Riprendiamo con la seconda parte dell’articolo Tratto da Climate Monitor, trovate qui il link originale
http://www.climatemonitor.it/?p=20882
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Il problema è il cambiamento climatico.
Ora, prima che tutti si precipitino per le uscite, e so che è tradizionale andarsene via quando un relatore non segue l’ortodossia sul clima alla RSA – l’ho visto accadere con Bjorn Lomborg l’anno scorso quando ha tenuto la Lettura Magistrale dedicata al Principe Filippo – voglio essere molto chiaro. Io non sono un “negazionista”.
Sono pienamente consapevole che l’anidride carbonica è un gas ad effetto serra, che il clima ha subito un riscaldamento e che l’uomo è molto probabile che ne sia almeno in parte responsabile. Quando uno studio è stato pubblicato di recente dicendo che il 98% degli scienziati “credono” nel riscaldamento globale, ho guardato le domande che erano state poste e ho realizzato che c’ero anch’io nel 98%, in base alla definizione usata, anche se non uso mai la parola “credere” riguardo il mio pensiero. Allo stesso modo il recente studio di Berkeley, che ha concluso che le terre emerse stiano effettivamente riscaldandosi a un tasso simile a quello precedentemente stimato, non ha cambiato niente.
Allora qual’è il problema? Il problema è che è possibile ritenere veri tutti i principi fondamentali della fisica dell’effetto serra e concludere allo stesso tempo che la minaccia di un riscaldamento pericolosamente grande sia così improbabile da essere trascurabile, mentre la minaccia di un danno reale dovuto alle politiche di mitigazione del clima è già così alta da essere preoccupante. È sempre più probabile che la cura si stia dimostrando di gran lunga peggiore della malattia. O, come ho detto una volta, [con queste politiche di mitigazione del clima] è come mettere un laccio emostatico intorno al collo per fermare una emorragia dal naso. Penso anche che il dibattito sul clima sia una distrazione di massa dai problemi ambientali più urgenti come le specie invasive e lo sfruttamento eccessivo.
Non sono stato sempre così “tiepido” sul clima. A metà degli anni 2000 una sola immagine, in particolare, ha giocato un ruolo importante nel farmi abbandonare i miei dubbi sulla pericolosità dei cambiamenti climatici di origine antropogenica: la “mazza da hockey” [la ricostruzione delle temperature globali negli ultimi secoli pubblicata da Michael Mann e collaboratori, che mostrava un deciso aumento delle temperature in tempi recenti dopo centinaia di anni di relativa stabilità]. Era chiaramente dimostrato che qualcosa stava succedendo, e senza precedenti. Mi ricordo dove ho visto quel grafico la prima volta, ad una conferenza e che ho pensato: ah, ora ci sono finalmente alcuni dati molto chiari che mostrano che le temperature di oggi siano senza precedenti sia in entità che in velocità di cambiamento – ed è stato pubblicato sulla rivista Nature.
Eppure [l’importanza scientifica di] quel grafico è stata poi assolutamente ridimensionata dal lavoro di Steve McIntyre e Ross McKitrick. Vi esorto a leggere al riguardo il libro di Andrew Montford “The Hockey Stick Illusion”, attento e altamente leggibile. Qui non è la sede per entrare nei dettagli, ma per farla breve il problema è sia matematico che empirico. Il grafico della mazza da hockey si basa pesantemente su alcuni dati di dubbia qualità – anelli di crescita nella corteccia rimossa di esemplari di Pinus Longaeva – e su un particolare metodo di analisi delle componenti principali, chiamato “short centering”, che aumenta moltissimo l’effetto di qualsiasi campione che abbia un andamento a mazza da hockey, a scapito di altri campioni. Quando dico moltissimo – voglio dire 390 volte.
