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1947 – Luigi Bramanti : Periodicità lunari nella pioggia

Mi è arrivato il libro …

Riassunto

Il lavoro ha per titolo : Periodicità lunari nella pioggia, ed in questo studio, l’autore asserisce che, nell’azione lunare sulle vicende atmosferiche, risultati concreti si potranno avere solo studiando le periodicità e le loro variazioni.
Le conclusioni a cui perviene nel suo lavoro, in base alle periodicità, attestano la bontà della sua premessa. I metodi analitici e matematici di ricerca sono quelli che comunemente vengono usati in lavori di meteorologia: perequazione ed analisi di Fourier, correlazione, simmetria; metodi dei quali è dato anche un sommario cenno. Questo per dire che nel lavoro non si usano metodi artificiosi tanto da poter generare il dubbio che i risultati siano più un artifizio di calcolo che realtà di fenomeni: anzi lo studio é corredato da tabelle numeriche e da grafici tanto che é possibile il più ampio controllo.
Il fenomeno esaminato è la pioggia, e nella prima parte è stato trattato con uno studio di carattere generale, mentre nella seconda con un’analisi più particolare. Sono state scelte 21 località della Toscana e della Liguria e di queste localítà viene considerata la pioggia per un periodo di 24 anni.

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I dati di studio sono desunti dalle pubblicazioni del Ministero dei Lavori Pubblici per il Servizio Idrografico di Pisa. La pioggia di 24 anni e per ogni singola località è riferita all’età della luna, come già aveva fatto il Prof. Schiaparelli, e si hanno così 21 curve con andamento regolare e con somiglianze particolari fra esse. Dalle 21 curve viene dedotta la Curva Media della quale vengono studiate le particolarità e le periodicità.
Le particolarità sono due: una marcata simmetria verso la metà del mese con la conseguenza che l’azione lunare sulla pioggia si presenterebbe simmetrica rispetto all’opposizione luna-sole: l’altra particolarità è data dagli scostamenti medi e cioè che questi scostamenti non si presentano casualmente positivi e negativi, ma con una successione ben ordinata variante dai massimi scostamenti positivi (abbondanza di pioggia) che si hanno per età intorno alla congiunzione luna-sole, agli scostamenti negativi (difetto di pioggia) intorno ai giorni dell’opposizione (luna piena). Le periodicità che la Curva Media presenta, 30; 15; 10; 7,5 giorni, a prescindere da periodi più brevi, sono dedotte dall’analisi periodale del Prof. Vercelli e pienamente confermate dall’analisi di Fourier.

Analisi periodale

Anzi l’analisi di Fourier estesa a tutte le 21 stazioni mette in evidenza che i fattori geografici locali influiscono sulle periodicità dei fenomeni meteorologici; ma maggiormente sui periodi brevi.
La componente settimanale, trovata nel fenomeno, dà origine ad una classificazione geografica delle 21 stazioni considerate in stazioni costiere, medie, e lontane dalla costa; e vengono date le curve di pioggia di questi tre tipi caratteristici. Tipi che presentano ancora la simmetria rispetto alla metà del mese lunare e la proprietà degli scostamenti negativi; se ne conclude che l’azione lunare risente dei fattori locali dai quali non si potrà prescindere nel confronto di risultati ottenuti in località diverse. Vista l’importanza della quarta armonica, in relazione ai fattori locali, vengono costruite anche le Isofasi e le Isoamplitudini dei periodi di 30; 15; 10; 7,5 giorni. Isofasi ed Isoamplitudini che tendono ad avere un’area di minimo sulla Toscana. La costruzione di queste Isofasi anche per altre stazioni potrebbe portare ad ottimi risultati specialmente nel confronto di stazioni poste ad una certa distanza l’una dall’altra.
Per uno studio più approfondito dell’azione lunare, nella seconda parte del lavoro, si prende in esame la pioggia raccolta dall’Osservatorio Donati di Pisa per un ventennio. La pioggia viene distribuita in giorni lunari ed in intervalli del giorno lunare. Il giorno lunare viene diviso in sei intervalli; i primi tre intervalli tengono conto della quantità di pioggia raccolta con la luna sopra l’orizzonte, il 4° ; 5° ; 6° tengono conto della quantità di pioggia raccolta con la luna sotto l’orizzonte. Questa suddivisione del giorno lunare dà come risultato che mentre la luna si trova sopra l’orizzonte la quantità di acqua che si raccoglie è minore in confronto di quella che si raccoglie con la luna sotto l’orizzonte (il difetto è di circa 12%); questo non soltanto come totale del mese lunare ma anche nei singoli giorni lunari. Attraverso i Periodogrammi ed il criterio della massima ampiezza delle armoniche componenti il fenomeno studiato, si vengono a stabilire le periodicità predominanti cioè quelle che danno l’andamento generale al fenomeno e che sono un’onda di 7 giorni ed un’onda di 9,3 giorni lunari. Queste due onde hanno la loro naturale sede in quegli intervalli dove è rispettivamente massima e minima l’azione lunare cioè nel 2° e 4° intervallo: il 2° intervallo è quello che contiene la pioggia raccolta alla culminazione della luna. Attraverso il coefficiente di correlazione si stabilisce che le proprietà e le caratteristiche della pioggia raccolta con la luna sopra l’orizzonte si assommano nel 2° intervallo, mentre le proprietà della pioggia raccolta con la luna sotto l’orizzonte si assommano nel 4° intervallo e questi due intervalli caratteristici, attraverso l’analisi periodale, danno modo all’autore di trovare una particolarità delle due onde predominanti e cioè che l’onda di periodo 7 è amplificata, mentre quella di periodo 9,3 è smorzata. L’effetto combinato di queste due onde si risolve in una oscillazione amplificata e smorzata di periodo fra sei ed otto giorni ed il confronto diretto di due curve mette abbastanza in luce l’effetto di queste due onde caratteristiche sulla curva totale della pioggia raccolta all’Osservatorio Donati di Pisa.
Riassumendo dal lavoro, limitatamente alle stazioni esaminate, risultano accertate le seguenti conclusioni:

