A partire dalla metà del XIV secolo, si è assistito ad un graduale calo della temperatura media globale (probabilmente particolarmente accentuata in Europa), con un’espansione notevole dei ghiacciai alpini (con un culmine nel XIX secolo) e con l’inizio di una serie di inverni spesso molto rigidi. Tale periodo è soprannominato Piccola era glaciale, ed ebbe una durata di circa cinque secoli (fino a circa la metà dell’Ottocento), alla fine dei quali è iniziata la risalita termica che ci accompagna fino ai giorni nostri.
PRIMA PARTE DELLA PICCOLA ERA GLACIALE DAL XV al XVII SECOLO
Sembrerebbe che il periodo in cui si iniziarono a segnare i dati meteorologici con sistematicità è collocabile agli inizi del XVIII secolo, in Europa. Localmente erano già in uso i primi termometri prima di allora, ma una diffusione più estesa della misurazione del tempo si ebbe appunto con il trascorrere dei decenni del XVIII secolo. In realtà le segnalazioni meteorologiche venivano effettuate già da diversi secoli prima, ma in mancanza di misurazioni effettive troviamo numerosi scritti antecedenti a tale periodo che ci danno un’idea complessiva dei periodi più o meno freddi che si sono avuti subito dopo il periodo caldo medievale in Europa. Di una gran mole di dati che si hanno a disposizione di diverse zone, ovviamente quelli più dettagliati sono quelli riferiti agli Inverni degli ultimi tre secoli, ma è probabile che la serie di Invernate più rigide in assoluto si sia registrata nel 1400; è a questo secolo che infatti apparterrebbe l’Inverno forse più freddo dell’ultimo millennio, insieme al già noto inverno 1708-1709, ovvero il freddo inverno tra il 1407 e il 1408.
Si ha notizia che i ghiacci polari lambirono addirittura il Nord della Scozia, e che l’inverno fu particolarmente rigido in Inghilterra, dove il Tamigi a Londra gelò per la durata record di 14 settimane consecutive. Si stima che durante le fasi più crude di quella tremenda invernata le temperature in Pianura Padana siano scese sotto i -30 °C con danni ingenti e numerose vittime che morivano assiderate per strada o nei loro letti.
C’è da considerare che in quegli anni la disposizione delle figure bariche era una costante di anticicloni termici russi protesi da est verso ovest, per cui il grande gelo arrivava senza difficoltà in Europa Centro-Occidentale, con ciclogenesi a carattere freddo centrate sul Mediterraneo Centrale.
Un altro inverno estremamente freddo fu il 1431-1432, in Italia il fiume Po gelò per oltre due mesi, la Laguna di Venezia faceva da sostegno ai carri che passavano da Mestre fino a Venezia, gelata in profondità. Al Nord Italia sono documentate ingenti precipitazioni nevose, tanto da superare in altezza una persona, nell’inverno 1448-1449.
Dal 1455 in poi, troviamo una serie di inverni freddi, ove sistematicamente gelarono (anche a più riprese) tutti i fiumi del Nord Italia:
1454-1455 (gela il Panaro in Emilia-Romagna tanto da poterci passare i carri)
1457-1458
1458-1459
1468-1469 (inverno freddissimo in Francia, si ghiaccia il vino delle botti)
1469-1470
1474-1475
1475-1476
1476-1477
1481-1482 (inverno freddo e nevosissimo in Pianura Padana)
Dopo questa serie, giunsero quattro trimestri quasi consecutivi degni di nota, il 1489/1490 (Laguna Veneta sempre gelata, così come il Po e l’Arno, nevicò a Venezia per 12 giorni consecutivi), che tra le altre cose comportò una tardivissima recrudescenza del freddo a fine maggio, il successivo 1490/1491, che vide un prolungamento del freddo invernale fino ai primi di giugno, quando riuscì a nevicare a Bologna il 1º giugno con 32 cm di accumulo, così come nevicò (pur con accumuli inferiori) a Ferrara tre giorni dopo, con conseguenti gelate mattutine fuori stagione, il 1492/1493, con Firenze paralizzata per settimane dalla neve, e non ultimo, l’inverno 1493-1494, quando il porto di Genova gelò completamente.
