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Sotto l’influenza delle maree

Uno studio condotto dalla Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf di Dresda mette in relazione le forze delle maree di Terra, Venere e Giove con l’attività del Sole

Un recente studio condotto dall’ Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf (HZDR) di Dresda e pubblicato su Solar Physics suggerisce una teoria secondo cui le forze di mareali di Venere, Terra e Giove avrebbero un’influenza diretta sull’attività del Sole. L’attività della nostra stella è determinata dal suo campo magnetico ed esso a sua volta è generato da due effetti combinati noti come alfa e omega. ‘Si tratta di una dinamo proprio come per la Terra – commenta Frank Stefani, autore dello studio – attraverso l’autoeccitazione il campo magnetico viene creato praticamente dal nulla e il complesso movimento del plasma conduttivo funge da fonte di energia’. La cosiddetta dinamo alfa-omega del Sole è soggetta a un ciclo regolare. All’incirca ogni 11 anni, la polarità del campo magnetico della stella è invertita con il picco dell’attività solare alla stessa frequenza. In questo particolare momento si manifesta  un aumento delle macchie sulla superficie, provenienti da campi magnetici fortemente concentrati.

Il team di ricercatori tedeschi ha notato che proprio in quest’arco temporale Venere, Terra e Giove sono allineati. Sebbene il fenomeno fosse già noto, gli scienziati non hanno mai trovato un  meccanismo fisico plausibile che dovrebbe portare le deboli maree dei tre pianeti ad influenzare la dinamo solare. Dai calcoli effettuati si nota che l’effetto alfa è soggetto a oscillazioni a determinate condizioni e questi movimenti hanno bisogno solo di una minima fonte di energia e le maree planetarie potrebbero dare il via al fenomeno. La cosiddetta instabilità di Raleigh-Taylor – un fenomeno fisico che descrive la complessa ramificazione di un fluido in filamenti sempre più sottili mentre attraversa un fluido meno denso – gioca un ruolo cruciale per la risonanza della dinamo solare. Quest’ultima si basa sull’interazione dei due citati meccanismi di induzione alfa e omega. L’effetto omega è  originato nel tachocline, la zona di transizione tra la fascia radiativa e quella convettiva.  La rotazione differenziale che converge in quest’area genera il cosiddetto campo magnetico toroidale che si concentra nella parte inferiore della zona convettiva. C’è una considerevole mancanza di chiarezza invece, riguardo la posizione e la causa dell’effetto alfa: secondo una teoria prevalente l’origine dell’effetto sarebbe da identificarsi in prossimità delle macchie solari sulla superficie della stella. I ricercatori di Dresda hanno scelto un approccio alternativo che collega l’effetto alfa almeno in parte all’instabilità di Taylor. A sua volta quest’ultimo è causa dell’incremento di campi toroidali dal tachocline, dove è possibile individuare l’effetto alfa. ‘I nostri calcoli mostrano che le forze di marea planetarie agiscono da apripista – conclude Stefani – le oscillazioni nell’effetto alfa che si attivano ogni 11 anni potrebbero causare l’inversione di polarità del campo magnetico solare e in ultima analisi dettare i 22 anni del ciclo della dinamo del Sole’.

Fonte : http://www.asi.it/it/news/sotto-linfluenza-delle-maree

L’origine dell’astronomia nei cerchi di pietre

Il fatto che i cerchi di pietre, immense strutture risalenti a migliaia di anni fa, fossero stati costruiti in seguito a valutazioni di carattere astronomico era un forte sospetto da tempo. Una ricerca condotta sfruttando metodologie statistiche e software innovativi dimostra ora per la prima volta questa connessione, facendo risalire la posa dei primi monoliti in Gran Bretagna al 3000 a.C.