Scoprire tutto ciò ha avuto un grande impatto su di me. Questo era come il momento in cui qualcuno mi aveva detto di aver fatto il crop circle la sera prima. Infatti, a parte la mazza da hockey, non ci sono prove che il clima stia cambiando pericolosamente o più velocemente rispetto al passato, quando è cambiato in modo naturale. Il clima è stato più caldo nel Medioevo e il cambiamento climatico medievale in Groenlandia era molto più veloce. Le stalagmiti, i confini nord di crescita degli alberi e le carote di ghiaccio confermano tutti che era molto più caldo 7000 anni fa. Evidenze dalla Groenlandia suggeriscono che l’Oceano Artico era probabilmente libero dai ghiacci per una parte della tarda estate, a quel tempo. il livello del mare sta salendo al ritmo di circa un metro ogni tre secoli, un ammontare non minaccioso, e quell’aumento è in decelerazione. La Groenlandia sta perdendo ghiaccio al ritmo di circa 150 miliardi di tonnellate all’anno, che vuol dire lo 0,6% per secolo. Non c’è stato alcun riscaldamento significativo in Antartide, con l’eccezione della Penisola Antartica. Il metano ha in gran parte smesso di aumentare. Le tempeste tropicali sono diminuite in intensità e frequenza, non aumentate, negli ultimi 20 anni. La probabilità di morire a causa di una siccità, un’alluvione o una tempesta è del 98% inferiore a livello globale di quanto non fosse nel 1920. La malaria è in ritirata non espansione nonostante il mondo si sia riscaldato.
E così via. Ho guardato e riguardato, ma ad oggi non riesco a trovare un set di dati – in contrapposizione ad un modello – che mostri che siano in corso cambiamenti senza precedenti oppure cambiamenti comunque vicini a causare un danno reale. Senza dubbio, ci saranno un sacco di persone che adesso pensano “che ne dici di X allora?” Beh, se avete una X che vi convince che ci aspetti un cambiamento climatico rapido e pericoloso, fatemelo sapere.
Quando ho posto questa domanda a uno scienziato governativo, mi ha risposto citando il Massimo Termico Paleocene-Eocene. Vale a dire, un episodio caldo poco conosciuto, accaduto 55 milioni di anni fa, di durata incerta, magnitudo incerta e causa incerta.
Nel frattempo, vedo pregiudizio/bias di conferma in tutto il dibattito sul clima. L’uragano Katrina, il Monte Kilimanjaro, l’estinzione dei rospi dorati – tutti erroneamente menzionati come prove del cambiamento climatico. Una nevicata a Dicembre, la BBC insegna, è “solo un fenomeno meteo”; una delle inondazioni in Pakistan o la siccità in Texas è “il tipo di fenomeno meteo che possiamo aspettarci capiti più spesso”. Una teoria così flessibile che può spiegare a posteriori qualsiasi risultato, è una teoria pseudoscientifica.
Per vedere in azione il pregiudizio di conferma, basta leggere le email del “Climategate”, i documenti che hanno minato la mia fiducia nelle istituzioni scientifiche di questo Paese [il Regno Unito]. È già abbastanza grave che le e-mail mostrino in modo inequivocabile scienziati mettersi d’accordo per selezionare dati [in maniera pregiudiziale], sovvertire i meccanismi della peer review, fare del bullismo contro i responsabili editoriali di riviste scientifiche ed evitare di ottemperare a richieste di informazioni presentate sulla base del Freedom of Information [il Diritto di ogni cittadino di accesso alla informazione posseduta da agenzie governative]. Quel che appare peggio, ad un appassionato di scienza come me, è che gran parte del resto della comunità scientifica è sembrata non trovare problemi in tutti quei comportamenti. Essenzialmente hanno fatto spallucce e detto, “mannò, che esagerazione, tutto normale”.
Né c’è alcun supporto teorico per la previsione di un futuro pericoloso. La questione centrale è la “sensibilità”: la quantità di riscaldamento che ci si può aspettare da un raddoppio dei livelli atmosferici di anidride carbonica. Su questo, a tutta prima c’è qualcosa di simile al consenso. La sensibilità [in prima analisi] è di 1.2 gradi centigradi. Ecco come l’IPCC ne ha parlato nel suo ultimo rapporto:
“Nella situazione idealizzata in cui la risposta del clima ad un raddoppio della CO2 atmosferica consistesse solo in una variazione uniforme della temperatura, senza che operassero effetti derivati (feedback) … il riscaldamento globale da GCM sarebbe di circa 1.2°C”. Paragrafo 8.6.2.3.
