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La Neve a Roma dal ’39 ad oggi

Roma sotto la neve. Non la si vedeva così dal dicembre 2010. Anche se quell’episodio fu solo un accenno rispetto a quanto accadde il 12 febbraio precedente, quando un’abbondante imbiancata coprì tetti e strade della capitale e tutta la città, da San Pietro al Colosseo, si svegliò sotto un manto candido. Proprio come è avvenuto oggi, anche il Papa si affacciò alla finestra del palazzo Apostolico e furono tantissimi i romani e i turisti che, muniti di cellulari e macchine fotografiche, scattarono immagini che, anche grazie a internet, fecero il giro del mondo.

Prima di allora la Capitale imbiancata la si ricorda nel 1939, nel 1956, nel 1965, nel 1971. E poi nel 1985 e nel 1986, quando ci fu un’imbiancata da record. E ancora nel 1991, ne 1996, nel 1999 e nel 2005. Nonostante alla fine non sia stato un evento così raro negli anni, la neve a Roma è sempre stata considerata un evento eccezionale, e ‘magico’ a suo modo. Tanto che una delle leggende più amate, e ancora oggi celebrate, della città è quella relativa alla fondazione della Basilica di Santa Maria Maggiore, e alla nevicata che cadde nell’agosto del 352 d.C. all’Esquilino per indicare il luogo su cui edificare la chiesa.

Prima del 2010, la città eterna è stata imbiancata nel 2005, quando intorno alle 3 di notte del 27 gennaio caddero fiocchi nella parte sud di Roma, sull’Appia, sull’Ardeatina e a Ciampino. Un’imbiancata ci fu anche nel 2004, sempre nella zona sud della capitale ma molto leggera, e nel 2002, il 16 gennaio, i fiocchi caddero dalla 7.30 fino alle 9.30 con un accumulo di mezzo centimetro circa.

Nevicate più sostenute ci furono nel 1999 quando l’11 febbraio nevicò nella zona nord della città con circa 5 centimetri di neve al suolo. Poi, il 28 dicembre del 1996 nella notte ad intermittenza sono caduti nevischio e chicchi di grandine con 3 cm al suolo. Nel 1991 il 6 febbraio ha nevicato dalle 7 alle 9 con 6 cm al suolo.

Ma il record spetta al 1986, quando l’11 febbraio alle 8 del mattino Roma si svegliò sotto 23 centimetri di neve e la nevicata proseguì a singhiozzo per tutta la giornata. Anche nel 1985, il 5 gennaio, ci fu una grande nevicata, saltarono le linee telefoniche e si bloccarono i trasporti.

E andando ancora indietro nel tempo, il 6 marzo del 1971 alle 8 di mattina al suolo vi erano almeno 15 centimetri di neve, poi la nevicata del 1965, con 50 centimetri tra il 9 e il 10 febbraio. Nel 1956 tra il 2 e il 9 febbraio e il 18 e il 19 febbraio, è stato il periodo nevoso più lungo nella capitale. E altri 50 centimetri di neve ci furono nel 1939.

Ma la neve e Roma hanno un rapporto molto piu’ antico e profondo, come dimostra la storia della fondazione della Basilica di Santa Maria Maggiore, all’Esquilino. Una leggenda devozionale narra che la notte tra il 4 e il 5 agosto del 352 d.C. la Madonna apparve in sogno a un nobile patrizio romano e alla moglie, che, non avendo figli, avevano deciso di far edificare una chiesa in suo nome e disse loro che un miracolo gli avrebbe indicato il luogo su cui costruirla.

Anche il papa Liberio fece lo stesso sogno e il giorno seguente, recatosi sull’Esquilino, lo trovo’ coperto di neve. Il Papa stesso traccio’ il perimetro dell’edificio e la chiesa fu costruita a spese dei due coniugi, divenendo nota come chiesa di Santa Maria ‘Liberiana’ o popolarmente ‘ad Nives’.

”E oggi – rimarca l’architetto Cesare Esposito, ideatore e organizzatore della nevicata artificiale che ogni anno ricorda quel miracolo – per incanto la piazza di Santa Maria Maggiore e’ ricoperta di neve e sul luogo del miracolo dove e’ stata costruita la chiesa la facciata all’Esquilino e’ innevata”.

Fonte : http://sianna-roma.blogspot.it/2012/02/la-neve-roma-dal-39-ad-oggi.html

1947 – Luigi Bramanti : Periodicità lunari nella pioggia

Mi è arrivato il libro …

Riassunto

Il lavoro ha per titolo : Periodicità lunari nella pioggia, ed in questo studio, l’autore asserisce che, nell’azione lunare sulle vicende atmosferiche, risultati concreti si potranno avere solo studiando le periodicità e le loro variazioni.
Le conclusioni a cui perviene nel suo lavoro, in base alle periodicità, attestano la bontà della sua premessa. I metodi analitici e matematici di ricerca sono quelli che comunemente vengono usati in lavori di meteorologia: perequazione ed analisi di Fourier, correlazione, simmetria; metodi dei quali è dato anche un sommario cenno. Questo per dire che nel lavoro non si usano metodi artificiosi tanto da poter generare il dubbio che i risultati siano più un artifizio di calcolo che realtà di fenomeni: anzi lo studio é corredato da tabelle numeriche e da grafici tanto che é possibile il più ampio controllo.
Il fenomeno esaminato è la pioggia, e nella prima parte è stato trattato con uno studio di carattere generale, mentre nella seconda con un’analisi più particolare. Sono state scelte 21 località della Toscana e della Liguria e di queste localítà viene considerata la pioggia per un periodo di 24 anni.

