Archivio mensile:Marzo 2009

La verità scomoda dell'IPCC…

“Negazionisti è l’appellativo per coloro che non credono che le verità dell’IPCC siano l’unica verità. Negazionisti e antropocentristi si scannano nell’arena politica e scientifica per portare avanti tesi ed antitesi per la verità spesso conciliabili ma mai conciliate. Personalmente ho sempre ritenuto che la verità si collochi esattamente nel mezzo alle due posizioni. E mi dà estremamente fastidio essere tacciato per negazionista, solo ed esclusivamente perchè fornisco e raccolgo contributi ostili alle tesi dell’IPCC. Per carità, non mi ritengo un moderatore del dibattito climatico ma semplicemente una persona che vuole conoscere e far conoscere delle verità che non vengono mostrate. Ognuno è libero di leggere i miei interventi e quelli che raccolgo sul web di autori e studiosi prestigiosi o semplicemente forummisti come me. Uno dei messaggi che mi sento di raccogliere e portare avanti è quello che spiega come il c.d. Global Warming stia attraversando un periodo di assoluto appiattimento o addirittura denoti un trend regressivo. Con tutti i punti interrogativi che circondano le raccolte dati ( assolutamente discutibili sia nella forma che nella sostanza), con tutti i punti interrogativi che aleggiano circa la loro manipolazione ( il cd. Bias non è una leggenda metropolitana ma bensì l’inevitabile aggiustamento del dato assoluto che si rende necessario per creare dei dati omogenei a seguito del mutamento delle condizioni iniziali: sostituzione stazione meteo, mutamento area di rilevazione ecc…), con tutto ciò vogliamo per una volta analizzare il trend termico degli ultimi 30 anni?! Facciamolo! Aleggiano nella rete articoli ed interventi circa lo stop del GW in questo inverno. Personalmente sono nella maniera più assoluta d’accordo sul fatto che il trend climatico non lo si misuri sulla scorta di un buono o cattivo inverno, ancorché un ottimo inverno a livello globale ( non solo italiano). Il trend termico non lo si disegna neppure sull’arco di un solo anno! Ciò premesso questo è il grafico del trend degli ultimi 30 anni.


qui trovate la fonte del grafico e dello studio

http://wattsupwiththat.com/2009/03/2…cast-accuracy/

Il grafico mostra come le proiezioni circa il GW dell’IPCC fossero di molto sbagliate. Le proiezioni dell’organo ufficiale delle Nazioni Unite dove partecipano i “Migliori in assoluto” del genere umano, aveva previsto un riscaldamento ogni 29 anni di un grado.
Ad oggi tuttavia registriamo come rispetto al al 1981 la temperatura sia aumentata non di 1 grado ma bensì di solo 0.3 gradi, ossia un terzo del riscaldamento previsto. In realtà sarebbe persino minore se consideriamo che il 1981 ha chiuso con una media di +0.25 mentre il 2008 ha chiuso con una media di +0.45.

Il grande balzo in avanti del trend termico non è stato costante e lento ma bensì improvviso e veloce. Cosa non molto in armonia con l’idea che livelli costantemente maggiori d’inquinamento negli anni, producono graduali livelli termici più caldi.

Gli anni chiave sono stati: il 1976 e il 1990. Due anni questi che hanno visto un clamoroso balzo in avanti termico. Dal 1976 al 1985 abbiamo avuto un clamoroso riscaldamento; poi il netto rellentamento ed infino un nuovo balzo tra il 1990 e il 1998.

Il tutto sembrerebbe facilmente spiegabile ( ma non esclusivamente) coll’innesco di due cicli oceanici caldi mentre negli anni ’70 i cicli dell’oceano pacifico e atlantico si trovarono coincisamente in territorio negativo e freddo. Nel ’76 fu la volta del pacifico che inizio a riscaldarsi per intraprendere un lungo ciclo caldo il quale nel 1990 circa cominciò ad essere affiancato anche da lciclo caldo dell’atlantico.

