Archivio mensile:Giugno 2012

RUBRICA ESTATE 2012: PARTE II

Un saluto a voi, popolo di NIA.
Nella precedente parte ci eravamo lasciati sottolineando come il quadro telecconnettivo, in via generale, risultasse abbastanza positivo, in virtù di un tipo di circolazione nell’ambito delle zone tropicali (e non solo) non ancora favorevole all’affermazione di forti e persistenti anticicloni caldi nelle fasce temperate (Europa in particolare). In questa seconda parte cercheremo di inquadrare i principali movimenti atmosferici, con particolare riferimento alle zone tropo-equatoriali, al fine di tracciare una linea di tendenza sul prosieguo della stagione estiva targata 2012.
Iniziamo con un breve resoconto su quanto accaduto (a livello generale) negli ultimi tempi.

Nella stagione primaverile da poco conclusa e in questo primo scorcio d’estate, la circolazione atmosferica,nelle regioni tropicali ed equatoriali, è stata caratterizzata in linea di massima da una debole nonché altalenante (sia nell’intensità che nella dislocazione geografica) attività convettiva. In altre parole in mancanza di una particolare circolazione in grado in imporsi con prepotenza, nelle fasce tropo-equatoriali si è rimasti a lungo in una situazione di incertezza barica, con continui nonché brevi mutamenti circolatori (è per questa ragione che l’ENSO è rimasto su una posizione di neutralità).
Guardando più da vicino l’ultimo periodo, il mese di maggio è stato caratterizzato mediamente da una concentrazione dell’attività convettiva sulle zone orientali del Pacifico, a cui è corrisposto una naturale intensificazione della convenzione sul comparto west-africano (indebolimento del regime degli aliesei lungo l’Atlantico tropicale). Ciò ha portato ad una contrazione delle anomalie negative in zona NTA, con corrispondente intensificazione del Monsone africano (WAM). Tuttavia, l’intensità dell’attività convettiva si è mantenuta relativamente bassa nonché altalenante in riferimento alla posizione (ciò spiega in parte l’andamento discontinuo dell’ITCZ e delle anomalie atlantiche tropicali che in un più di un occasione hanno mostrato un ricadimento verso valori più negativi). Una siffatta situazione, grazie anche ad un Vortice Polare ancore pimpante e ad un Atlantico extratropicale decisamente freddo (vedi SSTA negative lungo le coste atlantiche Europee), ha consentito al mese di maggio di mostrarsi abbastanza dinamico sulla scia del precedente mese di aprile.
Nella seconda metà della prima decade di giugno si è verificato infine un ulteriore cambiamento nella circolazione atmosferica tropicale: i centri di convenzione si sono spostati dal Pacifico orientale al Pacifico occidentale:

Dalla presente immagine, relativa alla prima metà di giugno (dal giorno 3 in avanti), si denota chiaramente come l’attività convettiva abbia interessato le zone del Pacifico occidentale (macchie blu) e che nel Pacifico orientale si sia verificata la completa soppressione dell’attività convettiva stessa. Di risposta, mentre sull’India si è registrato un incremento dell’attività monsonica, sull’Africa occidentale il decremento della convenzione ha prodotto un indebolimento del monsone africano (a quest’ultimo proposito, in un mio precedente articolo ho spiegato le modalità con cui la circolazione nel Pacifico tenda ad influenzare la vicina circolazione atlantica tropicale e dunque l’intensità del monsone africano; per quanto riguarda invece i legami tra convenzione pacifica e monsone indiano spero di farlo nel futuro).
Di risposta nell’atlantico tropicale si manifestata una nuova intensificazione delle anomalie negative in zona NTA ed STA (dopo il deciso sfaldamento di fine maggio), mentre in Europa si è verificato un nuovo deciso abbassamento del getto, con conseguente calo termico anche sull’Italia.

Dall’immagine si vede come nella zona NTA dell’Atlantico tropicale (cerchio nero), si siano intensificate le anomalie negative.

