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Temperature degli Stati Uniti : I dati governativi sul riscaldamento globale sono stati falsificati

” Ora sappiamo che i dati storici delle temperature negli Stati Uniti sono stati deliberatamente alterati dagli scienziati della NASA e del NOAA, nel tentativo di riscrivere la storia e rivendicare il riscaldamento globale come causato da una tendenza al rialzo nelle temperature statunitensi “, questo è quanto si afferma sul portale : NaturalNews.com.

In realtà, i dati mostrano che siamo nel bel mezzo di un trend di raffreddamento e non, viceversa, in una tendenza al riscaldamento (vedi i grafici qui sotto).

Questo perché, l’attuale registrazione storica delle temperature non si adatta al “riscaldamento globale“, come oggi descritto dalla attuale scena politica, allora, i dati sono stati semplicemente alterati, utilizzando i “modelli dei computer” e poi pubblicati, come dati di fatto.

Ecco il grafico delle temperature degli Stati Uniti pubblicate dalla NASA nel 1999, che ci mostra le più alte temperature effettivamente avvenute nel 1930, seguite da una tendenza al raffreddamento, rampa verso il basso fino a l’anno 2000 :

L’autenticità di questo grafico non è in discussione. E’ stato pubblicato da James Hansen, sul ​​sito web della NASA. In quella pagina, Hansen ha anche scritto, “L’evidenza empirica non presta molto supporto alla nozione che il clima è diretto precipitosamente verso il più estremo calore e siccità.”

Dopo che l’amministrazione Obama è entrata in carica, però, si cominciò a spingere sul riscaldamento globale, per scopi politici, la NASA era diretta a modificare i suoi dati storici, al fine di invertire la tendenza al raffreddamento e mostrare una tendenza al riscaldamento. Ciò è stato realizzato utilizzando modelli climatici realizzati dai computer con i dati che i ricercatori “volevano vedere”, invece che di quelli che stavano realmente accadendo nel mondo reale.

Utilizzando gli stessi dati esatti, trovati nel grafico sopra riportato (con pochi anni di dati aggiuntivi dopo il 2000), la NASA è riuscita a distorcere il grafico per descrivere l’aspetto del riscaldamento globale:

 

L’autenticità di questo grafico non è in questione. In questo momento, lo si può trovare sul server della NASA. Questo nuovo grafico modificato mostra che i dati storici – soprattutto il calore e la grave siccità, sperimentate nel 1930 – sono adesso sistematicamente ridimensionati, per farli apparire più freschi di quello che realmente erano. Allo stesso tempo, i dati della temperatura dal 1970 al 2010 sono stati fortemente aumentati, per farli sembrare più caldi di quello che realmente erano.

“Questo è un chiaro caso di frode scientifica, in corso e su vasta scala al fine di ingannare il mondo intero sul riscaldamento globale. Ora sappiamo definitivamente che il governo sta mentendo sul riscaldamento globale.”

 

Fonte : http://iceagenow.info/2014/07/government-global-warming-data-faked/

Ex astronauta dell’apollo afferma che l’allarmismo climatico è la più grande frode, nel settore della Scienza

L’ex astronauta dell’apollo 7,  Walter Cunningham, ha recentemente descritto l’allarmismo climatico come una grande frode, presentando il suo prossimo contributo per l’istituto Heartland, durante il programma televisivo, del 07-09 Luglio, sulla emittente televisiva MRCTV.

A partire dal 2000, ho guardato con sempre maggiore interesse a questo argomento“, dice il colonnello Cunningham (USMC, Ret.), in una recente intervista esclusiva, alla rete MRCTV.

Ed afferma: ” Ho scoperto che nemmeno una delle rivendicazioni che gli allarmisti stavano portando avanti era basata su delle prove concrete. E’ stato quindi, per me, un gioco da ragazzi arrivare a queste conclusioni “.

Cunningham incolpa i media per questa campagna pubblicitaria sul clima.

“I media sono in gran parte da condannare, per le loro idee comuni e sbagliate, non perché sono intenzionalmente fuorvianti nei riguardi del pubblico, ma perché proprio non vogliono impiegare tempo e risorse per capire veramente come stanno le cose”. “Se si addentrano in questa materia e la analizzano in modo autonomo, diventano poi molto più neutrali nell’esporre le questioni”, dice.