Ora il comma prosegue affermando che sia probabile che quel valore venga amplificato da feedback consistenti e al netto positivi, per lo più da vapore acqueo. Ma mentre esiste un deciso consenso sul valore di 1.2°C, non c’è assolutamente nessun consenso circa il feedback positivo netto, come ammette anche l’IPCC. Il vapore acqueo forma le nuvole e rimane in dubbio se le nuvole, in pratica, amplificheranno o smorzeranno quale che sia il riscaldamento a effetto serra. Quindi, dicendo che ci sia un consenso sul riscaldamento globale si dice il vero, dicendo che ci sia un consenso circa un riscaldamento globale pericoloso si dice il falso.
La sensibilità del clima potrebbe essere un innocuo 1.2°C, metà dei quali già accaduti, o potrebbe essere inferiore se i feedback sono negativi o potrebbe essere di più se i feedback sono positivi. Che cosa dice l’evidenza empirica? Dal 1960 abbiamo avuto circa un terzo di un raddoppio [dei livelli di CO2 nell’atmosfera], quindi dobbiamo avere avuto quasi la metà del riscaldamento a effetto serra che ci si aspetta da un raddoppio – è aritmetica elementare, dato che è accettato che la curva sia logaritmica. Eppure, secondo i termometri di superficie, abbiamo avuto circa 0.6° C di riscaldamento da allora ad oggi, al ritmo di meno di 0.13C per decennio – un po’ meno se si crede ai termometri da satellite. Quindi siamo sulla buona strada per 1.2C.
Ricordate invece, Jim Hansen della NASA ci ha detto nel 1988 di aspettarsi 2-4 gradi in 25 anni. Quello che stiamo osservando è circa un decimo. Siamo sotto anche dell’andamento previsto dall’IPCC nel 1990 in caso di emissioni zero. Ah, dice il consenso, l’inquinamento da zolfo ha ridotto il riscaldamento, ritardando l’impatto, oppure l’oceano ha assorbito il calore extra. Nessuna di queste razionalizzazioni a posteriori è compatibile con i dati: l’emisfero sud si è riscaldato con una velocità che è circa la metà dell’emisfero nord negli ultimi 30 anni, eppure la maggior parte delle emissioni di zolfo è avvenuta nell’emisfero settentrionale. E il contenuto di calore dell’oceano ha rallentato la sua crescita, se non è diminuito, negli ultimi dieci anni.
Molti argomenti eretici mi sembrano invece essere esempi di come la scienza dovrebbe essere fatta: trasparente, sempre in discussione e verificabile. Per esempio, all’inizio di quest’anno, un tenace matematico britannico chiamato Nic Lewis ha iniziato a studiare la questione della sensibilità ed ha trovato che l’unica stima del tutto empirica citata al riguardo dall’IPCC è basata su una procedura statistica sbagliata che di fatto ha “aumentato le code” e con quelle enormemente la probabilità apparente di riscaldamento elevato. Quando quell’errore viene corretto, la probabilità teorica [in caso di raddoppio dei livelli di CO2] di riscaldamento superiore a 2.3°C è molto bassa.
Come tutti gli altri errori nel rapporto IPCC, tra cui l’ormai famosamente sbagliata indicazione che tutti i ghiacciai dell’Himalaya sarebbero scomparsi entro il 2035 piuttosto che nel 2350, l’errore sulla sensibilità esagera il potenziale riscaldamento. Che tutti questi errori debbano essere nella stessa direzione, è ormai più di una coincidenza. La fonte per l’errore sui ghiacciai himalayani è stata un capitolo di un rapporto WWF non verificato da altri (senza peer-review). Inoltre l’errore è apparso in un capitolo del rapporto IPCC in cui due degli autori principali e uno degli incaricati a gestire le revisioni erano nel gruppo di scienziati organizzati dal WWF come “Testimoni del Clima”. Ricordate anche che l’errore sui ghiacciai è stato sottolineato dai revisori incaricati dall’IPCC, che sono stati però ignorati. E che Rajendra Pachauri, il capo dell’IPCC, ha respinto chi presentava obiezioni come esponenti di una “scienza voodoo”.
I giornalisti amano dire che il rapporto IPCC è basato esclusivamente su letteratura scientifica verificata da pari (peer-reviewed). Rajendra Pachauri ha fatto questa affermazione nel 2008, dicendo:
“Noi effettuiamo una valutazione dei cambiamenti climatici sulla base della letteratura peer-reviewed, così tutto ciò che consideriamo e di cui teniamo conto nelle nostre valutazioni ha [la] credibilità delle pubblicazioni peer-reviewed, non ci accontentiamo di niente di meno di quello.”
