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ENERGIE ALTERNATIVE: UN’ALTRA STANGATA PER MOLTI RISPARMIATORI CHE CI HANNO CREDUTO

Questo articolo non l´ho scritto io, ma é quello che da tempo dico…. buona lettura:

13 SETTEMBRE 2012 BY SALVATORE GAZIANO

Questo articolo è stato pubblicato come contributo anche sul sito RobinHood.it

«Chist’è ‘o paese d’ ‘o sole, chist’è ‘o paese d’ ‘o mare…» recita una famosa canzone napoletana. Un motivo che devono conoscere bene anche i manager della Suntech, il colosso cinese primo produttore mondiale di pannelli solari che negli scorsi anni ha deciso di investire massicciamente sull’Italia, decidendo di acquisire e/o impiantarsi soprattutto in Puglia e Sicilia. Una notizia presentata in pompa magna dai giornali italiani nell’autunno del 2010: un buon segno per il nostro Belpaese se il gigante del sole decide di impiantare direttamente i propri campi fotovoltaici con un investimento da centinaia e centinaia di milioni di euro.

Con quali soldi? Grazie a un mega finanziamento erogato dalla Repubblica Popolare cinese tramite il braccio operativo China Development Bank che dà disco verde e concede a Puglia Solar II (società veicolo che fa capo a Suntech  tramite  il Suntech Global Solar Fund (Gsf) dove Suntech è l’azionista di maggioranza per investire su aziende che gestiscono o sviluppano “solar farm”) un finanziamento agevolato da 554 milioni di euro. A sua volta la banca pubblica cinese chiede delle garanzie a Suntech e i manager europei promotori dell’iniziativa (guidati dallo spagnolo Javier Romero) hanno la soluzione. Un bel pacco di titoli di stato tedeschi dal controvalore di 554 milioni di euro. Quale garanzia migliore dei bund? Peccato che ora si scopre che questi titoli a garanzia, come nella più classica delle truffe, sono completamente falsi. Carta straccia.

Uno scandalo internazionale con conseguenze anche a Wall Street dove il titolo Suntech è quotato e ha raggiunto in queste settimane i nuovi minimi.

Ci vorrà del tempo per capire chi sono i truffatori perché al momento attuale tutti se ne tirano fuori. La Suntech che comunque ha accettato nelle scorse settimane le dimissioni diJavier Romero; lo spagnolo Javier Romero, socio di minoranza dell’iniziativa e considerato il vero artefice dello sbarco massiccio di Suntech in Puglia e responsabile dei “progetti speciali”. Proprio il manager che guidava le grandi operazioni in Italia e colui che aveva “trovato” attraverso un’altra società i titoli a garanzia.

Alberto Forchielli

Qualcuno che aveva visto qualcosa di storto in questa vicenda c’è ed è Alberto Forchielli (nella foto sopra) , il titolare del fondo di private equity Mandarin Capital Partners, al quale la China Development Bank si era rivolta chiedendogli di partecipare al progetto di Solar Puglia. In un’intervista all’agenzia Reuters ha raccontato di avere ripetutamente avvertito la banca – sua socia in numerosi progetti – che in quel’affare pugliese lui sentiva odore di truffa: «Ci è venuto il sospetto perché era citata una serie di nomi importanti di società, banche, consulenti legali legati al progetto, secondo una tattica normalmente adottata dai truffatori».  Fra le altre cose Forchielli spiega anche gli altri dubbi che aveva sollevato su questa operazione e non sono certo un bella fotografia per l’Italia.

 

Fra le ragioni per cui non partecipava come socia a questa iniziativa il fondo di private equity italo-cinese, Mandarin Capital Partners (che ha come principali investitori proprio China Development Bank insieme a Export-Import Bank of China e Intesa Sanpaolo), ha detto di avere scritto alcune mail alla China Development Bank almeno tre anni fa, mettendo in guardia Suntech dall’investire nel Sud Italia anche a causa delle frodi che stavano emergendo nel settore delle rinnovabili e di essere anche scettica sull’iniziativa di espansione in Italia a causa dei rischi legati a possibili infiltrazioni con la criminalità.

I cinesi ora danno la colpa allo “spagnolo”. Che nega tutto…Suntech è vittima, colpevole o complice di questa brutta storia che ha danneggiato gli investitori di mezzo mondo che hanno visto in questi anni crollare il titolo? Non è facile capire bene la dinamica di queste cose in Italia, figuriamoci quando l’affaire diventa così internazionale con derivazioni in mezzo mondo. Intanto in una conference call dello scorso 30 luglio, Suntech ha accusatoil manager del Fondo Gsf, lo spagnolo Javier Romero, di possibile frode. E i cinesi hanno annunciato di avere ottenuto il blocco di tutti gli asset dell’azienda dello spagnolo Romero. Che ha fatto sapere di essere sotto inchiesta per sospette irregolarità in relazione alla richiesta di bond ma smentisce “qualunque illecito ed è fiducioso che sarà esonerato dal processo”.

Insomma, anche per colui che ha procurato i bund tedeschi per 570 milioni di euro tutta la stangata sarebbe avvenuta “a sua insaputa”.  Una storiella che noi italiani siamo già da tempo abituati a sentire e che ora esportiamo in tutto il mondo…

 

Energie alternative: il grande crollo in Borsa.

