Archivi tag: Sole e Clima

– Le super emissioni solari di protoni del pleistocene –

Una nuova conferma che le lega le dinamiche elettromagnetiche del Sole,

ai tremendi sconvolgimenti naturali registrati nello Younger Dryas.

Vicino la fine dell’ultima glaciazione c’è stata una rapida scomparsa di molte specie di mammiferi. Estinzione che alcuni paleontologi dicono essere stata una delle più improvvise e più gravi che si siano registrate dalla scomparsa dei dinosauri di 65 milioni di anni fa. Nel nord america il 95% della fauna si estinse. In prevalenza erano mammiferi con un peso compreso fra i 25 e i 50 kg, ma scomparvero anche piccoli animali e 10 specie d’uccelli. Anche se il nord america fu il più colpito, un forte impatto si registrò anche in Europa, Siberia e sud america. La causa di questo tremendo sconvolgimento è tuttora un mistero.

Innumerevoli teorie sono state redatte, dai cacciatori paleolitici del nord america a l’impatto di una cometa per passare a sciami di meteore. Tutti ipotesi che hanno dimostrato di contenere gravi lacune !

Recentemente il Dr.Paul La Violette ha trovato prove che dimostrerebbero che questo tremendo sconvolgimento, potrebbe aver avuto causa grazie ad Super flare solare !

Nella prima settimana di Giugno La Violette ha pubblicato la sua ricerca sulla rivista radiocarbonio.

L’estrema precisione ed accuratezza della sua ricerca, ha portano La Violette a concludere che questo straordinario evento di emissione di protoni SPE dell’ordine di 1,31 ⋅ 1011 protoni/cm2 , da parte della nostra stella e che avrebbe impattato con la Terra, sarebbe avvenuto 12837 anni fa. Datazione che conterebbe un errore di soli +/- 10 anni.

La Violette è arrivato a questa conclusione, studiando l’aumento delle concentrazioni di radiocarbonio 14C atmosferico che si sono manifestate dall’inizio dello YD fino alla fine dell’era glaciale, sebbene questi aumenti siano stati dovuti ai cambiamenti nel serbatoio di carbonio nell’oceano. Quest’ultimi causati dalle modificazioni della circolazione oceanica profonda. Ulteriori dati significativi, che testimoniano lo straordinario e violento evento li possiamo ritrovare nelle alte concentrazioni di ioni di NO3e nel rapido aumento di depositi di Berilio 10Be rilevato nei carotaggi GISP2 della Groenlandia. Tutti indicatori di un’improvviso flusso di raggi cosmici.

L’ impoverimento degli ioni di nitrato all’interno dello strato di ghiaccio, trovato alla profondità di 1708,65 metri, suggerisce che lo strato di Neve è stato esposto ad un grosso bombardamento di raggi UV, coerente con una distruzione temporanea dello strato di Ozono dovuto ai raggi cosmici.

Questo evento coincide anche con una brusca e ben nota escursione climatica, ed un’associata ed elevata concentrazioni di ioni d’ammonio. Indicatori d’incedi a livello globale. Studiando i dati provenienti dai nuclei di sedimenti marini prelevati nel bacino Cariaco e a largo delle coste del venezuelane si è osservato che in determinati momenti la concentrazione di radiocarbonio è salita vertiginosamente. Una forte evidenza di un possibile coinvolgimento solare nell’aumento del 14C può essere ottenuto nell’esame dei dati del bacino Cariaco. Vedi immagine sotto riportata. Dove si osserva che la punteggiatura ha diversi scatti improvvisi. Vedi le frecce

Una breve cronologia (date) dove si registrano questi salti :

12973 +/- 10 anni

12904 +/-10 anni

12837 +/- 10 anni

12639 +/- 10 anni

Vale la pena di notare che queste date sono distanziate l’una dall’altra da multipli del ciclo di Hale.

22,2 +/- 2 anni ossia 69 +/- 9 anni, 67 +/- 9 anni e 198+/- 9 anni. In particolare l’ultimo intervallo di tempo è molto interessante perchè si approssima al ciclo solare di “de Vries”.


Per darvi un’idea della portata dei principali salti di 14C è sufficiente affermare che l’evento SPE registrato nello YD paragonato al grande disturbo di protoni registrato nel 1956 è ben 125 volte più intenso.

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0273117707003936

Relativistic solar protons in the ground level event of 23 February 1956: New study

In riferimento ad un mio precedente articolo… Il campo magnetico interplanetario e l’oscillazione artica http://daltonsminima.altervista.org/?p=13899 adesso forse sono ancora più chiare le dinamiche di natura solare che portarono nel febbraio del 1956 l’arctic oscillation “AO” su dei valori estremamente negativi. Dedicato a tutti gli utenti del blog della sezione Meteo che sono affascinati quotidianamente dalle suddette dinamiche. Solar Flux che da un valore di 100 salta in poco più di 15 giorni ad valore pari a 250 !!

ftp://ftp.cpc.ncep.noaa.gov/cwlinks/norm.daily.ao.index.b500101.current.ascii

Indice AO

1956  2  1  0.050
1956  2  2 -0.210
1956  2  3 -0.904
1956  2  4 -1.606
1956  2  5 -1.206
1956  2  6 -1.260
1956  2  7 -2.267
1956  2  8 -2.174
1956  2  9 -2.722
1956  2 10 -3.624

1956  2 11 -3.660
1956  2 12 -3.444
1956  2 13 -4.092
1956  2 14 -4.552
1956  2 15 -4.564
1956  2 16 -3.793
1956  2 17 -3.450
1956  2 18 -3.655
1956  2 19 -3.702

1956  2 20 -3.792
1956  2 21 -3.627
1956  2 22 -2.998
1956  2 23 -1.752
1956  2 24 -0.916
1956  2 25 -0.129
1956  2 26  0.484
1956  2 27  1.265
1956  2 28  2.334
1956  2 29  3.227

Chiudiamo questa breve parentesi sulla recente storia climatica del nostro pianeta e continuiamo nella trattazione. La Violette continua sostenendo che l’evento di 12837 anni fa, abbia riversato sulla Terra, in soli due giorni, un contenuto di radiazioni superiore, se non compreso, fra 3 e 6 Sv (Sieverts). E’ risaputo (Epelman&Hamilton 2006) che un una dose radiazioni superiore a 3,5 Sv può essere letale per l’uomo. Quando le radiazioni sono comprese fra 4 e 6 Sv è sicuro il decesso al 100%. L’evento riportato in precedenza (Febbraio 1956) fu in grado di produrre una diminuzione del 1% della magnetosfera, di conseguenza La Violette sostiene che l’evento registrato nel Pleistocene potrebbe aver sostanzialmente indebolito se non sopraffatto il campo geomagnetico terrestre permettendo ai raggi cosmici di penetrare, in notevole dose, nell’atmosfera terrestre. La sua ipotesi come riportato in precedenza si basa sulle registrazioni dei carotaggi di ghiaccio GISP2, nello specifico sulla registrazione e la misurazione della conducibilità elettrica ECM , alla profondità di 1657,51 -1522,2 ed a 1708,65. In particolare alla profondità di 1657,51 metri che corrisponde ai 12837 anni fa (+/- 10 anni) si sarebbe registrato il picco d’acidità più grande dello Younger Dryas. La neve che cadde in quel periodo presenta infatti una conducibilità mille volte superiore alla conducibilità di fondo prima di tale periodo. L’elevata acidità della Neve suggerisce che l’atmosfera è stata esposta ad un elevato flusso di raggi cosmici durante lo straordinario evento solare !