Dopo una breve parentesi di inverni miti a cavallo fra XV e XVI secolo, arrivò una nuova serie di inverni molto freddi:
1505-1506
1509-1510
1510-1511 (storiche nevicate al Nord Italia)
1514-1515
1522-1523
Da questo momento in poi, si assistette ad una temporanea pausa del grande freddo, probabilmente in concomitanza con la fine del minimo solare di Spörer, si ebbero infatti invernate parecchio miti e soprattutto siccitose, specie tra il 1528 ed il 1542.
Vent’anni dopo circa, ricominciò di nuovo un ciclo di trimestri molto freddi, con il culmine nell’inverno 1564-1565, il più freddo del XVI secolo; è proprio questo il periodo in cui il celebre pittore Pieter Brueghel il Vecchio trasse ispirazione per il suo dipinto Cacciatori nella neve, che raffigura cacciatori immersi in un paesaggio fiammingo completamente innevato.
Si assistette, oltre al ritorno di Inverni rigidi, anche ad un raffreddamento delle altre tre stagioni; in questo modo il pack presente fra Groenlandia e Islanda non faceva in tempo a sciogliersi durante i periodi non invernali, di conseguenza restava presente tutto l’anno.
Esistono, poi, altri trimestri invernali dell’epoca da citare:
1547-1548 (freddissimo soprattutto in Italia, dove gela il Lago di Garda)
1568-1569
1570-1571 (a Torino, in gennaio, è attestato uno spessore di circa due metri di neve)
1572-1573 (gela il porto di Marsiglia)
A seguire, si annoverano come decisamente freddi tutti gli inverni dell’ultimo decennio del Cinquecento.
Il 1600 cominciò con uno degli inverni più miti in Europa del secondo millennio, il 1606-1607, a cui però fece seguito uno dei più freddi, insieme al 1407-1408 e 1708-1709, il 1607-1608, sicuramente il più freddo Inverno del XVII secolo; inverno lunghissimo in Italia, in Veneto crollarono parecchi tetti delle case sotto il peso della neve, a Bologna i carri non potevano circolare poiché le strade e le vie erano immerse in accumuli di neve. A Venezia crollarono tetti sotto il peso della neve. La Cronaca del padovano Nicolò De Rossi è un esempio di quale fosse la portata delle nevicate di quel periodo:
«In quest’anno molto calamitoso per le continue e grandissime neve che per due mesi e mezzo, che veramente mostrò un diluvio grande di neve che fu cosa inaudita il vedere una tanta quantità che per memoria di vecchi non si ricorda mai tanto naufragio che a pena si potevano vedere li huomini da una parte e l’altra delle strade, li coperti delle case non erano sicuri perché bisognavano che con forti travi fossero appuntellati, e continuamente ogni altro giorno farla gettare giù nelle strade con gran spesa…..»
(manoscritto della Biblioteca Civica di Padova, seg. B, pag. 147)
Da questo momento in poi, pare che gli inverni si siano acutizzati maggiormente in Gran Bretagna, ove ad esempio il Tamigi gelò quasi tutti gli inverni ormai (basti pensare che se gelasse di questi tempi sarebbe un evento storico). Da citare i seguenti inverni del periodo:
1613-1614
1634-1635
1648-1649
1651-1652 (il Mar Baltico è gelato per gran parte dell’anno)
1655-1656 (uno dei più freddi del secolo)
1657-1658 (nevica tantissimo nel Sud dell’Inghilterra)
1662-1663
1666-1667 (gela la Senna in Francia per tre settimane)
1671-1672 (uno dei più freddi di sempre nei Paesi Bassi)
Gli inverni a cavallo tra gli anni settanta e gli anni ottanta del XVII secolo furono straordinariamente nevosi sull’Italia settentrionale, tanto che a Torino nevicò in ben 144 occasioni tra il 1675 e il 1681. Citazione a parte, in ogni caso, merita sicuramente l’inverno 1683-1684: probabilmente si tratta del trimestre invernale più freddo di tutti i tempi in Inghilterra; il Tamigi rimase completamente gelato per oltre tre mesi, tutte le attività sportive si svolsero sopra i ghiacci del fiume londinese, dove si effettuò la più grande fiera mai tenutasi, la cosiddetta “Fiera sul Ghiaccio”. La disposizione barica di quell’Inverno, che vedeva un anticiclone termico russo-siberiano disteso enormemente verso Ovest coprendo l’intera Europa Occidentale, provocò un freddo intensissimo anche in Francia e Spagna, mentre l’Italia e il Mar Mediterraneo centrale erano sede di depressioni (da contrasto igrotermico) a carattere freddo; per questo motivo, nevicò in modo abbondantissimo in molti luoghi, perfino nella solitamente mite Roma, consecutivamente, per più giorni; pare riuscì a gelare anche parte del Nord Adriatico, così come tutti i grandi laghi e fiumi svizzeri.