Ma vi è un altro aspetto in questa vicenda che merita uno spunto di riflessione per un investitore. Ed è il crollo del settore delle energie rinnovabili. E che non riguarda solo Suntech vittima magari anche di frodi e investimenti discutibili. Basta osservare il grafico sottostante di un Etf quotato a Piazza Affari e che rappresenta il settore delle energie alternative per farsene un’idea. Si tratta di un fondo indice che investe sulle migliori società del pianeta che operano nelle settore dell’energia pulita e rinnovabile: eolico, idroelettrico, solare…

L’andamento di un Etf quotato a Piazza Affari che investe sulle energie rinnovabili

Fino a pochi anni fa non c’era società di gestione, articolo di rivista o guru che non spiegava l’importanza di investire in questo comparto dalle incredibili opportunità. Risultato: alcune società del settore sono addirittura fallite o stanno oggi portando i libri in Tribunale; i margini si sono ridotti come gli incentivi pagati dai governi e alcuni produttori(tipo i soliti cinesi) hanno perfino fatto dumping sul mercato per buttare fuori tutti. E chi aveva puntato su questo settore in modo statico tramite fondi o Etf ha visto il proprio capitale scendere mediamente del 72%.

Come bene ha scritto Pietro Saccò su L’Avvenire “l’industria cinese dei pannelli solari è un mondo affollato di colossi morenti. Sono aziende cresciute a dismisura per ragioni più politiche che di mercato: il governo di Pechino anni fa ha deciso che la Cina doveva dominare il mercato mondiale delle energie alternative e non ha badato ha spese per raggiungere questo obiettivo. Solo nel 2010 la Repubblica Popolare ha finanziato le aziende del fotovoltaico con 25 miliardi di dollari. Inondate di denaro, le fabbriche si sono messe a produrre pannelli in quantità esagerate, finché il mercato non ha raggiunto un dimensione spaventosamente sproporzionata. Nel mondo oggi si producono il doppio dei pannelli solari che si comprano. In Cina – spiegava a gennaio Zhang Longenn, di JinkoSolar Holding – l’eccesso di produzione è del 75%: c’è mercato per 20 gigawatt di energia solare ma si producono pannelli per 75 GW. Ovviamente in questa situazione i colossi del solare cinese bruciano soldi alla velocità della luce”. La truffa a Suntech, il più grande produttore di pannelli solari del pianeta, non è quindi (come peraltro illustra bene il grafico del titolo come del settore) un fulmine a ciel sereno ma il quadro “malato” di un settore su cui era stata costruita un’altra bolla, vendendo agli investitori di bocca buona la solita storiella fatta di crescita senza sosta, investimenti “sicuri”, redditività in forte ascesa, necessità di diversificare con aziende del settore, broker, stampa e guru pronti a saper confezionare il solito “pacco” con fondi ed Etf specializzati, Ipo e spin off. Insomma il solito armamentario che nell’ultimo anno è stato utilizzato per accompagnare in Borsa i social network e il cui crollo incredibile come proporzioni e rapidità di Facebook ne è l’ultimissimo esempio (in attesa del prossimo).

 

Peraltro, per restare in Europa anche il colosso dell’eolico, la danese Vestas Wind System, nonostante un portafoglio ordini ai massimi storici ha raggiunto in queste settimane i prezzi minimi di Borsa. Colpa anche qui dell’elevata concorrenza dei prezzi e dei costi di produzione giudicati troppo sostenuti insieme a un forte livello di indebitamento di Vestas che dovrebbe aumentare il capitale ma in queste condizioni di mercato non è una mossa facile. E tutto questo avviene in un mercato come quello americano la cui domanda è in caduta,in Europa la crisi sta azzerando gli investimenti e dove i soliti cinesi hanno creato anche in questo comparto un eccesso di offerta in un mercato condizionato anche dai bassi prezzi del gas naturale che ha reso meno competitiva la produzione di energia alternativa in un quadro economico globale che sta vedendo da parte di tutti gli Stati il taglio delle politiche agli incentivi. E così il titolo Vestas è sceso da una quotazione di 93 del 2008 agli attuali 4,4 mentre le obbligazioni emesse da questa società hanno superato rendimenti del 20%: segno che il mercato inizia a temere perfino l’insolvenza.

La brutta parabola (borsistica) del settore delle energie alternative non si può quindi descrivere come una storia “sfortunata” o “isolata”. La storia dei mercati (truffe comprese) ci dice che si è passati spesso da una bolla all’altra.

Da quella della borsa giapponese a quella dell’oro, da quella della new economy a quella dei paesi emergenti, da quella dei titoli biotecnologici a quella delle materie prime, da quella delle “terre rare” a quella dei social network…

Quello che è stato “trendy” nel passato e ha messo a segno performance molto positive non è assolutamente detto che continui a salire e comportarsi bene all’infinito (come qualcuno vuole farvi credere).

E’ importante quindi stare attenti agli incantatori di serpenti (e il mondo della finanza ne è pieno come i loro prezzolati megafoni) ed avere come risparmiatori sempre non solo una strategia di entrata (vi cercheranno sempre di consigliarvi di investire sull’ultimo “treno”) ma soprattutto una di uscita. Come insegna la storia di Suntech (di cui potete vedere sotto il grafico). Il sole brilla. Ma può anche bruciare. Irrimediabilmente.