Cunningham conclude con un feroce attacco sullo stato attuale della ricerca scientifica.

“Adesso posso solo dirvi che,  nei giorni in cui avevamo a che fare con il programma Apollo, non abbiamo dovuto affrontare questo tipo di sciocchezze”

 

Fonte : wattsupwiththat.com/2014/07/06/apollo-astronaut-climate-alarmism-is-the-biggest-fraud-in-the-field-of-science/

Brightpoints : Nuovi indizi per determinare il ciclo solare

Un insieme di 25 immagini separate, scattate dall’osservatorio SDO della NASA, che coprono un anno: dall’aprile 2012 all’aprile 2013. L’immagine rivela la migrazione delle regioni attive verso l’equatore durante tale periodo. Credit: NASA / SDO / Goddard

Circa ogni 11 anni il sole subisce un cambiamento di personalità completo, passando da una tranquilla attività ad una attività violenta. L’apice dell’attività del sole, conosciuta come massimo solare, è un periodo con numerose macchie solari, punteggiate da profonde eruzioni che inviano radiazioni e particelle solari fuori dai confini dello spazio. Tuttavia, i tempi del ciclo solare sono tutt’altro che precisi. Dal momento in cui gli esseri umani cominciarono regolarmente la registrazione delle macchie solari, nel 17° secolo, il tempo intercorso tra un massimo solare e il successivo è stato inferiore a nove anni fino al ciclo 14, il che rende difficile determinarne la causa. Ora i ricercatori hanno scoperto un nuovo marker per monitorare il corso del ciclo solare: i brightpoints, piccoli punti luminosi nell’atmosfera solare che ci permettono di osservare costantemente i movimenti torbidi del materiale all’interno del sole. Questi marcatori forniscono un nuovo modo di osservare i campi magnetici, come si evolvono e si muovono nella nostra stella.  Storicamente le teorie su quello che sta succedendo all’interno del sole, e su ciò che guida il ciclo solare, hanno fatto affidamento su una sola serie di osservazioni: la rilevazione delle macchie solari, un set di dati che si perde nei secoli. Negli ultimi decenni, rendendosi conto che le macchie solari sono aree di campi magnetici intensi, i ricercatori sono stati anche in grado di includere osservazioni di misure magnetiche del sole da più di 90 milioni di miglia di distanza. “Le macchie solari sono state il marcatore perenne per la comprensione dei meccanismi che governano l’interno del sole”, ha detto Scott Mc Intosh, uno scienziato spaziale presso il National Center for Atmospheric Research a Boulder, in Colorado, e primo autore di un saggio su questi risultati che sono usciti il primo settembre 2014, su Astrophysical Journal. “Ma i processi che formano le macchie solari non sono ben compresi, e molto meno lo sono quelli che governano la loro migrazione e che determinano il loro movimento. Ora possiamo vedere che ci sono dei punti luminosi nell’atmosfera solare che agiscono come boe ancorate, se confrontate con quello che sta succedendo molto più in basso, aiutandoci quindi a ipotizzare un quadro diverso dell’interno del sole.” Nel corso di un ciclo solare, le macchie solari tendono a migrare progressivamente verso l’equatore. La teoria prevalente è che due grandi anelli simmetrici, in ciascun emisfero solare, come enormi nastri trasportatori, “spazzano” dai poli all’equatore, dove affondano più in profondità giù nel sole e poi si fanno strada a ritroso verso i poli. Questi nastri trasportatori muovono anche il campo magnetico attraverso l’atmosfera solare. La teoria suggerisce che le macchie solari si muovono in sintonia con questo flusso; il monitoraggio delle macchie solari ha permesso lo studio di questo movimento e le teorie sul ciclo solare si sono sviluppate sulla base di tale progressione. Ma molto rimane ancora sconosciuto: Perché le macchie solari compaiono solo a latitudini inferiori a circa 30 gradi? Che cosa nelle macchie solari dei cicli consecutivi fa capovolgere bruscamente la polarità magnetica da positivo a negativo o viceversa? Perché i tempi del ciclo sono così variabili? A partire dal 2010, Mc Intosh e i suoi colleghi hanno iniziato il monitoraggio delle dimensioni delle diverse aree magneticamente equilibrate sul sole, cioè le zone dove ci sono un numero uguale di campi magnetici. La squadra ha trovato particelle magnetiche di dimensioni  già  viste in precedenza, ma anche gruppi di macchie molto più grandi rispetto a quelle rilevate in passato, di ampiezza più o meno pari al diametro di Giove. I ricercatori hanno rilevato queste regioni anche nelle immagini dell’atmosfera solare, cioè  la corona, catturate dalla NASA Solar Dynamics Observatory o SDO. Hanno notato che i punti onnipresenti di luce ultravioletta e raggi X estremi, noti come brightpoints, preferiscono librarsi attorno ai vertici di queste grandi aree, soprannominate “G-nodes” a causa della loro scala gigante. Questi brightpoints e G-nodes, quindi, ci permettono di utilizzare un nuovo metodo per seguire la traccia del materiale che fluisce all’interno del sole e il modo in cui ciò avviene. Mc Intosh ed i suoi colleghi hanno poi raccolto le informazioni sul movimento di queste aree nel corso degli ultimi 18 anni, ricavate dalle osservazioni rese disponibili dall’Agenzia Spaziale Europea e dalla NASA,  effettuate durante il monitoraggio dell’ultimo ciclo solare e di quello attualmente in corso ad opera del Solar and Heliospheric Observatory (SOHO) e del Solar Dynamics Observatory (SDO). Essi hanno scoperto che le bande di questi marcatori – e quindi i corrispondenti grandi campi magnetici – si sono spostati progressivamente nel tempo verso l’equatore lungo lo stesso percorso delle macchie solari, ma il loro inizio è ad una latitudine di circa 55 gradi. Inoltre, ciascun emisfero del sole di solito ha presente più di una di queste bande .

