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Perché è difficile variare l’energia di una centrale nucleare?

Sembra facile. Nei reattori ci sono barre di controllo. Contengono o cadmio o boro. Questi assorbono neutroni alla grande. Inserirli di più significa che ci sono meno neutroni per la fissione, la reattività, cioè il numero di fissioni per unità di tempo diminuisce.

Però:

Nel 6,6% delle fissioni, nel caso dell’uranio 235, nasce indio 135 (7,4% nel caso del plutonio 239).

Segue una serie di decadimenti beta (i tempi sono tempi di dimezzamento)

In 135 in 92 millisecondi diventa Sn135 (In = Indio)

Sn135 in 530 millisecondi diventa Sb135 (Sn = stagno)

Sb135 in 1,7 secondi diventa Te135 (Sb = antimonio)

Te135 in 18,6 secondi diventa I135 (Te = tellurio)

I135 in 6,61 ore diventa Xe135 (I = iodio)

Xe135 in 9,1 ore diventerebbe Cs135 (Xe = xeno) se il Xe135 non facesse un’altra strada

Cs135 in 2 milioni di anni diventerebbe Ba135 (Cs = cesio, Ba = bario)

Gli ultimi due decadimenti effettivamente non capitano nei reattori nucleari finché sono accesi. Il cesio 135 è contenuto nelle scorie nucleari radioattive solo in minima parte. Perché?

Lo xeno 135 è un veleno per i reattori. Assorbe neutroni e diventa xeno 136, che è stabile. La capacità di assorbire neutroni termici viene espressa dalla sezione di interazione, che in questo caso è di 2,65 milioni di barn, cioè enorme (1 barn = 10-28m2, come ordine di grandezza equivale alla sezione geometrica di un nucleo).

Lo Xeno 135 interferisce pesantemente nel bilancio dei neutroni nel reattore.

Se la potenza del reattore aumenta, cresce il flusso di neutroni. Di seguito la concentrazione di xeno135 diminuisce, il reattore risulta meno avvelenato e la sua potenza cresce ulteriormente. (Il reattore di Cernobyl è esploso per questo tipo di instabilità). Lo xeno 135 nasce con una certa lentezza dal decadimento beta dello iodio 135 (tempo di dimezzamento di 6,61 ore). Dopo ogni cambiamento di potenza di un reattore ci vogliono giorni prima che si stabilisca un nuovo equilibrio della concentrazione di xeno 135.

Se la potenza del reattore diminuisce, la concentrazione di xeno 135 aumenta, dato che viene eliminato di meno. Il reattore risulta più avvelenato. A reattore fermo manca il meccanismo di eliminazione dello xeno 135 tramite assorbimento di neutroni. Sparisce unicamente a causa del proprio decadimento beta, con 9,1 ore di tempo di dimezzamento. Dato che nasce continuamente dal decadimento dello iodio 135, la quantità aumenta. Raggiunge la concentrazione massima dopo 11,1 ore dalla fermata del reattore.

Un reattore fermato non può essere riavviato per circa 50 – 60 ore, è troppo avvelenato. Se è superdotato di barre di controllo e se queste possono essere rimosse al punto di compensare l’assorbimento di neutroni da parte dello xeno 135 potrebbe ripartire lo stesso. Questa manovra però è pericolosa, il reattore è gravemente instabile. Cernobyl è stato riavviato lo stesso. Un caso di autoritarismo incompetente; non risulta invece, come sostiene la lobby nucleare, che fosse un difetto di costruzione, non presente in reattori occidentali.

Un reattore nucleare non deve scendere al di sotto del 30% della sua potenza nominale per evitare un accumulo di xeno 135. Tempo fa la variazione di potenza richiedeva giorni. Adesso si è arrivati al 3% al minuto.

Occorre sapere perché un reattore nucleare è controllabile, cioè perché la reazione a catena non fa uno sviluppo esponenziale in tempi brevi, come succede nella bomba a fissione.