 


Gli esperimenti di Birkeland -Terella- e la loro importanza per la moderna sinergia di laboratorio e lo studio dei plasmi – 6° parte –

Durante una sottotempesta magnetica, il normale andamento nella magnetosfera viene interrotto e mandato in cortocircuito attraverso la ionosfera, qualitativamente nello stesso modo come descritto da Birkeland. Questa teoria ha conseguenze di vasta portata, dal momento che sottolinea che i sistemi di corrente elettrica nell’atmosfera terrestre sono direttamente accoppiati a sistemi correnti nello spazio interplanetario.

Inoltre, la citazione di cui sopra dimostra che Birkeland si rese conto che una ionosfera esiste, almeno in connessione con l’aurora. La ionosfera fu scoperta da E. V. Appleton nel 1925. A sostegno di questa interpretazione Birkeland calcolò le perturbazioni del campo magnetico da vari modelli di questo tipo, e ottenne una riprova molto convincente con i modelli osservati. Purtroppo, questi risultati sono stati trascurati dalla comunità dei fisici spaziali per più di mezzo secolo, con il risultato che le teorie errate sulle correnti ionosferiche e le tempeste magnetiche hanno prevalso fino a quando i risultati dei satelliti hanno confermato l’esistenza di correnti lungo il campo magnetico nel 1973.

“….Queste correnti sono ora generalmente chiamate “Correnti di Birkeland”…”

 Le tempeste ciclo-mediane appaiono come un grande vortice di correnti con il centro alle basse latitudini. Oggi vengono attribuite ai fotoni ad alta energia dei brillamenti solari che causano correnti dovute alle variazioni di conducibilità ionosferica. Birkeland osservò simili strutture di correnti con i raggi catodici ad altissima energia nei suoi esperimenti terrella e fu in grado di spiegare questi risultati calcolando le orbite di tali particelle (Fig. 11).

 Figura 10: (a) Illustrazione di Birkeland delle correnti durante una tempesta polare elementare. (b) Illustrazioni di Birkeland del modello attuale associato con cicli mediani di tempeste.

 

Nei calcoli dell’orbita, l’energia delle traiettorie calcolate era molto maggiore dell’energia tipica del vento solare e delle particelle magnetosferiche. Ciò significa che le teorie basate direttamente sui calcoli dell’orbita devono essere modificate. Birkeland fu ovviamente molto colpito dai calcoli di Stormer ma ci sono anche casi dove criticò questo approccio come troppo idealizzato, ignorando i fatti sperimentali. La teoria di Stormer è certamente più adeguata per gli esperimenti terrella che per il sistema solare terrestre. Le osservazioni geomagnetiche non erano le uniche registrazioni effettuate durante le spedizioni polari di Birkeland. Tra le molte osservazioni fatte di routine vi erano le registrazioni delle forme aurorali e dei vari eventi. E’ ben noto infatti che al momento in cui l’aurora ha il suo massimo avvenimento, vicino ai 23° dai poli magnetici, la forma esatta è ovale, ma a quei tempi, tale forma non era conosciuta.

Figura 11: (a) Esperimento Terrella che mostra la regione ad alta energia, illuminata dai raggi catodici. (b) I risultati dei calcoli di Stormer per lo stesso caso. Confronto con i  disegni di Birkeland in fig. 10b.

 

La variazione diurna della zona aurorale in un determinato luogo sulla Terra potrebbe essere attribuita ad una deviazione dell’ovale da un cerchio, ma anche per la deviazione dei poli magnetici dai poli geografici. Nel 1907 e 1908 Birkeland eseguì un elegante esperimento per indagare come la sua aurora artificiale si comportasse nelle diverse stagioni sulla Terra.

Birkeland realizzò quindi una disposizione geometrica dove poteva posizionare la terra corrispondente a ogni stagione e in qualsiasi momento del giorno (al polo sud magnetico). In questo esperimento usò il secondo tubo di vetro di 12 litri. Sostenuto ad una estremità con una cerniera, disposizione che rese possibile inclinare il tubo di 23,5° sopra e sotto il piano orizzontale. La terrella aveva un nucleo magnetico inclinato ed era sospesa, al polo nord geografico, da un giunto universale. In questo modo riuscì a mantenere l’asse nord-sud verticale quando il tubo veniva inclinato. Il terrella poteva essere ruotato, e poiché
l’asse magnetico è diverso dall’asse geografico, Birkeland riuscì con questa configurazione a mettere il polo magnetico in posizioni corrispondenti alle diverse ore del giorno e la notte. Il catodo, che rappresentava il sole era situato all’estremità del tubo, vicino alla cerniera. Il terrella era sostenuto dall’altro terminale in prossimità della piastra di vetro piano. Con questa costruzione poteva simulare le variazioni dell’angolo tra i raggi catodici provenienti dal Sole e l’asse di rotazione della Terra inclinando il tubo e quindi simulare le variazioni stagionali. Ruotando la terrella attorno ad un asse verticale ha ottenuto la rivoluzione diurna della Terra, e quindi il movimento diurno del polo magnetico. Il tutto è stato ricostruito in Fig. 12 e Fig. 13 (vedi le 8 fotografie) scattate da diverse angolazioni durante il solstizio d’inverno, con il polo sud magnetico in posizione all’alba.

Figura 13 : Foto della terrella, effettuate da diversi angoli di ripresa con il tubo in posizione corrispondente al solstizio d’inverno e il polo sud magnetico sud, posizionato alle ore 6 AM.