Nella finestra sotto riportata è possibile osservare lo straordinario picco di conducibilità elettrica registrato nello strato di ghiaccio.

Ad inizio articolo avevo accennato alla contemporanea alta concentrazione di ioni NO3. Ecco che di seguito riporto immagine che evidenzia la possibile correlazione con l’ emissioni di protoni nei due eventi SPE. Si veda il picco con 200ppb.

Anche nell’evento Carrington del 1859 in Groenlandia si è registrato nel ghiaccio delle variazioni di ioni di nitrato. Un certo McCracken nel 2001 ha stimato, che nel Carrington, la concentrazione di ioni era pari a circa 750 ng/cm2e che l’emissione di protoni era circa pari a 1,9⋅1010 protoni/cm2. Prendendo come termine di paragone ed analisi questi dati, si è calcolato che il super evento solare SPE del pleistocene è stato di ben 4 volte superiore alla manifestazione registrata nel “Carrington” e 20 volte maggiore all’evento del Febbraio del 1956. Vi risparmio tutte le analisi e considerazioni di natura chimica riportate all’interno della ricerca, citandovi tuttavia un’interessante considerazione che il La Violette ci suggerisce in relazione all’alta concentrazioni di Ioni Ammonio (indicatore di combustione delle biomasse Legrand 1992), registrati dopo un secolo dall’inizio del raffreddamento nello YD.In sostanza si ritiene che ci sia stata un’alternanza di periodi estremamente caldi preceduti da un forte raffreddamento. L’aridità climatica è i successivi incendi su scala globale avrebbero impoverito l’ approvvigionamenti di cibo per molte specie viventi. Alterando irreparabilmente la catena alimentare di quel periodo. Un paesaggio arido,secco,freddo e bruciato questo è in sintesi lo Younger Dryas dove i raggi UV ,raggi cosmici, l’impoverimento dello strato d’ozono e la magnetosfera terrestre ridotta ad un colabrodo hanno giocato un ruolo chiave ! La Violette è un forte sostenitore di questa teoria, avendo già pubblicato nel 1997 e successivamente aggiornato nel 2005 una sua opera a titolo “Earth under fire”. Una raccolta di storie e leggende del mondo dove si narra come la Terra, in un passato remoto, fosse stata bruciata dal Sole. Dove incendi e mutazioni genetiche negli animali si sarebbero sparse per tutto il mondo.

Quindi, grazie alla geologia, l’astronomia, la chimica, l’analisi dei ghiacci e tante altre discipline scientifiche, sembra che le storie, che ci sono state tramandate attraverso “il mito” e/o “le leggende” non siano solo tutte frutto della fantasie.

Quella che ho riportato è sicuramente una ricerca scientifica di confine che poggia tuttavia su delle forti basi scientifiche. E’ sufficiente infatti andarsi a spulciare l’enorme quantità di documenti e/o ricerche che il La Violette ha riportato nelle ultime 4 pagine finali della sua ricerca disponibile al seguente indirizzo.

http://www.starburstfound.org/downloads/superwave/SPE.pdf

Conclusione :

Termine ultimo di questa ricerca non è come stato riportato in precedenza, dimostrare l’assoluta e specifica veridicità di questa teoria, ma in relazione ad una mia passata ricerca, reperibile al seguente link :

http://daltonsminima.altervista.org/?p=12200

5000BP -15000BP sotto la lente d’ingrandimento — Prima parte –

Affermare con assoluta certezza che all’ingresso dello Younger Dryas e alla sua uscita, la nostra stella ha passato delle continue,altalenanti e bizzarre fasi elettromagnetiche. Un’alternanza di bruschi passaggi fra profondi minimi solari e sostenuti cicli solari.

La Violette ci rassicura, affermando, che eventi solari come i sopra citati SPE non sono probabili ai nostri tempi, perchè egli sostiene che il Sole in quei millenni stava attraversando una fase molto attiva di flare, comportandosi come una stella T-tauri. Egli attribuisce questa sostenuta attività alla presenza nel sistema solare di alte concentrazioni di polvere interstellare.

Spero di aver eseguito un’ottima traduzione e sintesi di questa ricerca che ritengo essere uno dei quei fondamentali pilastri, nel chiarire e dimostrare scientificamente, una parte delle misteriose vicende, che avvolgono il nostro passato.

Michele

 

Variabilitá solare e cambiamento climatico

L´obiettivo di questo articolo è quello di dare alcuni dettagli sulla investigazione nello studio della relazione controversa tra il Sole e la sua energia in uscita e la temperatura terrestre, cioé la connessione SOLE-CLIMA. Malgrado quello che Voi abbiate potuto sentire o leggere sugli studi del Sole-clima, esistono di fatto delle connessioni dimostrabili tra i cambiamenti di energia in uscita dal nostro Sole e il clima sulla Terra. Questo articolo utilizzerà le migliori informazioni attualmente disponibili per spiegare quello che sappiamo e sopra i molti aspetti della connessione Sole-clima.

Questo articolo l´ho diviso in 3 parti:

1) La prima parte é una breve introduzione sugli aspetti fisici del Sole che variano normalmente durante il tempo;

2) La seconda parte é diretta all’effetto del Sole e la variabile energia radiante a rispetto dei cambiamenti sulla Terra, come la temperatura durante gli ultimi 100 e piú anni.

3)  La terza parte dá una immagine di come il cambiamento  del vento solare ( ossia il flusso di particelle caricate, protoni e elettroni, del Sole) e dei raggi cosmici ( formate dalle piú veloci e energiche particelle caricate magneticamente) possono influenzare variabili come la temperatura e le nuvole nella troposfera (i 10 km piú bassi dell´atmosfera)

Trace - Continuum

Figura 1

Questa é una immagine della superficie solare dove potete vedere delle sunspots che voi tutti conoscete. Queste regioni di macchie solari hanno un intenso campo magnetico da 1000 a 10.000 volte piú forte del campo magnetico terrestre. La freccia gialla dá la scala di questa foto e cioé 31.000 Km circa 2,5 volte il diametro della Terra cosí possiamo capire meglio le dimensioni di queste macchie.

Sono visibili in secondo piano delle regioni piú brillanti chiamate faculae cioé piccole torce dal latino. La faculae sono anche loro dei campi magnetici, ma la forza del loro campo é molto piú debole di quello delle macchie solari. Torneremo sulle faculae tra qualche paragrafo.

trace-continuum

Figura 2

Qui é quello che succede quando una grande macchia solare o un gruppo di macchie sono sul meridiano centrale del Sole di fronte alla Terra.  Determiniamo che il totale dell’uscita  della luce solare cade significativamente, ma continua a esistere la questione chiave: questo effetto di blocco di luce delle macchie solari che é causato per la rotazione di 27 giorni del Sole, influisce anche nelle alterazioni in uscita della energia solare?

trace-continuum

Figura 3

Abbiamo imparato alcuni fatti nuovi e sorprendenti durante la decade degli anni 80 quando i satelliti misurarono e ci mostrarono l´energia totale solare.