Venendo ora a parlare della situazione futura, preciso da subito che è in atto un deciso stravolgimento dello scacchiere barico nell’ambito delle zone equatoriali-tropicali, che comporterà un mutamento consistente del decorso della stagione estiva sul continente europeo. Questo cambiamento era in via generale prevedibile già da tempo, visto l’affermarsi del fenomeno del NINO nel Pacifico, ma sicuramente era difficile trovare un esatta collocazione temporale. A tal proposito, solo fino a pochi giorni, in virtù delle Ensemble MJO e della configurazione delle SSTA atlantiche tropicali, ero quasi certo che detto cambiamento si sarebbe presentato più in avanti e che fino alla terza decade di giugno, il tempo sull’Europa sarebbe stato caratterizzato da un discreto dinamismo. Tuttavia, l’ultimo aggiornamento della MJO (Madden Julian Oscillation) è risultato del tutto rivoluzionario ed anche il sottoscritto si è dovuto ricredere:

Quest’ultimo aggiornamento infatti, a differenza del precedente, mostra un deciso incremento d’intensità dell’attività convettiva nonché uno spostamento dei centri principali di convenzione sul Pacifico Orientale e sull’Africa occidentale, con conseguente totale soppressione della convenzione sul Pacifico occidentale ed in parte sull’India monsonica. Per una migliore comprensione viene riportata di seguito la carta che mostra nel dettaglio la dislocazione spaziale dei centri di convenzione nelle regioni tropo-equatoriali:

Potrete sicuramente notare il forte incremento di attività convettiva sul Pacifico orientale e sulle zone dell’Africa centro-occidentale (colore blu). Quest’ultima circostanza porterà ad un rafforzamento dell’anticiclone africano che non avrà problemi ad invadere ferocemente l’Europa.
Sempre a proposito della MJO, si possono notare due fattori di grande importanza:
1) Gli spaghi risultano straordinariamente compatti, segno evidente di un’alta affidabilità della previsione;
2) Sul lungo termine si nota uno stazionamento dei centri di convenzione sull’area africana. Ciò vuol dire che la situazione sopradescritta è destinata a protrarsi a lungo, con il rischio di un ondata di calore sulle zone europee di lunga durata.

Quello che si profila dunque è un cambio radicale della circolazione, segnato da un avvio prepotente della stagione estiva anche sulle regioni settentrionali del nostro paese. Inoltre, in base ai dati ad ora a disposizione, non si può individuare con esattezza la fine della prossima avvezione calda (a tal proposito non è da escludere un break fresco-temporalesco verso fine mese). Tuttavia, quello che si può dire con certezza, è che si sta per manifestare un cambio importante della circolazione nelle zone tropicali, che comporterà l’inizio dell’Estate con la E maiuscola sul continente europeo. Pertanto, mediamente, ci aspetta una lungo periodo di stampo anticiclonico, a tratti decisamente caldo, che potrà essere intervallato da qualche intrusione di aria più fresca.
Volendo invece iniziare a tracciare una sorta di linea di tendenza generale sull’andamento dell’intera stagione estiva, è senz’altro possibile impostare già un tipo di ragionamento che sicuramente avremo tempo sviluppare meglio in futuro. A questo proposito, di seguito sono riportate delle immagini relative ai forecasts sull’andamento del ciclo ENSO:


L’immagini, tratte da NOAA, costituiscono i forecast circa l’evoluzione del ciclo ENSO. Si ricorda che la zona 1+2 fa riferimento all’estremo Pacifico orientale, mentre la zona 4 ricopre il Pacifico occidentale.

Dalle presente immagini è facilmente percepibile una progressiva traslazione del fenomeno del Nino (anomalie positive), da est verso ovest. Nello specifico, nelle zone più orientali (zone 1+2 e 3), dopo un rapido incremento delle anomalie positive (notate l’elevata inclinazione delle curve dei primi due diagrammi), che si manifesterà nei prossimi giorni, si avrà un assestamento se non un calo delle stesse anomalie. Al contrario, dagli ultimi due diagrammi (relativi alle zone più occidentali del Pacifico), si riscontra un andamento monotonicamente crescente, nonché un raggiungimento di valori più positivi ritardato rispetto alle zone più orientali. Ciò vuol dire che, nel corso della stagione estiva, si avrà, a livello medio, uno spostamento dei centri di convenzione da est verso ovest. Questa circostanza potrebbe favorire un declino anticipato della convenzione in area africana” con conseguente “declino anticipato” della stagione estiva sul vecchio continente.
In conclusione non possiamo che annotare l’avvio prepotente della stagione estiva 2012, il cui andamento, in via generale, potrebbe risultare diametralmente opposto a quello che ha contraddistinto la precedente estate. Tuttavia, in merito a quest’ultimo discorso, i dubbi sono molteplici ed ad oggi non è possibile avere alcuna certezza.
Nel futuro avremo sicuramente l’occasione di approfondire questo interessantissimo discorso.