Mc Intosh spiega che una complessa interazione di linee del campo magnetico può svilupparsi all’interno del sole, e che questa è in gran parte nascosta alla nostra vista. Le osservazioni recenti suggeriscono che il sole è popolato da bande di materiale magnetico polarizzato in modo diverso che, una volta formatesi, si muovono costantemente dalle alte latitudini verso l’equatore . Queste bande avranno una polarità magnetica nord o sud e la loro alternanza di segno, in ciascun emisfero, farà in modo che le polarità si annulleranno sempre.

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In questo scenario, è il ciclo della banda magnetica, cioè la durata dello spostamento di ciascuna banda verso l’equatore, che definisce veramente l’intero ciclo solare. “Così, il ciclo solare di 11 anni può essere visto come la sovrapposizione tra due cicli molto più lunghi”, ha detto Robert Leamon, co-autore alla Montana State University di Bozeman e della NASA a Washington. Il nuovo modello concettuale fornisce anche una spiegazione del perché le macchie solari sono intrappolate sotto i 30 gradi e bruscamente cambiano segno. Tuttavia, il modello ci conduce di conseguenza ad un’interrogativo: Perché i marcatori magnetici, i brightpoints e i G-nodes, iniziano ad apparire a 55 gradi? “Soprattutto a quella latitudine, l’atmosfera solare sembra essere scollegata dalla rotazione che avviene sotto di essa”, ha detto McIntosh. “Quindi vi è motivo di ritenere che dentro il sole c’è un movimento interno e una evoluzione alle alte latitudini rispetto alla regione vicino all’equatore, molto diversa. 55 gradi sembra essere una latitudine critica per il sole e questo fatto è qualcosa che  bisogna esplorare ulteriormente.” Le teorie sui cicli solari sono le più utilizzate per fare previsioni su quando avremo il prossimo minimo e il prossimo massimo solare. Questo lavoro di ricerca prevede che il sole entri nel minimo solare intorno alla seconda metà del 2017, con le macchie solari del ciclo successivo che appariranno verso la fine del 2019. “Le persone fanno le loro previsioni su quando questo ciclo solare finirà e il prossimo avrà inizio”, ha detto Leamon. Alcuni affermano nel 2019 o 2020. Alcune persone avranno ragione e gli altri torto.”Nel frattempo, a prescindere dal fatto che la nuova ipotesi fornita da Mc Intosh e dai suoi colleghi sia corretta, questo insieme di punti luminosi e aree g-nodes nel lungo termine offrono una nuova serie di osservazioni per esplorare l’attività solare al di là delle sole macchie solari. Inserendo queste informazioni nei modelli solari, avremo l’occasione per migliorare le simulazioni della nostra stella.