Osserviamo il periodo tra 1980 e 1990: questo fu un periodo dove ci fu una “massima attivitá solare”, quando le macchie solari furono piú numerose e grandi del normale. Ma in questo grafico vediamo che durante la fase di massima attivitá, ossia con le macchie che bloccavano la luce del Sole (Uso il termine bloccare ma capite bene cosa voglio dire) il Sole in realtá fu piú luminoso anziché meno luminoso!!!  Questo succede perché quando l´attivitá magnetica é alta, l´area coperta dal campo magnetico aumenta notevolmente il numero delle faculae che danno piú brillantezza di quanto le macchie solari riescano a diminuirla. Cosí l’effetto é che l´uscita totale di energia solare é superiore durante le fasi di massima attivitá e minore quando il Sole sta in una fase di bassa attivitá ossia  durante una fase di minimo .

Questo grafico mostra chiaramente un altro fatto: malgrado i nostri sforzi non possiamo misurare l´energia totale del Sole in maniera precisa, e l´intervallo sconosciuto é qualcosa tra 7 a 10 Wm2. Ci sono delle implicazioni importanti per questa ‘ignoranza” sulla esatta misurazione, ma oggi mi limito a dire solo che questa “inesattezza” implica una inesattezza anche sulla misurazione dell’impatto dei livelli di CO2 sul clima.

La terza cosa da notare nel grafico é che noi abbiamo solo poche decadi di dati, e ció implica che siamo completamente ignoranti su quelle che potrebbero essere delle variazioni cicliche di piú lunga durata. Sottolineo questo fatto perché la conoscenza attuale della fisica solare non permette di sviluppare teorie adeguate o regole empiriche. Pertanto potremmo usare altre fonti per aiutarci a comprendere e capire.

trace-continuum

Figura 4

Questo grafico dimostra una delle maniere piú promettenti e pratica per ottenere informazioni sui cambiamenti del Sole a lungo tempo. L´energia luminosa totale. Il principio é semplice: il nostro Sole é una delle molte stelle chiamate di ” ridotto sequenza principale” . Osservando attentamente e pazientemente un gruppo di stelle con proprietá fisiche simili a quelle del nostro Sole siamo capaci di dedurre alcuni comportamenti del Sole, naturalmente basandoci anche su dati statistici e probabilistici oltre che per le nostre conoscenze di fisica.

Qui sono mostrati circa 30 anni di ricerche e sforzi dei ricercatori dell´osservatorio di Monte Wilson: questo é il progetto di ricerca chiamato di Hong Kong in omaggio alle linee dei due spettri specifici di calcio ionizzato che permettono di avere le informazioni sulle variazioni magnetiche. In questo grafico abbiamo le variazioni dell´attvitá magnetiche di 12 stelle incluso il nostro Sole. In veritá osserviamo che le stelle di tipo solare hanno un intervallo di variabilitá magnetica somigliante a quelle che mostra il Sole.(tramite i registri delle macchie solari) negli ultimi 350 anni.I comportamenti includono cambiamenti ciclici, sia esse tali come il nostro Sole sta attualmente esibendo sia con i non cambiamenti come fece il Sole durante il minimo di Maunder durante la fine del XVII secolo. (Inutile dirVi cosa é il minimo di Maunder….!!) L´unica cosa da dire è che questo lungo periodo di minima attivitá é ben distinto dai periodi di normale bassa attivitá undecennale dei cicli normali quando le macchie scompaiono solo per alcuni mesi.

Con la collaborazione di vari astronomi e fisici si é stati capaci di raccogliere sufficienti informazioni sulla variabilitá della luce solare totale e magnetica delle stelle simili al Sole che ci dicono cosa potrebbe succedere al nostro Sole.  E quindi si é stati in grado di determinare che le variazioni di luce solare durante il periodo del minimo di Maunder é stato tra lo 0,2% e il 0,7% inferiore a quello che abbiamo avuto durante la fine del XX secolo quando il Sole ha avuto dei cicli molto forti.

L´intervallo di incertezza dei risultati delle stelle dipo solare é abbastanza grande ma se supponiamo un cambiamento medio dello 0,4-0,5% nella brillantezza del Sole durante gli ultimi 100 anni e questa variabile la inseriamo nei modelli dei supercomputer dei maniaci climatologici e fissati in disastri sempre prossimi a verificarsi ma che mai si verificano, bene dicevo se inseriamo questa variabile nei modelli climatici CAMBIA TUTTO!!!

trace-continuum

Figura 5

Qui ci sono i risultati. In questo esperimento, sono state considerate le variazioni dei fattori di produzione dell’energia del Sole e i gas con effetto serra creati dall’attivitá umana. La correlazione migliore possibile é del 92% per le temperature effettivamente registrate in tutto il mondo, una correlazione quindi notevole. Chiaro che si sta studiando la risposta piú lenta del sistema climatico per i cambiamenti causati dai gas a effetto serra e la luce del Sole in scala di tempo di decadi e secoli, ragione per cui non é possibile vedere le variazioni infrannuali.

trace-continuum

Figura 6

Come per la separazione tra entrata di energia solare e gas con effetto serra, qui é quello che otteniamo: quasi la metá della variabilitá viene dal Sole mentre i gas a effetto serra contribuiscono per il restante.

trace-continuum

Figura 7

Passiamo alla parte finale di questo articolo. Giá da molto tempo si é capito che l´uscita di energia della luce non é l´unico aspetto delle variazioni del Sole. Esaminando il Sole con i raggi X per vedere la corona solare, quella parte del Sole che ha una temperatura tra 1 e  2 milioni di gradi.  Quello che voglio farVi notare in questa foto é il buco coronale o Coronal Hole, che é semplicemente una regione dalle linee di campo magnetico aperto ( linee di forza) che il Sole proietta fuori dal sistema solare. Le macchie solari sono invece regioni di campo magnetico chiuso.

Gran parte dei gas solari fugge attraverso questi buchi coronali e questo materiale gassoso arriva sulla Terra. Invece i gas vicino alle macchie solari sono confinate dentro l´atmosfera solare date le caratteristiche proprie delle macchie come campo magnetico chiuso.

Vorrei farVi rilevare che la dimensione dei buchi coronali e il numero di macchie solari é inversamente relazionato. Ció significa che quando l´attivitá magnetica solare é nel suo massimo, ci sono piú macchie solari ma l´area dei buchi coronali diventa minore. Vorrei farvi osservare proprio quello che sta succedendo adesso col Sole in questa fase con più macchie solari (la maggior parte nell´emisfero nord)  e la quasi completa assenza di buchi coronali sempre nell´emisfero nord! I soli buchi coronali ormai appaiono solo nell´emisfero sud e sono man mano sempre di area minore. Durante i periodi di minima attivitá i buchi coronali tendono ad essere piú grandi mentre sono quasi scomparse le macchie solari. Ancora gli scienziati stanno tentando di spiegare chiaramente questo fatto empirico, ma apparentemente le strutture aperte del campo magnetico (Cioé le coronal holes) e le strutture del campo magnetico chiuso (Cioé le macchie solari) tendono ad agglomerarsi tra loro. Spero che questa spiegazione semplicistica sia sufficiente per ora.