Anche il successivo 1684-1685 fu molto freddo, anche se in tono minore, poi, dopo una breve pausa, tutti gli inverni dal 1691 al 1695 risultarono molto rigidi.
Nel corso del XVII secolo, il Tamigi gelò completamente dodici volte fra il 1608 e il 1695, tanto che sul pack ghiacciato si tennero giochi e sfilate, e furono costruite baracche per piccoli commerci. Ad Amsterdam i canali si trasformarono in piste di ghiaccio.[7]. Nel corso di questo secolo, i ghiacciai alpini raggiunsero la loro massima estensione. Villaggi della Savoia e del Tirolo furono travolti dall’avanzata delle lingue glaciali, e gli abitanti di questi territori furono costretti a spostarsi altrove.
INVERNI DEL XVIII SECOLO, IL GELIDO GENNAIO 1709
Finalmente a partire dai primi anni del Settecento possiamo trovare numerosi dati di prime stazioni amatoriali, diventate col tempo ufficiali, proprio in concomitanza di quello che, secondo gli studiosi, è considerato in Europa l’Inverno in assoluto più freddo di tutta l’epoca moderna e contemporanea, quello in cui probabilmente si raggiunsero i picchi più bassi in parecchie zone del continente e quello che severamente colpì in particolar modo l’Europa Centrale, la Francia e l’Italia, il 1708-1709.[9]
Ad onor del vero, gran parte del gelo eccezionale si concentrò nel solo mese di gennaio, e nemmeno per tutto il mese, ma fu talmente forte ed esteso da condizionare la media climatica di tutto il trimestre (che non fu comunque mite, anzi); basti pensare che la media di gennaio a Berlino fu di -13,2 °C, ovvero circa 12 °C sotto la media mensile e il mese ovviamente più freddo di tutta la sua storia, almeno dal 1700 in poi. La capitale tedesca registrò un minimo di -29,4 °C quel mese, con svariate minime sotto i -25 °C e massime sotto i -20 °C.
Il gelo fu più che eccezionale: iniziò la notte dell’Epifania, gelarono in poche ore tutti i fiumi, laghi, pozzi (gelata completa del lago di Garda, unica volta nella sua storia), in una situazione barica probabilmente che vedeva un anticiclone termico russo estesissimo fin verso la Francia e Spagna, con i nuclei gelidi più intensi in discesa proprio verso la Germania e l’Italia (probabilmente questa volta fu meno colpito il Regno Unito visto l’asse più meridionale dell’Anticiclone, anche se quasi nessuna zona fu risparmiata): la cronaca di quei giorni parla di gelo eccezionale a Parigi, col termometro sceso fino a -23,1 °C, tutti i grandi fiumi dell’Europa Centro-Occidentale riuscirono a gelare, addirittura riuscì a gelare la foce del fiume Tago a Lisbona; gelarono tutti i grandi porti come Barcellona, Marsiglia, Genova, Venezia, addirittura il mare riuscì a gelare fino a Livorno, si seccarono tutte le piante di ulivo, tutti i vigneti e gli agrumi andarono persi.