Fonte : http://www.sciencedaily.com/releases/2014/09/140903104743.htm

Ex scienziato della NASA dice: il riscaldamento globale è una sciocchezza

Un ex scienziato della NASA dice che il riscaldamento globale è un “non senso“, respingendo così la teoria secondo cui i cambiamenti climatici sono di origine antropica, affermando che sono “ipotesi prive di fondamento” e dicendo che è “assolutamente stupido” dare la colpa delle recenti inondazioni nel Regno Unito alle attività umane.

Woodcock

Il professor Les Woodcock, che ha avuto una lunga e brillante carriera accademica, ha anche detto “non ci sono prove riproducibili” che i livelli di biossido di carbonio siano aumentati nel corso del secolo passato, ed ha accusato il movimento dei verdi di infliggere un danno economico serio per tutta la gente comune.

Il professor Woodcock è professore emerito di termodinamica chimica presso l’Università di Manchester ed è autore di oltre 70 pubblicazioni accademiche per una vasta gamma di riviste scientifiche. Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Londra, è socio della Royal Society of Chemistry, destinatario del Max Planck Society e fondatore ed editore della rivista di simulazioni molecolari.

Il professor Woodcock ha detto allo Yorkshire evening post :

“Il termine ‘cambiamento climatico” è privo di senso. Il clima della Terra sta cambiando da tempo immemorabile e cioè da quando la Terra si è formata 1.000 milioni di anni fa. La teoria del ‘cambiamento climatico di origine antropica’ è un’ipotesi infondata secondo cui il nostro clima è stato influenzato negativamente dall’utilizzo dei combustibili fossili. Utilizzo che negli ultimi 100 anni ha leggermente aumento la temperatura media sulla superficie terrestre, ma con conseguenze ambientali disastrose.

“Questa teoria afferma che la CO2 prodotta dalla combustione di idrocarburi e carboni fossili è  la causa del ‘riscaldamento globale’ e il principale ‘gas serra’;  ma l’acqua, sotto forma di vapore, è un gas serra molto più potente, ed è presente nella nostra atmosfera in misura 20 volte maggiore (circa 1% dell’atmosfera) rispetto alla CO2 (presente per lo 0,04%).

“Non vi è alcuna prova scientifica riproducibile che la CO2 sia aumentata in maniera considerevole negli ultimi 100 anni.”

Egli ha anche detto:

“Anche il termine ‘riscaldamento globale’ non significa nulla, se non si dà una scala temporale. La temperatura della Terra sta andando su e giù da milioni di anni;  se ci sono dei valori estremi, ciò non ha niente a che fare con l’anidride carbonica in atmosfera, che non è permanente e non è causata da noi. Il riscaldamento globale è una sciocchezza.”

Il professor Woodcock ha respinto le prove del riscaldamento globale, come le inondazioni che hanno colpito gran parte della Gran Bretagna questo inverno, come “aneddotiche” e quindi prive di significato nella scienza.

 “Nella fisica di un sistema caotico, come lo è la meteo, gli eventi possono accadere con le frequenze su tutte le scale temporali . Qualsiasi punto su una pianura può essere inondato fino ad un certo livello su tutte le scale di tempo, da cinque giorni, ad un mese, a milioni di anni, ed è del tutto imprevedibile”

Inoltre, l’unica ragione per cui ci sentiamo dire  che abbiamo avuto il clima più estremo “da quando sono cominciate…….”… è che sono cominciate solamente  100 anni fa circa.

 “I record stagionali sembra che vengano superati frequentemente semplicemente perché abbiamo iniziato a tenerli sotto controllo da circa 100 anni. Ci sarà sempre qualcosa che non và, da qualche parte, quando avremo un’altra fluttuazione naturale nel clima”.

 “E’assolutamente stupido incolpare il cambiamento climatico per le inondazioni,  come invece ha sostenuto il primo ministro di recente. Non biasimo i politici in questo caso, però addosso la colpa ai loro cosiddetti consulenti scientifici”.