Il fatto piú importante da ricordare é che il buco coronale é il punto di uscita del vento solare, un caldo flusso di particelle caricate che fluisce a circa 2 milioni di Km/ ora . Per altra parte la velocitá normale del vento solare e di circa 1 milione di Km/ora.

È  anche importante osservare che i cambiamenti nella struttura del campo magnetico aperto del CH possono deviare o rafforzare alcuni dei raggi cosmici provenienti dallo spazio profondo e, cosí, controllare la quantitá di raggi cosmici che possono entrare nella Terra.

trace-continuum

Figura 8

Qui si vede una  correlazione tra buchi coronali e temperature terrestre nella parte inferiore della troposfera,  molto interessante. Questi dati sono presi a partire dei registri dei satelliti che misurano le temperature atmosferiche e costruiti dal Dr. Jhon Christy della Universitá dell´Alabama e da Roy Spencer della NASA-Huntsville.

Da notare che la scala delle temperature é invertita in questo grafico, dal piú freddo al piú caldo in basso. Da notare anche che questa correlazione é piú debole dal 1999 e questa divergenza é dovuta all’imminente massimo solare del ciclo 23.

Ci sono 3 altre cose da vedere in questo grafico.

Primo, le correlazioni deboli durante il 1997-1998 dovute al forte Niño di quegli anni, e i cambiamenti derivati dall´eruzione del Monte Pinatubo nel 1991. Queste sono variazioni climatiche che possono essere facilmente spiegate per fattori interni del sistema climatico. Non tutte le alterazioni climatiche nella Terra sono dovute ad alterazioni solari!!!

In secondo luogo, si noti che possono aversi suggerimenti nel calendario delle correlazioni e non correlazioni. Periodi di correlazione povere appaiono vicino al massimo solare, quando i buchi coronali sono minori e si formano piú sporadicamente sulla superficie del Sole; per questo motivo si pensa ad un loro effetto minore. Periodi di buona correlazione sono visti vicino a i periodi di minima attivitá. Di fatto quando abbiamo buchi coronali grandi e stabili é da attendersi un maggior effetto sulla Terra. (minori raggi cosmici per aumento vento solare= teoria di Svensmark, vedete, tutto torna!)

In terzo luogo, vediamo che le correlazioni mostrate in questo grafico suggeriscono che le temperature globali della troposfera inferiore é piú fredda durante le fasi di attivitá minima solare. In queste fasi di minima attivitá abbiamo piú particelle di vento solare e piú raggi cosmici.

Come detto sopra, le particelle caricate dei raggi cosmici viaggiano vicino alla velocitá della luce e cosí sono molto piú veloci delle particelle del vento solare. inoltre la loro elevata velocitpa gli permette di penetrare molto piú profondamente dell´atmosfera terrestre. Come questi raggi cosmici interagiscono con le molecole nella nostra atmosfera ionizzando l´aria e formando piú o meno nuvole é una materia che solo adesso sta essendo investigata a fondo. (esperimento CLOUDS di cui NIA ha giá parlato).

Ma questa ricerca ci porta a altre due domande:

1) Come spiegare le correlazioni osservate?

2) Vi é una qualsiasi evidenza addizionale che puó supportare questa nuova idea che le particelle cosmiche e solari caricate, influenzano il clima della Terra?

trace-continuum

Figuras 9 e 10.

Dobbiamo notare due risultati negativi, in conformitá con la pratica scientifica. In questo grafico, stiamo cercando un collegamento tra raggi cosmici e altre variabili climatiche importanti come le nuvole.

La serie temporale dei raggi cosmici ( misurata dai conteggi di neutroni mostrata come un linea non tratteggiata nel grafico) è stata plottata verso i migliori dati del coperchio delle nuvole e generata tramite satelliti e attualmente disponibili (curva a punti). Nulla di interessante succede per le nuvole a alta altitudine e a livelli medi.

Ma quando si esaminano le nuvole a basso livello, abbiamo un´altra sorpresa. Ai bassi livelli, le nuvole sembrano avere una stretta correlazione con il flusso di raggi cosmici. Piú raggi cosmici possono essere relazionati con il maggior flusso di radiazioni ionizzanti verso la bassa atmosfera, che in ultima analisi, stimola la formazione di nuvole basse. ( I dettagli complicati sono suscettibili di essere descritti in termini di ricerca della ionizzazione atmosferica e in che modo aiutano la crescita e la produzione di particelle di aerosol).Senza entrare nei dettagli (giá NIA ha pubblicato vari articoli su questo argomento) sappiamo che le nuvole basse come gli strati riflettono una grande quantitá di radiazione solare, sovraccaricano gli effetti di altri tipi di nuvole e cosí raffreddano la bassa atmosfera.

Cosí, con piú ingresso di particelle caricate durante l´attivitá  minima solare é correlazionata con l´aumento delle nuvole basse, e pertanto, un aumento del raffreddamento. Questo é coincidente con quello che é stato visto finora.

Possiamo chiederci se esistono altre maniere di testare se le particelle caricate energicamente influenzano le variabili atmosferiche inferiori. Il Dr. Wes Lockwood dell´osservatorio Lowell in Arizona ha pazientemente registrato per quasi 25 anni,  le variazioni nella brillantezza del pianeta Nettuno. La cosa piú interessante in questi ricerche é l´indicazione chiara di una correlazione tra le alterazioni della brillantezza di Nettuno e il numero di Macchie solari che il Dr Lockwood ha usato come un indicatore dell´attivitá per le varaziaoni dei raggi cosmici. La brillantezza di Nettuno é causato principalmente per il riflesso delle sue nuvole di metano bianco. Nele registrazioni del Dr. Lockwood possiamo vedere una modulazione di raggi cosmici, di albedo delle nuvole di metano, o una copertura areale o entrambi. Questo é consistente con quello che vediamo sulla Terra con le nuvole e il bianco del ghiaccio marino e continentale..

trace-continuum

Figura 11

Ma chiaro, gli scettici (sono loro e non noi gli scettici!!) e fanatici del AGW ancora possono opporre che queste sono appena statistiche. In questo caso, credo che la serietá di uno scienziato che ha condotto ricerche per oltre 25 anni meriti tutta la nostra considerazione.

È giusto celebrare come Salomone che non vi é nulla di nuovo sotto la luce del Sole? Non interamente. Anche se in un certo senso queste correlazioni addizionali non ci dicono nulla di veramente nuovo,  possono farci arrivare a sviluppare un meccanismo (Chiamatelo pure modello) accettabile per capire in pieno la correlazione tra Sole e bassa atmosfera terrestre.

