe per colpire il prezzo delle materie prime, su scala globale.

ReutersImage copyrightBBC World Service
 In alcuni paesi asiatici si puó avere una aumento del prezzo degli alimenti 

Allo stesso modo, in paesi come Giappone e Cina, avremo inverni piú temperati.

4 – Europa

“In Europa, negli anni in cui  El Niño é forte, abbiamo inverni molto freddi nella parte Est del  continente e anche nell’ovest della  Rússia”, dice Patzert.

EPAImage copyrightBBC World Service
El Niño puó  provocare inverni meno rigorosi in América del Nord e piú freddi nell’est dell’Europa

Secondo lo specialista, “un buon esempio sono i due Niños piú importanti avuti negli ultimi due secoli: quello del 1812 e quello del 1941. Questi furono  precisamente gli inverni in cui le truppe di Napoleone  e Hitler furono sconfitte. Per questo mi piace dire che nessun esercito li sconfisse: ma fu El Niño”.

5 – Altre regioni della Terra

Patzert spiega che, negli anni in cui abbiamo El Niño si ha una stagione con degli uragani piú deboli nell’Atlantico, giá che i venti che abbiamo non sono favorevoli per la creazione di sistemi tropicali.

GettyImage copyrightBBC World ServiceIlpode sofrer
Il nord dell’Australia puó soffrire di siccitá durante gli anni del Niño

“Allo stesso tempo, nel Pacifico orientale, dove abbiamo una elevata temperatura delle acque, avremo una stagione di uragani molto attiva come nella parte bassa della California. Mentre il sud del continente africano e il Madagascar tenderanno ad essere colpiti dalla siccitá, e aree dell’Africa sub-sahariana, che sono molto secche, avranno piú piogge”.

Infine, lo specialista della Nasa afferma che El Niño colpirà il nord dell’Australia, come il sud-est asiático, con periodi di siccitá.

Sand-rio

 

FONTE : http://www.bbc.com/portuguese/noticias/2015/08/150817_el_nino_mudancas_clima_fn