Alla domanda su che cosa si possa dire, riguardo al fatto che la maggior parte degli scienziati di tutto il mondo, i leader politici e le persone in generale sono sostenitori della teoria sul riscaldamento globale, il prof Woodcock ha risposto senza mezzi termini:

“Questo non è il modo con cui la scienza deve funzionare. Se mi dite che avete una teoria, che c’è una teiera in orbita tra la terra e la luna, non sta a me dimostrare che non esiste, tocca a voi fornire la prove scientifiche riproducibili per la vostra teoria.

“Tale prova, per la teoria del cambiamento climatico di origine antropica, non è ancora arrivata”

Questa mancanza di prove non ha fermato l’intera costruzione del settore verde. Agli ordini di tale industria, i governi stanno approvando norme sempre più restrittive, rendendo la vita più difficile e costosa.

“… Il danno per la nostra economia, dovuto alla lobby del cambiamento climatico, ci sta costando e sarà infinitamente più distruttivo per il sostentamento dei nostri nipoti come conseguenza delle decisioni idiote dei nostri politici, decisioni che hanno assunto in questi ultimi anni sulla produzione verde di energia elettrica.”

Il professor Woodcock è l’ultimo di una serie di scienziati che hanno deciso di confutare la teoria del riscaldamento globale di origine antropica. James Lovelock, una volta descritto come un “guru verde“, all’inizio di questo mese ha detto che gli scienziati del clima “cercano solo di indovinare” e che nessuno sa veramente cosa sta succedendo.

 

Fonte : http://www.breitbart.com/Breitbart-London/2014/04/26/Former-NASA-Scientist-Global-Warming-is-Nonsense

 

Simone

Fluttuazioni della temperatura: L’oceano Atlantico “danza” con il Sole ed i Vulcani

Data: 31 marzo 2014

Fonte: Aarhus University

Sommario: Le fluttuazioni naturali nella temperatura dell’Oceano Nord Atlantico hanno un impatto significativo sul clima nell’emisfero settentrionale. Queste fluttuazioni sono il risultato di una danza complessa tra le forze della natura, ma i ricercatori possono ora dimostrare che l’attività solare e l’impatto delle eruzioni vulcaniche hanno dettato questa “danza”, nel corso degli ultimi due secoli.

Mads Faurschou Knudsen, Bo Holm Jacobsen, Marit-Solveig Seidenkrantz, Jesper Olsen. Evidence for external forcing of the Atlantic Multidecadal Oscillation since termination of the Little Ice Age. Nature Communications, 2014; 5 DOI: 10.1038/ncomms4323

Le fluttuazioni naturali della temperatura dell’oceano Nord Atlantico hanno un impatto significativo sul clima nell’emisfero settentrionale. Queste fluttuazioni sono il risultato di una danza complessa tra le forze della natura, ma i ricercatori della Aarhus University possono ora dimostrare che l’attività solare e l’impatto delle eruzioni vulcaniche hanno comandato questa “danza” nel corso degli ultimi due secoli.

Immaginate una sala da ballo, in cui, due ballerini apparentemente tengono il tempo al proprio ritmo individuale. Improvvisamente, i due partner si trovano a ballare con lo stesso ritmo, e dopo uno sguardo più attento, è chiaro chi guidando loro.

Con un’immagine come questa,  i ricercatori della Aarhus University sono stati in grado di vedere quando hanno confrontato gli studi di rilascio di energia solare e l’attività vulcanica negli ultimi 450 anni, con le ricostruzioni delle variazioni di temperatura oceaniche durante lo stesso periodo.

I risultati hanno mostrato che in realtà negli ultimi 250 anni – dal periodo noto come la piccola era glaciale – una chiara correlazione può essere vista in cui le forze esterne, vale a dire l’energia del ciclo Solare e l’impatto delle eruzioni vulcaniche, sono accompagnate da una corrispondente variazione di temperatura con un ritardo di circa cinque anni.

Nei due secoli precedenti, cioè durante la Piccola Era Glaciale, il collegamento non era così forte, e la temperatura dell’Oceano Atlantico sembra aver seguito il proprio ritmo in misura maggiore.

I risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica Nature Communications.

Oltre a riempire un altro pezzo del puzzle associato alla comprensione della complessa interazione delle forze naturali che controllano il clima, i ricercatori danesi hanno aperto la strada che collega le due interpretazioni concorrenti di origine del fenomeno dell’oscillazione.

