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T. Landsheidt e l'imminente Super Minimum…

A post by Fiorentino Marco Lubelli

Una ancor più difficile questione è se il futuro minimo di Gleissberg sarà di tipo regolare con una moderata diminuzione dell’ attività solare come avvenne intorno al 1895, oppure del tipo contraddistinto da debole attività solare come quello del minimo di Dalton occorso attorno al 1810, oppure un tipico grande minimo con attività solare vicina all’estinzione come all’apice dei minimi di Maunder attorno al 1670, di Spoerer attorno al 1490, di Wolf attorno al 1320 e di Norman attorno al 1010 (Stuiver e Quay, 1981).

La fig.11 offre un’ euristica soluzione. Essa mostra la serie storica dei dati riferiti agli estremi (della funzione riferita alla derivata del momento torcente orbitale solare rispetto al tempo n.d.r.) dT/dt nell’intervallo 1000-2250. Attira l’attenzione una consistente regolarità. Ogni volta che l’ampiezza di un estremo negativo va sotto una soglia minima, indicata da una linea orizzontale continua, questo momento coincide con un periodo di attività solare eccezionalmente bassa.

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Fig.11 Serie storica degli estremi (minimi e massimi relativi della funzione matematica del momento di rotazione orbitale solare n.d.r) relativi alle zone di cambio nel valore del momento torcente orbitale solare dT/dt per gli anni fra gli anni 1000 e 2250. Ogni volta che l’ampiezza di un minimo negativo va sotto una soglia minima, indicata da una linea continua orizzontale, è osservato un periodo di attività solare eccezionalmente bassa . Due consecutivi minimi negativi che oltrepassano la soglia indicano grandi minimi come quello di Maunder (attorno al 1670), quello di Spoerer (attorno al 1490), di Wolf (attorno al 1320), e il minimo di Norman (attorno al 1010), mentre un singolo minimo negativo sotto la soglia è correlato a eventi del tipo del minimo di Dalton (attorno al 1810 e 1170) non così severi come quelli tipici dei grandi minimi. Quindi i minimi di Gleissberg attorno al 2030 e 2200 dovrebbero essere del tipo del minimo di Maunder. Siccome il clima è strettamente legato alla’attività solare, le condizioni intorno al 2030 e al 2200 dovrebbero avvicinarsi a quelle relative all’apice della piccola era glaciale attorno al 1670. Come esposto in questo testo, le ipotesi di un global warming antropico dell’ IPCC, non costituiscono la strada intrapresa da questa previsione esclusivamente basata sulla attività eruttiva solare. Notevoli massimi positivi hanno una funzione simile nell’accompagnare periodi eccezionalmente caldi come l’ Optimum medioevale e il riscaldamento globale attuale.

Due minimi negativi consecutivi che oltrepassino la soglia indicano grandi minimi del tipo di quelli di Maunder, mentre un solo minimo sotto la soglia si accompagna a un evento del tipo dei minimi assimilabili a quello di Dalton. I grandi minimi nella Fig.11 sono indicati dai loro nomi. Il singolo minimo negativo (oltrepassante la soglia n.d.r.) attorno al 1170 e del tipo di quello Dalton. In questo periodo l’attività solare crollò, ma questa pausa non fu duratura. In accordo con Lamb, che osservò nei dati dell’ isotopo dell’ossigeno provenienti dal nord Groenlandia forniti da Dansgaard, un periodo di improvviso raffreddamento occorso alla fine del dodicesimo secolo. Quindi io chiamo questo profondo minimo di Gleissberg con il suo nome.

La fig. 11 mostra che attività solari di notevole intensità e corrispondenti periodi caldi sulla Terra, sono anch’essi correlati agli estremi (questa volta massimi relativi n.d.r.) della funzione Dt/dt. Per esempio, l’optimum climatico medioevale è segnalato da una freccia. Si noterà che la notevole ampiezza positiva (della funzione Dt/dt) attorno al 1120 è maggiore di quella attorno agli anni fra il 1952 e il 1984 indicanti il massimo di Gleissberg moderno legato ad un riscaldamento non così forte come quello del 1120 (Schinwiese, 1979). Più dettagli di questa relazione saranno presentati altrove. Senza eccezioni, i minimi negativi notevoli coincidono con periodi di attività solare eccezionalmente bassa e viceversa.