Birkeland considerava la forma a spirale degli ovali aurorali come una scoperta molto significativa, in riferimento ai tentativi errati, fatti per spiegare le osservazioni diurne errate di archi aurorali. Queste interpretazioni sono per lo più obsolete oggi, ma ancora una volta le indagini hanno individuato un problema importante per ulteriori studi.

Figura 12: Disposizione geometrica per studiare le variazioni stagionali e diurne dell’ovale aurorale.

Simone Becuzzi

Fine 6°parte

Gli esperimenti di Birkeland -Terella- e la loro importanza per la moderna sinergia di laboratorio e lo studio dei plasmi – 5° parte –

Risultati di laboratorio relativi alle osservazioni geofisiche

Il 5 aprile., 1741 0. P. Hiorter in Uppsala scoprì che le aurore sembravano agitare uno ago magnetico, e nel 1826 HC Orsted spiegò questa fenomenologia come una scarica elettrica lungo l’arco aurorale. Nel 1770 JC Wilcke notò che i raggi dell’aurora si estendevano verso l’alto lungo il campo magnetico. Così, nel periodo di Birkeland i geofisici erano ben consapevoli del legame intimo tra Aurora e perturbazioni del campo geomagnetico.

Nel periodo 1825-1850 H. Schwabe effettuò delle registrazioni sistematiche sulle macchie solari, e nel 1844 scoprì il ciclo solare delle macchie. Ben presto si rese conto che il verificarsi delle aurore era fortemente legato a questo ciclo, e nel 1851 E. Sabine mostrò che l’intensità dei disturbi geomagnetici variavano anche in concomitanza con il ciclo delle macchie solari. Durante la prima metà del XIX secolo venne realizzato un network globale di magnetometri distanziati, distribuiti in tutte le colonie britanniche, e studiati metodi per separare i contributi apportati al campo geomagnetico dalle correnti all’interno della terra, da quelli nell’atmosfera. Dopo aver affermato la sua ipotesi aurorale Birkeland si rese conto che uno studio più approfondito sulle responsabilità delle perturbazioni magnetiche poteva essere una chiave per la comprensione dell’interazione solare-terrestre.

Uno dei problemi principali al’epoca era però che gli osservatori magnetici si trovavano a basse o medie  latitudini, mentre le perturbazioni più interessanti si svolgevano nelle regioni polari. Birkeland organizzò quindi una spedizione nel nord della Norvegia nel febbraio e marzo 1897, ma questa impresa si rivelò un completo fallimento, dal momento che non erano preparati per delle condizioni invernali molto difficili in queste regioni. Tuttavia, l’esperienza pratica ricavata in quella spedizione fu molto utile per la seconda spedizione del 1899-1900, che si rilevò un grande successo.

Figura 8: Birkeland e il suo assistente Olav Devik con la camera da 1000 litri e un terrella da cm 36 (1913)

Le sue osservazioni sulle due cime delle montagne, Halddetop e Talviktop durante l’inverno chiarirono che le precipitazioni aurorali dovevano essere collegate con forti correnti nell’alta atmosfera, e nella sua relazione della spedizione, B. concluse che le stesse particelle che producono l’aurora producono anche delle correnti elettriche che provocano le perturbazioni magnetiche. Questo può sembrare ovvio oggi, ma bisogna tenere a mente che questa affermazione si colloca a solo pochi anni dopo la scoperta dell’elettrone, e non è generalmente accettato che tutte le correnti elettriche sono trasportate da particelle subatomiche cariche elettricamente. Tuttavia il modello di perturbazioni magnetiche risultò essere estremamente complesso, e Birkeland ritenne di dover incrementare le osservazioni della rete globale di stazioni, nella regione polare. Questa fu la base per la sua terza spedizione del 1902-1903, dove eresse quattro ampi osservatori distanziati nella regione artica. In queste stazioni eseguì registrazioni magnetiche e aurorali, misure di correnti elettriche atmosferiche e della terra, e osservazioni meteorologiche.

Le registrazioni di queste stazioni vennero combinate con i dati da lui raccolti da osservatori magnetici distribuiti in tutto il mondo, questo lo rese in grado di creare delle mappe globali sulle perturbazioni magnetiche. Dalla meticolosa analisi di questi modelli, divise le perturbazioni geomagnetiche in tre categorie principali, le perturbazioni equatoriali, le tempeste polari elementari, e le tempeste ciclico mediane.

Le perturbazioni equatoriali corrispondono a ciò che ora noi chiamiamo le tempeste geomagnetiche, e sono causate da correnti perturbate verso est o verso ovest vicino al piano equatoriale. Birkeland eseguì esperimenti terrella che dimostrarono l’esistenza delle fasce di radiazione.

Nella figura sopra riportata, si osserva un anello luminoso, che Birkeland attribuì al movimento a spirale degli elettroni verso est in prossimità del piano equatoriale, che costituisce un anello di corrente. Tuttavia, le perturbazioni equatoriali vennero divise in due tipi, positive e negative, corrispondenti a correnti perturbate verso est e verso ovest rispettivamente, mentre l’anello di corrente è diretto verso ovest. Nella sua discussione di questo problema ha scritto:

“….Se, invece, abbiamo ipotizzato l’esistenza permanente di un anello, potremmo immaginare la perturbazione (positiva) essere spiegata da una diminuzione nella forza di questa corrente. Questa spiegazione è molto improbabile e inutile…”

Questo è ciò che si crede oggi essere la spiegazione corretta, ma Birkeland la abbandona in seguito a delle osservazioni che effettuò su una terrella dotata di uno schermo verticale. Una deriva verso est di elettroni intrappolati doveva dare illuminazione del lato ovest dello schermo, riferisce B., ma l’esperimento, mostrò il risultato opposto, come evidenziato in Fig. 9a.

