Archivi giornalieri: 13 Settembre 2016

Pozzuoli, viaggio nel terremoto quotidiano

Centinaia di scosse all’anno. Trentatré vulcani attivi. Esodi e ‘case di cartone’. L43 tra i fumi di Pozzuoli. Dove la paura e l’emergenza sono all’ordine del giorno.

Tra il 28 giugno e il 5 luglio se ne sono registrate 57. Forti. Da far tremare le pareti di casa e i lampadari. Dall’inizio del 2016, sono già 132. Scosse sismiche a parte, nel 2015 il suolo a Pozzuoli e dintorni – cioè in questa che è ritenuta la più ad alto rischio fra le 10 aree vulcaniche più pericolose al mondo (peggio di Yellowstone negli Usa e di Lago Toba in Indonesia) – si è di nuovo sollevato di ben 11 centimetri. Le scosse continuano. Il 31 agosto a fuggire in strada per la paura sono stati anche gli abitanti dell’isola d’Ischia.

ALLERTA GIALLA. La terra risale. È dal 2005 che ha ripreso a farlo. Le scosse ‘parlano’. E così – anche sull’onda emotiva del terremoto ad Amatrice e in Italia centrale – nell’area flegrea è stato inevitabile passare dal livello di allerta verde a quello giallo, il penultimo prima del rosso.
C’è paura. C’è tensione. Vivere in caldera, ai bordi del panico. Finché perfino il panico diventa normalità. Luoghi affascinanti, senza dubbio. Paesaggi incantevoli. I ricchi romani – ai tempi di Cicerone – ci venivano in vacanza. Ma qui il fuoco dei fuochi ribolle a meno di un chilometro sotto ai piedi. E spesso il suolo incendia le suole. Perché si sceglie di vivere qui? «Per sfida no. Per incoscienza, forse». «No, è per mancanza di scelte». «Forse, perché il calore del vulcano mi rassicura».

NEGLI ANNI 70 UNA GIORNATA DA 500 SCOSSE. C’è chi – tra i meno giovani – ricorda il Grande Esodo degli Anni 70, quando in seguito alla straordinaria ondata di scosse (se ne registrarono 500 in una sola giornata) l’intero rione Terra – cioè il cuore marinaro e antico di Pozzuoli – venne sgomberato d’urgenza nel timore del disastro. O l’altro esodo degli Anni 80, quando pure – per colpa del bradisismo che provocò un sollevamento del suolo di tre metri – fu inevitabile trasferire ingenti masse di abitanti in luoghi considerati «più sicuri».

Paura. Sguardi spenti. Insonnia. Stress. Qualcuno ha detto che vivere «nella caldera» dei Campi Flegrei (33 vulcani attivi, più un numero imprecisato di fumarole, acque termali e crateri che invadono perfino le strade asfaltate) «è come abitare nella jungla senza avere il chinino».

Una vita da sfollati

TRENT’ANNI IN ATTESA DI UNA CASA. C’è chi, a 70 anni, ha consumato gran parte della sua vita da sfollata. Prima lo sgombero dal rione Terra negli Anni 70, poi quello da via Napoli 10 anni più tardi. In 20 mila – in quei giorni – furono trasportati nelle ‘case di cartone’ a Monteruscello, a pochi chilometri nell’entroterra. «Per qualche tempo», fu assicurato agli sfollati. Ma dopo 30 anni stanno ancora là. Arco Felice, via Carlo Alberto dalla Chiesa. Baracche d’amianto. Cinquantotto famiglie. Salvatorino è arrivato qui che era piccolo. Ora lo chiamano ancora Salvatorino, ma si è fatto grande: è papà di tre figli, vorrebbe una vera casa lontano dalle scosse. Invece, queste mura di cartone. E spazzatura. E topi. «Solo per qualche anno…», avevano promesso.
Teresa Saccardo scandisce ai cronisti la sua vita al ritmo della paura: «Mi sono sposata durante il terremoto del 1980, ho partorito durante il bradisismo del 1984. Ho letto che il governo darà le case agli sfollati di Amatrice entro tre anni. Auguri, di cuore».