A Venezia la temperatura scese fino a -17,5 °C (per rendere l’idea, la successiva temperatura più bassa mai registrata sono i -13,6 °C del gennaio 1963), in Pianura Padana una dubbia misurazione di -36 °C a Faenza lascia presumere che le temperature minime si siano spinte sotto o intorno ai -30 °C per svariati giorni; si ebbero numerose nevicate a Roma e Napoli dal 6 fino al 24 gennaio, periodo in cui l’entrata di una perturbazione atlantica fece cadere oltre un metro e mezzo di neve in Pianura Padana.
Il freddo tornò a più riprese a febbraio e a marzo (record di minime sottozero per marzo a Berlino quel mese), nuova neve venne segnalata in pianura ad aprile, e addirittura fino ai primi di luglio in Baviera.
Dopo una relativa pausa degli inverni freddi (con un accenno al 1715-1716, molto freddo, neve nuovamente abbondante a Roma) arrivò un’altra invernata fra le più terribili del secolo, il 1739-1740: il freddo colpì tutto il continente in varie fasi, anche in questo caso comunque la situazione barica vedevi Alte in Europa Centro-Occidentale e Basse sul Mediterraneo Centrale (con neve fin sulle coste Italiane a più riprese); si dice, in alcuni racconti, che gli uccelli morivano stecchiti per terra mentre erano in volo; freddo fortissimo in Belgio e di nuovo in Inghilterra, con le ormai consuete fiere sul Ghiaccio sul Tamigi a Londra, che fece segnare una temperatura record di -22,0 °C. Berlino registrò un bimestre gennaio-Febbraio con una temperatura media di -7,9 °C, fra le più basse di sempre.
Successivamente, si evidenzia il gennaio 1744, che in Sicilia fu uno dei mesi più nevosi degli ultimi secoli (a Palermo circa mezzo metro di neve (misura mai più solo avvicinata), e una tripletta consecutiva di inverni molto freddi e nevosi nell’area mediterranea: 1752-1753, 1753-1754, 1754-1755, di cui va segnalato il gennaio 1755, a cui appartengono diversi record secolari sull’Europa orientale.
Altro inverno freddo il 1766-1767, in particolar modo il mese di gennaio; da quest’invernata in poi, ricomincia un nuovo periodo di frequente freddo intenso invernale, che si protrarrà fino alla fine della Piccola Era Glaciale; dopo una relativa pausa ad inizio Settecento, si segnala infatti una nuova avanzata dei ghiacciai alpini verso quote più basse di quelle consuete. Vanno citati i seguenti inverni:
1775-1776 (nuovamente gelido in Inghilterra)
1783-1784 (gelarono tutti i grandi fiumi inglesi)
1784-1785 (il freddo in Europa iniziò dai primi di ottobre e si protrasse fino a metà aprile, si trattò quindi di una delle invernate più lunghe di sempre)
Di quel periodo particolarmente freddo, verrà anche ricordato il mese di marzo, probabilmente il più freddo dei tempi moderni, del 1785 a Berlino fu di -4,4 °C, fu molto più freddo dei precedenti tre mesi invernali e addirittura è a questo mese che appartiene il record di freddo assoluto annuale di Praga, con -27,6 °C.
Pochi anni più tardi, sopraggiunse il mese di dicembre, insieme a quello del 1879, più freddo dell’ultimo millennio, il dicembre 1788; a Londra la temperatura crollò fino a -21 °C già a fine novembre, anche a Parigi si misurò lo stesso valore; in Italia il gelo e la neve arrivarono a raggiungere i massimi effetti alla fine di dicembre, ove nevicò a Roma per 4 giorni, e a Napoli, fra il 28 e il 30 del mese, si ebbe un’abbondantissima nevicata (circa 40 cm al porto).
Altro mese da citare sul finire del XVIII secolo, il gennaio 1795, che fu freddissimo in Italia e nuovamente in Inghilterra (con conseguente ennesima gelata del Tamigi, iniziata circa nel Natale 1794 e protrattasi fino al mese di marzo; forse è stata la gelata più duratura della storia del fiume londinese).