Quindi ci sono buone ragioni per aspettarsi che l’arrivo del minimo di Gleissberg attorno al 2030 sia uno di quelli profondi. Siccome ci sono tre minimi consecutivi sotto la soglia quantitativa, c’è un’alta probabilità che l’evento sia assimilabile a un minimo come quello di Maunder. Ciò sarà vero anche per il minimo del 2201, mentre il minimo attorno al 2122, sarà di tipo regolare, come si può vedere nella figura 11. E’ stato mostrato che c’è una stretta correlazione fra i minimi di Gleissberg profondi e i periodi di raffreddamento climatico. Quindi c’è un’alta probabilità che il notevole minimo di Gleissberg attorno al 2030 e al 2201 si accompagni con un periodo di raffreddamento climatico comparabile con quello all’apice della piccola era glaciale.

Per quanto riguarda il minimo attorno al 2030, ci sono delle indicazioni ulteriori che ci si debba aspettare un raffreddamento globale invece che un riscaldamento. La Oscillazione Decadale Pacifica (PDO Pacific Decadal Oscillation n.d.r.) mostrerà valori negativi fino almeno al 2016 (Landscheidt 2001), e la Nina sarà più frequente e forte del nino fino al 2018 (Landscheidt 2000). I risultati euiristici derivati dal ciclo dei 166 anni non sono ancora corroborati da una dettagliata catena di causa ed effetto. Progressi su questo piano saranno difficili poiché le teorie sull’attività solare e i cambiamenti climatici sono ancora in un rudimentale stato di sviluppo, sebbene ci siano progressi per quanto riguarda la spiegazione fisica delle speciali relazioni terra-sole (Haigh, 1996; Tinsley and Yu, 2002). A tutt’oggi le dinamiche del sistema solare, la lunghezza dei dati che coprono millenni e le previsioni dell’ attività solare e degli eventi climatici fondati su queste basi non fanno altro che parlare dell’ affidabilità della previsione dell’avvento del minimo di Gleissberg e dei suoi impatti climatici.

Tratto da: New Little Ice Age di Theodor Landscheidt

Fonte: http://www.meteoscienze.it/index.php?option=com_content&view=article&id=179:previsione-di-un-profondo-minimo-di-gleissberg-e-raffreddamento-climatico-attorno-al-2030-e-2200&catid=45:little-ice-age&Itemid=63

Ringrazio ancora una volta l’amico Marco di avermi proposto e concesso la pubblicazione di questo importantissimo articolo sulle teorie di T.Landsheidtm, teorie che più passa il tempo e più sembrano incredibilmente azzecate e confutate dalla realtà presente!