Le fluttuazioni di temperatura scoperte intorno al millennio

Il clima è definito sulla base dei dati, inclusi i valori medi di temperatura rilevati in un periodo di trenta anni. Il nord europa ha quindi un clima caldo e umido rispetto ad altre regioni sulle stesse latitudini. Ciò è dovuto alla Corrente Nord Atlantica (spesso indicato come la Corrente del Golfo), una corrente oceanica che trasporta acqua relativamente calda dalla parte sud-occidentale del Nord Atlantico verso il mare al largo delle coste del Nord Europa.

Intorno alla fine del millennio, tuttavia, i ricercatori del clima si resero conto che la temperatura media dell’Oceano Atlantico non era del tutto stabile, ma in realtà ha oscillato alla stessa velocità per tutto il Nord Atlantico. Questo fenomeno viene chiamato Multidecadal Atlantic Oscillation (AMO), che consiste in periodi relativamente caldi di durata trenta-quarant’anni sostituiti da periodi freddi della stessa durata. I ricercatori, sono stati in grado quindi., di leggere le piccole variazioni sistematiche della temperatura dell’acqua nel Nord Atlantico, grazie alle misurazioni effettuate dalle navi nel corso degli ultimi 140 anni.

Sebbene le fluttuazioni delle temperatura sono piccole – meno di 1 ° C – vi è un consenso generale tra i ricercatori sul clima che il fenomeno AMO ha avuto un forte impatto sul clima nella zona intorno al Nord Atlantico per migliaia di anni, ma fino ad ora c’è stato un forte dubbio, su cosa poteva aver causato questa lenta variazione della temperatura dell’oceano Atlantico. Un modello spiega il fenomeno come variabilità interna nella circolazione oceanica. Un altro modello spiega che l’AMO, deve essere guidato da fluttuazioni nella quantità di energia solare ricevuta dalla Terra, è come essere colpiti da piccoli cambiamenti nella energia irradiata dal Sole stesso e le conseguenze delle eruzioni vulcaniche. Entrambi questi fattori, sono noti anche come “forze esterne” che hanno un impatto sul bilancio radiativo della Terra.

Tuttavia, vi era stato, un notevole scetticismo verso l’idea, che il fenomeno AMO, poteva essere guidato da forzature esterne a tutti – uno scetticismo che i ricercatori Aarhus ora dimostrano quanto sia infondato.

“Le nostre nuove indagini mostrano chiaramente che, dalla piccola era glaciale, c’è stata una correlazione tra le forze esterne note e le fluttuazioni di temperatura nell’oceano che aiutano a controllare il clima. Allo stesso tempo, tuttavia, i risultati mostrano anche, che questa non può essere l’unica forza trainante l’AMO, e la spiegazione deve pertanto essere trovata in una complessa interazione tra una serie di meccanismi. Occorre inoltre rilevare che queste fluttuazioni, si verificano, in basi uniformemente crescenti delle temperature oceaniche degli ultimi 50 anni – un incremento collegato con il riscaldamento globale”, dice il professore associato Mads Faurschou Knudsen, Dipartimento di Geoscienze, Università di Aarhus, che è l’autore principale dell’articolo.

Dati convincenti dal proprio archivio della Terra

I ricercatori hanno cercato di riprodurre simulazioni al computer del fenomeno fin dalla scoperta della AMO, in parte per permettere una migliore comprensione del meccanismo sottostante. Tuttavia, è difficile per i modelli informatici riprodurre il segnale effettivo dell’AMO, che può essere letto nei dati di temperatura da 140 anni.

Il Professore Associato Knudsen e i suoi colleghi hanno invece combinato tutti i dati disponibili dal proprio archivio della Terra, vale a dire gli studi precedenti di oggetti come gli isotopi radioattivi e la cenere vulcanica nelle carote di ghiaccio. Questo fornisce informazioni sul rilascio dell’energia solare e l’attività vulcanica negli ultimi 450 anni, ed i ricercatori hanno confrontato i dati con le ricostruzioni del ritmo della temperatura dell’AMO durante lo stesso periodo.