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I dati di studio sono desunti dalle pubblicazioni del Ministero dei Lavori Pubblici per il Servizio Idrografico di Pisa. La pioggia di 24 anni e per ogni singola località è riferita all’età della luna, come già aveva fatto il Prof. Schiaparelli, e si hanno così 21 curve con andamento regolare e con somiglianze particolari fra esse. Dalle 21 curve viene dedotta la Curva Media della quale vengono studiate le particolarità e le periodicità.
Le particolarità sono due: una marcata simmetria verso la metà del mese con la conseguenza che l’azione lunare sulla pioggia si presenterebbe simmetrica rispetto all’opposizione luna-sole: l’altra particolarità è data dagli scostamenti medi e cioè che questi scostamenti non si presentano casualmente positivi e negativi, ma con una successione ben ordinata variante dai massimi scostamenti positivi (abbondanza di pioggia) che si hanno per età intorno alla congiunzione luna-sole, agli scostamenti negativi (difetto di pioggia) intorno ai giorni dell’opposizione (luna piena). Le periodicità che la Curva Media presenta, 30; 15; 10; 7,5 giorni, a prescindere da periodi più brevi, sono dedotte dall’analisi periodale del Prof. Vercelli e pienamente confermate dall’analisi di Fourier.

Analisi periodale

Anzi l’analisi di Fourier estesa a tutte le 21 stazioni mette in evidenza che i fattori geografici locali influiscono sulle periodicità dei fenomeni meteorologici; ma maggiormente sui periodi brevi.
La componente settimanale, trovata nel fenomeno, dà origine ad una classificazione geografica delle 21 stazioni considerate in stazioni costiere, medie, e lontane dalla costa; e vengono date le curve di pioggia di questi tre tipi caratteristici. Tipi che presentano ancora la simmetria rispetto alla metà del mese lunare e la proprietà degli scostamenti negativi; se ne conclude che l’azione lunare risente dei fattori locali dai quali non si potrà prescindere nel confronto di risultati ottenuti in località diverse. Vista l’importanza della quarta armonica, in relazione ai fattori locali, vengono costruite anche le Isofasi e le Isoamplitudini dei periodi di 30; 15; 10; 7,5 giorni. Isofasi ed Isoamplitudini che tendono ad avere un’area di minimo sulla Toscana. La costruzione di queste Isofasi anche per altre stazioni potrebbe portare ad ottimi risultati specialmente nel confronto di stazioni poste ad una certa distanza l’una dall’altra.
Per uno studio più approfondito dell’azione lunare, nella seconda parte del lavoro, si prende in esame la pioggia raccolta dall’Osservatorio Donati di Pisa per un ventennio. La pioggia viene distribuita in giorni lunari ed in intervalli del giorno lunare. Il giorno lunare viene diviso in sei intervalli; i primi tre intervalli tengono conto della quantità di pioggia raccolta con la luna sopra l’orizzonte, il 4° ; 5° ; 6° tengono conto della quantità di pioggia raccolta con la luna sotto l’orizzonte. Questa suddivisione del giorno lunare dà come risultato che mentre la luna si trova sopra l’orizzonte la quantità di acqua che si raccoglie è minore in confronto di quella che si raccoglie con la luna sotto l’orizzonte (il difetto è di circa 12%); questo non soltanto come totale del mese lunare ma anche nei singoli giorni lunari. Attraverso i Periodogrammi ed il criterio della massima ampiezza delle armoniche componenti il fenomeno studiato, si vengono a stabilire le periodicità predominanti cioè quelle che danno l’andamento generale al fenomeno e che sono un’onda di 7 giorni ed un’onda di 9,3 giorni lunari. Queste due onde hanno la loro naturale sede in quegli intervalli dove è rispettivamente massima e minima l’azione lunare cioè nel 2° e 4° intervallo: il 2° intervallo è quello che contiene la pioggia raccolta alla culminazione della luna. Attraverso il coefficiente di correlazione si stabilisce che le proprietà e le caratteristiche della pioggia raccolta con la luna sopra l’orizzonte si assommano nel 2° intervallo, mentre le proprietà della pioggia raccolta con la luna sotto l’orizzonte si assommano nel 4° intervallo e questi due intervalli caratteristici, attraverso l’analisi periodale, danno modo all’autore di trovare una particolarità delle due onde predominanti e cioè che l’onda di periodo 7 è amplificata, mentre quella di periodo 9,3 è smorzata. L’effetto combinato di queste due onde si risolve in una oscillazione amplificata e smorzata di periodo fra sei ed otto giorni ed il confronto diretto di due curve mette abbastanza in luce l’effetto di queste due onde caratteristiche sulla curva totale della pioggia raccolta all’Osservatorio Donati di Pisa.
Riassumendo dal lavoro, limitatamente alle stazioni esaminate, risultano accertate le seguenti conclusioni:

1) L’influsso della luna sulla pioggia e reale e periodico.
2) L’azione lunare si risolve in una deficenza di pioggia.
3) L’azione lunare risente l’influenza dei fattori locali e varia con le diverse posizioni che la luna assume sull’orizzonte.
4) La posizione della luna rispetto al sole sembra avere la sua influenza, giacché nelle curve si nota che la simmetria tende a prodursi nei giorni in cui la luna si trova all’opposizione del sole.
5) Le periodicità che si manifestano nella pioggia studiata in relazione alla luna sono un periodo mensile, quindicinale, decadico e settimanale.
6) Il periodo decadico ed il periodo settimanale sono periodicità particolari in quanto quello decadico è forse legato all’azione solare, mentre quello settimanale sembra particolarmente legato all’azione lunare.

Non vengono formulate ipotesi per spiegare in che maniera riesca la luna ad influire sulle vicende della nostra atmosfera; ma si ricorda l’ipotesi già emessa dal Rodès circa la ionizzazione, in quanto che la formazione della pioggia sarebbe legata a particolari condizioni di ionizzazione dei nuclei di condensazione. Si ricorda infine che ricerche dello Chapman hanno messo in evidenza che le oscillazioni prodotte dall’azione lunare nell’alta atmosfera sono tutt’altro che trascurabili. Gli studi di Schmiedel e della scuola di Lipsia hanno messo in luce che le oscillazioni dell’alta atmosfera sono quelle che presiedono all’andamento del tempo e particolarmente le onde brevi. Come si vede lo studio e le conclusioni del presente lavoro si accordano con i risultati di altri ricercatori e se ne può effettivamente concludere che lo studio dell’influenza lunare sulle vicende della nostra atmosfera, messo sul piano delle periodicità, e messo su di una giusta via.