AGGIORNAMENTO
Per aggiungere qualcosa a questa piacevole discussione, propongo un aggiornamento in merito all’evoluzione futura.
Difatti, al termine dell’articolo, ho scelto di proporre una riflessione impostata su un ragionamento, senza entrare nel dettaglio di alcun tipo di previsione. E’ evidente che la scelta è stata fatta al fine di rimanere coerente alla mia filosofia, che prevede di dar maggiore spazio alla parte puramente didattica, prendendo però spunto da situazioni reali e di attualità.
So benissimo però che di questi tempi, viste le preoccupazioni per l’arrivo di questo potente anticiclone, siate ansiosi di sapere qualcosa in più sulla sua fine (fine che i modelli ancora non riescono minimamente ad inquadrare).
Proprio a quest’ultimo proposito voglio esprimere un mio parere.
Ho già detto nell’articolo che non sono da escludere alcuni brevi break del dominio anticiclonico (uno dei quali a fine mese), ma personalmente non sono molto convinto di questo. Un cambio significativo della circolazione lo potremo avere intorno alla fine della prima decade di luglio/metà luglio. In particolare, a partire dall’inizio della seconda metà di luglio, ritengo non sia da escludere una crisi abbastanza seria dell’estate, che potrebbe durare anche diversi giorni.
Non fatemi ripetere che si tratta di una semplice linea di tendenza basata su dei miei ragionamenti. Ad oggi sappiamo solo che andiamo incontro ad lungo periodo molto caldo per gran parte del paese.

Riccardo

– Sunspots in crescita, breve aggiornamento solare infrasettimanale –

Ar 1504, 1505 e 1507 in rapida crescita.

Nell’attesa, per la giornata di domani, dell’uscita del punto della situazione meteo del nostro Riccardo, trascorriamo questo mercoledì pomeriggio, con queste tre macchie solari che sembrano indicarci una nuova ripresa dell’attività solare. Entra in gioco adesso l’emisfero sud ?
Ieri sera il SF segnava 146.
http://www.spaceweather.gc.ca/sx-4-fra.php
Su che valori si attestare stadsera e nei prossimi giorni ?
Riuscirà questo gruppo a generare qualche flare di categoria M ? Tutti interrogativi che nelle prossime ore, giornate  troveranno una risposta.
Sinceramente ci sta proprio bene, questa ripresa in questo periodo.  Speriamo che queste Ar si mettano il prima possibile al lavoro, caricando l’eliosfera, tenendoci lontano dai temuti eventi geologici che con un vento solare così basso potrebbero verificarsi in entrata fase lunare nuova e con con quella femme fatal di Venere in zona.

Mi piacerebe avere anche qualche parere dal nostro Giorgio , eletto ufficialmente il nostro “polar field’s man”  🙂

Animazione crescita Ar, su gentile concessione della Nasa – SDO-

Allego pagina pagina di studio probabilistico flare dell’università di Bradford.
http://spaceweather.inf.brad.ac.uk/monitor.html

Buona giornata,

Michele

Gli esperimenti di Birkeland -Terella- e la loro importanza per la moderna sinergia di laboratorio e lo studio dei plasmi – 3° parte –

Evoluzione degli esperimenti ed idee

Dieci differenti terrella sono stati descritti da Birkeland con diametri da 2,5 a 36 cm. Nel primi esperimenti, realizzati nell’autunno del 1900, Birkeland utilizzò due Terrella da 5,0 e 7,5 cm. di diametro. Gli avvolgimenti degli elettromagneti erano sferici e circondati da un sottile rivestimento di ottone con uno strato di bario platinocyanide BaPt(CN)4.

http://en.wikipedia.org/wiki/Platinocyanide

Birkeland era consapevole che non avrebbe potuto mai raggiungere condizioni di somiglianza con il magnetismo naturale terrestre. Con una terrella di 7,5 cm. e 1.7×10^8 volte più piccola del diametro della terra, richiederebbe un analogo campo magnetico che circonda la sfera di 1,7×10 volte più forte di intensità del campo geomagnetico, certamente impossibile da realizzare nella pratica.