1) L’influsso della luna sulla pioggia e reale e periodico.
2) L’azione lunare si risolve in una deficenza di pioggia.
3) L’azione lunare risente l’influenza dei fattori locali e varia con le diverse posizioni che la luna assume sull’orizzonte.
4) La posizione della luna rispetto al sole sembra avere la sua influenza, giacché nelle curve si nota che la simmetria tende a prodursi nei giorni in cui la luna si trova all’opposizione del sole.
5) Le periodicità che si manifestano nella pioggia studiata in relazione alla luna sono un periodo mensile, quindicinale, decadico e settimanale.
6) Il periodo decadico ed il periodo settimanale sono periodicità particolari in quanto quello decadico è forse legato all’azione solare, mentre quello settimanale sembra particolarmente legato all’azione lunare.

Non vengono formulate ipotesi per spiegare in che maniera riesca la luna ad influire sulle vicende della nostra atmosfera; ma si ricorda l’ipotesi già emessa dal Rodès circa la ionizzazione, in quanto che la formazione della pioggia sarebbe legata a particolari condizioni di ionizzazione dei nuclei di condensazione. Si ricorda infine che ricerche dello Chapman hanno messo in evidenza che le oscillazioni prodotte dall’azione lunare nell’alta atmosfera sono tutt’altro che trascurabili. Gli studi di Schmiedel e della scuola di Lipsia hanno messo in luce che le oscillazioni dell’alta atmosfera sono quelle che presiedono all’andamento del tempo e particolarmente le onde brevi. Come si vede lo studio e le conclusioni del presente lavoro si accordano con i risultati di altri ricercatori e se ne può effettivamente concludere che lo studio dell’influenza lunare sulle vicende della nostra atmosfera, messo sul piano delle periodicità, e messo su di una giusta via.

Ringraziamenti : http://www.onlineocr.net/

🙂

Meccanica celeste Sole-Luna-Terra = Moto dei poli terrestri (Chandler wobble) e QBO

L’oscillazione chandler dei poli e la sua modulazione in ampiezza

di Nikolay S.Sidorenkov

Hydrometcentre of Russian Federation
B. Predtechensky pereulok, 11-13, Moscow 123242, Russia

 

Abstract

E’ dimostrato che il periodo dell’oscillazione di Chandler dei poli (CWP) è una combinazione di oscillazioni causate da tre processi periodici che incontra la Terra:

  • (a) maree luni-solari,
  • (b) la precessione dell’orbita di rivoluzione mensile terrestre intorno al baricentro del sistema Terra-Luna,
  • (c) il moto del perigeo di questa orbita.

L’aggiunta dell’oscillazione siderale, anomalistica, e sinodica lunare pari a 1,20 anni, all’oscillazione di Chandler, dà luogo a lente variazioni periodiche di ampiezza della CWP con periodi da 32 a 51 anni.

Nota teorica :

http://legacy.ingv.it/roma/attivita/geomagnetismo/fisicainterno/sismicita/chandler.html

http://legacy.ingv.it/roma/attivita/geomagnetismo/fisicainterno/sismicita/oscillazione.html

"... Il Chandler wobble è un'oscillazione libera del polo di rotazione con un periodo di circa 14 mesi (434 giorni approssimativamente).L’esistenza di quest’oscillazione (wobble) va ricercata nella forma irregolare del nostro Pianeta e nel fatto che esso ruoti intorno ad un asse non allineato con l’asse d’inerzia terrestre. Questo mancato allineamento fa si che la Terra subisca un’oscillazione insieme alla rotazione. Visto dall’alto, il polo di rotazione descrive un moto approssimativamente circolare attorno ad un punto noto come "polo medio di rotazione".Tale moto quasi-circolare, noto come "oscillazione di Chandler" necessita di una sorgente di eccitazione per continuare ad esistere, altrimenti si estinguerebbe, a causa dell’imperfetta elasticità del mantello terrestre.....Sebbene le caratteristiche dell'oscillazione di Chandler siano state chiare sin dal principio, non altrettanto chiare apparivano le cause della sua eccitazione, almeno fino ad oggi. Basti pensare che la ricerca di queste cause ha animato il lavoro di gruppi di ricercatori sin dalla sua scoperta nel 1891 (Chandler, 1891) producendo un acceso dibattito scientifico.
 L'idea base mette in relazione le cause di quest'oscillazione a variazioni dell'inerzia terrestre prodotte da movimenti di grandi masse sulla superficie ed all'inteno della Terra (acquiferi, oceani, atmosfera, moti nel mantello, etc.), in queste cause sono stati inclusi anche i terremoti, che possono potenzialmente variare l'inerzia della Terra....Una risposta risolutiva a questi interrogativi, ancora non condivisa da tutti, proviene oggi dagli studi condotti da Richard Gross e pubblicati recentemente (grl, 2000). Gross (2000) afferma che gran parte del mantenimento dell'oscillazione di Chandler sia dovuto alle variazioni di pressione che si generano sui fondali oceanici, e di un piccolo contributo dovuto alla combinazione di processi oceanici ed atmosferici.Sembra così risolto il quesito sulle cause dell'oscillazione di Chandler, se così è sarebbero stati necessari a questo scopo un secolo di studi...."