Figura 9: (a) Esperimento sugli effetti della corrente sull’anello con schermo verticale. Si noti che il lato est dello schermo è illuminato, mentre una corrente di elettroni intrappolati farebbe illuminare il lato ovest (vedi la discussione nel testo). (b) Le illuminazioni sullo schermo lungo il campo magnetico sono state interpretate come dovute all’allineamento del campo.

Birkeland tentò di spiegare questo risultato con una particolare teoria delle traiettorie Starmer, ma queste particelle non rimasero intrappolate, e non potevano contribuire quindi in maniera permanente con gli anelli di corrente esistenti. La sua spiegazione alternativa fu molto vaga, e ammise che era ben lontano dalla soluzione definitiva. Questo è un classico esempio, in cui gli esperimenti Terrella lo hanno portato fuori strada, e ci sono certamente molti altri esempi. La cosa importante, però, è che egli individuò il problema, lasciando la soluzione finale per le indagini in seguito.

 

Simone Becuzzi

Fine 5°parte

Gli esperimenti di Birkeland -Terella- e la loro importanza per la moderna sinergia di laboratorio e lo studio dei plasmi – 4° parte –

Evoluzione degli esperimenti ed idee

Gli esperimenti che simulano la luce zodiacale e gli anelli di Saturno guidano Birkeland alle scoperte che sembrano essere di grande importanza. Negli anni a seguire B. sviluppò una grande teoria sull’origine del sistema solare. Egli credeva che le macchie solari erano i punti di partenza di enorme scariche elettriche dal sole nello spazio, che ancora una volta erano la fonte di aurore boreali, di luci zodiacali e anche i pianeti. Durante gli esperimenti precedenti aveva visto che i disturbi degli scarichi potevano irradiarsi da punti sulla superficie catodica del terrella. Con una bassa pressione dei gas e una scarica molto elevata di corrente e senza campo magnetico attorno alla terrella, si potevano creare archi da punti sulla superficie, all’anodo del disco e alle pareti della camera.

Questa è stata nuovamente la stessa configurazione di scarico che utilizzò per produrre la luce zodiacale e gli anelli di Saturno, ma con parametri diversi. Queste scariche puntiformi che si sviluppano su tutta la superficie del terrella, sono state interpretate da Birkeland come piccoli modelli di macchie solari. Egli ha osservato che le macchie erano più facili da fare quando la superficie era ruvida. Nell’introdurre il campo magnetico sulla terrella, ha osservato che le macchie erano raggruppate in due zone ad una certa latitudine magnetica nord e sud. Aumentando il campo le zone si avvicinavano all’equatore della sfera. All’aumentare del campo magnetico delle macchie solari hanno girato in bande luminose che si sono fuse all’equatore 🙂 (vedi figura n°6). Dopo l’esecuzione degli scarichi, prese il terrella e lo studiò con un microscopio, e osservò piccoli crateri nei punti in cui erano avvenuti. Questa osservazione supportò la sua ipotesi in base alla quale la massa viene “buttata fuori dal Sole” durante le eruzioni solari. Parte di questa polvere atomica, ricade sulla superficie del Sole, un po’ scompare nello spazio, e un po’ finisce in orbita attorno al Sole, e lentamente si aggrega insieme per formare i pianeti. Egli considerava la cintura degli asteroidi come masse a metà strada nel processo dalla polvere solare ai pianeti. Con l’aumentare della pressione del gas i raggi non erano più emessi radialmente dalla superficie del globo, ma formavano forme simili a stelle o vortici intorno alle macchie eruttive. Egli considerava tale fenomeno molto importante, e cercò di fotografarlo. Le sue camere sottovuoto, però, non funzionarono più secondo le sue aspettative, e di conseguenza una nuova camera di 320 litri venne costruita. Camera nella quale continuò le sue simulazioni delle macchie solari (terrella di 24 cm). B. scoprì che questa camera non era più utile per la produzione di macchie solari in modo convenzionale, ma poteva facilmente produrre simili scarichi cambiando la polarità.

In un set-up con una bassa pressione, nessun campo applicato alla terrella e lo scarico a attraversato da una bassa corrente ottenne dei  fenomeni dove l’intera terrella era coperta dal bagliore del catodo. Questo è stato descritto da Birkeland come una “luce che assomiglia alla corona del sole “. Nella camera da 320 litri eseguì esperimenti sulla luce zodiacale, sugli anelli di Saturno, sulle macchie solari, sulla corona del Sole e sulla propulsione spaziale a raggi catodici.

Figura n°6: Le foto mostrano le “macchie solari” su uno dei terrella più piccoli. I punti sono punti caldi su un catodo a superficie ruvida (il terrella) in una scarica ad alta tensione. In assenza di campo magnetico le macchie sono diffuse in tutta la terrella (a sinistra), mentre con un campo magnetico le macchie sono concentrate, distribuite su due cinture (a destra).