Riassumendo: spero di aver mostrato che la ricerca dei collegamenti fisici e delle relazioni Sole-clima é ancora da studiare molto. E i denari destinati alla ricerca scientifica dovrebbero essere destinati proprio a queste ricerche e non a dimostrare quello che esiste solo nella fantasia malata di alcuni pseudoscienziati e cattedratici da strapazzo. Stiamo appena cominciando ad accumulare dati sui meccanismi fisici delle alterazioni climatiche per essere in grado di sottometterle ad un adeguato processo scientifico di formulazione di ipotesi e, piú importante, la falsificazione delle ipotesi.

La maggior parte delle ricerche Sole-clima fatte oggi é inferiore come durata ai cinque anni, e alcune di queste, come la sezione in modulazione del flusso di radiazioni ionizzanti, raggi cosmici e basse nuvole, é di fatto un lavoro appena cominciato e in fieri.  Siamo stati fortunati di beneficiare dell’aumento della capacitá osservazionale per studiare le importanti variabili solari e l´uscita di energia verso la Terra e il sistema climatico generale. E ancora piú fortunati siamo stati perché abbiamo e stiamo osservando una incredibile fase di minimo solare. Le ripercussioni di tale fase sono ancora tutte da studiare soprattutto se come credo la fase di minimo non é finita ma durerá ancora nei prossimi cicli 25 e 26.

È ancora presto per capire cosa significherá questo minimo solare nel clima terrestre. Dopo oltre 100 anni di controversie, queste correlazioni possono essere registrate e capite, e intendere se sono solo coincidenze che con i grandi minimi solari (Maunder, Dalton, Damon) la temperatura e il clima in generale é cambiato raffreddandosi. Nuove analisi di questi dati che stanno arrivando giorno per giorno devono aiutarci a capire e ad apprendere come le variazioni di energia radiante e di particelle ionizzanti influiscono sul clima.

Piú importante di tutto é che se vogliamo stabilire una ipotesi scientifica dell´AGW rispettabile e politicamente corretta, devono accelerare le ricerche su questa fonte inesauribile di alterazioni climatiche naturali che é il SOLE.  E per stabilire una ipotesi scientifica valida, dobbiamo (anche noi che scienziati non siamo) continuare a lavorare tenacemente per investigare tutti i  possibili meccanismi fisici che colpiscono la relazione SOLE-CLIMA e tentare di governarla. Il procedimento scientifico corretto é proprio questo.

SAND-RIO

Gli scienziati dell’Università di Aarhus (AU) e l’Istituto nazionale di Space (spazio DTU) mostrano che le particelle dallo spazio creano copertura nuvolosa

Nuovo ingresso al modello climatico delle Nazioni Unite: Ulrik Ingerslev Uggerhøj, fisica e astronomia, AU, insieme con altri tra cui Jens Olaf Pepke Pedersen e Martin Bødker Enghoff, DTU spazio, hanno direttamente dimostrato in un nuovo esperimento che la radiazione cosmica può creare piccole particelle galleggianti – cosiddetti aerosol – nell’atmosfera. Così facendo, essi comprovano la connessione tra attività magnetica del sole e il clima terrestre.

Una visualizzazione artistica di come la radiazione cosmica  ad alta energia colpisce l’atmosfera terrestre e forma le cascate di nuove particelle, tra cui gli elettroni ricchi di energia che gli scienziati ora hanno dimostrato di essere in grado di creare i nuclei di formazione di nubi (grafica: NASA)

Nuvole, che sono le gocce d’acqua, si creano più facilmente quando il vapore acqueo nell’atmosfera può condensarsi intorno a particelle – di polvere o grandi  molecole. I ricercatori hanno mostrato ora che gli elettroni causati dalla radiazione cosmica possono creare piccole particelle che possono crescere nell’atmosfera in tali nuclei di condensazione di nubi. Questo è interessante alla luce della controversa teoria proposta da Henrik Svensmark, DTU spazio, che postula una correlazione tra attività solare e la temperatura della terra: quando l’attività del sole aumenta – e campi magnetici in tal modo (visto come più le macchie solari) – più  particelle cosmiche deviano e  quindi in minor numero raggiungono l’atmosfera terrestre, dopo di che c’è meno formazione di nubi e la temperatura aumenta sulla superficie della terra. E al contrario: quando il campo magnetico è indebolito, la temperatura scende. (Grafica: spazio DTU)

Sezione di ASTRID –il più grande acceleratore di particelle della Danimarca – presso l’Università di Aarhus, da cui gli scienziati hanno inviato gli elettroni in una camera di clima e creato condizioni simili all’atmosfera all’altezza dove si formano nubi. Semplicemente mettendo a confronto le situazioni nella camera di clima con e senza radiazioni elettroni, i ricercatori possono vedere direttamente che una maggiore radiazione porta a più aerosol. Questi aerosol sono interessanti perché possono creare vapore acqueo nell’atmosfera e condensarsi in gocce d’acqua – cioè nuvole.

Professore associato Ulrik Ingerslev Uggerhøj, dipartimento di fisica e astronomia, Università di Aarhus.

Senior Scientist Jens Olaf Pepke Pedersen, spazio DTU.

Scienziato Martin Bødker Enghoff, DTU spazio.

Con i nuovi risultati appena pubblicati sulla rivista  Geophysical Research Letters, gli scienziati sono riusciti per la prima volta ad osservare direttamente che le particelle elettricamente cariche provenienti dallo spazio e che colpiscono l’atmosfera ad alta velocità contribuiscono a creare gli aerosol che sono i pre-requisiti per la formazione di nubi.

Piú  copertura nuvolosa si verifica nel mondo, più bassa é la temperatura globale – e viceversa quando ci sono meno  nuvole. Il numero di particelle dallo spazio varia di anno in anno – in parte controllato da attività solare. La comprensione dell’impatto delle particelle cosmiche – composto da elettroni, protoni e altre particelle cariche – sulla formazione di nubi e in tal modo il numero di nuvole, quindi è molto importante per quanto riguarda i modelli climatici.

Con le nuove conoscenze dei ricercatori, ora è chiaro che esiste una forte correlazione tra attività variabile del sole e la formazione di aerosol nell’atmosfera terrestre. Inizialmente, i ricercatori hanno dimostrato che esiste una correlazione, e pertanto ora realizzeranno le misurazioni sistematiche e modellings per determinare quanto questo sia importante per il clima. Nuovi studi saranno resi noti presso la  DTU a Copenaghen, con il supporto che include una nuova concessione di 2 milioni di DKK (circa Euro 270000) dai consigli di ricerca nazionale danese.

Sperimentare in una camera di clima

In una camera di clima all’Università di Aarhus, gli scienziati hanno creato condizioni simili all’atmosfera all’altezza dove si formano nubi basse. Poi irradiando questa atmosfera artificiale con elettroni veloci da ASTRID – più grande acceleratore di particelle della Danimarca – hanno anche creato condizioni simili a quelli naturali.
Semplicemente confrontando le situazioni nella camera di clima con e senza radiazioni degli elettroni, i ricercatori possono vedere direttamente che una maggiore radiazione porta a più aerosol.
Nell’atmosfera, questi aerosol crescono in nuclei di nube  nel corso di ore o giorni, e il vapore acqueo si concentra su questi, formando così, con le piccole goccioline di vapore acqueo,  le nuvole.