Per fortuna osservò che i fenomeni luminosi non variano troppo con la forza magnetica del terrella, purché la forza raggiunga un determinato valore considerevole. Tutti gli altri esperimenti terrella di Birkeland sono stati descritti nel trattato della terza spedizione artica, che copre il suo lavoro di laboratorio dal 1901 al 1913. Molti degli esperimenti sono stati eseguiti con una terrella, dove la bobina e quindi l’asse magnetico erano inclinati rispetto all’asse verticale. Durante gli esperimenti era in grado di ruotare le terrella attorno all’asse verticale, e in questo modo ha studiato l’effetto della eccentricità dei poli magnetici della Terra sull’aurora. Al primo avvio degli esperimenti sistematici con le terrella B. usò dei tubi cilindrici, con un volume di circa 12 litri, come mostrato nella figura n°3 (vedi il precedente articolo). Gli esperimenti con questo tubo sono stati anche utilizzati per il confronto con i calcoli orbitali di Carl Stirmer. Per un confronto diretto con modelli sono stati fatti esperimenti per la visualizzazione delle traiettorie nello spazio, come mostrato in figura n° 4. Quando in laboratorio Birkeland effettuò la simulazione dell’aurora, dovette dare alla terrella una sorta di atmosfera. Questo problema venne risolto in vari modi. Nei primi deboli scarichi la superficie della terrella era coperta da una vernice fosforescente che produceva una luce visibile quando veniva colpita dai raggi. In seguito sviluppò un altro metodo che rese più facile osservare i raggi nello spazio circostante, facendo passare una corrente elevata attraverso la bobina di magnetizzazione, la superficie della terrella diventava più calda e emanava dei gas. B. poi riduceva il campo magnetico al valore desiderato, accendeva lo scarico, ed effettuava le fotografie. Un terzo metodo era quello di coprire la superficie con uno strato sottile di olio, che evaporava durante lo scarico.

Figura 4: Un confronto tra un esperimento terrella (a sinistra) e un modello che mostra le traiettorie calcolate dal professor Stirmer per l’esperimento. Questo esperimento è stato eseguito nel luglio del 1907 nel primo tubo di vetro da 12 litri, e mostra le regioni lungo la “zona aurorale” illuminate.

La Figura n°4 mostra una terrella con un grande schermo verticale. Con gli scarichi a bassa intensità era possibile vedere dove i raggi catodici colpivano la terrella dalla fosforescenza della superficie. Per poter vedere le traiettorie dei raggi prima che colpissero la terrella, il setup era fornito di lamine (chiamate schermi piatti da Birkeland), che erano verniciate con un materiale fosforescente. Ci sono schermi verticali ed orizzontali, schermi con fori e fenditure, l’intero dispositivo è costituito fino ad un massimo di otto schermi per terrella, schermi con perni, combinazioni di schermi e spille puntati sulla superficie della terrella, e così via. I perni creano ombre che forniscono informazioni sui percorsi dei raggi. Dal 1895-1908 tutti i suoi esperimenti di laboratorio, compresi gli studi aurorali, sono stati eseguiti in fragili tubi di vetro, dove la rifrazione della luce attraverso le pareti di vetro curvato tendevano a dare informazioni distorte effettuate le fotografie. Guidato da tali carenze Birkeland progettò quindi una nuova camera sperimentale a forma di scatola che nella parte superiore e sul fondo riportava delle lastre di metallo, vetro e finestre sui quattro lati. Il volume totale di questa nuova scatola era di 22 litri, le lastre di vetro o finestre avevano un’area di circa 20 x 45 e 20 x 25 cm ed uno spessore di 2.0 cm. Con questa struttura perfezionata continuò lo studio degli scarichi con lo scopo di ottenere una chiara idea del percorso dei raggi intorno alle terrella magnetizzate. Uno dei motivi che lo spinsero a continuare la ricerca sperimentale su questo problema era il suo scetticismo per i modelli matematici. Finché i modelli matematici non saranno perfetti, l’utilità di questi calcoli sarà limitata. In quel momento, durante l’inverno 1910-1911, l’interesse del laboratorio di Birkeland si trasferisce dall’aurora boreale ai fenomeni cosmici e solari. In quel periodo iniziò con una serie di esperimenti completamente nuovi nel camera da 22 litri, ora simulando il Sole, ora Saturno e una coda di cometa. In molti dei suoi esperimenti aurorali Birkeland si  soffermò sul fenomeni che potrebbero servire da un punto di partenza per una spiegazione della luce zodiacale.

http://it.wikipedia.org/wiki/Luce_zodiacale

In astronomia, la luce zodiacale è una debole luminosità che appare lungo l’eclittica, in particolare nelle vicinanze del Sole. Nel cielo occidentale il periodo migliore per osservarla è la primavera, dopo che luci del tramonto sono completamente scomparse, mentre nel cielo orientale è più favorevole l’autunno subito prima dell’alba. È così debole da essere completamente invisibile se la Luna è presente in cielo o se si proietta sulla Via Lattea. La luce zodiacale decresce di intensità allontanandosi dal Sole, ma in notti molto buie è stato osservato un cerchio completo attorno all’eclittica.