Chandler1. Introduzione

E’ ben noto, che la Terra e la Luna ruotano intorno al loro centro di massa (baricentro) con un periodo siderale di 27,3 giorni. L’orbita del centro di massa della Terra (geocentro) è geometricamente simile all’orbita della Luna, ma la dimensione dell’orbita è di circa 1/81 più grande di quest’ultima. Il geocentro è (in media) a 4671 km di distanza dal baricentro. Nella rotazione della Terra intorno al baricentro, tutte le particelle costituenti tracciano le stesse orbite non concentriche e subiscono le stesse accelerazioni centrifughe come l’orbita e l’accelerazione del geocentro. La Luna attrae diverse particelle della Terra con una forza diversa. La differenza tra le forze di attrazione e quelle centrifughe agenti su una particella è chiamata forza di marea. La rotazione del sistema Terra-Luna attorno al Sole (Fig. 1) porta a maree solari. Il totale delle maree lunisolari variano con un periodo di 355 giorni (13 mesi siderali o 12 mesi sinodici). Questo periodo è conosciuto come l’anno lunare, o di marea.

Fig 1

Figura 1: Rivoluzione del sistema Terra-Luna attorno al Sole

I nodi lunari, nel loro moto di precessione verso ovest intorno all’eclittica, completano una rivoluzione in 18,6 anni. Mentre, il perigeo lunare si muove verso est, completando una rivoluzione in 8,85 anni. A causa di questi movimenti opposti, un nodo incontra un perigeo esattamente in 6 anni.

2. L’oscillazione quasi biennale – QBO –

Nei miei libri (Sidorenkov 2002, 2009) è stato dimostrato che la Terra, l’oceano, e l’atmosfera presentano oscillazioni consistenti, che si influenzano a vicenda, vale a dire, le oscillazioni congiunte avviate dalle maree si verificano nel sistema Terra-oceano-atmosfera. Manifestazioni visive di queste oscillazioni sono l’oscillazione dei poli della Terra, El Nino e La Nina nell’oceano, e la Southern Oscillation e l’oscillazione quasi-biennale in atmosfera. L’oscillazione dei poli è il movimento di rotazione quotidiano dell’asse terrestre all’interno del corpo della Terra. L’oscillazione quasi biennale (QBO) è un’oscillazione quasi periodica del vento zonale equatoriale, tra venti orientali e venti occidentali nella stratosfera tropicale con un periodo medio di 28 mesi.

La figura 2, mostra lo spettro del movimento delle coordinate, del polo x (in alto) e gli indici di QBO (in basso). Una caratteristica sorprendente è che lo spettro dell’indice QBO è simile con un fattore di 2 a quello di coordinate del polo x e y.  Dove la scala orizzontale nello spettro delle coordinate del polo è raddoppiata come mostrato in Fig. 2. Quindi tutti i dettagli dello spettro degli indici QBO coincidono con quelli dello spettro del movimento polare; cioè l’oscillazione nel moto polare riflette il periodo raddoppiato della QBO nell’atmosfera. Nella stratosfera equatoriale, la durata dei cicli di movimento polari della Terra è raddoppiato.

Fig 2Figura 2: Spettro di potenza del polo, coordinata x (in alto) e gli indici di QBO (in basso). Per dimostrare la somiglianza delle curve, la curva del polo è stata trasformato nel modo seguente: T = 2T0 e S = 30S0 + 2600, dove T0 e S0 sono i valori effettivi dei periodi T e densità spettrale S, rispettivamente.

Questi fatti testimoniano che l’oscillazione di Chandler dei poli e la ciclicità QBO dei venti stratosferici sono suscettibili di avere un comune meccanismo di eccitazione che è dovuto ai processi geodinamici del sistema Sole-Terra-Luna. Il meccanismo di eccitazione della QBO viene associato con l’assorbimento delle onde di marea lunisolari nella stratosfera equatoriale. Il periodo QBO è uguale a una combinazione lineare delle frequenze corrispondenti ai periodi raddoppiate dell’anno corrente (0,97 anno), della regressione del nodo lunare (18,6 anni), e del moto del perigeo lunare (8,85 anni) dell’orbita mensile terrestre:

Fig.3In altre parole, l’oscillazione quasi-biennale – QBO- della direzione del vento nella stratosfera equatoriale è una combinazione di oscillazioni causate da tre processi geodinamici periodici sperimentati nell’atmosfera: maree luni-solari, la precessione dell’orbita di rivoluzione mensile della Terra attorno al baricentro del sistema Terra-Luna, e il moto del perigeo di questa orbita.

3. Chandler wobble dei poli

L’oscillazione dei poli della Terra e la QBO nell’atmosfera hanno spettri simili (con il rapporto dei periodi che sono 1:2 (Sidorenkov 2002, 2009). Il periodo dell’oscillazione Chandler dei poli (CWP) si crede essere differente dal periodo Eulero di 305 giorni a causa delle proprietà elastiche della Terra. Tuttavia, è improbabile che sia fisicamente la QBO e CWP sono causate dalle caratteristiche della struttura interna della Terra. Un presupposto naturale è che la QBO e la CWP hanno una sola causa, vale a dire, le caratteristiche della rivoluzione mensile della Terra nel sistema Terra-Luna e la rivoluzione di questo sistema attorno al Sole. La forzatura del wobble con un periodo solare di 365.24 giorni è modulata dalla precessione dell’orbita mensile della Terra con un periodo di 18,61 anni e dal movimento del perigeo con un periodo di 8,85 anni. Infine, il risultato, con il forcing solare (anno) genera oscillazioni polari con un periodo di Chandler di 1,20 anni:

Fig.4La modulazione di ampiezza di CWP è chiaramente esposto con un periodo di circa 40 anni. È noto che le funzioni OAM AAM e sono in grado di rappresentare circa il 90% dell’eccitazione CWP richiesta. Questa eccitazione si crede che avvenga alla frequenza fondamentale del sistema forzante climatico con un periodo di 365,24 giorni. Tuttavia, è stato dimostrato in lavori più recenti dell’autore che, oltre a costringere questa base, il sistema climatico sperimenta un’ulteriore forcing causato da variazioni della nuvolosità
con periodi lunari anni (http://geoastro.ru). Caratteristiche climatiche e componenti equatoriali del momento angolare atmosferico h2 sono stati trovati ad oscillare con un periodo di 355 giorni (Sidorenkov, 2009; Sidorenkov e Sumerova, 2012a, 2012b). La forzatura di wobble con un periodo lunare anno di 355 giorni (13 mesi tropicali) è modulata dalla precessione dell’orbita mensile della Terra con un periodo di 18,61 anni e dal movimento del perigeo con un periodo di 8,85 anni. Infine, il conseguente “anno lunare tropicale” genera una oscillazione polare con un periodo di 1,16 anni:

Fig.5L’interferenza di 1,20 anni e 1,16 anni nell’oscillazione di Chandler comporta battute, cioè variazioni periodiche di ampiezza wobble polare con un periodo di 35,3 anni :

Fig.6Allo stesso modo, l’anno sinodico lunare (12 mesi sinodici) deve eccitare l’oscillazione polare con un periodo di 1,1574 anni :

Fig.7L’interferenze di questa eccitazione e la CWP generano battimenti con un periodo di 32,6 anni. L’eccitazione “dell’anomalistico anno lunare” (13 mesi anomalistici) è in grado di generare una oscillazione polare con un periodo di 1,172 anni :

Fig.8L’nterferenza di questa oscillazione con la CWP può generare battute con un periodo di 50,9 anni :

Fig.9Così, l’interferenza della CWP (periodo di 1,20 anni) con questi lunghi battimenti o oscillazioni lunari causa un rallentamento delle variazioni periodiche dell’ampiezza della CWP con periodi di 32 a 51 anni. Queste sono state osservate nella realtà.
4. Riferimenti

– Sidorenkov, NS, 2002 \ Fisica Instabilità rotazione della Terra “, Mosca:. Nauka, 384 pp (in russo)
– Sidorenkov, NS 2009, \ L’interazione tra la rotazione della Terra e dei processi geofisici “, Wiley-VCH Verlag GmbH & Co. KGaA, Weinheim.
– Sidorenkov, NS, Sumerova, KA, 2012a, \ Temperatura fluttuazione Beats come motivo per l’anomalo calda estate del 2010, nella parte europea della Russia “, russo Meteorologia e Idrologia, 37 (6), pp. 411-420.
– Sidorenkov, NS, Sumerova, KA, 2012b, \ cause geodinamici dei cambiamenti climatici decennio “, Proc.Hydrometeorological centro della Russia, Vol. 348, pp. 195-214.

 

Fonte : http://syrte.obspm.fr/jsr/journees2014/pdf/Sidorenkov.pdf

Il ciclo di 1350 anni e gli eventi Lawler nell’olocene -1°parte-

1-orbital-period-curve

Negli ultimi anni sono state pubblicate una serie di studi che propongono dei cicli climatici su scala millenaria. Fred Singer e Dennis Avery credono che ci sia un ciclo inarrestabile di 1500 anni.

La prova della presenza di cicli climatici naturali globali di 1.500 anni comprende lunghe registrazioni del cambiamento di temperatura. Si parte dalle carote di ghiaccio, fondali marini e/o lacustri, sedimenti, fossili di granelli di polline e di piccole creature marine. Ci sono anche registrazioni su scale temporali più brevi come per le stalagmiti delle grotte, gli anelli degli alberi e una grande varietà di altre registrazioni della temperatura.

La prova fisica del ciclo climatico di 1500 anni sulla Terra – Settembre 2005 – S. Fred Singer e Dennis T. Avery, si veda : http://www.ncpa.org/pdfs/st279.pdf

Charles Perry e Kenneth Hsu credono che ci sia una piccola era glaciale ogni 1300 anni

L’approssimativo ciclo di 1.300 anni è concorde con le testimonianze archeologiche e storiche di questi periodi freddi e caldi, ed affermano : “…Nel corso della storia, il riscaldamento globale ha portato prosperità mentre il raffreddamento globale ha portato le avversità…”

Geofisica, archeologica, ed evidenze storiche sono ha supporto di un modello solare per il cambiamento climatico , di Charles A. Perry e Kenneth J. Hsu http://www.pnas.org/content/97/23/12433.full.pdf

2-bond-1997-abstract

Gerard Bond ritiene che vi sia un ciclo climatico 1.470 anni nell’olocene.

http://en.wikipedia.org/wiki/Bond_event

Un diffuso ciclo su scala millenaria nel nord Atlantico Olocene e climi glaciali – Bond, G .; et al. – 1997 : http://rivernet.ncsu.edu/courselocker/PaleoClimate/Bond%20et%20al.,%201997%20Millenial%20Scale%20Holocene%20Change.pdf

Purtroppo, i cicli climatici individuati su scala millenaria non sono molto prevedibili. Ad esempio, obbligazionari eventi accadono ogni 1.470 anni, più o meno [circa] 500 anni. Inoltre, i cicli climatici individuati su scala millenaria possono essere piuttosto sfuggenti. Per ragioni che non sono chiare, l’unico evento dell’olocene che ha un segnale di temperatura chiaro nelle carote di ghiaccio della Groenlandia è l’evento 8.2 kyr.

