James Lovelock: “Dieci anni fa ero certo che le emissioni di CO2 e il global warming non ci avrebbero dato scampo”

I mutamenti climatici? “Non insostenibili”. Le nuove tecnologie? “Cambieranno più noi che il pianeta”. I robot? “Basta che non votino”. L’animale del futuro? “Quello elettronico, una fusione di uomo e chip. A lui un giorno sembrerà lungo duemila anni”. La parola allo scienziato 97enne che ha sviluppato la teoria di Gaia e previsto la fine dell’umanità. Ma ora ha cambiato idea

L’ULTIMO REGALO DI JAMES LOVELOCK è un elisir di lunga vita, da sorseggiare con cautela. Lo scienziato britannico è passato alla storia da quando, nel 1979, ha reso pubblica la teoria di Gaia: “Una intuizione” , ci racconta dalla sua casa nel Dorset. Il lampo di genio gli suggerì che “la parte vivente e quella inorganica del nostro pianeta interagiscono così che Gaia, la “madre Terra”, mantenga un equilibrio e preservi la vita”. Da allora Lovelock è sempre andato controcorrente. Da scienziato di spicco, critica l’accademia “perché a furia di spezzettare il sapere in mille specializzazioni, sta perdendo per strada la visione d’insieme”. Da studioso vocato all’ambiente, se la prende con gli ambientalisti “perché sostengono cause perse: le energie rinnovabili non basteranno mai a salvarci “.

Rifiutato a lungo dal gotha della scienza per le sue visioni alternative, respinto dai “verdi” per il suo sostegno al nucleare, questo inglese con l’aria pacata affronta oggi l’unica contraddizione con cui davvero bisogna fare i conti: quella con se stessi. Lui, che in La rivolta di Gaia (Rizzoli, 2006) aveva predetto il rapido tracollo dell’umanità per il surriscaldamento globale, oggi ci ripensa. The Earth and I, l’ultimo volume da lui curato per Taschen, è una iniezione di speranza, di fiducia che l’uomo, “l’animale più straordinario”, possa salvarsi, che ogni suo giorno arrivi a valere duemila anni. E anche stavolta, Lovelock si conferma un outsider: a novantasette anni, non è il tramonto che vede all’orizzonte. Ma l’alba.

Lei è stato per decenni il “dottore” del pianeta. Come sta Gaia oggi?
“Gaia oggi è una old lady, una signora attempata, e sta all’incirca come me: siamo entrambi piuttosto anziani (ride, ndr) ma ce la caviamo bene. Certo, le cose che stiamo facendo al pianeta non sono le più sagge, e la signora non è giovane come credevamo, ma non sono particolarmente preoccupato”.

Dieci anni fa, nella sua opera “La rivolta di Gaia”, lei scrisse che “entro la fine del secolo solo una manciata di esseri umani sarà sopravvissuta”. Era preoccupato per la Terra, o almeno per l’umanità. Ora ci dice di stare tranquilli. Cosa è cambiato?
“Sono un allarmista pentito. All’epoca ero convinto che le emissioni di anidride carbonica prodotte dagli uomini avrebbero portato a un aumento delle temperature insostenibile per il pianeta o quantomeno per la nostra sopravvivenza. Vede, la mia teoria di Gaia si basa sul fatto che la biosfera è capace di autoregolarsi e mantenersi vitale. Tuttavia, con i suoi quattro miliardi di anni, è anziana. Io ho sempre avuto fede nella sua resilienza, nella sua capacità di ricomporre un proprio equilibrio nel lungo periodo. Ma nell’immediato? Osservavo la old lady e mi dicevo: ok, un’influenza può essere un fastidio banale per un ragazzetto, ma può essere letale per un centenario. Allo stesso modo, pensavo che Gaia non avrebbe tollerato il nostro impatto. Ce l’avrebbe fatta pagare, la nostra sopravvivenza sarebbe stata a rischio”.

Oggi il suo messaggio è: niente panico.
“Sì”.

Perché? Per undici mesi consecutivi si sono registrate temperature record, non si vedevano mesi caldi come questo agosto da ben centotrentasei anni.
“Vede, ho realizzato che non è ancora possibile fare previsioni che vadano oltre i prossimi otto o dieci anni: le cose stanno cambiando con troppa rapidità per poterle inquadrare nel medio o lungo periodo. Se le mie stesse previsioni fossero state valide, avremmo già fatto una brutta fine. Invece con sorpresa ho constatato che negli anni successivi al mio libro la temperatura rimaneva tutto sommato costante. Non penso che corriamo pericoli nell’immediato. Ma se facciamo ammalare Gaia, gli effetti si potrebbero vedere tra migliaia di anni. Magari allora la “rivolta” arriverà, e in quel momento dovremo fare qualcosa. Ho fiducia che risponderemo alla sfida: siamo gli animali più resistenti “.