Tuttavia, appena gli esperimenti si sono affinati, si è rivelato essere uno svantaggio avere il piano ed il soffitto realizzati in lamiera d’acciaio magnetizzabile, in particolare con terrella grandi. Molti fenomeni sono stati influenzati dal magnetismo di queste piastre, e il problema venne risolto solo mediante una lega differente e un ulteriore aumento della dimensione della camera. La camera successiva aveva un volume di 1000 litri, con un terrella 36 cm. Questa volta il piano ed il soffitto vennero realizzati di bronzo, e lo spessore delle lastre di vetro per le finestre fu progettato per essere di 5 cm.

Birkeland espresse soddisfazione e gioia per la semplicità e la bellezza degli esperimenti in questa camera sottovuoto. Egli ha osservato che gli esperimenti divennero sempre più interessanti con l’aumentare della scala. Un sguardo può ora essere sufficiente per mostrare il verificarsi di fenomeni che in precedenza, solo con molti problemi, potevano essere dedotti da una lunga serie di esperimenti. Gli studi di simulazione dei fenomeni solari e cosmici non sono stati eseguiti nella stessa sistematica modalità come per l’aurora. I dati provenienti da quest’ultimi esperimenti divennero più scarsi, e furono quasi del tutto assenti, nel suo ultimo esperimento con camera più grande.

Oggi, si ha l’impressione che le manifestazioni dietro le pareti di vetro e la loro somiglianza con i fenomeni naturali siano da considerare come conferma sufficiente delle sue teorie. Birkeland in sostanza utilizzava gli esperimenti come veri e propri generatori di idee, era ben consapevole che non poteva contemporaneamente modellare tutti gli aspetti di un fenomeno cosmico in una scatola di vetro.

Le sue grandi ipotesi “sull’origine dei mondi” sono state senza dubbio ispirate dagli
esperimenti terrella, ma certamente non aveva i mezzi attraverso i quali poteva simulare la formazione del sistema solare e dei pianeti nel suo laboratorio. Dalle descrizioni dei suoi ultimi esperimenti si ha l’impressione che egli non avesse più la pazienza e l’autodisciplina per eseguire una serie di attività di laboratorio accurate e sistematiche, nonostante i grandi progressi che aveva fatto in tecniche sperimentali nel corso del precedente decennio. Non è improbabile che questo sviluppo sia stato legato al suo cambiamento di interesse verso maggiore problemi cosmologici, che erano impossibili da esaminare in dettaglio in laboratorio. È altresì possibile, tuttavia, che fosse un riflesso della sua ridotta capacità fisica e mentale, che stava diventando abbastanza evidente intorno al 1913. Le diagnostiche delle scariche sulla terrella si sono limitate all’ispezione visiva e alla fotografia, ed è ovvio che le diagnosi più raffinate erano inesistenti.

Figura n°7: (a) Punti di scarico fatti nella camera da 320 litri con le superfici superiore e inferiore come catodo e il terrella da 24 cm come anodo. (b) Simulazione della corona solare eseguita con la terrella da cm 24 e un campo magnetico estremamente basso.

Birkeland era ben consapevole delle carenze di tracciamento di particelle in dati campi, e nel suo lavoro sul sistema solare, ha lottato con lo sviluppo del nuovo concetto di un mezzo costituito da particelle caricate positivamente e negativamente e polvere, governato
da parte delle forze elettriche e magnetiche. Ha usato una terminologia diversa per descrivere il medio riempimento delle sue camere di scarico e lo spazio interplanetario.

Espressioni come gas rarefatto e luminoso, o materia brillante, e il quarto stato della materia sono state utilizzate in varie occasioni, in cui uno scrittore moderno avrebbe potuto utilizzare la parola plasma.

 

Simone Becuzzi

Fine 4°parte

Gli esperimenti di Birkeland -Terella- e la loro importanza per la moderna sinergia di laboratorio e lo studio dei plasmi – 3° parte –

Evoluzione degli esperimenti ed idee

Dieci differenti terrella sono stati descritti da Birkeland con diametri da 2,5 a 36 cm. Nel primi esperimenti, realizzati nell’autunno del 1900, Birkeland utilizzò due Terrella da 5,0 e 7,5 cm. di diametro. Gli avvolgimenti degli elettromagneti erano sferici e circondati da un sottile rivestimento di ottone con uno strato di bario platinocyanide BaPt(CN)4.

http://en.wikipedia.org/wiki/Platinocyanide

Birkeland era consapevole che non avrebbe potuto mai raggiungere condizioni di somiglianza con il magnetismo naturale terrestre. Con una terrella di 7,5 cm. e 1.7×10^8 volte più piccola del diametro della terra, richiederebbe un analogo campo magnetico che circonda la sfera di 1,7×10 volte più forte di intensità del campo geomagnetico, certamente impossibile da realizzare nella pratica.