Il minimo di Gleissberg

Il ritardo con cui il ciclo solare 24 si sta manifestando ha riportato l’attenzione sul ruolo dell’astro quale motore del clima terrestre: una più approfondita conoscenza di tali connessioni potrebbe infatti rimettere in discussione alcune idee circa il riscaldamento globale di origine antropica. Di qui le ricerche e gli studi, attraverso cui la comunità scientifica si sta interrogando; in particolare, si cercano le prove riguardanti il minimo di Gleissberg che, se avesse fondamento nei suoi presupposti teorici, potrebbe condurre la Terra a un accentuato raffreddamento. Alla base dei nuovi scenari sta il comportamento del Sole negli ultimi anni: non è chiaro cosa stia avvenendo, e ciò è motivo di interpretazioni diverse, che qui si riassumono per sommi capi.Debolezza del ciclo 24
Il 4 gennaio 2008, alle alte latitudini solari, è comparsa una macchia a polarità invertita, indizio del nuovo ciclo, il 24º dal 1755, anno da cui inizia la classificazione numerica. Tuttavia l’attività dell’astro si è mantenuta bassa, al contrario delle attese, che indicavano un pronunciato massimo entro il 2010 (poi spostato al 2011, al 2012 e ancora oltre). Nell’ottica di tale massimo, ci si attendeva una progressiva crescita dell’attività solare; invece, il 2008 (266 giorni secondo i dati preliminari) è risultato l’anno con meno macchie (Spotless days) dal 1913, il 4º per scarsità dal 1849 in una classifica che vede, al 19º posto, anche il 2007 (163 giorni). Ciò ha fatto postulare che il ciclo 24 possa rassomigliare ai cicli di fine Ottocento – inizio Novecento, quando l’attività del Sole era meno marcata dell’attuale.
Ampiezza del ciclo 23
Il 28 marzo 2008 la sonda SOHO (Solar and Heliospheric Observatory) ha confermato l’apparizione sul Sole d’un gruppo di macchie della precedente polarità a latitudini equatoriali: per gli specialisti questa è la prova che il ciclo 23 non è ancora esaurito. In effetti, nel trapasso da un ciclo all’altro, la sovrapposizione fra il vecchio e il nuovo è cosa normale; tuttavia, se il ciclo 23, iniziato nel maggio 1996, non fosse terminato, starebbe per raggiungere l’ampiezza del ciclo 4 (1784-’98) confermando, almeno in parte, la teoria del ciclo di Gleissberg.
Detto ciò, si rendono necessarie alcune considerazioni aggiuntive. La scarsità di macchie solari di per sé non ha incidenza sul clima terrestre; esse non sono che un indicatore dell’attività magnetica dell’astro, nel senso che appaiono in numero elevato quanto più il Sole è attivo, e viceversa. È appurato che lunghi minimi solari, caratterizzati dalla scomparsa quasi totale delle macchie, sono coincisi con fasi fredde ultrasecolari, tant’è che «la corrispondenza tra due segnali non periodici, cioè i documenti della storia del clima e il profilo della variabilità solare nel lungo periodo, ben si adattano l’uno all’altro, quasi come una chiave e la sua toppa» [Eddy, pp. 195-196].
Se il ciclo 23 non è esaurito (si avvierebbe quindi a raggiungere i 13 anni), la corrispondenza col ciclo 4 (durato 13,6 anni) permetterebbe di formulare previsioni a lungo termine. Secondo la teoria di Gleissberg, cicli molto ampi (e il ciclo 4 è stato il più ampio tra quelli numerati) preludono a una fase di quiescenza solare (vedi nota), che si mostrerebbe nei cicli successivi, a partire dunque dal 24º o, più probabilmente, dal 25º. L’analogia è data dal minimo di Dalton (1798-1823), che si produsse coi deboli cicli 5 e 6 e che corrispose alla fase terminale della Piccola età glaciale, quando molte morene alpine raggiunsero il loro limite storico. Ma c’è un’ulteriore complicazione, fra le tante che rendono estremamente difficile interpretare il ruolo del Sole.
Il ciclo perduto
Analizzando la scarsità di osservazioni successive al 1790 (imputate all’instabilità socio politica derivante dalla Rivoluzione francese), si è ipotizzato che l’apparente lunga durata del ciclo 4 sia stata, invece, il risultato della sovrapposizione di due cicli: uno denominato 3′ (1784-’93) e un debole, e non riconosciuto, ciclo 4 (1793-’99), circostanza che farebbe leggermente postdatare l’avvio del ciclo 5 (1799 in luogo del 1798). Il declino eccezionalmente lungo del ciclo 4 (fase catastrofe: 1791-’98) pertanto, sarebbe da inquadrare in modo diverso rispetto a quanto ritenuto finora [Usoskin, pp. 257 e 259].
A prescindere dalle implicazioni storiche e dai risvolti astrofisici che questa lettura può comportare, lo spunto riguardante le carenze della documentazione conduce a una riflessione circa il minimo attuale. Tra il 21 luglio e il 10 settembre 2008 si era creduto di archiviare una sequenza spotless di 51 giorni, che sarebbe stata la più lunga dal 1913 e la quarta dal 1849; l’osservatorio di Rimavská Sabota (Slovacchia) ha tuttavia riconosciuto un gruppo di macchie che hanno interrotto la sequenza al 20 agosto (31 giorni). Ciò non va a inficiare l’importanza del minimo attuale, ma apre anzi una questione cruciale, ovvero: quanto sono attendibili, secondo i parametri in uso, i minimi di fine Ottocento e inizio Novecento, per non parlare di quelli del XVII e XVIII secolo, quando le tecniche di rilevamento erano notevolmente meno affinate delle attuali? Quante altre macchie, del tipo di quelle messe in evidenza nel 2008, possono esser sfuggite agli
astronomi dell’epoca? Perciò: la fase di quiescenza odierna è esattamente confrontabile con quelle passate, oppure è sottostimata per via d’una più capillare capacità di controllo?
Nessuna risposta è al momento opportuna, anche perché gli stessi sostenitori delle implicazioni climatiche derivanti dall’attività solare mettono in luce una serie di incongruenze che ancora attendono una spiegazione.

Fonte: http://koroljov.splinder.com/tag/minimo+di+gleissberg