Ringraziamenti : http://www.onlineocr.net/

🙂

La neve in Italia – Seconda parte

Meteorologia della neve – La neve da raddolcimento

Nell’Europa centrale ed orientale, negli sterminati territori della Siberia, in gran parte del Canada e del Nord degli Stati Uniti, la maggior parte delle precipitazioni nevose, in inverno, sono determinate da fronti caldi recanti aria mite di origine marittima. Questo accade anche nei rilievi dell’Europa occidentale e nel Nord Italia. E’ la cosi detta neve da raddolcimento, “neige de redoux”, della letteratura francese.

Nelle Alpi, lo scenario meteorologico tipico durante il quale si hanno tali precipitazioni è il seguente: dopo alcuni giorni di tempo anticiclonico e freddo il cielo comincia a coprirsi da W con le nuvole tipiche dei fronti caldi: cirri, cirro-strati, alto-strati, nembo-strati, strati; la temperatura non cala bruscamente al tramonto come d’abitudine, ma resta mite per la quota e la stagione, le brezze si interrompono. Nella notte la neve comincia a cadere, e la nevicata può durare sino al mattino seguente ed oltre, se non si trasforma in pioggia. Poi il cielo si apre e si può talora godere di una splendida giornata di sole. Nevicate di raddolcimento si possono avere anche nelle pianure della Francia, in Belgio, in Olanda e dell’ Inghilterra se precedentemente si era creato un cuscinetto freddo in prossimità del suolo grazie ad un’invasione di aria polare da N-NW od artica da NE.

Fig.1 – Neve da raddolcimento in Francia per vento da W: 24-27 dicembre 1906 a sinistra, 24-26  dicembre 1965 a destra.Andamento indicativo della situazione barica (da  Ch. P. Péguy,  “La neige”.Presse Universitarie de France;  Paris 1968 )

Fig 2 – Neve da raddolcimento in Francia. Geopotenziale a 500 hPa ed isobare al suolo il 25-12-1965

La neve da raddolcimento nel Nord Italia

La neve da raddolcimento è la più frequente nella Valle Padana. Qui il cuscinettto freddo, generato dal raffreddamento, per irraggiamento notturno, dell’aria intrappolata tra Alpi ed Appennino, si crea molto facilmente in situazioni anticicloniche: Possiamo definire cuscino o cuscinetto freddo lo strato d’aria a contatto del suolo caratterizzato da inversione termica. Esso, a parità di altre condizioni , quali l’umidità (sfavorevole) e l’intensità della precipitazione (favorevole), è tanto più efficace ai fini della possibilità di avere neve al suolo quanto più riduce, nel grafico temperatura-quota, figure 4, 5, 6, l’area, compresa tra la curva e l’ asse delle coordinate Y passante per lo 0, al di sotto del livello dello zero termico, indicante una temperatura positiva. Ciò avviene in concomitanza di anticicloni termici piuttosto che dinamici perché quest’ultimi riscaldano molto l’aria in quota, innalzando conseguentemente il livello dello zero termico. La persistenza dei cuscinetti freddi a fronte dei flussi di aria tiepida meridionale aumenta da E a W e da N a S cioè allontanandosi dalla costa adriatica e dal versante meridionale delle Alpi (L’Appennino blocca pressoché totalmente l’influenza del Mar Ligure). Un secondo tipo di cuscinetto, di più rilevante spessore si può formare a seguito di un’invasione di aria fredda dai Balcani o dall’ Europa centrale.

L’aria mite è portata da depressioni centrate a W della Francia, sull’Inghilterra, sulla Francia centro-meridionale, sul Tirreno o sul Golfo Ligure (la celebre “Genoa Low”). In questi ultimi due casi le cadute di neve possono essere molto consistenti; ma nella pianura lombardo-veneta e nelle stesse Alpi orientali, talora anche sopra i 1000 m di quota, la precipitazione spesso si trasforma in pioggia a causa delle correnti sciroccali tiepide provenienti dall’Adriatico. Nel Piemonte, in particolare nel Cuneese, Alessandrino e nell’Oltre- Giogo ligure, viceversa la nevicata può continuare anche a bassissima quota sino al termine dell’evento perturbato.

figCiò è dovuto non solo alla già accennata maggiore persistenza del cuscino freddo che non viene rapidamente ridotto o smaltellato, ma anche, nel caso di depressioni da NW, a ragioni sinottiche (il ramo occidentale più freddo soprattutto in quota della depressione staziona più a lungo in queste regioni) e meteorologiche (le precipitazioni è normalmente intense per stau da E sulle Alpi occidentali e da NE sull’Appennino e questo porta un maggior raffreddamento dell’aria a temperatura positiva).

Quando il cuscinetto freddo è dovuto ad una precedente invasione da E o NE di aria artica può aversi neve anche in tutta la pianura padano-veneta ed in Liguria, come a metà gennaio 1985 (Fig.7 e 8) quando si registrarono accumuli di 50 cm nel Polesine e nella Romagna, 60 a Vicenza, 20 a Genova, più di 70 a Milano e 130 a Trento.

Se la depressione dall’alto Tirreno o dal Ligure si sposta nel medio-alto Adriatico, nel Golfo di Trieste si può generare la così detta Bora scura e le nevicate, anche se le temperature, prima dell’arrivo della perturbazione, non sono particolarmente basse, possono aversi ed abbondanti sul versante adriatico dell’Appennino centro-settentrionale, sulla pianura emiliana, veneta e romagnola. Con questo tipo di tempo, ad esempio, nell’inverno 2004 si sono avuti accumuli totali di 200 cm sui Colli Berici ed Euganei (a ca. 400 m di quota), alle spalle di Vicenza (complice l’effetto stau per venti da E) ancor di più nei Lessini. Viceversa, in tale situazione, nelle Dolomiti, sottovento, le precipitazioni sono normalmente modeste se non assenti.