Quando un nucleo si spacca in due, i due frammenti sono troppo ricchi di neutroni per essere stabili. Emettono immediatamente da 2 a 3 neutroni per fissione. Da lì in poi i frammenti si avvicinano alla linea dei nuclei stabili con sette – otto decadimenti beta. Succede che dopo un primo decadimento beta un nucleo espelle un neutrone. In questo caso il neutrone risulta “ritardato” rispetto all’attimo della fissione. I ritardi arrivano al massimo a tre secondi. I “neutroni ritardati” sono lo 0,6% di tutti i neutroni che nascono dalla fissione. Una bomba nucleare supera la massa critica senza i neutroni ritardati. La reazione a catena si sviluppa in tempi tipici sotto i nanosecondi. I reattori nucleari diventano critici, cioè mantengono la reazione a catena, solo con i neutroni ritardati. La differenza di reattività tra una bomba e un reattore è dello 0,6%. C’è un’altra differenza: La bomba funziona con neutroni veloci, i reattori (a eccezione dei reattori “veloci”) con neutroni lenti. Il reattore non esplode come una bomba, ma può andare fuori controllo e distruggersi. Un reattore con neutroni moderati come bomba comunque è una bomba cattivissima. Reattori veloci invece possono esplodere in maniera notevolmente efficace. I due reattori veloci in Francia, a Grenoble, il Phoenix e il Superphoenix sono stati spenti. Quello costruito in Germania, il “Kalkar” non è stato acceso, un tribunale l’ha proibito. In Giappone un reattore veloce è stato spento 15 anni fa e riacceso nel maggio 2010.

Se un reattore viene avviato in maniera forzata dopo una sosta corta c’è il rischio che superi lo 0,6% di reattività che lo distinguerebbe da una bomba, la reazione a catena diventa veloce e incontrollabile.

Lo xeno 135 rende un reattore a fissione instabile anche in condizioni di esercizio normale. Una piccola deviazione della potenza casuale diventa subito grande. Per tenerlo stabile occorre intervenire continuamente con processi di controllo con le barre di assorbimento di neutroni.

L’instabilità non esiste solo in termini di tempo, ma anche di luogo. In reattori grandi (grande in confronto alla lunghezza di percorso dei neutroni, che è dell’ordine di diecine di cm), possono verificarsi instabilità locali. Una piccola deviazione locale della potenza ha come conseguenza un surriscaldamento oppure un raffreddamento locale. Il sistema di controllo deve tenerne conto.

Elmar Pfletschinger

La Rubrica di NIA: A chi conviene di più l’inquinamento? – Parte 2

Per chi si fosse perso la prima parte potrà leggerla nel seguente link:

http://daltonsminima.wordpress.com/?p=7536

Analizziamo allora le due controparti che da sempre si contendono queste diatribe energetiche, ovvero il movimento ambientalista e le multinazionali.

I primi cercano di portare le multinazionali ad un utilizzo sempre minore del petrolio a favore delle energie alternative.

Le multinazionali invece vogliono continuare ad usare il petrolio perché costa meno.

Entrambe le ipotesi portano lo stesso ad un uso del petrolio, che in entrambi i casi resterebbe invariato.

Però una volta finito il petrolio le fonti alternative saranno l’unica strada e per produrle servirebbe lo stesso energia, il costo di questa energia dipenderebbe totalmente dalle fonti alternative il quale costo dipenderebbe dal costo dell’energia che è servita per produrli, creando così un circolo vizioso che l’unico modo per fermare sarebbe quello di dare in mano alla “stessa persona” sia il controllo dell’energia che la produzione degli strumenti da cui è ricavata.

I Petrolieri che detengono quindi molto potere decisionale e controllano gran parte dell’economia mondiale per chi dovrebbero patteggiare?

Viene da pensare che converrebbe patteggiare per gli ambientalisti, perché le multinazionali una volta finito il petrolio dipenderebbero da loro e non più dal petrolio, però è un controsenso perché noi abbiamo supposto ( considerando l’ipotesi 1 ) che gli ambientalisti siano un’entità distinta dai petrolieri, quest’ultimi quindi non dovrebbero patteggiare verso nessuno e messa così sembra proprio che non avrebbero altra scelta che aspettare che finisca il petrolio per poi dichiarare fallimento cercando di sfruttare fino all’ultima goccia il petrolio ancora esistente.

