Questa volta lascio da parte la fisica perche voglio raccontarvi una storia.
Storia dei tempi passati, di quando gli uomini che avevano un’idea si impegnavano di persona per verificarla, anche a costo della vita. Uomini praticamente di ferro, d’altronde.
Volevo raccontarvi della strana storia di Fridtjof Nansen e del suo FRAM .
Tempo : Fine Ottocento … L’epoca delle grandi esporazioni geografiche. L’artico era la nuova frontiera.
Tutto ebbe origine da due osservazioni .
UNO : il veliero Janette naufraga stritolato dai ghiaggi al largo delle Isole della Nuova Siberia. Pochi anni dopo ( era il 1881) alcuni relitti vengono ritrovati lungo le coste della Groenlandia.
DUE : Durante una sua esporazione della Groenlandia lo stesso Nansen trova sulle coste del legname . Provenienza stimata: Siberia (in Groenlandia non crescono le betulle…)
A questo punto il Nostro fa UNO più DUE = TRE : I ghiacci artici si muovono e nel loro moto si avvicinano al Polo Nord.
E a questo punto nasce l’idea. Folle. “Se riesco a sopravvivere alcuni anni trasportato dalla banchisa, sarò ad un certo punto talmente vicino al Polo Nord che potrò raggiungerlo a piedi con poca fatica “. Be, mica tanto folle… per tutto il tempo se ne sta al calduccio in barca… e poi zack, spedizione lampo e ritorno nella cuccia…
La teoria di Nansen trova intanto una conferma da parte di uno studioso norvegese, Henrik Mohn, meteorologo, che suggerisce il punto migliore per andare all’incaglio volontario. Resta solo da trovare il finanziamento e…la nave. Il nostro doveva avere delle belle conoscenze perchè trova abbastanza presto aiuto economico presso il governo. E per la nave aveva in mente la persona giusta. Un altro Norvegese geniale, progettista nautico : Colin Archer
Chi mastica un pò di imbarcazioni d’epoca probabilmente sa a chi mi riferisco. Nella sua epoca progettò le imbarcazioni intrisecamente più sicure e “marine” che solcassero le acque. Famose erano le sue “navi da salvataggio”… e si consideri che erano imbarcazioni a vela… disegnate per portare aiuto ad altre navi che stavano naufragando per avverse condizioni meteo….
Bene, dalla collaborazione tra Nansen, Colin Archer ed Otto Sverdrup (che condividerà l’avventura tra i ghiacci) nasce il FRAM (dal norvegese “AVANTI”).
Eccolo fotografato tra i ghiacci, durante la spedizione. La nave stazza 800 tonnellate ed è lunga 25 metri. E’ un tre alberi, armato a nave-goletta, pesca 5 metri ed ha una chiglia “tonda” appositamente disegnata per sfuggire alla morsa del ghiaccio che si chiude “sgusciando” via verso l’alto. Tale forma rende la nave poco manovrabile e estremamente scomoda per via di un accentuato rollio ma… diciamo che è studiata non tanto per navgare quanto per sopravvivere anni incagliata nella banchisa… Notate che uso il presente. Il Fram c’e’ ancora. Dopo un’onorata carriera è stato portato in secca e messo a riposo in un grande museo vicino ad Oslo. Se siete da quelle parti, posso consigliarvi sicuramente la visita (tra l’altro devono aver aggiunto anche altre navi polari, quando ci sono andato io c’era solo “lui”).
Ma torniamo al nostro esploratore. Fa provvista per sei anni , carburante in abbondanza (il Fram ha anche un piccolo motore a vapore , ed un generatore eolico per attivare l’illuminazione realizzata con lampade ad arco… ma soprattutto si pensa alle stufe…) , fucili e pallottole (non si sa mai) e partono. E’ l’estate del 1893.
Costeggiano la Norvegia, quindi passano tra la Nuova Zemlia e la costa, su per la Siberia fino alle isole della nuova Siberia (dove il Janette era stato stritolato . E’ la fine di Settembre e il FRAM viene preso dai ghiacci.
Passa il tempo , gli uomini smontano l’alberatura e la ripongono. L’inverno arriva, imperversa. Il ghiaccio si chiude e stringe ma l’idea del progettista (scafo tondo) funziona e il Fram scivola fuori dalla morsa come una saponetta… Torna la primavera, poi l’estate, ma il Fram si è mosso con i ghiacci e non torna libero… prosegue la sua marcia lentissima verso Nord . Passa un’altro anno. Nansen si rende conto che la “rotta” non lo porterà molto più visicno al Polo… Ed e’ comunque lontano. Decidono di partire in due, kajak – slitta trainati da loro stessi e gambe. Non sono neanche a 84°N. E’ il Marzo 1895.
Il viaggio e’ terribile, per le condizioni meteo che subito incontrano. I due resistono fino al 9 Aprile e raggiungono i 86°14′ N … poi si danno per vinti e tornano indietro… Ma dove? Ritrovare il FRAM e’ impresa rischiosa… C’e’ il pericolo di continuare a girare a vuoto. Decidono di dirigersi a Sud, alle terre di Francesco Giuseppe.
Ci arrivano giusto in tempo per prepararsi ad un altro inverno. Una buca scavata sulla spiaggia di ciotoli, una copertura di pelle. La neve farà il resto. I viveri portati dal FRAM sono finiti … Per fortuna hanno due fucili e munizioni… Sarà la “Fiera dell’Orso Bianco”, che mangiano crudo, frollato nella neve (il grasso che riescono ad estrarre lo tengono per illuminare il rifugio).
Torna la primavera ed i due cominciano a pensare al ritorno. Si spostano verso le isolette più a sud del piccolo arcipelago finchè non incontrano una spedizione di caccia alle foche . L’incontro e’ da immortalare . Dopo qualche battuta il capitano chiede “Ma lei non e’ per caso il capitano Nansen?” “Certamente, sono io” “Me ne felicito, in patria cominciano ad essere preoccupati” “Avete notizie del FRAM ? ” “No, nessuna notizia”.
Il Fram era andato alla deriva nei ghiacci, raggiungendo longitudine 85°57’N. Quindi aveva puntato verso le Spitzbergen al largo delle quali alla fine si era liberato dai ghiacci. E quindi si era diretto verso la madrepatria che aveva raggiunto il 20 Agosto 1896. Nansen ed il suo compagno lo avevano preceduto di pochi giorni: toccarono il suolo Norvegese il 13 agosto… Che dire, neanche avessero un appuntamento .
Ecco infine la carta della traversata, desunta dagli appunti di viaggio di Nansen e di Sverdrup (che era rimasto a comandare il FRAM) .
Ogni tanto penso a questi uomini e quello che anno fatto. Tre inverni tra i ghiacci polari . Per mettere alla prova una bellissima idea.
Sono contento di appartenere alla medesima specie.
Luca Nitopi