Un tempo l’astronomia veniva intesa come l’osservazione e lo studio a occhio nudo degli oggetti celesti e dei loro movimenti nel cielo. Questa scienza ha svolto in passato un ruolo fondamentale nel posizionamento delle grandi opere monolitiche come quelle presenti in Gran Bretagna. Una ricerca condotta da studiosi dell’Università di Adelaide ha provato, per la prima volta in maniera statisticamente significativa, che i grandi cerchi di pietre sono stati costruiti migliaia di anni fa in maniera da risultare allineati ai movimenti del Sole e della Luna.

Il grande cerchio di pietre Stenness sull’isola di Orkney si trova in un paesaggio caratterizzato da un panorama “inverso”. Il progetto dei ricercatori dell’Università di Adelaide ha esaminato gli allineamenti che partono dal centro e passano lungo le pietre disposte lungo il cerchio e lungo i fori. Crediti: Douglas Scott

La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Archaeological Science: Report e riporta i dettagli dei test in due e tre dimensioni che ricostruiscono i modelli di allineamento delle pietre. «Nessuno fino a ora aveva mai determinato con studi statistici che un singolo cerchio di pietre fosse stato costruito a scopi astronomici, erano tutte supposizioni», spiega Gail Higginbottom, responsabile del progetto e prima autrice dell’articolo.

Grazie allo studio ora sappiamo che attorno al 3000 a.C., in Scozia, c’è stato un cambiamento significativo nel modo in cui le persone celebravano le loro conoscenze cosmologiche, poiché sono iniziate ad apparire strutture circolari formate da enormi pietre monolitiche, che hanno continuato a essere erette per circa duemila anni, fino alla fine dell’età del bronzo. Nel corso degli ultimi decenni sono stati identificati in modo empirico una serie di schemi riconducibili a obiettivi astronomici, inoltre sono state identificate due differenti tipologie di orientamento rispetto al paesaggio circostante. Tuttavia, quando e dove queste costruzioni fossero state associate per la prima volta a strutture di pietre erette non era chiaro.

I ricercatori dell’Università di Adelaide hanno sfruttato metodologie statistiche e software innovativi con i quali hanno studiato le condizioni di osservabilità del Sole e della Luna nei siti più antichi e monumentali della Scozia occidentale. In particolare hanno introdotto un nuovo test statistico che consente di determinare in maniera quantitativa le connessioni astronomiche con i cerchi di pietre.

Veduta aerea di Callanish. Il cerchio di pietre ha un diametro di 13 metri, e mostra un lungo viale in direzione nord-sud (il sud è dove si trova il cerchio). La conformazione a croce permette di individuare anche gli altri punti cardinali. Crediti: RCAHMS (Aerial Photography Collection)

Esaminando alcuni tra i più antichi cerchi di pietre costruiti in Scozia (Callanish sull’Isola di Lewis, e Stenness sull’Isola di Orkney, entrambi più vecchi di Stonehenge di circa 500 anni), i ricercatori hanno riscontrato una grande concentrazione di allineamenti in direzione del Sole e della Luna in diversi momenti dei loro cicli. A distanza di duemila anni, in Scozia, venivano costruiti monumenti molto più semplici che presentavano almeno uno degli allineamenti trovati nei grandi cerchi. Questo suggerisce che ci sia una certa continuità nello schema cosmologico adottato, nonostante i numerosi e sostanziali cambiamenti sociali che si sono verificati tra il tardo neolitico e l’età del bronzo.

Le pietre, però, non sono collegate soltanto ai movimenti del Sole e della Luna in cielo. Nel corso dello studio, i ricercatori hanno scoperto una complessa relazione tra l’allineamento delle pietre e il movimento degli astri lungo il paesaggio circostante e l’orizzonte. «Questa ricerca è la prima prova concreta a favore del fatto che le popolazioni antiche che abitavano le isole della Gran Bretagna fossero in grado di collegare la Terra al cielo con le loro pietre erette, e che questa pratica abbia continuato a esistere per duemila anni», dice Higginbottom.