Nel caso di vincita degli ambientalisti i petrolieri perderebbero il loro potere e le multinazionali dipenderebbero dalle fonti alternative, se vincessero le multinazionali la situazione non cambierebbe, ma finito il petrolio la situazione sarebbe la stessa di prima, quindi alla fine chi vince sono sempre gli stessi, gli ambientalisti.

In entrambi i casi l’economia ne uscirebbe molto danneggiata e il potere passerebbe di mano.

Quindi a chi conviene inquinare?

La risposta ancora non pare chiara, ma c’è un’altra domanda ora a cui sarebbe meglio rispondere.

Come si finanziano quindi queste associazioni? sarebbe molto difficile che lo facciano solo per le vendite di energia alternativa visto che i petrolieri abbiamo detto che puntano a consumare fino all’ultima goccia il petrolio rimasto, a queste associazioni restano solamente gli sgravi fiscali e gli aiuti economici per sopravvivere, nell’attesa che il petrolio finisca, dove allora diventerebbero loro i “padroni”.

I petrolieri sembra strano però che lascino via libera a queste associazioni che così possono sopravvivere nell’attesa del loro fallimento, verrebbe da pensare che dovrebbero far qualcosa per combatterle, invece sempre più nel mondo l’opinione pubblica viene mobilitata per far apparire loro come i cattivi e gli ambientalisti come i buoni.

Abbiamo detto che le compagnie petrolifere detengono gran parte del potere economico e decisionale del mondo, allora esiste qualcosa al di sopra che riesce a sovrastare questo potere?

Come abbiamo accennato prima una volta finito il petrolio gli ambientalisti avrebbero in mano il monopolio dell’energia, quindi la situazione non sarebbe molto diversa, allora perché l’opinione pubblica li fa passare come buoni, perché far passare una cosa come giusta quando è ormai del tutto inevitabile, perché favorire qualcosa che tanto sarebbe già dovuta accadere?

La differenza sta nel modo in cui viene visto l’inquinamento, il petrolio è fonte di inquinamento ed essendo l’inquinamento dannoso il monopolio dei petrolieri viene fatto passare per “cattivo”, mentre quello futuro degli ambientalisti come “buono” perché non produrrebbe inquinamento.

Ma si ritorna alla domanda di prima, come mai l’inquinamento è stato etichettato come dannoso nonostante i petrolieri siano i “padroni del mondo”?

Il petrolio tanto finirà, che bisogno c’era di farlo passare per una cosa così negativa?

La situazione sta diventando complicata e andando avanti così non si arriverebbe mai ad una valida risposta corredata da un motivo verificabile e quantificabile, ma ci sarebbero solo ipotesi su ipotesi.

Troppi interrogativi abbiamo aperto e le cui risposte aprono nuovi interrogativi portando ad un circolo vizioso infinito che non porterebbe a nessuna conclusione.

Quindi, A chi conviene di più l’inquinamento? È impossibile dirlo e probabilmente è più semplice dire che conviene a tutti e non conviene a nessuno.

Spesso si dice che la soluzione più semplice ad un problema è sempre quella giusta e che per spiegare un determinato fenomeno spesso e volentieri conviene optare per quella meno complicata, e se fosse vera l’ipotesi 2 ?!

FABIO

La Rubrica di NIA: A chi conviene di più l’inquinamento? – Parte 1

questo articolo sarebbe dovuto essere pubblicato in un’unica parte, ma per motivi di spazio che sono sorti durante l’elaborazione è stato diviso in 2 parti che però non sono da vedere come distinte, questo è un ragionamento interamente eseguito sulla domanda che pone il titolo e la 2 parti dovrebbero essere prese intere, per cui se qualcuno non dovesse apprezzare questa prima parte aspetti di leggere la seconda.

Domanda che potrebbe sembrare banale, ma che banale non lo è poi tanto ne tantomeno lo è la sua risposta, perché alla domanda: A chi conviene di più l’inquinamento, la risposta non è così scontata.

Uno risponderebbe senza pensarci che sono le industrie che più ci guadagnano ad inquinare, ma pensandoci bene alle industrie di inquinare o meno non è che interessi molto, allora lo sguardo passa alle multinazionali che comprano o producono materiali dalle industrie, e qui si va più sul profondo.