Freddissimo fu, in Europa Centro-Orientale, anche il 1798-1799 (media di gennaio a Praga di -12,2 °C).
INVERNI DEL XIX SECOLO E LA FINE DELLA PICCOLA ERA GLACIALE
Sono molte le invernate da elencare per quanto riguarda questo secolo; inoltre, avendo a disposizione dati migliori per quantità e affidabilità, si può tracciare un resoconto più dettagliato degli episodi più rilevanti del periodo.
1808-1809 (gelo intenso e forti nevicate al Nord Italia a cavallo tra i due anni)
1811-1812 (gelo completo del Po durante il mese di gennaio)
1812-1813 (freddissimo dicembre in Europa)
1813-1814 (febbraio fra i più freddi della storia in Italia, a gennaio il Tamigi parzialmente gelò; da allora, il Tamigi non è più gelato)
1822-1823 (il mese di gennaio è tremendo in mezza Europa, il secondo mese più freddo in assoluto a Berlino con una media di -11,6 °C)
1828-1829 (gran gelo tra febbraio e marzo al Sud Italia)
Il 1829-1830 è l’inverno più freddo per quanto riguarda questo secolo (sulle Alpi addirittura freddo quanto il 1708/1709) ed è celebre per la neve, caduta copiosissima in Pianura Padana, specialmente a Bologna, dove si accumularono complessivamente oltre due metri di manto bianco (ci sono disegni dell’epoca con la città praticamente sepolta).[10][11]
Successivamente, vanno citati i seguenti anni:
1837-1838 (gennaio estremamente freddo in Germania, -10,0 °C a Berlino la media mensile)
1840-1841 (severa ondata di gelo in febbraio nell’Europa Occidentale)
1844-1845 (in questo inverno, fu gelidissimo marzo in Europa, uno dei più freddi della storia. A Modena, inoltre, caddero 209 cm di neve nel solo mese di dicembre)
1847-1848 (di nuovo gennaio freddo in Europa)
1849-1850 (neve abbondante a Roma e Napoli)
Particolarmente gelido il 1857-1858, il trimestre in cui Bologna segnò ben 88 temperature minime consecutive sotto lo zero, e che appunto risultò freddo praticamente senza sosta, in Italia è stato come media termica uno dei più freddi di sempre. Da annotare poi il gennaio 1864, che risulterà in Italia portatore di un freddo non comune, addirittura fra i 5 più intensi e duraturi, a livello mensile, dal 1800 ad oggi. Un’altra citazione va al 1879-1880, e principalmente al mese di dicembre 1879, che è forse stato quello più gelido di tutta la serie europea, addirittura, in zone come la Francia, il mese più freddo in assoluto, e forse anche più rigido del gennaio 1709; Parigi ha il suo record di -25,6 °C, stabilito nei primi giorni di dicembre (la media della capitale francese fu di -7,9 °C quel mese, praticamente 13 °C sotto media), le temperature scesero fino a -28 °C/-30 °C nei sobborghi della città; il freddo fu estremo, comunque, in quasi tutta l’Europa: Roma, in particolare, ebbe una media mensile di +4,3 °C per quel mese, ovvero oltre 5 °C sotto media, mentre Milano sperimentò circa 6 °C di anomalia negativa.
Freddo in Europa anche il gennaio 1881, poi, dopo una breve pausa, l’ultimo decennio dell’Ottocento presentò una serie di inverni freddissimi da zona a zona, come il 1890-1891, che in particolar modo in Italia fu nevosissimo (uno dei più freddi di sempre al Centro-Sud e nelle zone balcaniche). Per quanto riguarda il Nord Italia, inoltre, vanno citate le ingenti nevicate in Piemonte del febbraio 1875, gennaio 1876, dell’inverno 1882-1883 e del febbraio 1888.
Solo due anni dopo, si annovera come estremo il gennaio 1893, il quale è stato uno dei mesi più freddi del secolo non solo in Europa, ma in tutto l’emisfero Nord, sono centinaia infatti i record assoluti battuti in questo mese in diverse aree del pianeta; è il mese in cui Berlino conserva il suo record di freddo assoluto annuale, di -31,9 °C. Il gelo fu forte anche in Italia.