 

Sfondo

Basato sulla correlazione tra il livello di attività del sole e la temperatura globale della terra, il ricercatore clima danese Henrik Svensmark ha proposto una teoria controversa negli anni novanta: che ci potrebbe essere una correlazione tra l’intensità della radiazione cosmica che colpisce la terra – e che è influenzato dall’attività del sole – e il numero delle nubi formate.
Con l’esperimento di Aarhus, il gruppo di ricerca ha fatto ora un passo più vicino per essere in grado di dimostrare questa relazione. C’è molto da fare affinché i  modelli climatici  debbano  prendere la radiazione cosmica in considerazione. In tal modo, i nuovi risultati offrono speranza per megliorare i modelli climatici che possono descrivere la temperatura della terra e il clima più accuratamente.

Commenti da tre degli scienziati dietro l’esperimento:

Senior Scientist Jens Olaf Pepke Pedersen, spazio DTU, dice:

“Università di Aarhus ha facilitazioni che ci consentono per la prima volta di effettuare un test molto diretto della teoria sulle particelle cosmiche, causando la formazione di goccioline nell’atmosfera.”

Scienziato Martin Bødker Enghoff, DTU spazio, aggiunge:

“Prima possiamo dire come l’effetto è grande, che è chiaro che i nostri risultati devono essere verificati – più solo le misure e calcoli modello devono essere fatte. Tuttavia, noi possiamo già rivelano con qualunque dubbio che c’ è un effetto.”

“È un piacere vedere questi risultati nella ricerca sul clima sta raggiunto al nostro acceleratore. In realtà, è possibile solo a fare ricerca corrispondente al CERN – il centro di ricerca europeo congiunto”, dice il professore associato Ulrik Uggerhøj, dipartimento di fisica e astronomia, Università di Aarhus.

Fatti circa l’esperimento

Una camera contiene aria con precisione equilibrata di  quantità di biossido di zolfo, ozono e vapore acqueo irradiati con elettroni. La luce solare è un ingrediente necessario per la formazione di aerosol nell’atmosfera naturale, e è imitato in Aula clima da una lampada che emette luce ultravioletta. I naturali processi atmosferici, come la formazione di acido solforico sono così imitati, e questi sono un ingrediente importante negli aerosol. Quando gli elettroni dall’acceleratore irradiano la miscela di aria,  avviene un aumento nella produzione di aerosol, che fungono da nuclei per la produzione di goccioline di nube. Nel precedenti  esperimenti condotti da  DTU a Copenaghen, la radiazione cosmica è stata simulata da radiazioni gamma, e gli scienziati hanno visto qui che i raggi gamma anche potrebbero formare aerosol. L’esperimento  nuovo con gli elettroni ricchi di energia dall’acceleratore ASTRID, mostra che è molto di più somigliante con i raggi cosmici che si verificano in natura.

Concorrenti caldi sulla loro tacchi

Un gruppo di ricerca internazionale importante al centro europeo per la ricerca delle particelle (CERN) a Ginevra, in Svizzera, ha lavorato per diversi anni per  dimostrare la correlazione che i ricercatori danesi hanno trovato, e il gruppo ha annunciato che i suoi membri sono anche sulla strada con loro primi risultati . Confrontato con il progetto CERN, gli scienziati danesi hanno un bilancio estremamente modesto, ma quando si tratta di produrre particelle simili a quelle cosmiche, le strutture all’Università di Aarhus sono uguali ai servizi più avanzati del mondo.

Altri articoli scientifici correlati:

  • Vedi copertura a physicsworld.com il 13 maggio 2011 in concomitanza con la pubblicazione dell’articolo dei ricercatori in Geophysical Research Letters , il 12 maggio 2011.
  • Leggi l’articolo nel periodico Geophysical Research Letters (speciale abbonamento richiesto di leggere l’intero articolo, ma astratto e una figura sono disponibili al pubblico).

SAND-RIO

Il perduto lago Agassiz

Se osserviamo una cartina del Canada centrale, si possono notare una serie di laghi che procedono verso nord-ovest, in diagonale, tutti di forma piuttosto allungata; sono tutti laghi glaciali, e sono verosimilmente i resti di un unico immenso lago che alcune migliaia di anni fa ricopriva tutta la regione.

Fig 1: Una cartina del Canada odierno: si nota subito la cintura di laghi che procede verso l’Alaska, dei quali una buona parte, tra cui il lago Winnipeg ed il lago Manitoba, facevano parte di un unico, immenso bacino idrico.

L’esistenza di un grande lago nel Canada fu postulata per la prima volta nel 1823, ed esso venne poi rinominato lago Agassiz nel 1879, dal nome di Louis Agassiz, studioso che ebbe una parte nella formazione della teoria delle glaciazioni (di cui abbiamo parlato qui). Sin dall’inizio, ci si rese conto che l’Agassiz non era un lago comune: il bacino idrico stimato alla fine dell’Ottocento da Upham fu poi rivisto al rialzo nel corso del secolo scorso, e secondo certe misurazioni giunse a coprire un’area totale di 440.000 chilometri quadrati, ma altri dati portano questo numero all’incredibile area di un milione e mezzo di chilometri quadrati, pari a cinque volte l’estensione totale dell’Italia.
Le misurazioni non sono facili non solo perché il lago, ovviamente, è scomparso da tempo, ma anche perché si è trattato di un bacino dalla storia movimentata: in circa 5000 anni di storia, il suo livello è cambiato profondamente oltre trenta volte, tra svuotamenti e reflussi; inoltre, la posizione dell’Agassiz si è spostata sempre più verso Nord-Ovest.

Fig 2: La storia dell’Agassiz mostra un lago che ha cambiato la propria estensione e profondità molte volte; di sicuro, il lago da solo era più grande di tutti quelli presenti al momento sul pianeta Terra, anche concentrati insieme. La sua scomparsa avrebbe avuto un effetto notevole sul clima dell’emisfero Nord e, forse, dell’intero pianeta. La superficie in grigio è la calotta ghiacciata che si andava ritirando durante la fine dell’ultimo periodo glaciale, terminato circa 10.000 anni fa.

Ma l’importanza del lago perduto non si limita alla sua estensione; in almeno due occasioni, l’Agassiz vide un’imponente e rapida riduzione della sua estensione, che portò al discioglimento di un’enorme quantità di acqua dolce nell’Atlantico settentrionale.
All’incirca 12.900 anni fa, quando i ghiacci si stavano ritirando dal Canada e da tutto l’emisfero boreale a causa della fine del periodo glaciale, il lago Agassiz non aveva alcuna comunicazione con l’Artico, e l’unico affluente di una certa importanza era il Missisippi, che ne faceva defluire le acqua nel Golfo del Messico. Poi, accade qualcosa nella calotta di ghiaccio che chiudeva l’Agassiz verso nord: forse un diaframma si ruppe, forse l’acqua riuscì ad insinuarsi in una spaccatura. Qualunque fosse la ragione, 9500 chilometri cubi di acqua si riversarono nell’Atlantico, e la superficie totale del lago si ridusse di circa 100.000 chilometri quadrati; ci volle quasi un secolo perché si completasse la fuga dell’acqua, e, proprio in quel momento, accadde qualcosa di molto strano alle temperature dell’emisfero boreale.