IN 250 MILA ALLE PRESE COL SISMA. Con i quartieri limitrofi di Bagnoli, Pianura e Fuorigrotta, a convivere col ‘terremoto quotidiano’ alle porte di Napoli è un popolo di 250 mila anime. Intonaci scrostati. Lesioni sui muri. Altalena da mal di cuore. Odore di zolfo nelle narici. Il fumo che sbuffa sotto casa. Qualcuno ci scherza su: «Somigliano ai geyser d’Islanda».

Ma i turisti invadono la Solfatara

Scenario lunare. Nella conca della Solfatara, che è un vulcano attivo, opera un camping che d’estate si affolla di tende, roulotte e turisti stranieri. Tutt’intorno ai bordi del cratere, sorgono le case popolari abitate da migliaia di puteolani che tra un boato e l’altro ripetono come in trance: «Noi in pericolo? Suvvia, che cosa volete che ci succeda?».
Racconta Ermete Gallo, 63 anni, pensionato: «Ho installato sul mio telefonino un’app che mi segnala in tempo reale le scosse sismiche ovunque si verifichino. Così, se succede, posso scappare prima degli altri».

EDIFICI IN CARTONGESSO. Edifici costruiti con i pannelli e i bulloni. Cartongesso e malasorte. Ruggine, scala Richter e scossoni. Sussurra Ermete, sfollato dal ‘74: «Baracche… sono solo baracche: 30 anni fa mica avevano il coraggio di chiamarle niu-tàuns».
Pozzuoli da qualche mese si è dotata di un Piano di protezione civile che stabilisce quel che bisognerà fare in caso di eruzione e anche come, quando e dove scappare.

EVACUAZIONI OSTACOLATE DAL CAOS. A maggio 2016 – visto che nella cittadina furoreggiano decine di ristoranti, trattorie, locali, pub capaci di attrarre nei weekend migliaia di giovani (e di automobili) – il sindaco Enzo Figliolia ha proposto di istituire un ticket anti-caos per chiunque metta piede a Pozzuoli.
Polemiche. Proteste. Ma il timore (più che fondato) è che l’invasione da weekend – in caso di emergenza da scosse – possa costituire un ostacolo insormontabile alla efficace applicazione di qualsiasi serio piano di evacuazione.

La folle fuga dell’ottobre 2015

I precedenti lo confermano. Nel 2015, in ottobre, durante uno sciame sismico, alcuni presidi ebbero la pessima idea di ordinare l’evacuazione degli alunni dalle scuole.
Le mamme – saputa la notizia – si precipitarono davanti ai cancelli. Poi, spaventati, accorsero anche i papà e gli altri familiari. Il risultato: in mezz’ora Pozzuoli piombò nel caos.
Un vigile urbano fu investito dall’auto di una mamma disperata che guidava a tavoletta incurante dei pedoni. E perfino l’auto del sindaco rimase imbottigliata nell’inestricabile maxi-ingorgo. Figliolia si recò in municipio a piedi. Altro che vie di fuga, in caso di pericolo.

IL VERO NEMICO È IL PANICO. Ha detto Giuseppe Luongo, vulcanologo ed ex direttore dell’Osservatorio vesuviano. «A Pozzuoli il vero nemico è il panico. E la mancanza di coordinamento fra enti, istituzioni e cittadinanza». Pozzuoli è in ritardo. Perfino sulla sua paura. Trent’anni per un Piano di protezione civile sono davvero troppi. Non solo.

INFRASTRUTTURE INADEGUATE. C’è chi ritiene che l’avveniristica bretella di 1.790 metri (più il tunnel di 2.350 metri) in via di ultimazione (costo: quasi 154 milioni di fondi Fas) che collegherà l’ingresso della tangenziale con la parte bassa di Pozzuoli (quella del porto) possa trasformarsi – invece che in una salvifica via di fuga – in un pericolosissimo ‘imbuto’ entro cui potrebbero incagliarsi migliaia di anime terrorizzate. Ha scritto Franco Mancusi, puteolano doc, giornalista esperto di terremoti: «Al momento, in caso di emergenza, sarebbe un’impresa raggiungere la tangenziale e i caselli autostradali. Ma da adeguare è anche la rete ferroviaria, nonché il fondale del porto, gli ospedali, le infrastrutture essenziali».

Fonte : http://www.lettera43.it/cronaca/pozzuoli-viaggio-nel-terremoto-quotidiano_43675258803.htm