Esaminando in dettaglio i siti presso cui si possono trovare queste strutture, è stato possibile notare che metà erano circondati da un certo schema paesaggistico, mentre l’altra metà dal suo esatto contrario. «La scelta degli ambienti ha influenzato il modo in cui venivano visti il Sole e la Luna in cielo, in particolare il momento del loro sorgere e del tramontare in occasioni speciali, come quando la Luna appare nella sua posizione più settentrionale all’orizzonte, un evento che si verifica ogni 18.6 anni», spiega Higginbottom.

«Per esempio, per metà dei siti l’orizzonte settentrionale è relativamente più alto e vicino rispetto a quello meridionale, e quando arriva il solstizio d’estate il Sole sorge in cima alla vetta più alta. Per l’altra metà dei siti, l’orizzonte a sud è quello più vicino, e il picco più alto lungo l’orizzonte indica il punto in cui il Sole sorge nel giorno del solstizio d’inverno».

Esempio di simulazione 3-D del paesaggio del Sole e della Luna nel sito di Canmore, sull’isola di Mull, in Scozia. Crediti: Andrew Smith/Crown

«Gli antichi hanno scelto di erigere queste grandi pietre in modo molto preciso, in relazione al paesaggio e alle conoscenze di astronomia che avevano», conclude Higginbottom. «Hanno investito un’enorme quantità di energie e di studi per farlo, e questo ci racconta il forte legame che avevano con l’ambiente che li circondava, e quanto dovesse essere importante per loro, per la loro cultura e per il tramandarsi nel tempo delle loro conoscenze».

Fonte : http://www.media.inaf.it/2016/08/18/callanish-stennes-archeoastronomia/

1947 – Luigi Bramanti : Periodicità lunari nella pioggia

Mi è arrivato il libro …

Riassunto

Il lavoro ha per titolo : Periodicità lunari nella pioggia, ed in questo studio, l’autore asserisce che, nell’azione lunare sulle vicende atmosferiche, risultati concreti si potranno avere solo studiando le periodicità e le loro variazioni.
Le conclusioni a cui perviene nel suo lavoro, in base alle periodicità, attestano la bontà della sua premessa. I metodi analitici e matematici di ricerca sono quelli che comunemente vengono usati in lavori di meteorologia: perequazione ed analisi di Fourier, correlazione, simmetria; metodi dei quali è dato anche un sommario cenno. Questo per dire che nel lavoro non si usano metodi artificiosi tanto da poter generare il dubbio che i risultati siano più un artifizio di calcolo che realtà di fenomeni: anzi lo studio é corredato da tabelle numeriche e da grafici tanto che é possibile il più ampio controllo.
Il fenomeno esaminato è la pioggia, e nella prima parte è stato trattato con uno studio di carattere generale, mentre nella seconda con un’analisi più particolare. Sono state scelte 21 località della Toscana e della Liguria e di queste localítà viene considerata la pioggia per un periodo di 24 anni.

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I dati di studio sono desunti dalle pubblicazioni del Ministero dei Lavori Pubblici per il Servizio Idrografico di Pisa. La pioggia di 24 anni e per ogni singola località è riferita all’età della luna, come già aveva fatto il Prof. Schiaparelli, e si hanno così 21 curve con andamento regolare e con somiglianze particolari fra esse. Dalle 21 curve viene dedotta la Curva Media della quale vengono studiate le particolarità e le periodicità.
Le particolarità sono due: una marcata simmetria verso la metà del mese con la conseguenza che l’azione lunare sulla pioggia si presenterebbe simmetrica rispetto all’opposizione luna-sole: l’altra particolarità è data dagli scostamenti medi e cioè che questi scostamenti non si presentano casualmente positivi e negativi, ma con una successione ben ordinata variante dai massimi scostamenti positivi (abbondanza di pioggia) che si hanno per età intorno alla congiunzione luna-sole, agli scostamenti negativi (difetto di pioggia) intorno ai giorni dell’opposizione (luna piena). Le periodicità che la Curva Media presenta, 30; 15; 10; 7,5 giorni, a prescindere da periodi più brevi, sono dedotte dall’analisi periodale del Prof. Vercelli e pienamente confermate dall’analisi di Fourier.