A partire dal 2000 il trend termico globale ha iniziato a stopparsi. Le termiche come vedete dal grafico iniziale hanno segnato un trend decrescente o comunque mai crescente: il pacifico ha iniziato a raffreddarsi e a intraprendere probabilmente l’inizio della fase fredda. L’atlantico non tarderà molti anni. Già quest’anno sembra di aver superato la fase critica di riscaldamento, ossia il momento in cui l’atlantico raggiunge il picco di anomalie positive. Quando attorno al 2015 anche l’atlantico inizierà la fase di raffreddamento del ciclo AMO negativo, allora le termiche globali affronteranno un decennio almeno in cui i due cicli termici oceanici coincideranno nuovamente in territorio negativo e realizzeremo un raffreddamento globale. Allora e solo allora i livelli di CO2 decresceranno per la prima volta. Questo non grazie ai pannelli solari, come sostien l’IPCC, ma grazie al netto minor rilascio di CO2 da parte degli Oceani che sono il (per così dire) “produttore di maggioranza” se considerate che nell’atmosfera è contenuta solo lo 0.03% del totale. Immaginate quindi come il rilascio di CO2 da parte di oceani caldi sia mastodonticamente influente sui livelli che si registrano attualmente in atmosfera. Se l’uomo sui livelli crescenti di Co2 in atmosfera incide per 1, allora gli oceani incidono per 100 miliardi. A voi immaginare se il comportamento umano possa davvero incidere sulle dinamiche climatiche, a patto che si dimostri poi l’effettiva relazione tra Co2 crescente e mutamenti climatici. Qualora infatti si riuscisse a dimostrare che effettivamente i nostri problemi climatici comincino dalla Co2, bisognerà poi dimostrare come si possa considerare rilevante l’apporto di un soggetto pari 1 rispetto all’apporto di un altro soggetto pari a 100 miliardi.

Ma tra 10 o 20 anni probabilmente qualcuno dirà che la Co2 diminuisce grazie ai pannelli solari costruiti grazie ai finanziamenti e investimenti di Bill Gates, Warren, Page e tutti miliardari petrolieri, o grazie a DeBenedetti. Gli oceani freddi interesseranno a pochi anche se sono i veri responsabili dell’altalena dei livelli di Co2.

La truffa mediatica continuerà.

Per adesso ci accontentiamo di dire che il Gw si è fermato. Il grafico parla chiaro. Le temperature hanno smesso di crescere e che in ogni caso negli ultimi 30 anni il trend termico ha visto un +0.3 a fronte di un +1 previsto dall’IPCC.
Questi sono dati.”

Scritto da Marcus

Comunicazione ai lettori di N.I.A.: da oggi non più moderazione ai messaggi!

Ho dovuto attivare questa funzione dopo che alcuni utenti di cui nn specifico il nome, non si sono limitati a critiche costruttive, ma diciamo sono andati oltre, con offese anche personali…da allora ho deciso di attivare appunto la funzione di moderazione e guarda caso da allora certe cose non si sono più ripetute. Ora sotto sugegrimento anche di alcuni di voi, ho deciso di togliere la moderazione dei messaggi, sperando ovviamaente che nn riaccadano più simili episodi… è suprfluo che vi dica che se dovessero riaccadere certi inconvenienti, la moderazione sarà riattivata, stavolta però i nomi degli utenti con relativo codice IP saranno segnalati nel blog e nn solo…

Colgo l’occasione per ringraziarvi tutti, semplici utenti e collaboratori, se N.I.A. sta crescendo è solo grazie a voi!

Simon

MDI Imager, il Far-Side del Sole non è Più così "far"!

L’osservazione del nostro Sole con il metodo MDI (Michealson-Doppler Image) permette agli scienziati di controllare la presenza di macchie nella zona del disco solare opposto rispetto ai punti di osservazione “standard” situati sulla Terra o in orbita (come SOHO). La tecnica in questione prende il nome di “olografia eliosismica” e fornisce mappe come questa: (FIG_1)

fig-11Fonte grafico: file:///C:/Downloads/FIG-1(1).gif

I colori che vanno dall’azzurro al giallo fino al rosso rappresentano i punti di condensazione del flusso magnetico altamente organizzato che origina le macchie solari. Questa mappa olografica elaborata il 12 aprile 2001 mostra la Sunspot gigante AR9393 sul lato nascosto del Sole 10 giorni dopo che gli osservatori terrestri hanno visto la stessa sparire nella parte orientale della Stella.

Funzionamento dell’eliosismologia: il Sole è assimilabile ad una sfera di onde sonore costituenti un continuo ronzio che vengono lanciate dai turbolenti moti convettivi del plasma verso gli strati più esterni della stella stessa. Le onde che andiamo a monitorare utilizzando MDI hanno un periodo (il periodo di un’onda è proporzionale alla frequenza) di 5 mimuti, dice il Prof. Phil Scherrer della Stanford University, uno dei principali esperti in MDI. Questo ci da un turn-over in grado di identificare bolle aventi le dimnsioni della California che si manifestano come granulazioni della fotosfera fenomeno alla base delle Sun Spot. La granulazione solare visibile in fotosfera che ha come ultimo effetto quello di variare la densità del plasma è direttamente correlabile con le onde sonore interne del Sole. Le onde sonore solari sono in gran parte intrappolate all’interno della nostra Stella esse si rifrangono sul core caldo del Sole stesso e si riflettono avanti e indietro attraverso le varie parti della fotosfera.