“Abbiamo solo misurazioni dirette della temperatura dell’Oceano Atlantico per gli ultimi 140 anni, misurate dalle navi. Ma come si fa a misurare la temperatura dell’acqua più indietro nel tempo? Studi di anelli di accrescimento degli alberi provenienti da tutte le regione del Nord Atlantico entrano in scena qui, dove ‘buono’ e ‘cattivo’ le condizioni di crescita sono calibrate per le misure reali, e gli anelli di accrescimento degli alberi lungo le coste più indietro nel tempo possono quindi agire come termometri di riserva”, spiega il professore associato Knudsen.

I risultati forniscono una nuova e importante prospettiva sul fenomeno AMO perché si basano su dati e non modelli di computer, che sono intrinsecamente incompleti. Il problema è che i modelli non descrivono completamente tutte le correlazioni fisiche e il feedback nel sistema, in parte perché questi non sono pienamente compresi. E quando i modelli sono quindi in grado di riprodurre il segnale effettivo dell’AMO, è difficile sapere se hanno catturato l’essenza del fenomeno AMO.

Impatto del sole e dei vulcani

Un tentativo di spiegare semplicemente come forze esterne come il Sole e vulcani possono controllare il clima potrebbe risultare così: un Sole forte riscalda l’oceano, mentre la cenere da eruzioni vulcaniche protegge il Sole e raffredda l’oceano. Tuttavia, non è affatto così semplice.

“Le fluttuazioni della temperatura dell’oceano hanno un ritardo di circa cinque anni in relazione alle vette che possiamo leggere nelle forze esterne. Tuttavia, l’effetto diretto delle grandi eruzioni vulcaniche si vede chiaramente già nel medesimo anno nella temperatura atmosferica media globale, cioè un ritardo molto più breve. L’effetto che abbiamo studiato è più complesso, e ci vuole tempo perchè questo effetto si diffonda  nelle correnti oceaniche”, spiega il professore associato Knudsen.

“Un interessante nuova teoria tra i ricercatori solari e meteorologi è che il Sole può controllare le variazioni climatiche attraverso le grandi variazioni di radiazioni UV, che sono in parte viste in connessione con i cambiamenti dell’attività delle macchie solari durante il ciclo undecennale del sole. Le radiazioni UV riscaldano la stratosfera, in particolare attraverso un aumento della produzione di ozono, possono avere un impatto sui sistemi eolici e, quindi, indirettamente, sulle correnti oceaniche globali”, dice il Professore Associato Knudsen. Tuttavia, egli sottolinea che i ricercatori non hanno ancora completamente compreso come uno sviluppo nella stratosfera può influenzare le correnti oceaniche sulla Terra.

Verso una migliore comprensione del clima

“Nel nostro precedente studio del clima nella regione del Nord Atlantico durante gli ultimi 8000 anni, siamo stati in grado di dimostrare che la temperatura dell’Oceano Atlantico non è stato presumibilmente controllata dall’attività solare. Qui la temperatura ha oscillato nel suo ritmo a lunghi intervalli, con periodi caldi e freddi della durata di 25-35 anni. Il modello prevalente era che questa fluttuazione del clima in mare è stato di circa il 30-40% più veloce rispetto alla fluttuazione che avevamo già osservato nell’attività solare, che durò circa 90 anni. Ora possiamo vedere che l’Oceano Atlantico vorrebbe – o forse addirittura preferisce – danzare da solo, tuttavia, in determinate circostanze, le forze esterne interrompono proprio il ritmo dell’oceano e assumono l’iniziativa, che è stato il caso degli ultimi 250 anni”, dice il professore associato Bo Holm Jacobsen, del dipartimento di Geoscienze, Università di Aarhus, che è il co-autore dell’articolo.

“Sarà interessante vedere quanto a lungo l’Oceano Atlantico si lascia guidare in questa danza. La sfida scientifica risiede in parte nella comprensione delle condizioni generali in base alle quali il fenomeno AMO è sensibile alle fluttuazioni dell’attività solare e le eruzioni vulcaniche”, ha continuato.

“Durante l’ultimo secolo, l’AMO ha avuto una forte influenza su importanti fenomeni meteorologici come la frequenza degli uragani e la siccità – con notevoli conseguenze economiche e umane. Una migliore comprensione di questo fenomeno è quindi un passo importante per gli sforzi e per affrontare e mitigare l’impatto delle variazioni climatiche“, conclude il professore associato Knudsen.

Fonte : http://www.sciencedaily.com/releases/2014/03/140331114502.htm