Analisi periodale

Anzi l’analisi di Fourier estesa a tutte le 21 stazioni mette in evidenza che i fattori geografici locali influiscono sulle periodicità dei fenomeni meteorologici; ma maggiormente sui periodi brevi.
La componente settimanale, trovata nel fenomeno, dà origine ad una classificazione geografica delle 21 stazioni considerate in stazioni costiere, medie, e lontane dalla costa; e vengono date le curve di pioggia di questi tre tipi caratteristici. Tipi che presentano ancora la simmetria rispetto alla metà del mese lunare e la proprietà degli scostamenti negativi; se ne conclude che l’azione lunare risente dei fattori locali dai quali non si potrà prescindere nel confronto di risultati ottenuti in località diverse. Vista l’importanza della quarta armonica, in relazione ai fattori locali, vengono costruite anche le Isofasi e le Isoamplitudini dei periodi di 30; 15; 10; 7,5 giorni. Isofasi ed Isoamplitudini che tendono ad avere un’area di minimo sulla Toscana. La costruzione di queste Isofasi anche per altre stazioni potrebbe portare ad ottimi risultati specialmente nel confronto di stazioni poste ad una certa distanza l’una dall’altra.
Per uno studio più approfondito dell’azione lunare, nella seconda parte del lavoro, si prende in esame la pioggia raccolta dall’Osservatorio Donati di Pisa per un ventennio. La pioggia viene distribuita in giorni lunari ed in intervalli del giorno lunare. Il giorno lunare viene diviso in sei intervalli; i primi tre intervalli tengono conto della quantità di pioggia raccolta con la luna sopra l’orizzonte, il 4° ; 5° ; 6° tengono conto della quantità di pioggia raccolta con la luna sotto l’orizzonte. Questa suddivisione del giorno lunare dà come risultato che mentre la luna si trova sopra l’orizzonte la quantità di acqua che si raccoglie è minore in confronto di quella che si raccoglie con la luna sotto l’orizzonte (il difetto è di circa 12%); questo non soltanto come totale del mese lunare ma anche nei singoli giorni lunari. Attraverso i Periodogrammi ed il criterio della massima ampiezza delle armoniche componenti il fenomeno studiato, si vengono a stabilire le periodicità predominanti cioè quelle che danno l’andamento generale al fenomeno e che sono un’onda di 7 giorni ed un’onda di 9,3 giorni lunari. Queste due onde hanno la loro naturale sede in quegli intervalli dove è rispettivamente massima e minima l’azione lunare cioè nel 2° e 4° intervallo: il 2° intervallo è quello che contiene la pioggia raccolta alla culminazione della luna. Attraverso il coefficiente di correlazione si stabilisce che le proprietà e le caratteristiche della pioggia raccolta con la luna sopra l’orizzonte si assommano nel 2° intervallo, mentre le proprietà della pioggia raccolta con la luna sotto l’orizzonte si assommano nel 4° intervallo e questi due intervalli caratteristici, attraverso l’analisi periodale, danno modo all’autore di trovare una particolarità delle due onde predominanti e cioè che l’onda di periodo 7 è amplificata, mentre quella di periodo 9,3 è smorzata. L’effetto combinato di queste due onde si risolve in una oscillazione amplificata e smorzata di periodo fra sei ed otto giorni ed il confronto diretto di due curve mette abbastanza in luce l’effetto di queste due onde caratteristiche sulla curva totale della pioggia raccolta all’Osservatorio Donati di Pisa.
Riassumendo dal lavoro, limitatamente alle stazioni esaminate, risultano accertate le seguenti conclusioni:

1) L’influsso della luna sulla pioggia e reale e periodico.
2) L’azione lunare si risolve in una deficenza di pioggia.
3) L’azione lunare risente l’influenza dei fattori locali e varia con le diverse posizioni che la luna assume sull’orizzonte.
4) La posizione della luna rispetto al sole sembra avere la sua influenza, giacché nelle curve si nota che la simmetria tende a prodursi nei giorni in cui la luna si trova all’opposizione del sole.
5) Le periodicità che si manifestano nella pioggia studiata in relazione alla luna sono un periodo mensile, quindicinale, decadico e settimanale.
6) Il periodo decadico ed il periodo settimanale sono periodicità particolari in quanto quello decadico è forse legato all’azione solare, mentre quello settimanale sembra particolarmente legato all’azione lunare.