Per fortuna osservò che i fenomeni luminosi non variano troppo con la forza magnetica del terrella, purché la forza raggiunga un determinato valore considerevole. Tutti gli altri esperimenti terrella di Birkeland sono stati descritti nel trattato della terza spedizione artica, che copre il suo lavoro di laboratorio dal 1901 al 1913. Molti degli esperimenti sono stati eseguiti con una terrella, dove la bobina e quindi l’asse magnetico erano inclinati rispetto all’asse verticale. Durante gli esperimenti era in grado di ruotare le terrella attorno all’asse verticale, e in questo modo ha studiato l’effetto della eccentricità dei poli magnetici della Terra sull’aurora. Al primo avvio degli esperimenti sistematici con le terrella B. usò dei tubi cilindrici, con un volume di circa 12 litri, come mostrato nella figura n°3 (vedi il precedente articolo). Gli esperimenti con questo tubo sono stati anche utilizzati per il confronto con i calcoli orbitali di Carl Stirmer. Per un confronto diretto con modelli sono stati fatti esperimenti per la visualizzazione delle traiettorie nello spazio, come mostrato in figura n° 4. Quando in laboratorio Birkeland effettuò la simulazione dell’aurora, dovette dare alla terrella una sorta di atmosfera. Questo problema venne risolto in vari modi. Nei primi deboli scarichi la superficie della terrella era coperta da una vernice fosforescente che produceva una luce visibile quando veniva colpita dai raggi. In seguito sviluppò un altro metodo che rese più facile osservare i raggi nello spazio circostante, facendo passare una corrente elevata attraverso la bobina di magnetizzazione, la superficie della terrella diventava più calda e emanava dei gas. B. poi riduceva il campo magnetico al valore desiderato, accendeva lo scarico, ed effettuava le fotografie. Un terzo metodo era quello di coprire la superficie con uno strato sottile di olio, che evaporava durante lo scarico.

Figura 4: Un confronto tra un esperimento terrella (a sinistra) e un modello che mostra le traiettorie calcolate dal professor Stirmer per l’esperimento. Questo esperimento è stato eseguito nel luglio del 1907 nel primo tubo di vetro da 12 litri, e mostra le regioni lungo la “zona aurorale” illuminate.

La Figura n°4 mostra una terrella con un grande schermo verticale. Con gli scarichi a bassa intensità era possibile vedere dove i raggi catodici colpivano la terrella dalla fosforescenza della superficie. Per poter vedere le traiettorie dei raggi prima che colpissero la terrella, il setup era fornito di lamine (chiamate schermi piatti da Birkeland), che erano verniciate con un materiale fosforescente. Ci sono schermi verticali ed orizzontali, schermi con fori e fenditure, l’intero dispositivo è costituito fino ad un massimo di otto schermi per terrella, schermi con perni, combinazioni di schermi e spille puntati sulla superficie della terrella, e così via. I perni creano ombre che forniscono informazioni sui percorsi dei raggi. Dal 1895-1908 tutti i suoi esperimenti di laboratorio, compresi gli studi aurorali, sono stati eseguiti in fragili tubi di vetro, dove la rifrazione della luce attraverso le pareti di vetro curvato tendevano a dare informazioni distorte effettuate le fotografie. Guidato da tali carenze Birkeland progettò quindi una nuova camera sperimentale a forma di scatola che nella parte superiore e sul fondo riportava delle lastre di metallo, vetro e finestre sui quattro lati. Il volume totale di questa nuova scatola era di 22 litri, le lastre di vetro o finestre avevano un’area di circa 20 x 45 e 20 x 25 cm ed uno spessore di 2.0 cm. Con questa struttura perfezionata continuò lo studio degli scarichi con lo scopo di ottenere una chiara idea del percorso dei raggi intorno alle terrella magnetizzate. Uno dei motivi che lo spinsero a continuare la ricerca sperimentale su questo problema era il suo scetticismo per i modelli matematici. Finché i modelli matematici non saranno perfetti, l’utilità di questi calcoli sarà limitata. In quel momento, durante l’inverno 1910-1911, l’interesse del laboratorio di Birkeland si trasferisce dall’aurora boreale ai fenomeni cosmici e solari. In quel periodo iniziò con una serie di esperimenti completamente nuovi nel camera da 22 litri, ora simulando il Sole, ora Saturno e una coda di cometa. In molti dei suoi esperimenti aurorali Birkeland si  soffermò sul fenomeni che potrebbero servire da un punto di partenza per una spiegazione della luce zodiacale.

http://it.wikipedia.org/wiki/Luce_zodiacale

In astronomia, la luce zodiacale è una debole luminosità che appare lungo l’eclittica, in particolare nelle vicinanze del Sole. Nel cielo occidentale il periodo migliore per osservarla è la primavera, dopo che luci del tramonto sono completamente scomparse, mentre nel cielo orientale è più favorevole l’autunno subito prima dell’alba. È così debole da essere completamente invisibile se la Luna è presente in cielo o se si proietta sulla Via Lattea. La luce zodiacale decresce di intensità allontanandosi dal Sole, ma in notti molto buie è stato osservato un cerchio completo attorno all’eclittica.

B. credeva che questa luce avveniva a causa degli scarichi, come l’aurora, e cercò di simularla nel suo laboratorio. Il setup di questo sperimento era molto simile a quello per l’aurora, ma la polarità della scarica era differente. Il terrella, era senza rivestimento fosforescente, era negativo e serviva come il catodo per simulare il sole.

Per quanto si può accertare dal testo, questo era il suo solito modo di collegare l’apparecchio quando faceva esperimenti per simulare la luce zodiacale, le macchie solari e gli anelli di Saturno. La sua spiegazione della luce zodiacale era che le nubi di polvere atomica o “atomic dust” provenienti dal Sole, erano distribuite in uno strato molto sottile del piano equatoriale solare, ed erano illuminate da una sorta di scarica cosmica. Dimostrò questo per la prima volta eseguendo scarichi con una Terrella da 8 cm. Con la terrella altamente magnetizzata e con una piccola scarica di corrente avrebbe potuto creare una sottile e piatta figura luminosa nel piano equatoriale della terrella. In condizioni ideali, avrebbe potuto produrre anelli nettamente visibili sul vetro delle finestre.

