Se il Sole frena

Grazie alle misure compiute con l’Helioseismic and Magnetic Imager della sonda Nasa SDO, un team internazionale di scienziati ha svelato il mistero del rallentamento degli strati esterni del Sole. Ne parliamo con Alessandro Bemporad, fisico solare all’Osservatorio astrofisico dell’INAF di Torino

Un team internazionale di astronomi potrebbe aver risolto un mistero che dura da almeno vent’anni: perché lo strato più esterno del Sole ruota più lentamente dell’interno? Almeno una parte della “colpa” parrebbero averla i fotoni. Lo studio, in uscita il prossimo gennaio sulla rivista Physical Review Letters, è firmato da Ian Cunnyngham, Jeff Kuhn e Isabelle Scholl dell’IFA Maui (Hawaii) insieme a Marcelo Emilio (Brasile) e Rock Bush (Stanford).

Un’immagine del Sole presa con l’Helioseismic and Magnetic Imager (HMI) a bordo della sonda NASA Solar Dynamics Observatory. HMI è uno strumento progettato per studiare le oscillazioni e il campo magnetico della fotosfera, la superficie solare. Crediti: NASA

Grazie ai dati raccolti in anni d’osservazioni condotte con l’Helioseismic and Magnetic Imager della sonda SDO (Solar Dynamics Observatory) della NASA, il team ha scoperto che la luce emessa dal Sole, la stessa radiazione che scalda la Terra, provoca un “rallentamento”. L’effetto dei “fotoni frenanti” è stato misurato nei 150 km più esterni della superficie del Sole, e gli scienziati ritengono che tale effetto sia all’opera anche nella maggior parte delle altre stelle. «L’azione sul momento angolare è lieve, ma calcolata sulla durata di vita del Sole, pari a circa 5 miliardi di anni, ha introdotto sui 35mila km più esterni un rallentamento sensibile», osserva Jeff Kuhn.

«Conoscere la velocità di rotazione all’interno del Sole e come questa velocità vari con la profondità e con la latitudine è uno dei mattoni fondamentali di ogni modello che cerchi di riprodurre il noto ciclo solare e di prevedere il comportamento della nostra stella nell’immediato futuro», spiega a Media INAF il fisico solare Alessandro Bemporad, dell’Osservatorio astrofisico dell’INAF di Torino, al quale abbiamo chiesto un commento sull’importanza di questo studio.  «Negli ultimi decenni, grazie alle misure di eliosismologia, le nostre conoscenze sulla rotazione solare hanno rivelato sempre più dettagli, molti dei quali ancora non del tutto compresi, come la scoperta di alcuni anni fa di una doppia circolazione meridiana».

«In questo lavoro i ricercatori hanno dimostrato che nell’ultimo strato subito sotto la superficie visibile del Sole, la fotosfera, si osserva una brusca diminuzione della velocità di rotazione, o velocità angolare. La cosa interessante«, sottolinea Bemporad, «è che questa diminuzione sembra essere in accordo con la diminuzione che ci si potrebbe aspettare per effetto della radiazione che viene emessa, appunto, dalla fotosfera. I fotoni infatti, pur non avendo massa, trasportano un impulso (o quantità di moto): così come la luce esercita una pressione su una qualunque superficie illuminata, allo stesso modo l’emissione di radiazione da parte di un corpo ruotante come il Sole comporta una piccola perdita di momento angolare da parte del Sole, e quindi di velocità di rotazione. Questa perdita di velocità è ordini di grandezza minore rispetto alla perdita che il Sole subisce per l’espulsione del vento solare. Tuttavia la cosa interessante è che, assumendo che il Sole abbia subito questa perdita nel corso dei suoi 4 miliardi e mezzo di anni di vita, si ottiene una differenza di velocità finale dell’ultimo strato della fotosfera in accordo con quanto misurato oggi dai ricercatori. Questo lavoro aggiunge quindi un tassello piccolo, ma comunque molto importante nella soluzione del complesso puzzle della dinamo solare».

Fonte : http://www.media.inaf.it/2016/12/13/effetto-fotoni-frenanti-sdo-sole/

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