Non vengono formulate ipotesi per spiegare in che maniera riesca la luna ad influire sulle vicende della nostra atmosfera; ma si ricorda l’ipotesi già emessa dal Rodès circa la ionizzazione, in quanto che la formazione della pioggia sarebbe legata a particolari condizioni di ionizzazione dei nuclei di condensazione. Si ricorda infine che ricerche dello Chapman hanno messo in evidenza che le oscillazioni prodotte dall’azione lunare nell’alta atmosfera sono tutt’altro che trascurabili. Gli studi di Schmiedel e della scuola di Lipsia hanno messo in luce che le oscillazioni dell’alta atmosfera sono quelle che presiedono all’andamento del tempo e particolarmente le onde brevi. Come si vede lo studio e le conclusioni del presente lavoro si accordano con i risultati di altri ricercatori e se ne può effettivamente concludere che lo studio dell’influenza lunare sulle vicende della nostra atmosfera, messo sul piano delle periodicità, e messo su di una giusta via.

Ringraziamenti : http://www.onlineocr.net/

🙂

La geometria dei Babilonesi per inseguire Giove

Le fondamenta del calcolo integrale potrebbero essere state gettate dagli astronomi e sacerdoti babilonesi, almeno 14 secoli prima di quanto conosciuto finora. È la novità più eclatante riportata nell’articolo sul metodo di calcolo geometrico del movimento di Giove rintracciato in antiche tavolette cuneiformi, in copertina sull’ultimo numero di Science. Media INAF ha intervistato l’autore, Mathieu Ossendrijver della Università Humboldt di Berlino

Pubblicato sull’ultimo numero della rivista Science, che vi dedica anche la copertina, uno studio che costringerà a rivedere i libri di storia. La ricerca è frutto del certosino lavoro di un unico autore, Mathieu Ossendrijver, professore di Storia della Scienza Antica alla Università Humboldt di Berlino.

Ossendrijver, che si è specializzato nella traduzione e interpretazione di tavolette d’argilla babilonesi in caratteri cuneiformi dal contenuto matematico-astronomico, ha trovato in cinque reperti databili tra il 350 e il 50 a.C. la prova che gli astronomi babilonesi prevedevano la posizione in cielo del pianeta Giove tramite sofisticati calcoli geometrici, e quindi non solo concetti aritmetici come si riteneva finora.

In altre parole, gli astronomi babilonesi per i loro calcoli non utilizzavano solo tabelle di numeri, ma anche figure geometriche. Trapezi, in particolare, e vedremo perché. Nel nuovo studio, Ossendrijver descrive “procedure trapezoidali” contenute nelle tavolette, ovvero una lista di istruzioni attraverso le quali, calcolando delle aree di una specifica figura trapezoidale, si potevano determinare le posizioni di Giove lungo l’eclittica per i successivi 60 e 120 giorni, a partire da un determinato giorno in cui il pianeta gigante faceva la sua comparsa come “stella del mattino”, appena prima dell’alba.

Ora, l’utilizzo in epoca così antica di questo tipo di calcolo basato sulle aree, in cui la geometria viene usata in senso astratto per rappresentare tempi e velocità, è stupefacente. Anche perché costringe a retrodatare l’invenzione di tale sofisticata tecnica di almeno 14 secoli! Come ha meglio spiegato lo stesso Mathieu Ossendrijver in questa intervista rilasciata a Media INAF:

Che tipo di formazione ha? Possiamo definirla un archeoastronomo?