Fig. 7 – Neve da raddolcimento in tutto il nord Italia (Liguria compresa) con Hp sulla Scandinavia e depressione sul Golfo di Genova. Isobare al suolo e geopotenziali a 500 hPa il 14 gennaio 1985

La neve da invasione fredda

Nella parte più occidentale d’Europa, Francia, Regno Unito, Spagna, le nevicate nel piano sono in gran parte dovute ad invasioni di aria polare marittima da N o da NW più raramente artica da E, NE, che avvengono soprattutto nel tardo inverno e nella prima parte della primavera. Tali invasioni possono essere pilotate tanto da depressioni scandinave che da alte pressioni situate sulle medesime zone od ancora più a nord. A seguito di tali irruzioni fredde il cambiamento delle condizioni termiche è brutale. Ad esempio nel contesto della situazione sinottica della Fig. 9 sul monte Ventoux, in Provenza, la temperatura è passata dai 3 C° il 17 aprile ai –10 C° il 20 dello stesso mese ed al Colle de la Porte, dopo 70 mm di pioggia, in 2 giorni caddero 50 cm di neve. In Bretagna le rare nevicate sono dovute a venti da Nord (neve di “Noroit”). Nel Galles, in Spagna ed in tutta l’Inghilterra. è quasi sempre il vento da NW che fa nevicare in pianura.

Fig. 9 – Pressione media al suolo nel periodo 17-20 aprile 1965(da Ch. P. Péguy, “La neige”. Presse Universitarie de France; Paris 1968 ). Neve da invasione d’aria fredda in Francia

La neve da invasione fredda in Italia

Le stesse perturbazioni da NW che portano la neve anche nel piano in Francia producono spesso depressioni sottovento nel Mar Ligure o nella Padania . Si possono così avere nevicate in pianura nell’Italia settentrionale (in particolare in Valle d’Aosta, Piemonte e nell’ovest Lombardia) talora anche nei rilievi della Toscana e del Lazio, se l’aria in arrivo è sufficientemente fredda. Ma le situazioni più frequenti per le nevicate da invasione fredda sono determinate da irruzioni di aria artica, continentale o marittima, convogliate da un anticiclone sulla Scandinavia, sulla Russia nord-occidentale o nei pressi della Groenlandia come si verificò il 5 gennaio 1985 che vide la neve a Roma ed a Venezia ed il giorno 8 dello stesso mese quando nevicò abbondantemente a Firenze e tutta la Toscana. A seguito di queste due irruzioni fredde si ebbero record secolari di temperatura negativa nell’Italia centro-settentrionale (-23 °C a Firenze Peretola, -29 °C in provincia di Bologna). La Fig. 10, riferita al 1° febbraio 1956, presenta la situazione sinottica più classica contraddistinta da una marcato anticiclone sulla Scandinavia e dallo stazionamento di una profonda depressione sul Meridione. In questo mese, con il gennaio 1985 ed il febbraio 1929, il più freddo del secolo, durante il quale tale conformazione fu molto persistente, nevicò in quasi tutta Italia con accumuli eccezionali nel Centro-Sud ed in Sicilia : 365 cm a Capracotta, 216 cm al Terminillo, 189 cm ad Avigliano,100 cm nelle Murgie,142 cm a Floresta. Ma anche più di 40 cm ad Imperia.

Fig. 10 – Neve da invasione fredda. Geoptenziale a 500 hPa ed isobare al suolo il 1° febbraio 1956

Fig. 12 – Isobare e precipitazioni nevose il 1° febbraio 1956 (dalla Pubblicazione n. 26 del Servizio Idrografico)

Ancora  copiose cadute di neve si possono avere nel Centro e nel Meridione a seguito di  irruzioni di aria polare marittima direttamente quadranti settentrionali, pilotate da depressioni sul Mare del Nord, sulla   Scandinavia o sull’Artico ad essa vicino. In tali casi però  il versante meridionale delle Alpi è di regola sotto vento con cielo sereno e può sperimentare il  foehn. Tali situazioni possono protrarsi per molti giorni se non per settimane come è successo nel gennaio 2005 (Fig. 13) con eccezionali accumuli  al Sud e siccità al Nord.

Fig. 13 – Bassa pressione sull’Artico scandinavo e sul Sud-Italia. Nevicate al Centro-Sud, bel tempo al Nord il 26 gennaio 2005

Nevicate sulla pianura padano – veneta ed in Romagna si possono avere invece, anche se con minore frequenza, per spostamenti retrogradi di depressioni in quota (gocce fredde) dall’Europa centrale o dai Balcani, pilotate da alte pressioni sulla Scandinavia o sulla Russia settentrionale, come si ebbe nel febbraio 1991 che portarono 20/25 cm di neve in Lombardia ,18 a Verona, 30 ad Udine, 60/70 nel Riminese (Figg. 14,15).

Fig. 14 – Neve per goccia fredda da E. Isobare al suolo e geopotenziale a 500 hPa, il 6-2-1991

Fig. 15 – Goccia fredda sull’Europa centrale e sul Nord Italia il 6-2-1991

Fonte : http://www.nimbus.it/liguria/rlm16/neve.htm

La Neve in Italia

Fig 1: Eccezionale nevicata a Bosco Chiesanuova (VR), in Lessinia.
Inverno 2004

Foto di: Vaona Corrado

La pubblicazione n. 26 del Servizio Idrografico Italiano, “La nevosità in Italia nel quarantennio 1921-1960” edita dall’Istituto Poligrafico dello Stato nel 1971, riporta i risultati di uno studio tra i più completi sull’argomento della neve in Italia. Sulla base principalmente di questo documento porteremo avanti le considerazioni che seguono.

Le precipitazioni nevose

L’altezza media cumulata durante l’anno delle precipitazioni nevose, nelle varie zone è determinata dall’andamento delle precipitazioni , dalla quota, dalla latitudine e dalla loro particolare posizione in rapporto all’orografia, alle correnti atmosferiche prevalenti, ecc. (Fig. 2). Da quanto emerge nello studio, i valori medi nella penisola variano da 789 cm della stazione del Lago della Rossa (Alpi occidentali, 2716 m s.l.m.) a meno di 1 cm delle coste dell’estremo Sud e delle isole. Attorno ai 4500 m , sul Monte Bianco, il Bénévent ha stimato un’altezza media della neve caduta pari 45 – 50 m all’anno.