L’ultimo evento significativo del secolo riguarda il febbraio 1895 che, oltre ad esser stato come al solito gelido su Europa Centrale e Orientale (fra i febbraio più freddi del XIX secolo), vanta di nuovo nevicate eccezionali al Sud Italia, in Sicilia, Roma e Napoli.
LE CAUSE
Gli scienziati hanno identificato alcune possibili cause predominanti per la piccola era glaciale: la diminuzione dell’attività solare e l’aumento dell’attività vulcanica e variazioni nella circolazione termoalina. Tuttavia, mancando degli elementi certi e assoluti, vi sono altre ipotesi che tentano di spiegarne le cause.
ATTIVITÀ SOLARE
Nel periodo compreso tra il 1645 e il 1715, proprio nell’intervallo centrale della piccola era glaciale, le macchie solari rilevate furono insolitamente poche, con alcuni anni senza la rilevazione di alcuna macchia (l’osservazione delle macchie solari e la loro catalogazione iniziò intorno al 1610, qualche anno dopo l’invenzione del telescopio). Questo periodo di ridotta attività solare è conosciuto come minimo di Maunder e combaciò con il periodo più rigido della piccola era glaciale. Un altro periodo di ridotta attività solare, noto come minimo di Spörer, corrisponde a un significativo periodo freddo tra il 1460 e il 1550. Altri indicatori di una bassa attività solare in questo periodo sono rappresentati dai livelli di carbonio-14 e di berillio-10. Recenti studi effettuati studiando carotaggi di ghiaccio prelevati in Groenlandia hanno determinato i minimi di attività solare degli ultimi 1000 anni analizzando l’isotopo del berillio-10; questo è creato dall’interazione dei raggi cosmici con il ghiaccio.
ATTIVITÀ VULCANICA
Durante la piccola era glaciale il mondo sperimentò un aumento dell’attività vulcanica. Quando un vulcano erutta, le sue ceneri raggiungono le parti alte dell’atmosfera e da qui possono espandersi anche su tutta la Terra. Queste nuvole di cenere possono bloccare parte delle radiazioni solari, causando di conseguenza un raffreddamento del clima che può protrarsi fino a un paio di anni dall’eruzione. Le eruzioni emettono anche zolfo sotto forma di anidride solforosa (SO2). Quando questo gas raggiunge la stratosfera si trasforma in particelle di acido solforico che riflettono i raggi solari, riducendo così ulteriormente la quantità di radiazione solare che raggiunge il suolo terrestre.
L’eruzione nel 1815 del vulcano Tambora in Indonesia ricoprì l’atmosfera di ceneri; l’anno seguente, il 1816, è conosciuto come l’anno senza estate: gelo e neve furono segnalati in giugno e in luglio sia nella Nuova Inghilterra (la parte nord-est degli Stati Uniti) che nel Nord Europa. Altri vulcani che furono in eruzione durante la piccola era glaciale e di conseguenza possono aver contribuito al raffreddamento del clima, includono il Billy Mitchell (Papua Nuova Guinea) nel 1580, il Mount Parker (Filippine) nel 1641, il Long Island (Papua Nuova Guinea) nel 1660 e l’Huaynaputina (Perù) nel 1600.
CIRCOLAZIONE TERMOALINA
Vari indizi affermerebbero che un’ulteriore causa della piccola era glaciale (e delle ere glaciali in genere) possa essere rappresentata da un rallentamento della circolazione termoalina, che avrebbe influenzato sia la Corrente del Golfo (contribuisce infatti al clima temperato dell’emisfero settentrionale) che altre correnti oceaniche. La circolazione potrebbe essere stata rallentata dall’immissione di un grande quantitativo di acqua fredda nell’Atlantico settentrionale a causa dello scioglimento dei ghiacci provocato dal rialzo termico verificatosi nel precedente periodo noto come OPTIMUM CLIMATICO MEDIEVALE con un conseguente temporaneo rallentamento della Corrente del Golfo.
Fonte : http://www.centrometeoligure.com/la-piccola-glaciale/