«La mia formazione di base è in astrofisica, di cui ho anche conseguito un dottorato. Ma ho anche fatto studi orientali e sulla scrittura cuneiforme, quella che viene chiamata assiriologia, ottenendo un dottorato anche in questo campo, specificamente sull’astronomia babilonese. Mi considero uno storico della scienza antica. L’archeoastronomia è più focalizzata nel cercare la connessione tra architetture antiche e astronomia, mentre io sono più interessato ai testi storici e alla loro traduzione.»

Ci può descrivere l’importanza della sua scoperta?

«Ho lavorato sull’astronomia babilonese per diversi anni, traducendo un grande numero di tavolette contenenti istruzioni su come calcolare le posizioni dei pianeti. Queste istruzioni erano aritmetiche, si basavano cioè su operazioni numeriche. Ora, nell’articolo pubblicato da Science, descrivo tavolette che contengono anche geometria, provando che gli astronomi babilonesi non facevano i loro calcoli solo utilizzando numeri ma anche – almeno in certe occasioni – con figure geometriche. Questo fatto non era conosciuto e la sua scoperta rappresenta certamente un’importante novità, ma non è questa la parte più interessante.»

«L’aspetto più eclatante, nonché la ragione principale per cui Science ha deciso di pubblicare l’articolo, è che non abbiamo solo a che fare con la geometria, ma con un tipo veramente particolare di geometria. Un tipo di geometria di cui non si trova traccia in alcun altro luogo nell’antichità, e che troviamo per la prima volta solamente nel XIV secolo in Europa, un’infinità di tempo dopo. Si è finora ritenuto, infatti, che il tipo di geometria utilizzato in queste tavolette sia stato inventato assai più tardi, attorno al 1350 d.C. da filosofi e matematici di Oxford e Parigi. Ma ora l’abbiamo trovata nelle tavolette babilonesi!»

Che cos’è la procedura trapezoidale e perché è così importante?

«Queste tavolette ci parlano di una figura che è un tipo di trapezio: come un rettangolo, ma con un lato superiore inclinato. Questa figura è menzionata su quattro tavolette, che sono tutte danneggiate, quindi incomplete, e nessuno capiva di cosa si trattasse. Sta di fatto che i calcoli che riguardano questo trapezio sono scritti su tavolette che contengono altri calcoli, e questi altri calcoli riguardano Giove. Finora non potevamo affermare con certezza che questi calcoli trapezoidali si riferissero proprio a Giove. Ma ora è sicuro che riguardano Giove e ne descrivono il moto.»

La tavoletta cuneiforme che ha fornito la chiave per decifrare i metodi geometrici per individuare la posizione di Giove. Crediti: M. Ossendrijver / Science

«L’ho scoperto grazie a una quinta tavoletta, che nell’articolo su Science è indicata con la lettera A. Questa tavoletta descrive il moto di Giove con numeri, quindi non menziona il trapezio, ma ho scoperto trattarsi dello stesso calcolo. Descrive come la velocità di Giove, espressa in gradi al giorno (quindi, per quanti gradi si muove ogni giorno rispetto alle stelle), cambi con il tempo, e descrive diversi intervalli di tempo in cui la velocità di Giove cambia. E così il primo intervallo, che dura 60 giorni, è un intervallo in cui, secondo questa nuova tavoletta, la velocità di Giove diminuisce lentamente e linearmente, da un certo valore (che è di 12 minuti d’arco al giorno) fino a un valore inferiore. Questo è in accordo con fatti empirici. Se si osserva Giove, e si misura la sua velocità, non lo vediamo muoversi a una velocità costante, ma a volte rallenta, fa una battuta d’arresto, poi fa un movimento all’indietro, che noi chiamiamo “moto retrogrado”, e infine riprende la direzione iniziale. Sappiamo che questo è essenzialmente un effetto di proiezione, perché stiamo entrambi girando intorno al Sole, ma la Terra si muove più velocemente, cosicché una volta all’anno la Terra supera Giove. In quel periodo Giove sembra andare all’indietro, ma in realtà siamo noi che lo stiamo sorpassando. Questa è la spiegazione “moderna” del perché vediamo questa diminuzione della velocità.»