B. credeva che questa luce avveniva a causa degli scarichi, come l’aurora, e cercò di simularla nel suo laboratorio. Il setup di questo sperimento era molto simile a quello per l’aurora, ma la polarità della scarica era differente. Il terrella, era senza rivestimento fosforescente, era negativo e serviva come il catodo per simulare il sole.

Per quanto si può accertare dal testo, questo era il suo solito modo di collegare l’apparecchio quando faceva esperimenti per simulare la luce zodiacale, le macchie solari e gli anelli di Saturno. La sua spiegazione della luce zodiacale era che le nubi di polvere atomica o “atomic dust” provenienti dal Sole, erano distribuite in uno strato molto sottile del piano equatoriale solare, ed erano illuminate da una sorta di scarica cosmica. Dimostrò questo per la prima volta eseguendo scarichi con una Terrella da 8 cm. Con la terrella altamente magnetizzata e con una piccola scarica di corrente avrebbe potuto creare una sottile e piatta figura luminosa nel piano equatoriale della terrella. In condizioni ideali, avrebbe potuto produrre anelli nettamente visibili sul vetro delle finestre.

B. scrive che se fosse stato in possesso di una quantità sufficienti di bromuro di radio puro, avrebbe rivestito l’equatore della terrella più altamente magnetizzata e avrebbe osservato se altri anelli di raggi Alfa e Beta si sarebbero sviluppati in aggiunta agli anelli di raggi catodici. Questo commento riflette la concezione prevalente in quel periodo della materia come composta da atomi neutri e da tre tipi di raggi corpuscolari noti. Tuttavia, più tardi Birkeland espresse idee circa la materia interplanetaria che erano molto più vicine al moderno concetto di plasmi polverosi. Nel 1910, durante il passaggio della cometa di Halley, Birkeland formulò una spiegazione sulla formazione della coda della cometa. Egli suggerì che, quando le comete si avvicinano al Sole, si caricano di un elevato potenziale negativo di raggi provenienti dalle zone intorno alle macchie solari. Uno stretto rapporto catodo-anodo è impostato e lo scarico visibile avviene attraverso la fuoriuscita di gas dal nocciolo della cometa. Anche questa teoria è stata testata in laboratorio da B. che credeva che i nuclei delle comete fossero carboniosi, ed effettuò numerosi sperimenti di scarico con il carbonio in forme diverse.

La disintegrazione e l’emissione di luce dal carbonio fu una conferma a l’idea di Birkeland, che la coda fosse formata dalla fuoriuscita di gas letteralmente “acceso” dalla scarica. Egli simulò anche la cometa penetrando dall’esterno nella camera sottovuoto un ago d’argento cavo e sottile. Con delle pompe in azione, che soffiavano un debole flusso di CO2, attraverso l’ago nello spazio, riuscì a creare una scarica tra l’ago e l’anodo. L’ago fungeva da catodo. Con cura e attenzione regolando il flusso di gas e la tensione di scarica avrebbe potuto ottenere una sottile luce ripresa fuori dalla “cometa“. Nella descrizione del suo primo esperimento terrella nel 1900 Birkeland scriveva : “ In  qualche esperimento ho visto tre anelli luminosi nella terrella. Oltre ai due classici anelli nelle regioni polari, talvolta ha potuto osservare un terzo anello, che circondava il modello della Terra quasi come gli anelli di Saturno….” Più tardi, durante i suoi studi sistematici di laboratorio sull’aurora, descrive questo fenomeno, dicendo che era piuttosto difficile da realizzare in condizioni standard di sperimentazione. Dieci anni più tardi iniziò le simulazioni sistematiche degli anelli di Saturno. Egli scoprì che erano facilmente riproducibili cambiando la polarità della scarica. In realtà, questo fu lo stesso set-up usato per simulare la luce zodiacale, ma i parametri di scarico furono differenti. In un nuovo box da 70 litri con le scariche creò da tre a cinque anelli equatoriali attorno al terrella. La spiegazione di questi anelli era simile a quella della luce zodiacale. Una costante radiazione elettrica dal pianeta è accompagnata da una espulsione di piccole particelle di materiale (evaporazione elettrica), e queste particelle formano gli anelli. Le analogie di laboratorio con questa evaporazione è ciò che oggi viene chiamato sputtering.