B. scrive che se fosse stato in possesso di una quantità sufficienti di bromuro di radio puro, avrebbe rivestito l’equatore della terrella più altamente magnetizzata e avrebbe osservato se altri anelli di raggi Alfa e Beta si sarebbero sviluppati in aggiunta agli anelli di raggi catodici. Questo commento riflette la concezione prevalente in quel periodo della materia come composta da atomi neutri e da tre tipi di raggi corpuscolari noti. Tuttavia, più tardi Birkeland espresse idee circa la materia interplanetaria che erano molto più vicine al moderno concetto di plasmi polverosi. Nel 1910, durante il passaggio della cometa di Halley, Birkeland formulò una spiegazione sulla formazione della coda della cometa. Egli suggerì che, quando le comete si avvicinano al Sole, si caricano di un elevato potenziale negativo di raggi provenienti dalle zone intorno alle macchie solari. Uno stretto rapporto catodo-anodo è impostato e lo scarico visibile avviene attraverso la fuoriuscita di gas dal nocciolo della cometa. Anche questa teoria è stata testata in laboratorio da B. che credeva che i nuclei delle comete fossero carboniosi, ed effettuò numerosi sperimenti di scarico con il carbonio in forme diverse.

La disintegrazione e l’emissione di luce dal carbonio fu una conferma a l’idea di Birkeland, che la coda fosse formata dalla fuoriuscita di gas letteralmente “acceso” dalla scarica. Egli simulò anche la cometa penetrando dall’esterno nella camera sottovuoto un ago d’argento cavo e sottile. Con delle pompe in azione, che soffiavano un debole flusso di CO2, attraverso l’ago nello spazio, riuscì a creare una scarica tra l’ago e l’anodo. L’ago fungeva da catodo. Con cura e attenzione regolando il flusso di gas e la tensione di scarica avrebbe potuto ottenere una sottile luce ripresa fuori dalla “cometa“. Nella descrizione del suo primo esperimento terrella nel 1900 Birkeland scriveva : “ In  qualche esperimento ho visto tre anelli luminosi nella terrella. Oltre ai due classici anelli nelle regioni polari, talvolta ha potuto osservare un terzo anello, che circondava il modello della Terra quasi come gli anelli di Saturno….” Più tardi, durante i suoi studi sistematici di laboratorio sull’aurora, descrive questo fenomeno, dicendo che era piuttosto difficile da realizzare in condizioni standard di sperimentazione. Dieci anni più tardi iniziò le simulazioni sistematiche degli anelli di Saturno. Egli scoprì che erano facilmente riproducibili cambiando la polarità della scarica. In realtà, questo fu lo stesso set-up usato per simulare la luce zodiacale, ma i parametri di scarico furono differenti. In un nuovo box da 70 litri con le scariche creò da tre a cinque anelli equatoriali attorno al terrella. La spiegazione di questi anelli era simile a quella della luce zodiacale. Una costante radiazione elettrica dal pianeta è accompagnata da una espulsione di piccole particelle di materiale (evaporazione elettrica), e queste particelle formano gli anelli. Le analogie di laboratorio con questa evaporazione è ciò che oggi viene chiamato sputtering.

http://it.wikipedia.org/wiki/Polverizzazione_catodica

La polverizzazione catodica (o sputtering in inglese, letteralmente “spruzzamento” in italiano) è un processo per il quale si ha emissione di atomi, ioni o frammenti molecolari da un materiale solido detto bersaglio (target) bombardato con un fascio di particelle energetiche (generalmente ioni).

Gli esperimenti Terrella che simulano la luce zodiacale e gli anelli di Saturno sono mostrati in figura n°5 .

Per gli studi del fenomeno di sputtering, Birkeland effettuò diversi esperimenti in una campana di vetro nella quale era stato fatto il vuoto e posta all’interno di forte campo magnetico. Studiò la disintegrazione dei catodi di palladio dovuti ad una potente scarica, e la deposizione del palladio sulle pareti di vetro. In altre parole, dimostrò che il materiale può essere gettato da un giunto catodico attivo e guidato da un campo magnetico.

Anche dal globo magnetico, che agisce come catodo nella camera sotto vuoto, il materiale è stato buttato fuori nel piano equatoriale. Questo si deduce dall’annerimento delle lastre di vetro situate vicino alla terrella.

B. conclude questo studio affermando di credere che Saturno getta tonnellate di materia ogni giorno negli anelli, e che gli anelli sono costantemente riforniti. Ha anche ipotizzato che le lune del pianeta potrebbero essersi formate da tale materiale espulso. Sotto l’influenza di forze gravitazionali, la polvere negli anelli di Saturno si sarebbe potuto aggregare, formando più lune, e alla fine gli anelli di polvere sarebbero scomparsi. Anche i pianeti del sistema solare potrebbero essere stati formati dalla stessa materia elettricamente espulsa dal sole.

Figura 5: (a) Luce zodiacale. Nel centro della figura abbiamo una piccola terrella di 2,5 cm. di diametro, come il Sole. Il terrella è coperto da un bagliore, la corona solare, e la luce zodiacale si vede come un sottile disco di luce nel piano equatoriale del terrella. (b) Anelli di Saturno. Questo esperimento è stato eseguito nella terza camera da 320 litri e con un terrella da 24 centimetri. Il terrella agisce come un catodo ed è stato fortemente magnetizzato.

 

Simone Becuzzi

Fine 3°parte