«Se volessimo tracciare questo movimento con metodi “moderni”, dovremmo tracciare un grafico in cui la velocità viene messa in relazione con il tempo, ottenendo proprio una figura trapezoidale. Ed è esattamente questo trapezio che viene menzionato nelle altre quattro tavolette, mentre nella quinta viene descritto. Quindi questa nuova tavoletta, che parla della velocità di Giove, è una chiave: è la chiave per comprendere tutte le altre tavolette, perché questo movimento, se lo rappresentiamo in maniera moderna, risulta un trapezio. Esattamente il trapezio in questione.»

«Quello che i Babilonesi stanno facendo qui è la visualizzazione del movimento attraverso un grafico tempo-velocità nello spazio. Questo metodo è molto, molto moderno. E anche inaspettato, poiché si pensava fosse stato inventato intorno al 1350, nel Medioevo. Ma ora lo abbiamo su tavolette babilonesi, dove, in aggiunta, viene calcolata l’area del trapezio. Ora, chiunque abbia delle basi di fisica o matematica sa che se si calcola l’area della curva della velocità in funzione del tempo, si ottiene la distanza percorsa dal corpo in movimento. Questo è molto moderno, trattandosi di una parte del calcolo integrale. Un tipo di calcolo che è stato compiutamente sviluppato da Newton e Leibniz nel XVII secolo, ma le cui origini si presume risalgano attorno al 1350, quando si sono cominciati a fare i grafici di velocità rispetto al tempo di corpi in movimento. Quindi, qui nella tavoletta babilonese abbiamo qualcosa di molto, molto simile a quel metodo. Un metodo che ritenevamo inventato nel XIV secolo, ma che ora sappiamo essere stato già utilizzato dai Babilonesi. Questa è la cosa sorprendente.»

Il dio babilonese Marduk

Qual era l’importanza del pianeta Giove per i Babilonesi?

«Loro calcolavano la posizione di tutti i pianeti, da Mercurio a Saturno, ma sembrano mostrare un particolare interesse per Giove. L’unica spiegazione che mi viene in mente è che questi astronomi che facevano i calcoli erano anche sacerdoti del più importante tempio di Babilonia, dove la divinità principale era Marduk , il cui pianeta simbolo era proprio Giove. Probabilmente, per gli astronomi babilonesi Giove era particolarmente importante perché pensavano fosse una manifestazione della divinità suprema di Babilonia. Naturalmente è solo un’ipotesi, perché nelle tavolette astronomiche i Babilonesi non ci hanno lasciato scritto né che Giove fosse un dio, né tantomeno la motivazioni dei loro calcoli.»

L’intervista

Per saperne di più:

 

Fonte : http://www.media.inaf.it/2016/01/28/geometria-babilonesi-giove/

Gli spiaggiamenti dei capodogli sono in relazione con l’attività solare ?

Foto

La cronaca….

Il quinto capodoglio ritrovato sulla spiaggia di Wainfleet, nel Lincolnshire (ap)

“….Un altro capodoglio spiaggiato sulle coste di Wainfleet, in Inghilterra, dopo che nei giorni scorsi altri quattro cetacei erano stati ritrovati morti sulle spiagge di Skegness e Hunstanton, sempre seulla costa orientale britannica. Secondo gli esperti che stanno seguendo il caso, tutti gli esemplari farebbero parte di un unico gruppo, lo stesso dei capodogli spiaggiati nei giorni scorsi nei Paesi Bassi e in Germania. Le autorità hanno aperto delle indagini per cercare di chiarire le cause della morìa, mentre le carcasse sono state transennate per impedire l’avvicinamento e il contatto da parte di persone e animali domestici. Una delle ipotesi rilanciate dagli ambientalisti è che i cetacei siano stati disorientati dai sonar dei sottomarini in navigazione in quelle acque. Sulla pinna di un esemplare spiaggiato a Skegness, un ignoto ambientalista ha lasciato il suo atto d’accusa: “Colpa dell’uomo”…”

http://www.repubblica.it/ambiente/2016/01/26/foto/natura_capodogli_norfolk_inghilterra_balene_morte-132075042/1/#1