La Terra, dice lei, si ammala per come la trattiamo. Stiamo facendo abbastanza per rimediare? Cosa pensa dell’accordo sul clima raggiunto a Parigi?
“Per evitare che la Terra diventi insostenibilmente troppo calda, è necessario ridurre le emissioni. Credo che stiamo procedendo bene, anche in questo caso non mi faccio prendere dall’ansia. Sono davvero impressionato dall’accordo di Parigi. Ha dimostrato che siamo in grado di prendere la questione del clima davvero sul serio. L’impegno di tante nazioni, e in primo luogo dei “grandi inquinatori” come Stati Uniti e Cina, rende il patto davvero globale. Una mossa senza precedenti, che ci porta nella giusta direzione. Ma vi metto in guardia: nessun passo avrà grandi effetti se ciascuno di noi non rivoluzionerà i propri com- portamenti, per esempio scegliendo di camminare invece di inquinare”.

I problemi energetici di oggi sono gli stessi di ieri? Lei crede che la rivoluzione industriale abbia segnato l’inizio di una nuova era geologica, l’Antropocene. Stiamo entrando in una nuova era dell’industria, un’era tech: che impatto avrà su Gaia?
“Il nuovo sistema di produzione e di consumo, le macchine che si guidano da sole, la svolta tecnologica, avranno molto più impatto su di noi che sul pianeta. La mia paura è che smettiamo di allenare le nostre menti delegando tutto ai computer, e temo che le macchine ci “tolgano il lavoro”. Ma dal punto di vista climatico non vedo svolte paragonabili alla rivoluzione industriale di trecento anni fa. L’invenzione della macchina a vapore ridefinì i nostri rapporti con la Terra, proiettandoci in una nuova era geologica, l’Antropocene appunto. Così come le prime forme di vita avevano imparato a usare l’energia del Sole per ricavarne ossigeno – e questo passaggio ha segnato tutto ciò che è successo dopo – allo stesso modo l’uomo è stato il primo animale a utilizzare l’energia solare per raccogliere, conservare e usare informazioni. Questo è un passaggio cruciale che condizionerà tutto ciò che segue”.

In che modo? Quando lei ha concepito la teoria di Gaia bisognava ragionare sul rapporto tra l’uomo e il pianeta. Ora in questa relazione subentrerà un terzo incomodo: il robot.
“Dica ai suoi lettori di non preoccuparsi troppo dei robot, fino a che non potranno votare. Il punto di svolta è questo: noi produciamo intelligenza artificiale, ma arriverà il punto in cui i computer diventeranno così evoluti da essere più intelligenti di noi? Insomma, ci rimpiazzeranno? Sembra fantascienza degli anni Venti, ma ora è una eventualità probabile. Più i robot diventeranno capaci, più potrebbero porsi come nostri rivali e chiedere un mondo molto diverso da quello a noi congeniale”.

Per il pianeta, i robot che “animali” saranno?
“Quando gli artificial intelligent animals saranno diventati parte del sistema Terra, non essendo organici, saranno felici in modo molto diverso dal nostro. Anche la loro sorgente di vita non sarà la stessa. Ma per ora possiamo immaginare una mutazione graduale. In questa nostra era dell’Antropocene, noi uomini, che siamo il sistema nervoso del pianeta, gli stiamo imponendo un cambiamento rapido e stiamo dando il via a nuove forme di vita. Il futuro animale elettronico accelererà ancor di più sia le trasformazioni che la nostra stessa percezione del tempo”.

In che modo?
“Prenda me: io e il mio pacemaker siamo perfettamente integrati. A livelli ben più avanzati, l’emergere di forme di vita basate sulla simbiosi tra animale e chip è un’eventualità non remota, e potrebbe offrirci nuove chance di sopravvivenza. Vede, il nostro cervello è in grado di tradurre segnali elettronici in informazioni utili, e viceversa l’elettronica è in grado di trasmettere informazioni ad alta velocità. Immagini una forma di vita elettronica, dove le informazioni viaggiano a una velocità molto più alta di quella sopportabile dai neuroni animali. Con una tale densità di stimoli, un giorno ci sembrerà lungo più di duemila anni. E la vita, in qualche modo, durerà un’eternità”.

Fonte : http://www.repubblica.it/ambiente/2016/10/02/news/james_lovelock_dieci_anni_fa_ero_certo_che_le_emissioni_di_co2_e_il_global_warming_non_ci_avrebbero_dato_scampo_-148942414/

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