Ad esempio, Wikipedia riporta: “…Per ragioni che non sono state ancora chiarite, l’unico evento dell’olocene che ha un segnale della temperatura chiaro nelle carote di ghiaccio della Groenlandia è l’evento 8.2 kiloyear….”

E’ chiaro quindi che la datazione delle carote di ghiaccio della Groenlandia è un’ipotesi speculativa [supporta da modelli al computer]. In secondo luogo, obbligazionari eventi “medi” di 1.470 anni [più o meno 500 anni], fanno riflettere sulle vere significative frequenze dei dati.

In generale, ci sono molte sfide che si pongono i ricercatori, per cercare di individuare i cicli climatici su scala millenaria :

1) In generale, – i ricercatori – alla cieca, si mettono alla ricerca di cicli nascosti all’interno dei dati. Più specificamente; essi non sono alla ricerca di uno specifico meccanismo ciclico.

2) I ricercatori stanno lavorando con ricostruzioni proxy del clima [è queste non sono una cosa reale]. Ogni procura [e ricostruzione] ha i suoi problemi specifici, ma i ricercatori di solito incontrano alcuni problemi riguardanti : la calibrazione, la risoluzione temporale, ipotesi nascoste e modelli elaborati al computer.

3) I ricercatori, in genere, aderiscono alla convinzione gradualista che “il presente è la chiave per comprendere il passato” dove, grazie alle ultime scoperte, “il presente” funziona allo stesso modo del “passato”. Sfortunatamente, questo approccio gradualista diventa un ossimoro quando i ricercatori sono a caccia di cicli climatici drammatici su scala millenaria..

Nel complesso, come mio padre diceva: due torti non fanno una ragione. Tuttavia, i misteri dei cicli climatici su scala millenaria possono essere svelati in pochi passaggi corti.

  • Il primo pezzo del puzzle è stato stabilito analizzando [studio effettuato su un  foglio di calcolo di Excel] le distanze orbitali e i periodi orbitali dei pianeti del sistema solare utilizzando le moderne tecniche osservazionali [Planets – A Very Short Introduction by David A Rothery – Oxford University Press – 2010 ].

La risultante linea di tendenza, genera con excel, una misura perfetta con i dati planetari.

3-solar-system-orbital-periods-of-the-planets

  • Il secondo pezzo del puzzle ci è stato fornito dal Voyager 1 [nel 2012], quando il veicolo spaziale ha rilasciato all’astronomia un vero e proprio “reality check”  lasciando il Sistema Solare ad una distanza di 122 UA [dal Sole].

La sonda Voyager 1 (che pesa 722 chilogrammi), è stata lanciata dalla NASA il 5 settembre 1977,  per studiare il sistema solare esterno e il mezzo interstellare. Operativa per 35 anni, 1 mese e 23 giorni, a partire dal 28 ottobre 2012, la navicella riceve comandi di routine e trasmette i dati al Deep Space Network, ad una distanza di circa 122 AU (1.83 × 1010 km), ed è l’oggetto artificiale più lontano dalla Terra. Adesso, Voyager 1, si trova nello strato più esterno dell’eliosfera. Il 15 giugno 2012, gli scienziati della NASA hanno riferito che Voyager 1 può essere molto vicino a entrare nello spazio interstellare, diventando il primo oggetto artificiale a lasciare il Sistema Solare.

Fonte : http://en.wikipedia.org/wiki/Voyager_1 Voyager 1 potrebbe aver lasciato il sistema solare by Nancy Atkinson il 8 ott 2012

 

4-voyager-one-passes-through-the-double-layer-boundary-and-leaves-the-solar-system

Mentre non c’è nessuna parola ufficiale da parte della NASA sul fatto che Voyager 1 potrebbe aver lasciato il sistema solare. La prova conclusiva, ci viene dal grafico sopra riportato, che mostra il numero di particelle (principalmente protoni) che in uscita dal Sole colpiscono Voyager 1 nel tempo.

http://www.universetoday.com/97763/voyage-1-may-have-left-the-solar-system/

L’ultimo pezzo della traccia è stato calcolato con excel, estendendo la linea di tendenza fino a 122 UA, per scoprire il periodo orbitale dell’eliosfera di 1.350 anni.

5-solar-system-orbital-period-of-1350-years-at-122-au

…..

Fine 1°parte

DALLE ARMONIE CELESTI ALLE RISONANZE PLANETARIE -2°parte-

Dalle risonanze un modello di genesi del Sistema Solare:
le ricerche di Percival Lowell

