Fra un anno il lancio del primo apparecchio con nove strumenti testati e in parte costruiti dal nostro Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Esiste infatti una correlazione fra variazioni nello spazio attorno alla Terra e sismi
ROMA – Un anno ancora, poi nascerà la prima rete di satelliti dedicata allo studio dei terremoti. Meglio: allo studio di quelle correlazioni fra la variazione del flusso di particelle e dei campi elettromagnetici che si verificano nella magnetosfera attorno alla Terra prima e dopo gli eventi sismici. La speranza è di riuscire a prevederli con alcune ore di anticipo. Il progetto prenderà il via il primo agosto del 2017 con il lancio del China Seismo-Electromagnetic Satellite, satellite cinese ad alta concentrazione di tecnologia italiana. Ne seguirà un secondo nel 2019 e se i risultati saranno incoraggianti, cosa tutta da verificare, ne arriveranno altri fino a formare una costellazione di apparecchi orbitanti capaci di tenere sotto controllo il pianeta. Ci stanno lavorando da un lato la China National Space Administration (Cnsa) e la China Earthquake Administration (Cea), dall’altro l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).
“Il legame fra terremoti e variazione del flusso delle particelle nello spazio è stato notato dai russi sulla stazione spaziale Mir negli anni Novanta”, racconta Marco Casolino, primo ricercatore all’Infn di Tor Vergata di Roma, che ha seguito il progetto nella sua fase iniziale. “Registrarono un amento del flusso di raggi cosmici circa cinque ore prima dei terremoti di maggiore rilevanza. Non è un rapporto di uno ad uno, ma c’è una ricorrenza statistica significativa”. Significativa al punto da spingere l’Infn di Roma e Perugia a indagare ancora attraverso il satellite americano Sampex della Nasa. E anche in quel caso la relazione fu provata. Una proposta per un satellite interamente dedicato allo studio dei terremoti venne avanzata alla nostra Agenzia spaziale, ma non ebbe seguito. A differenza di quella dei francesi. Il Demeter del Centre national d’études spatiales (Cnes) entrò in orbita nel 2004. Non era ottimizzato per lo studio delle particelle, ma confermò le relazioni fra fenomeni nello spazio e quelli sismici. “Hanno avuto la nostra stessa idea –ricorda Casolino- puntando però su strumenti diversi focalizzati sulla parte elettromagnetica”.
In Cina, dove i terremoti sono all’ordine del giorno, hanno quindi pensato di partire da queste esperienze e tentare di realizzare un sistema con struemntazione completa a 360 gradi di prevenzione dall’alto che si integri con la raccolta di dati complementari presi a terra. Cambiare prospettiva partendo dallo spazio ha i suoi vantaggi, sostengono a Pechino dove in questi giorni ci sono i colleghi di Casolino coinvolti nell’esperimento. Permette di controllare aree del pianeta enormi e di usare altri dati rispetto a quelli tradizionali. I nove strumenti a bordo del satellite cinese Cses 01 sono stati testati a Tor Vergata e alcuni costruiti direttamente in Italia. Si parte dalla “semplice” osservazione, ma l’ambizione è di andare oltre. Nessuno si sbilancia su questo fronte, a Pechino come a Roma metteno le mani avanti. Resta il fatto che in Cina abbiano deciso di investire milioni di dollari nel progetto coinvolgendo l’Italia. Con benefici immediati per tutti. Per contratto i dati raccolti dai satelliti cinesi saranno accessibili qui da noi come nel resto del mondo.