Questa è una pretesa voodoo.
L’affermazione sui ghiacciai non è stata peer-reviewed, né è stata l’alterazione della funzione di sensibilità scoperta da Lewis. La giornalista Donna Laframboise ha organizzato volontari in tutto il mondo che la aiutassero a contare le volte che l’IPCC ha utilizzato letteratura non peer-reviewed. La sua conclusione è che: “Dei 18’531 riferimenti nella Bibbia del Clima del 2007 ne abbiamo trovati 5’587 – ben il 30% – da letteratura non peer-reviewed”.
Ma anche il solo dire cose come questa è commettere eresia. Alzandosi per affermare, all’interno di una Università o della BBC, di non pensare che il riscaldamento globale sia pericoloso si ottiene il tipo di reazione che si otterebbe in Vaticano dicendo di non credere in un Dio benevolente. Credetemi, io l’ho sperimentato di persona.
Tutto ciò ha importanza? Supponiamo che io abbia ragione che molto di ciò che passa per climatologia ortodossa è ora infestato da pseudoscienza, rafforzata da un brutto caso di pregiudizio/bias di conferma, basato su un pio desiderio, lasciata scorrazzare impunemente da un mondo dei media pieno di pregiudizi e dogmaticamente intollerante del dissenso. E allora? Dopo tutto ci sono pregiudizi, pseudoscienza e bias di conferma tra gli eretici del clima. Ebbene ecco perché è importante. Gli allarmisti si sono allocati un potere sulla nostra vita, che gli eretici non hanno. Ricordiamoci che l’azione unilaterale contro il cambiamento climatico della Gran Bretagna dovrebbe ufficialmente costare alla (peraltro in piena crisi) economia del Regno Unito 18’300’000’000 di sterline ogni anno per i prossimi 39 anni e otterrà un cambiamento infinitesimale, non misurabile nei livelli atmosferici di anidride carbonica.
Almeno, gli scettici non coprono le colline della Scozia con inutili, costose turbine eoliche che sovvenzionano questo o quel nobiluomo, e la cui fabbricazione è causa di inquinamento nella Mongolia Interna e che uccidono rapaci rari come l’avvoltoio-grifone.
Almeno, i credenti nei cerchi del grano non possono quasi raddoppiare la vostra bolletta elettrica per sostenere il loro feticcio, spostando la manifattura in Asia e aumentando i casi di persone troppo povere per permettersi un adeguato riscaldamento nelle loro case durante l’inverno.
Almeno, i creazionisti non hanno convinto la BBC che non sia più necessario riportare le notizie in maniera equilibrata.
Almeno, gli omeopati non hanno reso obbligatorie costose caldaie a condensazione, che non funzionano nel freddo, come il vice Primo Ministro Britannico John Prescott ha fatto nel 2005.
Almeno, gli astrologi non hanno spinto milioni di persone alla fame, forse uccidendone 192’000 l’anno scorso secondo una stima prudenziale, avendo deviato il 5% del raccolto mondiale di grano in carburante.
Ecco perché quanto di cui vi ho parlato è importante. Ci hanno chiesto di prendere alcune cure molto dolorose. Quindi dobbiamo essere sicuri che il paziente abbia un tumore al cervello, piuttosto che una fuoruscita di sangue dal naso.
Consegnare le redini del potere a una pseudoscienza ha una storia triste. Ricordare l’eugenetica. Intorno al 1910 la stragrande maggioranza degli scienziati e degli altri intellettuali erano d’accordo che la nazionalizzazione delle decisioni di ordine riproduttivo, in modo da impedire alle persone povere, disabili e stupide di avere bambini, era un imperativo di grande urgenza non solo pratica, ma anche morale. Il commediografo George Bernard Shaw disse:
“Ormai non c’è ragionevole scusa per rifiutarsi di accettare il fatto che solamente una religione eugenica può salvare la nostra civiltà dal destino che ha travolto tutte le civiltà precedenti”. Sul filo del rasoio, e soprattutto grazie a un coraggioso parlamentare liberale chiamato Josiah Wedgwood, la Gran Bretagna non si è mai consegnata al movimento eugenetico. Lo ha fatto la Germania. O ricordate Trofim Lysenko, una ciarlatano pseudoscienziato con strane idee riguardo l’addestramento delle colture e che riteneva la genetica mendeliana una balla. Le sue idee divennero la religione ufficiale scientifica dell’Unione Sovietica e risultarono nella morte di milioni di persone, mentre i suoi critici, come il genetista Nikolai Vavilov, finirono morti in prigione.