Fig. 2: Nevosità media annua in Italia (1921-1960)

Nella Pianura Padana si passa da meno di 10 cm della fascia costiera adriatica a poco più di 20 cm attorno a Mantova, a 40 – 45 cm della zona compresa tra Pavia e Milano ed ancora a ca. 45 cm dei dintorni di Torino. Valori ragguardevoli si hanno nelle zone collinari del basso Piemonte (maggiori di 50 cm), ancor più nel cuneese e nell’oltre giogo genovese e savonese (> 100 cm a poche centinaia di metri di altezza); ancora, si superano i 40 cm ai piedi dell’Appennino emiliano (Bologna 42 cm).

Significativa, nella pianura veneta, l’isola di maggiore nevosità evidenziata dai colli Euganei e dai monti Berici nonostante la loro modestissima altezza. Valori ancora alti nelle parti settentrionali dei laghi sub alpini (tranne il Garda) dove si superano i 50 cm annui; in effetti la mitezza del clima locale non incide più di tanto sulla neve caduta piuttosto riduce la durata della sua permanenza al suolo. L’Appennino settentrionale gode di buona nevosità in particolare sul versante padano e nei pressi dello spartiacque (Sestola 219 cm, Abetone: 277 cm). Quello centrale presenta valori particolarmente elevati nella parte centrale in particolare nelle località esposte ai venti da Est e Nord-Est (effetto stau a fronte delle correnti fredde balcaniche, umidificatesi sopra l’Adriatico) cosicché si hanno ad es. più di 300 cm a Capracotta (1400 m s.l.m.) e si è registrato un massimo assoluto di 1049 cm ai soli 1050 m di altitudine di Roccacaramanico, nella stagione, ormai leggendaria,1928-1929.

Nell’Appennino meridionale, nonostante la latitudine ma complice (come in parte per l’Appennino centrale) l’alta piovosità invernale, si raggiungono facilmente i 100 cm in vari gruppi montuosi come il M. Santa Croce, il Volturno, il Cervati; i 200 cm nelle parti più alte della Sila e del Pollino. Significativa ancora l’alta nevosità del Gargano: 1 m di neve a meno di mille metri di altezza, e delle Murge settentrionali: più di mezzo metro a meno di 700 m di quota.

Il litorale adriatico riceve dai 5 ai 20 cm di neve nel tratto compreso tra Trieste e Bari (i valori maggiori in alcuni tratti tra Ravenna e Termoli, i più bassi nell’alto adriatico e sotto il Gargano) mentre in quello più a sud e in quello tirrenico e ligure non si superano di regola i 5 cm. Valori maggiori nel Valdarno inferiore e nelle basse valli dell’Ombrone e del Tevere. Buona la nevosità dell’entroterra marchigiano abruzzese e molisano dove già a quota collinare si registra più neve che a Milano. Nevicate trascurabili invece sulle coste della Sicilia e della Sardegna dove tuttavia si raccoglie più di un metro di neve sulle cime più elevate dei Nebrodi e delle Madonie e dei massicci del Limbara e del Gennargentu .

Frequenza della neve

Per quanto riguarda la frequenza della neve, Fig.3, espressa in giorni che hanno registrato almeno 1 cm di neve al suolo, nella pianura padano-veneta si hanno meno di 5 giorni di neve all’anno dalla costa sino a Milano, dai 5 ai 10 in Piemonte e nella fascia di pianura contigua all’Appennino (Parma 7, Imola 6).

Nell’Appennino settentrionale la frequenza è più elevata nelle parti esposte al versante padano ed oscilla tra 25 – 35 giorni l’anno per una quota di 1200-1400 m (Abetone: 31).

Nell’Appennino centrale ed in quello meridionale la frequenza a parità di quota è ancora abbastanza ragguardevole per la ragione, accennata sopra, che qui l’inverno, al contrario che nelle Alpi è la stagione più piovosa dell’anno. Così si hanno 30 gg. di neve al Terminillo, 60 gg. alla stazione di Campo Imperatore (2125 m) sul Gran Sasso, da confrontarsi con la stazione del Lago Cereser, 2500 m s.l.m., nelle Alpi occidentali, 47gg., e del Falzarego, m 1985, nelle Alpi orientali, 29, gg. Paragonabili ai valori piemontesi sono quelli che si riscontrano nelle conche intermontane dell’Aquila e del Fucino (Aquila: 8 gg, Avezzano: 6 gg. ). Per quanto riguarda i litorali, quello adriatico presenta da 1 a 5 giorni di neve all’anno sino al sud della Puglia , mentre quello ionico-tirrenico e quello delle isole non vede(in media) la neve nemmeno un giorno all’anno.

Fig 3: Giorni di caduta di neve in Italia (1921-1960)


Durata del manto nevoso

Un importante parametro climatico è la durata media annuale del manto nevoso al suolo (Fig.4). Nella pianura padano-veneta si registrano non più di 5- 6 giorni di neve al suolo presso il litorale, 9-10 attorno a Padova, 12 -15 in un’area che ha per asse la direttrice Vicenza – Ferrara – Bologna; poi ancora 10 giorni tra Verona e Milano. Andando ad occidente valori poi crescenti sino ai 25 gg. di Torino ed ai 35 della bassa piemontese. Ad Aosta la durata media è di 46 giorni. mentre nella valle, a 1200 m, si superano i 100 gg. Limitata è la durata della copertura nevosa nella valle dell’Adige che si estende tra Trento e Bolzano, 20-25 gg. appena, merito delle modeste precipitazioni nevose e del clima invernale molto soleggiato ed abbastanza mite (in particolare riguardo alle temperature massime).

