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Un articolo di Franco Battaglia: cos'è che incide di più sul clima? IL SOLE!

Una fondamentale caratteristica del metodo scientifico è che quando una nuova congettura viene avanzata – magari ardita e in seguito ad una singola osservazione estemporanea di uno scienziato più coraggioso degli altri – essa, se contiene elementi di verità, si afferma sempre di più a mano a mano che viene indagata. Orbene, più si indaga, più la congettura del (riscaldamento globale antropogenico, avanzata circa un secolo fa e nel tempo riproposta, si dimostra essere sonoramente fasulla: i gas-serra immessi dall’uomo non hanno influenza alcuna sulle temperature del pianeta. Ne abbiamo le prove. Definitive.
Premettiamo che condizione necessaria affinché vi sia una relazione di causa-effetto tra due azioni, è che la presunta causa deve precedere l’effetto. La condizione non è però sufficiente e non bisogna mai cadere nell’errore logico del «post hoc ergo propter hoc»: il sole sorge dopo che il gallo ha cantato, ma non è il gallo a far sorgere il sole.
L’attuale riscaldamento globale cominciò nel 1700 quando l’industrializzazione era assente e mezzo miliardo gli abitanti nel mondo. Continuò fino al 1940, a dispetto del fatto che dopo il 1929, in seguito alla grande depressione, ci si sarebbe atteso un arresto negli aumenti delle temperature. Si interruppe, anzi ci fu un rinfrescamento globale, per 35 anni, in pieno boom industriale e demografico. Riprese quindi il pianeta a riscaldarsi a metà degli anni Settanta (proprio in concomitanza di un’altra recessione) e continuò a farlo fino al 1998, tanto da far gridare i mercanti di terrore in servizio permanente effettivo all’allarme: «Il 1998 è stato l’anno più caldo del secolo!», strillavano. A parte il fatto che il secondo più caldo fu il 1934 (due centesimi di grado di meno), la cosa interessante è che proprio dal 1998 il pianeta ha smesso di riscaldarsi, a dispetto del fatto che le emissioni non sono diminuite. Insomma, abbiamo un gallo che canta dopo che è sorto il sole: il riscaldamento attribuito all’uomo è occorso nei tempi sbagliati.
Ma anche nei luoghi sbagliati, visto che quella congettura vorrebbe a 10 km sopra le nostre teste un riscaldamento triplo rispetto a quello osservato a terra, mentre le misure satellitari registrano, lassù nella troposfera, addirittura un rinfrescamento. Cosa è, allora, che fa variare le temperature del pianeta? Premesso che la scienza del clima è ancora alla sua infanzia, la risposta più accreditata è: il sole.
Franco Battaglia

FONTE: www.ilgiornale.it

Il clima di paura dell'IPCC nei confronti degli scienziati "negazionisti"…

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“But there is a more sinister side to this feeding frenzy. “Ma vi è un più lato sinistro di questa frenesia di alimentazione. Scientists who dissent from the alarmism have seen their grant funds disappear, their work derided, and themselves libeled as industry stooges, scientific hacks or worse. Gli scienziati che il dissenso dal allarmismo hanno visto i loro fondi sparire concessione, il loro lavoro deriso, e come se stessi libeled industria Stooges, scientifico hack o peggio. Consequently, lies about climate change gain credence even when they fly in the face of the science that supposedly is their basis.” Di conseguenza, si trova sul cambiamento climatico guadagnare credibilità anche quando volare di fronte alla scienza che presumibilmente è la loro base “.

Dimentichiamo una volta per tutte Al Gore e le tesi catastrofiste dell'IPCC

Interessantissima e molto didattica intervista al Dott. Ernesto Pedrocchi, docente universitario del politecnico di Milano, della serie anche gli studiosi italiani si allontanano dalle teorie dell’AGV!