La ricerca di  Klaus Heinrich Vanselow, Klaus Ricklefs

doi:10.1016/j.seares.2004.07.006

 

Riassunto

Negli ultimi decenni del secolo scorso, un numero sempre più crescente di spiaggiamenti di capodogli (Physeter macrocephalus maschi), in tutto il Mare del Nord, ha portato ad un marcato aumento d’interesse da parte del pubblico. L’influenze antropiche (come i contaminanti o i disturbi sonori intensivi) dovrebbero essere le principali cause, ma gli effetti ambientali naturali possono anche spiegare il disorientamento degli animali. In questa ricerca si è confrontato gli spiaggiamenti documentati dei capodogli dal 1712 al 2003, con l’attività solare ed in particolare con la periodicità del numero di macchie solari. Si è scoperto che il 90% dei 97 capodogli spiaggiati in tutto il Mare del Nord ha avuto luogo quando la lunghezza del levigato numero di macchie solari era al di sotto del valore medio dei cicli di 11 anni, mentre solo il 10% è avvenuto durante i cicli solari con periodi lunghi. Il rapporto diventa ancora più pronunciato (94% al 6%, n = 70) se viene utilizzato un intervallo di tempo più piccolo da novembre a marzo (che sembra essere il principale periodo di migrazione verso sud dei capodogli maschi). Il test chi quadrato restituisce una significata probabilità di errore pari al 1% che gli spiaggiamenti di balene possono dipendere dall’attività solare. Come spiegazione alternativa, suggeriamo che le variazioni del campo magnetico terrestre, a causa di flussi di energia variabili dal sole alla terra, possono causare un disorientamento temporaneo degli animali durante i loro movimenti migratori.

Figura

Spiaggiamenti di balene e avvistamenti tra il 1712 e il 2003. La curva sottile con i simboli qudrati vuoti mostra tutti spiaggiamenti e gli avvistamenti in tutto il Mare del Nord (vedi l’asse a sinistra, il valore per il ciclo 26 è 50 e per il ciclo 27 è 56). La curva con triangoli aperti fornisce i dati grezzi, rive della Scozia, Inghilterra, Galles e Irlanda per Goold et al. (2002) (vedi l’asse a sinistra, il valore per il ciclo 26 è 74). I valori di lunghezza del ciclo solare (diamanti pieni) si riferiscono all’asse sul lato destro. Essi variano in tutto il ciclo solare del valore di 11 anni (linea orizzontale).

….

Dalle conclusioni del documento :

” ……Come i cicli con periodo da 13 a 9,5 anni mostrano un chiaro accoppiamento tra il flusso di energia solare e le tempeste geomagnetiche e le anomalie geomagnetiche temporanee, rispettivamente, si può presumere che l’eventuale diminuzione del flusso di energia nei cicli solari molto brevi potrebbe anche provocare un disturbo meno intensivo del campo geomagnetico. Questo potrebbe spiegare il basso numero di spiaggiamenti riportato per i cicli con un breve dataset. I nostri risultati indicano una possibile relazione tra la durata dei cicli solari e gli spiaggiamenti dei capodogli intorno al Mare del Nord per gli ultimi tre secoli. Il risultati di questo studio, mentre da un punto di vista statistico sono convincenti, non possano tuttavia dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio un legame, perché il set di dati è costituito da solo 27 cicli solari e da un numero limitato di spiaggiamenti di capodoglio nel corso dei 291 anni di osservazioni. In conclusione, i nostri risultati supportano l’ipotesi che gli eventi solari estremi possono portare a spiaggiamento di capodogli, il cui meccanismo è ancora sconosciuto…. “

Fonte : http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1385110104001297