Fig. 4: Durata media in giorni del manto nevoso in Italia (1921-1960)

Nell’Appennino settentrionale la maggior durata spetta la versante rivolto alla Pianura Padana : 100 giorni nell’area più elevata compresa tra il Monte Cimone e l’Abetone, da 50 a 100 giorni in quella tra il Monte Falterona ed il Fumaiolo. La copertura dura ancora più di 100 giorni nelle aree più sommitali dell’Appennino centrale . Nell’Appennino meridionale si superano i 50 giorni solo nelle cime del Pollino, della Sila e dell’Aspromonte. Per quanto concerne le zone costiere, la durata è inferiore a 5 giorni nel litorale adriatico che si estende tra Trieste ed il delta del Po, è compresa tra 5 a 10 giorni più a sud, sino a Civitanova Marche dopo di che essa si riduce nuovamente sino a ca. 1 giorno, all’altezza di Bari. Ancora più a mezzogiorno e in tutto il litorale ionico, tirrenico, ligure ed in quello delle isole, la durata è inferiore a un giorno. Bassa è pure la permanenza della neve nelle zone pianeggianti del Lazio e della Toscana (da 2 a 4 giorni).

La neve nelle Alpi

Nelle Alpi tutti i valori sono ovviamente fortemente influenzati dalla quota. Relativamente al quarantennio 1921-1960 il Servizio Idrografico ha calcolato, sulla base dei dati provenienti di numerose stazioni nivometeorologiche i valori medi indicati nella seguente tabella, nella quale sono pure riportati i giorni di neve (> di 1 cm) ed i giorni della sua permanenza al suolo

Tabella 1

Tabella 1 – Media delle precipitazioni nevose, dei giorni di neve (> 1 cm) e dei giorni di permanenza della neve al suolo, nelle Alpi italiane, in funzione dell’altitudine (1921-1960)

Tali dati sono puramente orientativi risultando dalle medie di rilevamenti di singole stazioni. Questo potrebbe giustificare alcuni valori altrimenti inspiegabili come ad esempio per la quota 1200, 254 cm di caduta di neve per le Alpi centrali, solo 140 per quelle centrali; ed ancora per le prime, il passaggio da 147 a 254 cm per un dislivello di solo 200 m!. In realtà ogni versante, ogni valle, addirittura ogni porzione di valle, pur alla stessa quota, può presentare precipitazioni molto diverse. Nel complesso appare però indubitabile la maggiore nevosità del settore occidentale. Ciò può essere dovuto alla maggiore continentalità ed alle maggiori precipitazioni (per effetto stau) in occasione di depressioni che si formano nella parte settentrionale del bacino del mediterraneo (Gl, depressione della Val Padana). Per quanto concerne i giorni con caduta di neve i dati per i 3 comparti alpini denotano ancora una leggera prevalenza della parte occidentale, mentre per quanto attiene la durata del manto nevoso le differenze significativamente ancora vantaggiose per le Alpi occidentali alle quote meno elevate, tendono a scomparire più in alto.

Per i tre comparti alpini in relazione alla nevosità, ai giorni di neve ed alla permanenza della neve al suolo, il Servizio Idrografico ha suggerito alcune correlazioni matematiche con l’altitudine h espressa in hm, che qui riassumiamo (valide solo sopra i 500 – 600 m di altezza )

Per quanto concerne la caduta della neve, N (cm)

Alpi occidentali
N = 29,6h – 106,2

Alpi centrali
N = 32,9 h – 120,6

Alpi orientali
N = 23,1h – 81,7

In sintesi i può asserire che la nevosità aumenta di 20-30 cm ogni 100 m di dislivello altimetrico.

Per i giorni di caduta di neve, G

Alpi occidentali
G = 2,3 h – 4,5

Alpi centrali
G = 2,3 h – 5,3

Alpi orientali
G = 1,8 h – 3,1

I giorni di neve aumentano di ca. 2 ogni 100 m di dislivello altimetrico. Per i giorni di permanenza di neve al suolo, D

Alpi occidentali
D = 9 h – 1,5

Alpi centrali
N = 10,9 h – 17

Alpi orientali
N = 9,3 h – 11,3

La permanenza della neve al suolo aumenta di ca. 10 giorni ogni 100 m di dislivello altimetrico

Tabella 2Tab. 2 – Giorni di neve, altezza della neve caduta e durata del manto nevoso al suolo
in alcune località (1921 – 1960)

Fonte : http://www.nimbus.it/liguria/rlm15/neve.htm

Cronistoria del Gelido Inverno 1928 – 1929 Parte Prima – 1 Dicembre 1928 – 5 Gennaio 1929

Prima Parte della Cronistoria degli Eventi Meteorologici del Freddissimo Inverno 1928 – 1929;

Cronache e Immagini: La Stampa

Ricerca e Trascrizioni: Davide Mua – Davide1987

 

VIENNA 3 DICEMBRE 1928 NOTTE

In Tirolo è caduta ieri neve in grande abbondanza. Sessanta metri di binario della linea dell’Alberg sono ingombrati da una valanga, cosicchè il traffico ha dovuto essere interrotto. I diretti internazionali Vienna – Parigi che passano per la linea dell’Alberg, attraverseranno la Germania meridionale fino a quando il pericolo di nuove valanghe non sia scomparso. Di due convogli che stasera sono stati obbligati a fermarsi a Dalaas, uno ha potuto proseguire. Oggi mentre l’altro fermo da 24 ore a Wald, dovrà sostare ancora questa notte in detta località. Il treno è riscaldato e i viaggiatori possono procurarsi i viveri nel vicino paese. Un’altra valanga è scesa sulla stazione di Langen. Il magazzino della stazione è stato asportato. La massa di neve ha investito l’edificio stesso della stazione, penetrando negli uffici.

LAGHI GELATI NEL TRENTINO TRENTO 12 DICEMBRE 1928 NOTTE

Abbondanti nevicate sono cadute sui monti del Trentino, abbassando la temperatura che nella zona delle Dolomiti è scesa fino a dieci gradi sotto lo zero, congelando i corsi d’acqua e i laghetti alpestri.

UDINE 12 DICEMBRE 1928 NOTTE

Furono registrati oggi 48 centimetri di neve a Tarvisio, 45 a Camporosso e a Fusine, 30 a Ugovizza, 16 a Bagni di Lusnizza. Sulla città si è scatenato oggi un temporale con lampi e tuoni.

PIOGGIA TORRENZIALE A MESSINA MESSINA 12 DICEMBRE 1928 NOTTE

Nel pomeriggio di ieri si rovesciò sulla città una pioggia torrenziale accompagnata da violentissime raffiche di scirocco che resero le acque dello stretto tempestose. Parecchie località furono allagate e richiesero l’opera dei pompieri. Parecchie baracche corsero serio pericolo. Il maltempo è durato anche ieri sera.