È il sole, non l’uomo la prima causa del riscaldamento globale. Il professor Pedrocchi prova a documentarlo una volta per tutte. Numeri alla mano

«No, no, è tutt’altro che dimostrato». Ernesto Pedrocchi scuote la testa. «Lo so che nell’ambiente politico-mediatico il consenso è quasi totale, ma nel mondo della ricerca scientifica i dubbi e il dibattito sono accesissimi: è tutt’altro che certo che i cambiamenti climatici siano di origine antropica, siano cioè dovuti alle attività umane. Un’indagine recente tra i climatologi tedeschi, per esempio, ha rilevato il 37 per cento di aderenti all’ipotesi dell’origine antropica dei cambiamenti, il 36 di scettici e il resto su posizioni intermedie». E il professor Pedrocchi, ordinario di Energetica al Politecnico di Milano, comincia a sciorinare i suoi grafici. «Guardi questo, per esempio (figura 1): mostra l’andamento della concentrazione di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera terrestre. Certamente c’è un incremento, ma è tutt’altro che certo che dipenda dalle emissioni umane: la parte inferiore del grafico, che rappresenta l’aumento della CO2 anno per anno, è assai irregolare, e mostra picchi di crescita proprio negli anni in cui si è verificato El Niño, uno sconvolgimento climatico naturale che nasce dalla periodica inversione delle correnti calde e fredde nell’Oceano Pacifico. La quantità di CO2 scagliata nell’atmosfera da fenomeni come questo è molto più imponente di quella dovuta all’attività umana. Del resto, in generale, la CO2 di origine naturale è il 96-97 per cento del totale, quella prodotta dalle attività umane solo il 3-4 per cento. È evidente che variazioni, anche significative, di questa quota incidono ben poco sul totale, mentre cambiamenti anche lievi dell’attività naturale possono avere effetti molto più rilevanti rispetto al contenuto antropico. Come emerge anche da quest’altro grafico (figura 2): nell’ultimo mezzo secolo l’aumento di CO2 nell’atmosfera è avvenuto con regolarità e in maniera del tutto indifferente alle variazioni, come si vede notevoli, delle emissioni di origine antropica».

Dunque, professor Pedrocchi, lei non discute sull’aumento della temperatura terrestre, ma ritiene che sia la natura, non l’uomo, il principale responsabile.
Esatto. La CO2 di origine antropica, se conta, conta poco. La temperatura della Terra ha sempre subìto variazioni anche importanti, quando gli uomini non c’erano ancora o quando la loro attività era certamente ininfluente. Ci sono stati, nella storia climatica della Terra, anche in tempi recenti, cambiamenti di maggior entità e più bruschi di quello attualmente in corso. L’aumento di temperatura in atto (circa 0,7 gradi Celsius nel XX secolo, circa 0,5 negli ultimi 30 anni) non è così catastrofico come paventano. Tra l’altro nel dibattito pubblico non si ricorda mai un fatto ben noto agli scienziati, cioè che l’effetto dell’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera sull’aumento di temperatura segue una legge logaritmica.

Una legge logaritmica?
Vuol dire che l’aumento della concentrazione ha un’influenza sempre più debole sull’aumento di temperatura: ad aumenti crescenti di CO2 corrispondono variazioni sempre più piccole della temperatura, come mostra la figura 3. Il fatto è che il clima della Terra è un fenomeno estremamente complesso, di cui in realtà conosciamo molto poco. Vuole qualche altro esempio? Secondo la teoria dell’effetto serra, la temperatura nella troposfera dovrebbe aumentare in misura maggiore di quella al suolo; invece la temperatura misurata sulla superficie terrestre mostra aumenti più evidenti di quelli rilevati dalle sonde poste su palloni aerostatici nella troposfera. Anche le misure fatte con i satelliti evidenziano aumenti di temperatura nella troposfera inferiori o eguali a quelli rilevati a terra. Non quadra. Oppure il metano. Il metano è un altro gas serra, la sua produzione risente dell’azione umana molto più della CO2 ed è in costante aumento. Ebbene, da una decina d’anni a questa parte invece la sua concentrazione nell’atmosfera si è stabilizzata, e addirittura negli ultimi tempi tende a diminuire. Perché, se la sua produzione aumenta? Nessuno se lo sa spiegare.