Lowell desidera sfruttare le risonanze tra i periodi dei pianeti per indagare l’origine del Sistema Solare. Come nel caso delle armonie kepleriane, della legge di Titius, e come vedremo di ben più recenti lavori, le sue ricerche furono al centro di critiche, fondate sul dubbio che si tratti di un vero e proprio modello scientifico, o piuttosto di una mera coincidenza numerologica. L’ipotesi sulla formazione dei pianeti sostenuta nel lavoro di Lowell riprendeva i lavori di Chamberlin e Moulton, secondo i quali i pianeti si erano formati da materiale espulso dal Sole in occasione di una violenta collisione con una stella vicina. Egli cita inoltre come opera di riferimento un testo di Tisserand, quel Traité de mécanique céleste in quattro volumi pubblicato tra il 1889 e il 1896.
In sostanza Lowell parte dalla considerazione che, in prima approssimazione, gli assi maggiori delle orbite dei pianeti sono tali che il moto medio di un pianeta sia multiplo di quello di uno dei due pianeti a lui adiacenti, secondo i rapporti: 1/2, 2/5, 1/3 (nel caso particolare Venere-Terra il rapporto è pari a 3/5). Questa regolarità secondo l’astronomo esprime il meccanismo per il quale avrebbe avuto genesi
il nostro Sistema Solare: i pianeti si sarebbero formati in successione, dal più interno al più esterno, e la posizione del pianeta che si andava formando era necessariamente prossima a un punto tale da dar luogo a rapporti commensurabili, a causa delle interazioni con il sistema formato dal Sole e dagli altri pianeti più interni, che si erano formati precedentemente.
In effetti, come già Keplero aveva sottolineato nell’Harmonice Mundi, i rapporti tra i semplici moti medi non danno luogo a rapporti semplici precisi. Se Keplero aveva scelto di considerare le velocità all’afelio e al perielio, con cui si affinava notevolmente l’approssimazione, Lowell decide di interpretare lo scostamento come l’impronta di un ulteriore effetto, dovuto all’attrazione gravitazionale da parte del Sole e dei pianeti interni. Questa sarebbe la causa per cui i pianeti (come mostra la fig. 3) si trovano tutti spostati verso il Sole, rispetto alla posizione che permetterebbe rapporti esattamente commensurabili.
La sua ipotesi lo portò a cercare un eventuale nuovo pianeta in posizioni corrispondenti ai summenzionati rapporti semplici. Egli dedicò così, con la collaborazione di Carl Otto Lampland, incaricato di fotografare il cielo nelle regioni opportune, gli anni compresi dal 1905 alla fine della propria vita, senza riuscire nell’intento. Dopo la sua morte l’osservatorio da lui fondato continuò, quasi come dovuto omaggio, quelle ricerche, finché nel 1930 Clyde William Tombaugh scoprì un pianeta che orbitava effettivamente alla distanza prevista dalla teoria di Percival Lowell, a cui fu dato il nome di Plutone.

Fig. 3 Le posizioni che darebbero luogo a periodi esattamente commensurabili sono segnate
con i cerchietti bianchi, in scuro le posizioni reali dei pianeti. N.B. Per motivi di spazio la
figura riporta soltanto i pianeti interni.

Una panoramica sulla situazione contemporanea

Concludiamo con una panoramica sulle ricerche contemporanee in questo settore, tralasciando naturalmente le numerose risonanze tra i pianeti e i loro satelliti e quella tra Nettuno e Plutone, del tutto particolare e che richiederebbe una lunga discussione. In particolare osserveremo due approcci ben differenti: da un lato gli studi di coloro che ricavano relazioni dai dati osservativi, e cercano di assegnare a queste un significato fisico; dall’altro le ricerche di chi, a partire da ipotesi fisiche, cerca di ottenere equazioni valide in un sistema planetario. Tra i ricercatori moderni che hanno cercato di trovare delle risonanze a due corpi tra i pianeti del Sistema Solare ricordiamo Albert Molchanov, che dimostrò che le relazioni esistenti nelle serie delle distanze planetarie sono il risultato di più
semplici ed esatte relazioni nelle serie delle loro frequenze. La struttura del Sistema Solare è determinata da una tavola di relazioni risonanti. La struttura risonante, nello stadio finale, è inevitabile se un sistema dinamico come il Sistema Solare ha una evoluzione che avviene sotto l’azione di forze dissipative (cioè che fanno perdere energia orbitale). Nel Sistema Solare attuale il campo potenziale (conservativo) è dominante. Tuttavia il sistema esiste da quasi 5 miliardi di anni per cui anche forze dissipative molto piccole, che hanno causato perdita di energia orbitale a scapito di energia termica, hanno avuto sufficiente tempo per esercitare la loro influenza. Molchanov dimostra che questi piccoli termini dissipativi hanno tendenza a creare configurazioni stabili. Dal momento che le zone di risonanza sono determinate da serie di numeri interi, emerge un discreto numero di possibili stati stazionari, e il Sistema Solare si trova esso stesso in uno di tali stati. Molchanov procede creando equazioni lineari tra le frequenze (definite come l’inverso del periodo) dei pianeti. Indicando con Me la frequenza orbitale di Mercurio, V quella di Venere e così via, si hanno le seguenti equazioni lineari, prendendo la frequenza di Giove uguale a 1:

Il modello ottenuto risolvendo queste equazioni fornisce frequenze abbastanza vicine a quelle reali, come si può vedere in tavola M, ma non proprio coincidenti con le risonanze. Il punto debole del lavoro è il fatto che con lo stesso procedimento è possibile trovare equazioni analoghe alle precedenti che danno residui ancora minori. Infatti Michel Henon [1969] fa notare che le frequenze reali hanno un errore relativo dell’ordine di 0.005. Facendo degli esempi esplicativi dimostra che le equazioni (1) possono essere pienamente soddisfatte da effetti casuali, e pertanto non possedere alcun significato fisico.
Anche Backus [1969] fa notare (come si può anche vedere dalla tabella) che le otto relazioni di risonanza per le frequenze orbitali dei nove pianeti non sono pienamente soddisfatte ma hanno un errore piuttosto evidente, la cui grandezza fa pensare che quelle relazioni possano essere soddisfatte anche da una serie di nove numeri scelti a caso.

Con argomenti non molto diversi dai precedenti Stanley F. Dermott [1969] demolisce le teorie di Molchanov, che però risponde alle feroci critiche con due lavori [1969] pubblicati sempre sulla prestigiosa rivista «Icarus». In uno di questi spiega perché non accetta i «very crude statistical model» dei detrattori delle sue teorie e propone un modello più preciso che migliora i risultati precedenti.