Fig 3: L’acqua dell’Agassiz avrebbe potuto dirigersi nell’Atlantico verso Nord lungo il fiume Mac Kenzie, oppure verso est; qualunque fosse la direzione, una quantità d’acqua quasi pari a quella dell’intero Lago Superiore si riversò nell’Atlantico nel corso di qualche decennio.

Dall’ultimo massimo glaciale (circa 20.000 anni fa), la Terra aveva visto ridursi le proprie calotte di ghiaccio, in particolare in America del Nord, ma tale diminuzione non fu continua e graduale, e vide alcuni periodi di ritorno del freddo glaciale: il primo di questi periodi avvenne poco dopo il massimo glaciale, tra i 18.000 ed i 15.000 anni fa, e fu chiamato Oldest Dryas (Dryas più antico), dal nome di un fiore tipico delle alpi e della tundra. Seguì un riscaldamento ed un successivo periodo di freddo intenso, all’incirca 14.000 anni fa, dalla durata molto breve, di circa tre secoli.
Infine, all’incirca 12.800 anni fa, avvenne un ultimo raffreddamento improvviso, che portò ad un’altra grande estensione dei ghiacci e ad un ritorno alle condizioni polari del periodo glaciale: lo Younger Dryas.

Fig 4: Seguendo un periodo caldo (l’immagine va letta da destra a sinistra), vi fu un notevole stadio di raffreddamento delle temperature, che avvenne assai rapidamente e terminò in maniera altrettanto brusca. Rilevazioni compiute in Groenlandia indicano che la temperatura media era di circa 15° inferiore a quella attuale.

Un simile cambiamento repentino costituiva un piccolo mistero della paleoclimatologia; i Cicli di Milankovic non riuscivano a spiegarlo, e nemmeno l’attività solare sembrava correlata. L’imputato allora divenne terrestre: proprio nello stesso periodo dello Younger Dryas, infatti, vi era stato il riversamento delle acque dell’Agassiz nell’Atlantico. Poteva una semplice massa d’acqua, per quanto estesa, provocare un tale mutamento del clima, ed in un periodo così breve?
Uno dei più importanti mezzi di regolazione della temperatura del pianeta sono le correnti marine: basta fare un semplice raffronto tra le temperature medie di Lisbona e di New York, che sono pressapoco alla stessa latitudine, per rendersi conto che la differenza è notevole, ed è dovuta alla presenza della famosa Corrente del Golfo, che sospinge acqua calda nell’Atlantico, riscaldando le coste dell’Europa fino all’Islanda. Superata l’isola, la corrente si sfalda e si mescola con l’acqua più fredda del mare artico, per poi tornare a discendere lungo le coste americane, questa volta come la fredda Corrente del Labrador. Il meccanismo di scambio tra le due correnti è legato alla temperatura, ma è determinato in maniera notevole dalla salinità dell’acqua: pertanto, un suo brusco cambiamento avrebbe potuto determinarne l’arresto.

Fig 5: L’Agassiz avrebbe disciolto nell’Atlantico enormi quantità d’acqua, quasi diecimila chilometri cubi (sufficienti a riempire una vasca di cento chilometri di lato), che nel corso di alcune decine di anni avrebbero alterato la salinità dell’oceano, interrompendo il meccanismo che consente alla Corrente del Golfo di spingersi fino alle alte latitudini, e quindi di riscaldare le coste vicine. Ne sarebbe seguito un improvviso ritorno del ghiaccio.

La coincidenza delle date è impressionante, ed il meccanismo è considerato corretto. Quindi, si può dire che sia stato il lago Agassiz a scatenare il ritorno dell’Era Glaciale in Nord America; inoltre, alcune prove raccolte in giro per il mondo (come un aumento della polvere nell’atmosfera a causa di un espandersi dei deserti, il ritorno della tundra in Scandinavia al posto delle foreste, un espandersi generale dei ghiacciai montani) mostrano come il raffreddamento abbia stretta anche il resto dell’emisfero boreale (in particolare l’Europa), e forse anche l’America meridionale, nella sua morsa.
Non è chiaro quanto abbia impiegato a tornare il freddo, anche perché si parla di un calo delle temperature di circa 5 gradi in un periodo di decenni (questo è comunque un dato da prendere con le pinze, in quanto parlare di un calo di 5° nella temperatura globale, quando si parla di un fenomeno regionale, sebbene esteso come lo Younger Dryas, non sembra avere molto senso; più utili possono essere informazioni su un abbattimento delle temperature di 7° in Europa ed un ritorno dei ghiacciai in Inghliterra, per rendersi conto del fenomeno), ma secondo uno scienziato canadese, William Patterson, sarebbero stati necessari soltanto alcuni mesi, invece di molti anni: nel corso di una singola stagione, dunque, la Corrente del Golfo sarebbe stata bloccata, e ad un’estate normale sarebbe seguito un inverno rigidissimo e molti anni di ghiaccio.

Fig 6. Durante lo Younger Dryas, per oltre mille anni, questo deve essere stato l’aspetto di buona parte dell’emisfero settentrionale: un’enorme distesa di ghiacci a perdita d’occhio.

Rapidamente come era giunto, ad ogni modo, lo Younger Dryas se ne andò. All’incirca 1300 anni dopo il blocco delle correnti che avevano determinato l’arrivo del ghiaccio, le temperature segnarono un brusco aumento (sembra nell’arco di pochi decenni, o forse addirittura di anni), e riportarono le zone dell’America del Nord e dell’Europa ad inverni più simili a quelli attuali.
E nel centro del Canada, ridotto ma ancora imponente, rimaneva il lago Agassiz.
Circa tremila anni dopo la fine del Younger Dryas, dopo un’altra lunga stagione di mutamento di livello, avvenne un altro grande prosciugamento dell’Agassiz, che condusse ad un ulteriore, periodo di raffreddamento, anche se meno accentuato e molto più breve dello Younger Dryas; a differenza del primo evento, questa volta vi è una differenza di più di due secoli tra la scomparsa dell’acqua dall’Agassiz (ancora una volta ceduta all’Atlantico) e il decadimento delle temperature, e come soluzione è stato proposto un drenaggio dell’acqua avvenuto in fasi distinte, forse aggravato da altri riversamenti di acqua dolce  in Siberia.

Dopo quest’ultimo riversamento, il lago Agassiz finì per prosciugarsi definitivamente, e scomparve attorno a settemila anni fa, lasciando poche tracce dietro di sé. Ad ogni modo, gli effetti del suo riversamento hanno intrigato gli scienziati, e c’è chi negli ultimi anni ha paventato un raffreddamento rapido e intenso a causa del ghiaccio disciolto dalla Groenlandia nell’Atlantico, ma misurazioni successive hanno stroncato l’idea.