Con il monitoraggio della superficie vibrante del Sole, la sonda può operare una eliosismologia stellare interiore più o meno nello stesso modo in cui i geologi usano le onde sismiche dei terremoti per sondare l’interno del nostro pianeta. Intensi campi magnetici che danno luogo alle macchie solari incidono sui tempi di transito delle onde sonore rimbalzate da un lato all’altro del Sole, le variazioni che il metodo MDI è in grado di rilevare vengono processate al fine di rivelare condensazioni del campo magnetico (come ad esempio le macchie solari) sulla faccia nascosta del Sole. Chiamata “helioseismic holography” questa tecnica può originare immagini reali del lato nascosto della nostra stella. Per saperne di più siamo anche andati a visitare il sito originale del più importante Dipartimento di Eliosismologia mondiale, quello dell’Università di Stanford (California, USA) nel quale sono racchiuse informazioni molto più dettagliate che ora andremo ad illustrare. Queste immagini sono mappe di tutta la superficie solare relative all’attività magnetica. Queste mostrano i 360 gradi di longitudine nel sistema di coordinate di Carrington normalmente utilizzateo per osservazioni solari. La mappa si estende dal polo sud al polo nord con la medesima area di proiezione. Sono contrassegnati l’equatore solare e per ogni 60 gradi di longitudine. Il lato del disco solare rivolto verso il punto di osservazione forniscono dati di flusso magnetico attenuato misurato come MDI. Le immagini olografiche vengono visualizzate a 70 gradi dal centro del disco stesso, ogni magnetogramma richiede solamente un minuto di osservazione. Il lato nascosto fornsce immagini come mappe di variazione della velocità delle onde sonore, le zone più scure corrispondono ad una maggiore velocità delle stesse con una relativa minore densità della fotosfera. Le zone più scure indicano quindi i luoghi dove vi è accumulo di campo magnetico altamente organizzato sulla superfice di misura, che genera le SunSpot appunto. Le immagnini del “far side” possono però essere calcolate però solo a 45 gradi dal centro del disco solare rispetto al disco visibile dalla Terra. Occorrono 24 ore di scansione MDI per fornire i dati utili alla ricostruzione delle mappe relative alla parte nascosta del disco solare. Ancora una volta ci viene in aiuto il satellite SOHO che in 12 ore è in grado di fornire nuovi dati che vengono immediatamente immessi nei cluster di calcolo in modo continuo generando così un output costante di mappe MDI. Il metodo per la stima del flusso magnetico è stato sviluppato da Lindsey Braun del Solar Physics Research Corp. di Tucson (Arizona, USA). Il metodo è stato presentato in una conferenza stampa di NASA-ESA nel marzo 2000. Per chi volesse approfondire ulteriormente i dettagli sono pubblicati sul Journal of Solar Physics, vol. 192. Concludiamo questa prima parte del POST presentando 5 campioni di immagini MDI del SOLE che mostrano i punti salienti di 2,5 rotazioni del Sole (1 rotazione = 27 giorni) dal 1 marzo 2001 al 24 aprile 2001, nel picco massimo del 23 ciclo. Ritorna la già citata regione attiva AR 9393 che ha originato un complesso di Sunspot gigante (sottolineo queste sono vere sunspot!) che è stata seguita per tutto il tempo sopracitato permettendo di “validare” in toto il metodo MDI.

(Figura 2) Fonte: file:///C:/Downloads/FIG-2.gif

1 Marzo 2001. La zona AR 9393 nella mappa di Carrington del flusso magnetico misurato (Lato Terra) e dedotto con MDI (Lato nascosto) non viene vista. Nascerà a 154 di longitudine e 17N di latitudine, in questa data non vi è alcun segno dell'enorme spot che si formerà di li a poco.
1 Marzo 2001. La zona AR 9393 nella mappa di Carrington del flusso magnetico misurato (Lato Terra) e dedotto con MDI (Lato nascosto) non viene vista. Nascerà a 154 di longitudine e 17N di latitudine, in questa data non vi è alcun segno dell'enorme spot che si formerà di li a poco.