In un secondo lavoro Molchanov cerca di dare una valutazione quantitativa di una data struttura risonante e dimostra, tramite un nuovo e complicato sistema di equazioni applicato anche ai sistemi dei satelliti di Giove, Saturno e Urano, che una «buona» struttura risonante casuale non è assolutamente possibile. Sebbene, come vedremo più avanti, si osservino realmente delle risonanze nel
Sistema Solare, pur se soltanto per coppie di pianeti o satelliti, le teorie di Molchanov vennero abbandonate per il loro essere non risonanze vere e proprie, ma semplicemente valori vicino alle risonanze.
Proseguendo la rassegna sulla ricerca di risonanze nei pianeti del Sistema Solare ricordiamo i calcoli di simulazione numerica mediante computer sviluppati da Dole [1970], Hills [1970], William e Galley [1971] e Dormand e Woolfson [1971].
Tra questi esporremo, a titolo di esempio, la simulazione della formazione del Sistema Solare realizzata da Dole con il metodo Monte Carlo. Partendo dall’ipotesi che i pianeti si siano formati per aggregazione di materia dentro una nube di polveri e gas che circondano il Sole appena formato, Dole inietta nella nube stessa uno alla volta nuclei massivi che si muovono lungo orbite ellittiche. Le dimensioni del semiasse maggiore e dell’eccentricità dell’orbita di ciascun nucleo sono determinati da una successione random. Quando i nuclei orbitano dentro la nube crescono per aggregazione e gradualmente spazzano la polvere libera. Il processo di immettere nuove masse continua fino a che tutta la polvere è stata spazzata via; qualcuna delle masse si unisce l’una con l’altra a formare pianeti maggiori, che a loro volta spazzano lontano quei pianeti minori che si avvicinano troppo. Il risultato finale dei calcoli di Dole è una serie di pianeti che in massa, numero e spaziatura sono piuttosto simili al Sistema Solare. La fig. 4 mostra quattro dei venti modelli di sistemi planetari ottenuti da Dole; il quinto è il nostro sistema planetario che può considerarsi come membro della serie.
Ciascun sistema planetario prodotto usando una differente sequenza di numeri casuali è unico, ma tutti i sistemi così prodotti rispecchiano le maggiori strutture regolari del Sistema Solare. Gli spazi tra le orbite mostrano la suggestiva regolarità della legge di Bode. I pianeti interni sono piccoli corpi rocciosi; quelli medi sono larghi corpi gassosi, quelli esterni sono generalmente piccoli; anche la distribuzione delle masse è simile a quella del Sistema Solare con masse che vanno dal piccolo Mercurio al maggiore Giove.
Laskar, più recentemente [1988], si serve per le integrazioni numeriche dei più potenti computer di quegli anni (super computer CRAY-1). I calcoli sono svolti per la soluzione di sistemi differenziali che danno la variazione secolare del Sistema Solare considerando gli otto maggiori pianeti tenendo conto anche degli effetti lunari e relativistici. Laskar trova, dopo una integrazione del sistema secolare per un periodo di 30 milioni di anni, che le soluzioni per il Sistema Solare esterno sono più stabili di quelle del Sistema Solare interno, dove molte quasi-risonanze nelle frequenze a lungo periodo mostrano una buona convergenza di soluzioni, in particolare le soluzioni per Mercurio e Marte sono le maggiori suscettibili di variabilità. Ancora Laskar l’anno successivo [1989] presenta una integrazione numerica, per un periodo d’integrazione di 200 milioni di anni, di un grande sistema analitico di equazioni differenziali mediate contenenti l’evoluzione secolare delle orbite degli otto maggiori pianeti. La soluzione è caotica, con un massimo esponente di
Lyapounov che raggiunge il sorprendente enorme valore di circa 1.5 milione di anni. Il moto del Sistema Solare è così dimostrato essere caotico, non quasi periodico. In particolare, la predicibilità delle orbite dei pianeti interni, incluso la Terra, cessa dopo poche decine di milioni di anni. La situazione evolve, pur su tempi astronomici, ma comunque mantenendo posizioni in risonanza.

Moto caotico. Coefficienti di Lyapounov

Per moto caotico si intende un moto il cui risultato finale è così sensibile a piccoli cambiamenti delle condizioni iniziali e delle forze che influenzano la traiettoria che la previsione dello stato del sistema in un futuro lontano diventa praticamente impossibile. Nel caso del moto caotico la divergenza tra orbite che partono da condizioni iniziali vicine avviene molto rapidamente, seguendo una legge esponenziale, cioè con una velocità che aumenta progressivamente nel tempo. La rapidità con cui tale divergenza si manifesta è misurata da un parametro detto «tempo di Lyapounov», che rappresenta il tempo necessario perché la distanza tra orbite vicine aumenti di un fattore e (la base dei logaritmi naturali); così dopo un periodo pari a due tempi di Lyapounov la distanza iniziale delle orbite sarà cresciuta di un fattore e2, cioè di circa 7,39 volte il valore iniziale, e così via.
L’insorgere del caos è strettamente legato al fenomeno delle risonanze, cioè alla presenza di rapporti semplici tra i periodi di rivoluzione o di precessione dei corpi celesti considerati. Ad esempio se un corpo celeste si trova su un’orbita avente un semiasse maggiore pari a 0,62996 volte quello di Giove, per la terza legge di Keplero il suo periodo orbitale sarà uguale a 0,5 volte quello di Giove. Cioè nell’intervallo di tempo in cui Giove esegue un giro completo intorno al Sole il corpo celeste ne compirà esattamente due: si parla in questo caso di risonanza 2:1 con Giove. In generale lo stato di risonanza comporta la ripetizione periodica delle stesse configurazioni reciproche tra i due corpi celesti coinvolti; in tal caso una parte delle perturbazioni gravitazionali non si compensano nel corso del tempo, come avviene normalmente, ma si accumulano progressivamente, generando effetti particolarmente intensi sull’eccentricità ed inclinazione del corpo celeste. La grandezza di tali perturbazioni dipende in modo critico dal verificarsi in modo esatto della condizione di commensurabilità; si verifica quindi quella estrema sensibilità dalle condizioni iniziali che è tipica del moto caotico. La risonanza secolare possiamo definirla come uno stato dinamico in cui il periodo di precessione della linea dei nodi o dell’argomento del perielio di un corpo celeste viene a coincidere con l’analogo periodo di precessione del corpo maggiore. Tale situazione dà origine in generale a fenomeni di caos dinamico.