Ma se il riscaldamento globale non dipende dall’uomo, a cosa è dovuto?
Oggi molti studiosi hanno il forte, fondato sospetto che i cambiamenti climatici siano in stretta relazione con l’attività solare. L’attività del sole, connessa con la radiazione che esso invia nello spazio quindi anche sulla Terra, è correlata con il numero di macchie solari. Questo numero è aumentato fortemente dal periodo preindustriale, coincidente all’incirca con la piccola glaciazione, ed è ora a un livello mai riscontrato negli ultimi 1.200 anni. Diverse ricerche hanno evidenziato una stretta correlazione tra attività solare e temperatura terrestre non solo negli ultimi centocinquanta anni, ma anche su un periodo più lungo, come mostra il grafico relativo (figura 4). Questa stretta correlazione potrebbe spiegarsi col fatto che il sole invia sulla Terra anche il “vento solare”, un flusso magnetico che è più intenso quando esso è più attivo. Il vento solare, che interagisce con il campo magnetico terrestre (una grandezza normalmente misurata da oltre un secolo), causa una deviazione dei raggi cosmici che favoriscono la formazione delle nubi a bassa quota, le quali schermano la radiazione solare. La catena quindi potrebbe essere: numero superiore di macchie solari, maggiore attività del sole, vento solare più forte, minore formazione di nubi. Il tutto contribuisce all’aumento della temperatura. Vuole ulteriori elementi a sostegno di questa ipotesi? Osservi la relazione tra l’attività del campo magnetico terrestre, influenzato dal vento solare, e la temperatura (figura 5). Impressionante, no? Ma non è finita: ci sono forti analogie perfino tra l’andamento della temperatura terrestre e quello di Nettuno, ottavo pianeta del Sistema solare. Ebbene, se variazioni della temperatura tanto simili si manifestano su due pianeti così diversi, è probabile che la causa vada cercata in un elemento comune a entrambi, che potrebbe essere appunto l’attività solare. Anche Marte e Giove, del resto, mostrano negli ultimi decenni indubitabili segni di riscaldamento.

Allora perché, se gli indizi in questa direzione sono così forti, ci si ostina a puntare il dito contro le attività umane?
Quando ha un momento di tempo, dia un’occhiata al testo scritto da David Henderson, economista che ha ricoperto diversi incarichi nella Banca mondiale, pubblicato sul sito dell’Istituto Bruno Leoni. Spiega che ci troviamo di fronte a un “redenzionismo globale”: l’uomo occidentale ha peccato, il suo “peccato originale” si chiama sviluppo, e ora deve espiare. Questa è l’ideologia che sta dietro alla retorica dell’origine antropica dei cambiamenti climatici. Il nome di questa espiazione è “mitigazione”: l’unica possibilità è “mitigare”, cioè ridurre il più possibile le emissioni “nocive”. Ma è una strategia fallimentare, perché ci sono e ci saranno sempre popoli poveri che vogliono migliorare: l’unico risultato delle leggi restrittive nei paesi sviluppati è che le aziende esportano le attività che producono gas serra, in particolare CO2, in paesi più tolleranti, dove le emissioni raggiungono livelli maggiori. E il risultato globale è un peggioramento.

E invece in quale altro modo dovremmo affrontare il riscaldamento globale?
L’alternativa è l’adattamento. Sempre gli uomini si sono sforzati di adattarsi alle variazioni climatiche, lo possiamo fare anche questa volta. Mentre la mitigazione avrà risultati, se ne avrà, minimi e a lunghissimo termine, l’adattamento può avere esiti immediati e validi comunque, che la causa sia antropica o naturale. Pensi alla Birmania, densamente abitata nelle zone vicino al mare e flagellata dai cicloni: interventi volti a proteggere la popolazione delle coste dall’ipotetica crescita del livello del mare la proteggerebbero anche da cicloni e maremoti. Simili interventi si realizzano in tempi brevi e sono utili a prescindere dalla temperatura. Scommettere sulla capacità dell’uomo di organizzarsi per adattarsi, ecco la vera alternativa.

FONTE: www.tempi.it