(Figura 3) fonte: file:///C:/Downloads/FIG-3.gif

15 Marzo 2001. Mappa di flusso magnetico misurato (Lato Terra) e dedotto (Lato nascosto). Nella regione attiva 9393 longitudine 154, latitudine 17N, la macchia (o meglio il complesso di macchie) è già stato intravisto il 12 Marzo e confermato in tutta la sua grandezza il 13.
15 Marzo 2001. Mappa di flusso magnetico misurato (Lato Terra) e dedotto (Lato nascosto). Nella regione attiva 9393 longitudine 154, latitudine 17N, la macchia (o meglio il complesso di macchie) è già stato intravisto il 12 Marzo e confermato in tutta la sua grandezza il 13.

( Fig.4) fonte: file:///C:/Downloads/FIG-4.gif

28 Marzo 2001. La regione attiva 9393 longitudine 154, latitudine 17N si manifesta in tutta la sua imponenza, la AR9393 è il più vasto complesso di macchie registrato fino a questa data dal ciclo 23. Riporto per completezza anche il "Region summary" della stessa data
28 Marzo 2001. La regione attiva 9393 longitudine 154, latitudine 17N si manifesta in tutta la sua imponenza, la AR9393 è il più vasto complesso di macchie registrato fino a questa data dal ciclo 23. Riporto per completezza anche il "Region summary" della stessa data

(Fig.5) fonte: file:///C:/Downloads/FIG-5.gif

11 Aprile 2001. La regione AR9393 continua a ruotare ed evolversi alle medesime coordinate che nel frattempo sono tornate nel lato nascosto del Sole.
11 Aprile 2001. La regione AR9393 continua a ruotare ed evolversi alle medesime coordinate che nel frattempo sono tornate nel lato nascosto del Sole.

(Fig.6) fonte: file:///C:/Downloads/FIG-6.gif

24 Aprile 2001. La regione 9393 a latitudine 154 longitudine 17N ritorna nel lato visibile del Sole.
24 Aprile 2001. La regione 9393 a latitudine 154 longitudine 17N ritorna nel lato visibile del Sole.

Scritto da Alessandro

Variabilità solare su scala millenaria

L’attività solare degli ultimi 400 anni è cosa nota. Può essere interessante fare un’analisi dell’attività solare in un periodo molto più ampio: l’olocene (dal 10.000 a. C. a oggi). La ricostruzione dell’attività solare per questo periodo millenario è stata fatta basandosi su misurazioni di C14 negli anelli degli alberi (vedi figura sotto) e di Be10 nei ghiacciai polari. Usoskin, uno scienziato dell’università di Oulu, ha individuato delle periodicità dell’attività solare e si è soffermato ad analizzare le caratteristiche dei grandi minimi e dei grandi massimi del passato.

7704fig31

Fonte grafico: http://solarphysics.livingreviews.org/Articles/lrsp-2008-3/fig_17.html

Quasi periodicità

Se si procede con un’analisi della serie temporale del numero di macchie sull’intera epoca dell’Olocene si trovano alcune periodicità che il lettore avrà già in qualche modo trovato in altri articoli:

a) una di circa 80 anni corrispondente con il ciclo di Gleissberg

b) un’altra si riscontra intorno ai 150 anni e non è persistente sull’intero periodo analizzato, infatti è assente in alcuni periodi temporali (per la maggior parte tra il 6000 a.C e il 4000 a. C.).

c) Il ciclo di Vries-Suess, con una durata di circa 210 anni, è rilevato anch’esso in modo non persistente, ma tende a diventare evidente se si considerano raggruppamenti temporali di 2400 anni.

d) Un’altra variazione con un periodo di 350 anni può essere osservata dopo il 6000 a. C.

e) una periodicità millenaria (iperciclo) molto interessante compresa tra i 2000 e i 2400 anni che costituisce il ciclo di Hallstatt. Si presenta relativamente stabile sull’intero periodo e soprattutto si manifesta come modulazione dell’attività solare nel lungo termine, che porta a gruppi di grandi minimi.