Pochi anni dopo (1992) Jacques Laskar, Thomas Quinn, e Scott Tremaine, confermano l’esistenza di risonanze secolari tra i moti di precessione della Terra e di Marte. Ancora Laskar [1997] facendo integrazioni di equazioni del Sistema Solare in un periodo di miliardi di anni, ha dimostrato che gli spazi dei pianeti interni possono essere la conseguenza della presenza di caos in grande scala nelle loro orbite, i cui intervalli di variazioni sono solamente limitati da qualche mancanza di conservazione del loro momento angolare, cioè la parte del loro momento angolare risultante dal moto non circolare e non planare.

Norman Murray e Matthew Holman [1999] hanno sviluppato una nuova teoria analitica che dimostra che il caos tra i pianeti gioviani risulta dalla sovrapposizione delle componenti di una risonanza di moto medio a tre corpi, Giove, Saturno e Urano.
Gli stessi ricercatori danno un valore approssimato del tempo di Liapunov (107 anni); i pianeti gioviani devono essere entrati in risonanza dopo che tutti i gas e la maggior parte dei planetesimi nel disco protoplanetario furono rimossi.
Gli ultimi che si sono interessati all’argomento che ci riguarda sono stati T.A. Mitchtchenko e S. Ferraz-Mello, i quali hanno studiato le risonanze del Sistema Solare esterno nelle vicinanze dei pianeti. La stabilità di questa zona è analizzata usando un nuovo metodo numerico per scoprire la caoticità del moto planetario; questi ricercatori esplorano una gran parte dello spazio delle fasi dove il Sistema Solare esterno evolve e costruiscono mappe dinamiche delle regioni intorno ai pianeti gioviani. Le regioni studiate sono densamente riempite da risonanze di moto medio a due e tre pianeti che generano instabilità nel moto planetario. Inoltre Mitchtchenko e Ferraz-Mello hanno dimostrato quanto siano vicine le reali posizioni dei pianeti a queste instabilità.

Conclusioni

Nell’articolo che King-Hele dedica agli studi sui fenomeni di risonanza, egli si chiede (e si risponde):

«“Are they significant, or mere numerology?»”. The quick answer is: “Yes, yes” [King-Hele 1972].

http://www.annalombardi.eu/

Fonte : http://www.brera.unimi.it/sisfa/atti/2003/245-258LombardiBari.pdf

Michele

Breaking news: L’editore Copernicus chiude la sezione dove recentemente è stato pubblicato il lavoro di Nicola Scafetta

Ci sono delle novità, in merito alla pubblicazione depositata da Nicola Scafetta presso l’editore Copernicus, nella specifica sezione Pattern Recognition in Fisica (PRP).

http://www.pattern-recogn-phys.net/special_issue2.html

Vi trasmetto traduzione, inviata agli editor della specifica sezione Nils Axel Mörner e caporedattore Sid Ali Ouadfeul.

Dal blog di Roger Tattersall le motivazioni :

http://tallbloke.wordpress.com/2014/01/17/breaking-pattern-recognition-in-physics-axed-by-copernicus/

Caro Sid-Ali e caro Nils-Axel, siamo spiacenti di informarvi che abbiamo deciso di interrompere la rivista .

Durante l’elaborazione del comunicato stampa per il numero speciale “Pattern di variabilità solare, la loro origine planetaria e gli impatti terrestri”, si legge attraverso la carta conclusioni generali pubblicata il 16 dicembre 2013. Siamo rimasti allarmati dalla seconda implicazione che gli autori affermando “Questo getta seri dubbi sulla questione della continua o accelerata fase di riscaldamento, come rivendicato dal progetto IPCC”. Prima che la rivista venisse lanciata, abbiamo avuto una lunga discussione in merito a dette tematiche. L’obiettivo della rivista è di pubblicare articoli su modelli riconosciuti nel pieno spettro di discipline fisiche. Il PRP non è mai stato pensato per essere una piattaforma per gli scettici del clima. Oltre ai nostri dubbi circa il contenuto scientifico del PRP, abbiamo anche ricevuto informazioni sulla potenziale cattiva condotta durante il processo di revisione. Copernico pubblicazioni non può rischiare di perdere la sua eccellente reputazione nella comunità scientifica. Vorremmo, pertanto, prendere le distanze dalla apparente uso improprio delle finalità e l’ambito di PRP originariamente concordati e oggi abbiamo deciso di cessare la pubblicazione. Tale decisione deve essere una sorpresa per voi, ma date le circostanze siamo stati costretti a reagire.

Ci auguriamo che voi abbiate capito le nostre ragioni di questa decisione. Vi ringraziamo molto per la vostra collaborazione e vi auguriamo tutto il meglio per la tua carriera futura. Cordiali saluti, Martin e Xenia ******************************************** ******** Copernicus.org Riunioni e Open Access Pubblicazioni Dr. Xenia van Edig Business Development Copernicus GmbH Bahnhofsallee 1e 37081 Gottinga Germani

 

Michele