Con questo articolo si chiude un dittico sulle glaciazioni che è la prima parte di una serie di articoli sulla storia della Terra che ho in mente di fare nei prossimi mesi. Una delle considerazioni più interessanti che ho ritrovato nello spulciare decine e decine di pagine di paleoclimatologia, geologia, geografia eccetera, è che il clima ha sempre fluttuato in maniera selvaggia non solo negli ultimi 100, 1.000 o 10.000 anni, ma in tutta la storia della Terra, e spesso non si è comportato come noi pensiamo.
Quindi, forse le paure di un surriscaldamento nei prossimi anni, o decenni, sono più una paura irrazionale che un modello scientifico.

By Stefano Sciarpa

(Articolo pubblicato anche su: http://survivalrule.wordpress.com/)

Il punto caldo: fatti, misfatti e leggende del clima che cambia

L’Istituzione culturale La Bendandiana ha  organizzato per venerdì 19 novembre 2010 una conferenza dal titolo :

Il punto caldo: fatti, misfatti e leggende del clima che cambia

tenuta dal  Dott. Teodoro Georgiadis dell’ Istituto di Biometeorologia del CNR.

Riporto la prefazione dell’invito.

Alla vigilia del COP16, la conferenza sui cambiamenti climatici, di Cancun in Messico si vogliono presentare alcuni argomenti, spesso definiti con l’aggettivo ‘scettici’ dai mezzi di comunicazione di massa, che rendono il quadro della conoscenza scientifica sul clima meno sicuro e condiviso di quanto si potrebbe pensare.
La problematica del clima sta fortemente influenzando lo sviluppo futuro della nostra esistenza sia dal punto di vista economico che sociale, ed il consenso sulle posizioni dell’IPCC (l’organismo dell’ONU deputato a raccogliere i fatti) rappresenta il fattore guida per imporre i costi necessari al cambiamento del sistema produttivo.
Ci si domanda se la conoscenza scientifica è in grado di asserire che indubitabilmente la strada scelta sia quella giusta.
La  COP16 inizierà il 29 novembre e terminerà il 10 dicembre (link)
Il relatore ha iniziato facendo una piccola  parentesi sui giornalisti che  amano oggi parlare del dibattito intorno al problema climatico fra catastrofisti e negazionisti.
catastrofisti che odiano sentirsi chiamare in questo modo, sono quelli vicini alle posizioni ufficiali dell’IPCC. Sono persone allarmate in base ai risultati che vedono dalle misure fatte sul clima. Sono preoccupati per quello che sarà il futuro prossimo e il futuro lontano del nostro pianeta. I cosiddetti negazionisti che odiano sentirsi chiamare così, sono quelli che in questi risultati vedono segnali da interpretare e non riconoscono l’allarme della prima categoria. Queste categorie viaggiano al di fuori del dibattito scientifico sono categorie giornalistiche. Se dovessimo fare una distribuzione del dibattito scientifico potremmo sintetizzarlo in una curva gaussiana in cui estremi corrisponderebbero queste due categorie.
Il relatore ha continuato facendo una ulteriore premessa:

Qual è il ruolo della scienza oggi? Qual era lo scopo della scienza nel passato?

Il ruolo della scienza nel passato era quello di comprendere la natura, i fenomeni naturali e alla fine di un lungo percorso  vedere  se era applicabile a scopi utilitaristici per l’uomo (tecnologia). Lo scopo della scienza era la conoscenza, e li fermarsi, cioè offrirsi come strumento.  Oggi la scienza sta perdendo il carattere di strumento neutrale . La scienza oggi si avvale di discorsi legati al consenso. Sempre più si sente il discorso: se la stragrande maggior parte degli scienziati… se i più dicono…. come si fa a dubitare. Questo è un problema grave perché la scienza ha fatto i progressi principali solo con il dubbio e la critica. La scienza senza una critica nei risultati raggiunti non è più scienza diventa qualcosa di molto vicino ad una ideologia o a una religione.

Questo mi ha fatto pensare ad un motto di Albert Einstein, (lettera a Max Born del 4 dicembre 1926)

« Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato. »

(wikipedia)

La scienza è uno strumento di conoscenza e non di fede. Il fatto di pensare che un consenso in quanto tale debba essere considerato come fatto scientifico o avvaloramento di un fatto scientifico diventa problematico.

Un problema soprattutto quando questo fatto (il consenso scientifico) viene utilizzato per dare un’aiutino… una spinta nelle decisioni da prendere. Perché la scienza non deve spingere la società in una direzione. La scienza è uno strumento da dare in mano ai nostro rappresentanti politici perché questi possano usarla. La scienza è un cacciavite, con questo strumento si può forare una ruota di una macchina o costruire qualcosa di meraviglioso. Il compito di come viene usato il cacciavite non è dello scienziato.

Per dare un aiuto alla società ad andare in una determinata direzione si rischia di eliminare qualcosa di importante:

Frase di Haskins « La teoria dell’errore, la logica dell’errore, fondamentalmente  è quello di restringere  il numero di alternative intenzionalmente o non intenzionalmente, fino ad omettere rilevanti alternative dalla considerazione»

Se ci fissiamo che la scienza debba rispondere ad un obbiettivo perché utile e buono rischiamo di perdere altre strade interessanti, che potrebbero contenere una parte rilevante di verità.

Terminata la premessa il Dott. Teodoro Georgiadis ha iniziato ad affrontare il problema climatico partendo dal metodo sperimentale Galileano (Link ad un articolo di NIA) e sui modelli climatici.

Il modello è una rappresentazione di una funzione scaturita dalla interpretazione di dati. Non esistono modelli senza dati perché non può esistere una legge (funzione) che possa nascere senza dati.

L’IGBP ( International Geosphere-Biosphere Programme ) ha proposto un nuovissimo indice il Climate-Change Index CCI (Link a pdf)

che prende in esame il cambiamento climatico cumulativo degli ultimi 30 anni. (1980-2010)

Ora il WMO (l’organizzazione mondiale di meteorologia) definisce la durata minima delle serie storico-temporali di dati continui per poter individuare le caratteristiche climatiche di una data località un minimo di 30 anni. Questo ci da un punto ma non la direzione, per capire, per essere sicuri che la variazione sia significativa, bisognerebbe avere i dati di almeno altri 30 anni.

Cioè trentanni è un singolo gradino ma per capire in che direzione ci stiamo muovendo ( se stiamo salendo oppure scendiamo per la scala sono necessari almeno due gradini).

Successivamente ha parlato di una serie di problemi in parte già trattate da NIA:

Affidabilità della rete di misura (link ad articolo NIA)(altro articolo di NIA)

isola di calore urbano (link ad articolo NIA),

riduzione di centraline (link ad articolo NIA),(altro articolo di NIA)


qualità delle centraline(link a http://www.surfacestations.org/) (link a database immagini centraline)

Cambio d’uso del suolo

Precisione dei mezzi di misura, ecc

Ritengo sia stata una ottima serata ben incentrata su dubbi e problematiche, vi lascio con una domanda la stessa che i nostri governati saranno costretti a porsi a Cancun

quanto del riscaldamento che abbiamo subito in questi anni è da imputare ai gas serra?

Andrea B