L’obbietto delle multinazionali, forse qualcuno non se lo è mai chiesto, è quello di vendere un prodotto in numero sempre maggiore con un costo di produzione il più basso possibile, non puntano mica ad inquinare o a fare altro tipo di attività illegali, il loro obbiettivo è il guadagno.

Per fare questo però c’è bisogno di energia, e chi ce la da l’energia al più basso costo disponibile ( considerando sia il costo dell’energia che il costo per utilizzarla )? Le compagnie petrolifere, ovvio.

Il petrolio è tutt’ora l’energia a più basso costo ad oggi disponibile, e addirittura per quei paesi del mondo più poveri è pressoché l’unica e sola fonte di energia disponibile, per cui il suo utilizzo sempre maggiore nel mondo non è da imputare alle multinazionali, nel capitalismo si sa, vince chi spende meno, perché così guadagna di più.

Allora la colpa è di chi tiene il prezzo del petrolio più basso di qualsiasi altra fonte di energia, e il petrolio è in mano alle compagnie petrolifere che creando un monopolio mondiale fanno il prezzo che vogliono alzandolo di un sacco per poterci guadagnare…………..ehi, aspetta, abbiamo detto che le compagnie petrolifere aumentano più del dovuto il prezzo del petrolio, quindi in teoria costerebbe anche meno, allora il problema diventa quello di capire come mai le altre fonti costino di più e non perché il petrolio costi meno.

Si potrebbe dire che le altre energie costino di più perché le stesse compagnie di prima fanno in modo che questo avvenga, ma il modo in cui questo sia possibile mi viene difficile da capire, cioè, chi produce e vende le altre energie se davvero costassero meno non avrebbe problemi a farle pagare ad un prezzo minore considerando che il petrolio costa uguale per tutti anche i costi di produzione per far funzionare le industrie che producono gli strumenti per ottenere le altre fonti di energia sarebbero lo stesso competitivi…………….ehi, aspetta, abbiamo detto che gli strumenti per usufruire delle energie alternative sono costruiti grazie al petrolio, ebbene si, neanche gli stessi produttori usano le loro stesse energie, viene da pensare che un motivo valido ci sia.

Se questo fosse vero saremmo davanti ad un incredibile paradosso, perché i mezzi necessari per sfruttare le energie alternative verrebbero costruiti con l’energia derivante dal petrolio, ed ecco quindi che qualunque sia il prezzo del petrolio esso sarà sempre minore delle altre energie perché parte integrante del loro processo di costruzione, quindi un eventuale maggiore produzione di questi mezzi alternativi non farebbe che arricchire i petrolieri.

Ma c’è un’altra ipotesi, molto più pessimistica.

Questa ipotesi vede le multinazionali del petrolio che sapendo che prima o poi il petrolio finirà corrono ai ripari diventando controllori di quelle industrie che producono i mezzi per ottenere le energie alternative, così da avere un monopolio stabile dell’energia anche una volta finito il petrolio.

Con questa seconda ipotesi tornerebbe tutto, tornerebbe il prezzo eccessivamente alto ( perché un conto è che sia più alto, ma un altro è che costi anche 10 volte tanto ) di queste energie e così una volta finito il petrolio avrebbero di che sopravvivere.

A pensarci vengono pochi dubbi su quale delle 2 ipotesi si avvicinerebbe alla realtà, perché vedrebbe i cosiddetti padroni del mondo cadere sotto le mani di altri una volta finito il petrolio, e con tutti i soldi che hanno difficilmente si lascerebbero morire così facilmente.

Comunque sia tutte e 2 le ipotesi portano in un primo tempo ad un arricchimento continuo dei petrolieri, mentre sul lungo periodo evolverebbero diversamente, portando però entrambe in una situazione dove l’energia costerebbe di più rispetto a prima e dove essa sarebbe in mano ancora una volta a poche “persone” che eserciterebbero un altro monopolio.

Ma chi lo controllerebbe questo monopolio? Nel primo caso le associazioni ambientaliste e nel secondo sempre i petrolieri.

FABIO