 

L’INVERNO – VENTI GRADI SOTTO ZERO NELLE DOLOMITI – TRENTO, 24 DICEMBRE 1928 MATTINA –

L’ondata di gelo continua intensissima in tutta la regione e ha raggiunto nella zona più alta delle Dolomiti la temperatura veramente siberiana di venti gradi sotto lo zero, in città il termometro ha segnato anche l’altra notte otto gradi sotto lo zero. Il Lago di Canzolino in Valsugana è completamente gelato alla superficie, per uno spessore di oltre dieci centimetri, tanto che se il freddo perdura, potrà servire, come negli anni più rigidi, per le esercitazioni di pattinaggio. Anche i laghetti della Costa e di Nadrano, nella zona di Pergine, sono completamente ghiacciati. Il gelo ha causato anche la magra invernale dei corsi d’acqua, tanto che a Pergine, si è dovuta ridurre nelle ore notturne la tensione della centrale elettrica comunale, per economizzare l’acqua motrice della stessa. Le buone condizioni della neve caduta abbondante nei giorni scorsi sulle montagne della regione favoriscono gli sports invernali. Per la seconda festa di Natale il Gruppo Universitario Fascista ha indetto sul Monte Bondone la prima gara sciistica della stagione, sopra un percorso di circa dieci chilometri.

LA NEVE IN TOSCANA – FIRENZE 24 DICEMBRE 1928 –

Ieri la temperatura si è nuovamente abbassata e il termometro ha segnalato 1.5 gradi sotto lo zero. Nella mattinata ha cominciato a cadere la neve, che però ha cessato dopo qualche tempo. A Vallombrosa, e in tutte le regioni circostanti, la nevicata è stata invece abbondante ed ha raggiunto un’altezza di vari centimetri. Anche la Garfagnana la neve è caduta abbondantemente.

 

 

INVERNO DA LUPI
NUOVA ONDATA DI FREDDO SULL’AUSTRIA
LA LOTTA CONGLI ESPLOSIVI CONTRO IL GHIACCIO
VIENNA 3 GENNAIO 1929 NOTTE
Giunge dalla Russia una nuova ondata di freddo, che si fa sentire in tutta l’Europa centrale. Stamane in Austria si registravano in parecchie località temperature di 18 e 20 gradi sotto zero, mentre a Leopoli venivano segnalati 21 gradi sotto lo zero. A Vienna, la temperatura è oscillata fra 8 e 9 gradi. Il ghiaccio traditore non manca di provocare disgrazie. A Vienna, lo scoppio di una conduttura d’acqua ha determinato l’allagamento di una scala e il ghiaccio di cui si sono subito ricoperti ha fatto scivolare un caffettiere che si è fratturato 2 costole ed è morto all’Ospedale;fratture interne hanno riportato parecchie persone. L’ufficio idrografico annunzia che, sul Danubio, la formazione del ghiaccio farà progressi. A valle di Presburgo il blocco che ai primi di gennaio raggiungeva il chilometri 1876 oggi ha toccato il chilometro 1881, ed i reparti del Genio debbono intensificare contro di esso la lotta a base di esplosivi. I lavori di sgombero del porto di Presburgo continuano con molta energia, facilitati da una lieve diminuzione delle acque; ma siccome sul fiume si segnalano blocchi alti fino a 4 metri, la situazione è sempre critica. Sulla sponda ungherese presso Orosvar le autorità prendono misure preventive. Il battello fluviale “Sazava” rimasto prigioniero del ghiaccio, che lo ha trascinato al largo, ancora non ha potuto essere liberato. I venti uomini che si trovano a bordo non corrono rischi e attendono la fine della loro reclusione. Per demolire il blocco di ghiaccio, le truppe del Genio cecoslovacco hanno finora utilizzato senza frutto 274 chilogrammi di esplosivo. L’impiego delle artiglierie è impedito dalla vicinanza della frontiera ungherese. Presburgo ha corso per un intera giornata il pericolo di essere allagata dalle acque, delle quali il ghiaccio ostacola lo scolo; ma tale pericolo sembra ormai scongiurato. Una minaccia non meno grave era costituita dalla pressione del ghiaccio contro gli impianti portuali, tanto che si era anche iniziato lo smontaggio delle grandi grue.

 

NUMEROSE PERSONE DIVORATE DAI LUPI IN POLONIA
VARSAVIA 3 GENNAIO 1929

Si segnalano di nuovo nelle regioni della frontiera orientale polacca che dei lupi attaccano i passanti nelle località della frontiera e parecchie persone sono gia vittime di questi animali. Nella campagna presso Orany dodici contrabbandieri sono stati assaliti dai lupi e divorati. Si annunzia anche che parecchie guardie di frontiera sono state preda delle belve.

 

LA STAMPA 5 GENNAIO 1929 – I DANNI DEL MALTEMPO – LE COMUNICAZIONI FRA TORINO E CUNEO – UNA VALANGA DI 150 METRI –

Tutte le linee ferroviarie sono state sgombrate dalla neve da ieri mattina, e la circolazione è ritornata normale ad eccezione della linea montana di Cuneo. Gli spartineve hanno continuato ininterrottamente a circolare per tenere sgombri i binari e vi sono riusciti benché la neve continui irriducibilmente a cadere. Si ha notizia che qualche spartineve sarebbe rimasto bloccato nella zona montana.
I ritardi più gravi furono ieri sulla linea di Cuneo, quelli del diretto, che giunse a Torino alle 12.17, con 3 ore e 7 minuti di ritardo, e quello dell’accellerato, che doveva giungere alle 14.30. Le notizie giunte al nostro Compartimento ferroviario in serata e durante la notte segnalavano ancora abbondante caduta di neve nella regione cuneese, con relativo aggravamento della situazione ferroviaria.
Non si ricorda infatti, da quelle parti, una nevicata così spettacolosa. Diamo qualche cifra:

Sulla linea Cuneo – San Dalmazzo di Tenda – Ventimiglia si hanno: A Robulant 150cm di neve; A Limone Piemonte 165cm di neve; A Cuneo 130cm di neve Sulla linea Cuneo Bastia ci sono: A Mondovì 90cm di neve; e 75 centimetri di neve in parecchie altre località:

Sulla linea Cuneo – Ceva – Savona si sono raggiunti: A Carmagnola 60 cm di neve; A Bra 90cm di neve; A Ceva 105cm di neve; A Berragna 130cm di neve; Da Ceva verso Ormea si hanno: A Nucetto 130cm di neve; A Garessio 110cm di neve;
Ma la località dove le condizioni delle linee destano qualche preoccupazione, è l’alta Valle Del Breudi, e la valle Vermenagna, nella quale ieri sono cadute alcune valanghe, specialmente fra Vernani e Limone Piemonte. Una di queste è precipitata vicina allo sbocco della galleria Cresta Morino. La valanga era di rispettabili proporzioni – 150 metri di lunghezza e 3 di altezza – abbattendosi sui binari, ha provocato l’interruzione quasi completa del transito. In conseguenza di ciò i treni si spingono fin dove è possibile fra Cuneo e la montagna, e fra Cuneo, San Dalmazzo e Ventimiglia il servizio dei treni è conseguenzialmente ridotto. Continuano perciò le limitazioni dei treni fra Cuneo e San Dalmazzo, Cuneo e Basta, Cuneo e Mondovì, dove si è reso necessario far circolare gli spartineve. Sulle altre linee del nostro Compartimento il servizio si svolge regolarmente.

TEMPESTA DI NEVE A UDINE,
UDINE LA STAMPA 4 GENNAIO 1929

Una vera tempesta di neve, accompagnata da bora, quanto da anni non si ricordava sferzante. Si è scatenata oggi in tutta la provincia.
Essa è durata dalle ore 9 alle ore 12, riprendendo con minor violenza nel pomeriggio. Ad Udine la neve raggiunge 20 centimetri di altezza. Il treno San Giorgio di Novaro -Udine è stato arrestato dalla violenza bora e dalla quantità di neve poco oltre la partenza. Si sono dovuti invitare moltissimi operai per farlo proseguire. In montagna ogni attività è paralizzata. Le linee telefoniche sono interrotte, quelle telegrafiche hanno subito danni. I treni giungono ritardi.

IL MALTEMPO – CUNEO DOPO LA GRANDE NEVICATA LA RIPRESA DEI SERVIZI – CUNEO LA STAMPA 5 GENNAIO 1929

La neve ha cessato nelle prime ore di stamane di cadere, ed oggi si è finalmente rivisto il sole, Cuneo appare come interamente coperta da un gran manto e a chi si affaccia sui baluardi gesso e Stara, è dato assistere ad uno dei più pittoreschi e suggestivi spettacoli.
Tutti gli avvallamenti sono scomparsi, i bruschi dislivelli addolciti ed una distesa candidissima si estende a perdita d’occhio fin sotto alle montagne che fanno corona a Cuneo. In città continua lo sgombero della neve dai tetti, e nelle strade squadre di manovali lavorano a tagliare passaggi e ad accumulare la neve. Le comunicazioni telefoniche funzionano ora regolarmente con quasi tutti i centri della provincia, e così pure quelle telegrafiche. Invece i servizi postali con i centri minori non legati al capoluogo che da linee automobilistiche e tramviarie sono effettuati saltuariamente a piedi ed a dorso di muli. Le linee tramviarie sono ancora inattive, ma si spera che per lunedì i servizi possano essere ripresi regolarmente. I servizi ferroviari procedono, sia pare con limitazioni di corse, quasi regolarmente. Sulla Cuneo Ventimiglia le valanghe che ieri avevano interrotto per varie ore ogni passaggio di treni, sono state tagliate a mezzo ed i treni hanno nuovamente potuto transitare. La Cuneo – Ventimiglia sin dalle prime ore di stamane è poi stata totalmente liberata dalla neve accumulata dalla valanga caduta fra Limone Piemonte e Vernante. Qui però, più che di una vera valanga si trattava di una slavina di 150 metri di lunghezza per tre di altezza. Su questa linea, anche ad evitare eccessivi ritardi, i treni sono stati limitati a due per Ventimiglia e a due per Cuneo. Tale orario continuerà per due o tre giorni, sino a quando cioè la linea potrà essere completamente liberata dalla neve. Le valanghe cadute nelle alte valli Stura, Maira, Gesso, per quanto ci consta, non hanno causato vittime, ma solo seri intralci alla viabilità.

LA NEVE A MANTOVA – MANTOVA LA STAMPA 5 GENNAIO 1929 –

Dopo due giorni di continua pioggia, è caduta ieri, per circa tre ore, una fitta neve. I corsi d’acqua sono sensibilmente ingrossati, senza però nessun pericolo di straripamento. La temperatura è bassa.

GRANDINE D’INVERNO – ADRIA LA STAMPA 5 GENNAIO 1929
Ieri la stranezza del tempo, ha imbiancato di grandine il paese di Ariano Polesine. I chicchi avevano la grossezza delle nocciole.

LA MANCANZA DI LUCE A NIZZA MONFERRATO – NIZZA MONFERRATO LA STAMPA 5 GENNAIO 1929 –

Il maltempo non ha risparmiato la nostra zona. La neve è caduta abbondante sino a raggiungere i 30 centimetri di altezza, accompagnata da forti raffiche di vento che hanno abbattuto i pali e strappati i fili delle condutture elettriche in molti punti, per cui la città da martedì, nella notte, si trova immersa nell’oscurità e lo sarà ancora per qualche tempo. E’ stata pure interrotta la distribuzione dell’acqua potabile a causa della mancanza dell’energia elettrica; e così sono pure state interrotte le linee telegrafiche e telefoniche: i treni hanno cominciato ieri a funzionare regolarmente. Non si segnalano disgrazie; la neve, che sino a ieri continuava a cadere, nel comune di Maranzana raggiunge l’altezza di 80cm.

 

–  Fine Prima Parte –

 

Davide Mua