I grandi minimi

Il minimo di Maunder (1645-1715) come il minimo di Dalton (1790-1830) sono abbastanza noti, tuttavia, Usoskin, ha individuato nell’Olocene ben 27 grandi minimi. Stuiver e Braziunas e poi Stuiver e altri li hanno suddivisi in due gruppi: i minimi di breve durata, dai 50 agli 80 anni, detti di tipo Maunder e quelli di lunga durata, superiore ai 100 anni, detti di Sporer (1415-1534). La media della loro durata è di 70 anni. Nella figura è riportato l’istogramma della loro durata, la cui media è 70 anni. Come potete osservare si dividono in due gruppi e si tratta per lo più di minimi di tipo Maunder.

lr_mm_duration

Fonte grafico: http://solarphysics.livingreviews.org/Articles/lrsp-2008-3/fig_20.html

Se si somma il tempo di durata di tutti questi minimi si trova un valore pari a circa 1900 anni, ovvero questo indica che il sole spende circa il 17% del suo tempo in una fase di bassa o meglio bassissima attività. Un’altra considerazione importante da fare è se questi si presentino con una certa regolarità, cosa alquanto importante per capire il comportamento della dinamo solare. Un’attenta analisi mostra che essi non appaiono periodicamente, ma in modo casuale in settori temporali della durata di 2000-2500 anni. Si presentano, inoltre, in gruppo e con tempi di divario abbastanza brevi.

I grandi massimi

Il massimo solare moderno (dal 1940 in poi), oggetto di osservazione diretta, è stato certamente uno dei più intensi degli ultimi secoli. Il numero di Wolf, nel periodo 1750-1900, è stato 35 ± 9 e dal 1950 in poi è passato a 75 ± 3, un valore più che doppio. Se andiamo indietro troviamo un aumento dell’attività solare nel periodo medievale, intorno al 1200 D. C., che per molti scienziati non può essere considerato un grande massimo, per nulla paragonabile a quello moderno (per tale motivo il massimo medievale non compare nella prima figura). Usoskin, analizzando i dati sul Be10 prelevati da campioni di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide, è arrivato alla conclusione che il massimo solare moderno sia stato il maggiore del millennio. Un’analisi simile sul C14 ha rilevato che un massimo così intenso sia un evento raro (vedi la prima figura).

Se si considera tutto il periodo dell’olocene sono stati trovati 19 grandi massimi, per una durata complessiva di 1030 anni, che lascia supporre che il sole passi circa il 10% del suo tempo in un periodo di forte attività. La loro durata ha una distribuzione più regolare rispetto ai grandi minimi. La maggior parte dei grandi massimi (circa il 75%) non ha avuto una durata superiore ai 50 anni e solo quattro di questi, tra cui il massimo moderno, una superiore ai 70 anni. Anche questi, come i grandi minimi non si presentano con una frequenza regolare, ma in modo casuale. L’analisi su scala millenaria dei grandi massimi ci porta ragionevolmente a supporre che l’attività futura del sole sarà bassa, sicuramente più bassa di quella dell’ultimo mezzo secolo. Non a caso attualmente ci troviamo in un minimo di attività e i futuri cicli sono previsti da molti scienziati più bassi del ciclo 23. La casualità con la quale si presentano sia i grandi massimi che i grandi minimi pone dei grossi problemi ai fisici solari che si occupano di capire il funzionamento del sole e in particolare della dinamo solare. In tal senso, forse, rimane ancora tanto da fare.

Scritto da ANGELO

Fonte: http://solarphysics.livingreviews.org/open?pubNo=lrsp-2008-3&page=title.html

Il mistero della macchia di ieri, così interviene il Dr. Jan Janssens…

” 22 March 09 – New SC24-group has reversed polarity… – The new sunspotgroup that is visible in today’s SOHO-images, has -according to the corresponding magnetogram- a reversed polarity (SC23/25). Though on itself this is not so peculiar (every solar cycle has about hundred such groups, or about 3% of the total), it is already the second SC24-group showing this “aberration”: NOAA 1003, visible for just one day (04 October 2008) on the southern hemisphere (-23°), had a polarity equal to that of a unpair solar cycle too. That makes 2 out of 13 (15%), if this group gets a NOAA-number. ”

Fonte: http://users.telenet.be/j.janssens/Engnieuwtjes.html#Zon

Che in poche parole conferma che la macchia apparsa ieri e ricordiamolo non conteggiata probabilmente per la sua breve durata sia dal Noaa che da Catania, ha la latitudine propria del ciclo 24, ma con polarità inversa appartenente o al ciclo 23 o 25… il mistero si infittisce… ora a parlare del ciclo 25 nn sono solo gli amatori, ma pure i professionisti… a sto punto la Nasa qualche giorno fa quando se ne venne fuori con quello strano scambio di cicli facendo ipotizzare che il cico 24 fosse già finito, era un errore o c’era qualcosa di vero?

stay tuned, Simon