Sto andando troppo in là nel fare questi confronti? Penso di no. James Hansen della NASA dice che i dirigenti delle compagnie petrolifere dovrebbero essere processati per crimini contro l’umanità. (Ricordate che egli è il responsabile per uno dei gruppi apparentemente imparziali che mantengono un archivio di dati sulle temperature globali.) John Beddington, principale consigliere scientifico della Gran Bretagna, ha detto quest’anno che, così come siamo “assolutamente intolleranti del razzismo”, dovremmo anche essere “assolutamente intolleranti della pseudoscienza”, in cui ha incluso tutte le forme di scetticismo del cambiamento climatico.
L’ironia, naturalmente, è che gran parte del movimento verde ha iniziato come dissenso eretico. Greenpeace è passata dal chiedere che la visione accettata riguardo le colture geneticamente modificate venisse messa in discussione, e dal dire che della Royal Society non c’era da fidarsi, a richiedere che l’eresia sul cambiamento climatico sia ignorata e che la Royal Society non possa essere in errore.
Parlando di Greenpeace, lo sapevate che il bilancio annuale collettivo di Greenpeace, WWF e Amici della Terra è stato più di un miliardo di dollari a livello mondiale l’anno scorso? A volte la gente mi chiede qual è l’incentivo per gli scienziati di esagerare i cambiamenti climatici. Ma guardate le somme di denaro a disposizione di chi lo fa, fornite da gruppi di pressione, governi e grandi aziende. Non sono stati gli scettici ad aver assunto per gestire le Public Relations un ex vicedirettore del quotidiano News of the World dopo il climategate: è stata la University of East Anglia ([al centro della fuga di email e altre informazioni conosciuta come lo scandalo Climategate]).
In contrasto, il consenso climatico è così dogmatico che scienziati e giornalisti mettono a rischio la loro carriera se dichiarano di seguire una linea scettica. Si è lasciato alla blogosfera il compito di mantenere viva la fiamma dell’eresia e di fare il giornalismo investigativo che i media tradizionali hanno dimenticato come fare. In America, ad Anthony Watts, che si è affidato al crowdsourcing per elencare gli errori nella localizzazione di termometri, e gestisce wattsupwiththat.com. In Canada, Steve McIntyre, il matematico che a poco a poco ha esposto la scioccante storia della mazza da hockey e gestisce climateaudit.org. Qui in Gran Bretagna, Andrew Montford, che ha esposto i vari pasticci dietro le finte indagini sul climategate e gestisce bishop-hill.net. In Australia, Joanne Nova, l’ex presentatore televisivo in campo scientifico che è riuscita a ricostruire l’entità delle enormi somme di denaro che vanno a sostenere interessi di parte dediti all’allarme, e gestisce joannenova.com.au.
La cosa notevole circa gli eretici che ho menzionato è che ognuno lo sta facendo nel suo tempo libero. Essi lavorano per se stessi, e guadagnano una miseria da questo sforzo. A disposizione degli scettici non c’è alcun grande fondo nascosto finanziato dai produttori di combustibili fossili.
In conclusione, ho dedicato un sacco di tempo al clima, ma avrei potuto parlare dei grassi nel cibo, o del dibattito fra nature e nurture, erediterietà e fattori esterni. La mia tesi è che la scienza come la religione, come istituzione è ed è sempre stata afflitta da tentazioni di pregiudizio/bias di conferma. Con facilità allarmante si trasforma in pseudoscienza anche – forse soprattutto – quando ad occuparsene sono esperti elitari e soprattutto quando questi si mettono a predire il futuro e ci sono in gioco sontuosi finanziamenti.
La scienza ha bisogno di eretici.
Vi ringrazio molto per l’attenzione.
Fine