http://it.wikipedia.org/wiki/Polverizzazione_catodica

La polverizzazione catodica (o sputtering in inglese, letteralmente “spruzzamento” in italiano) è un processo per il quale si ha emissione di atomi, ioni o frammenti molecolari da un materiale solido detto bersaglio (target) bombardato con un fascio di particelle energetiche (generalmente ioni).

Gli esperimenti Terrella che simulano la luce zodiacale e gli anelli di Saturno sono mostrati in figura n°5 .

Per gli studi del fenomeno di sputtering, Birkeland effettuò diversi esperimenti in una campana di vetro nella quale era stato fatto il vuoto e posta all’interno di forte campo magnetico. Studiò la disintegrazione dei catodi di palladio dovuti ad una potente scarica, e la deposizione del palladio sulle pareti di vetro. In altre parole, dimostrò che il materiale può essere gettato da un giunto catodico attivo e guidato da un campo magnetico.

Anche dal globo magnetico, che agisce come catodo nella camera sotto vuoto, il materiale è stato buttato fuori nel piano equatoriale. Questo si deduce dall’annerimento delle lastre di vetro situate vicino alla terrella.

B. conclude questo studio affermando di credere che Saturno getta tonnellate di materia ogni giorno negli anelli, e che gli anelli sono costantemente riforniti. Ha anche ipotizzato che le lune del pianeta potrebbero essersi formate da tale materiale espulso. Sotto l’influenza di forze gravitazionali, la polvere negli anelli di Saturno si sarebbe potuto aggregare, formando più lune, e alla fine gli anelli di polvere sarebbero scomparsi. Anche i pianeti del sistema solare potrebbero essere stati formati dalla stessa materia elettricamente espulsa dal sole.

Figura 5: (a) Luce zodiacale. Nel centro della figura abbiamo una piccola terrella di 2,5 cm. di diametro, come il Sole. Il terrella è coperto da un bagliore, la corona solare, e la luce zodiacale si vede come un sottile disco di luce nel piano equatoriale del terrella. (b) Anelli di Saturno. Questo esperimento è stato eseguito nella terza camera da 320 litri e con un terrella da 24 centimetri. Il terrella agisce come un catodo ed è stato fortemente magnetizzato.

 

Simone Becuzzi

Fine 3°parte

Quantificare il declino della temperatura del ciclo solare 24 di David Archibald

Tre ricercatori norvegesi, Jan-Erik Solheim, Kjell Stordahl e Ole Humlum , hanno appena pubblicato un articolo intitolato  “Il lungo ciclo delle macchie solari 23 prevede una significativa diminuzione della temperatura nel ciclo solare 24“.

Il lavoro è disponibile al seguente indirizzo : http://arxiv.org/pdf/1202.1954v1.pdf

Gli autori hanno scoperto una variazioni della temperatura dell’emisfero settentrionale pari a 0,21 ° C per ogni anno di durata del ciclo solare. La più grande risposta nella serie delle temperature che hanno trovato nei loro esami è stata a Svalbard e corrisponde a 1,09 ° C per ogni anno di durata del ciclo solare. Gli autori hanno perfino accreditato me di tale scoperta (riferisce Archibald), identificando questo studio come una nuova branca della scienza. A pagina 6 infatti affermano che Archibald nel 2008 fu il primo a rendersi conto che la lunghezza del precedente ciclo di macchie solari (PSCL) ha un potere predittivo per la temperatura nel prossimo ciclo di macchie solari.

Archibald afferma : “Ho deciso di chiamare questa nuova branca della scienza climatologia solare”, egli afferma, è simile alla cosmo-climatologia di  Svensmark, ma molto più facilmente quantificabile.

Quello che intendiamo per climatologia solare  è quello di prevedere il clima futuro. Il professor Solheim e i suoi co-autori hanno calcolato che il Ciclo Solare 24 durerà circa fino al 2026. Utilizzando il diagramma verde di Altrock della corona delle emissioni, possiamo andare oltre,  a circa il 2040:

http://wattsupwiththat.com/2012/01/08/solar-cycle-24-length-and-its-consequences

L’emissione verde della corona ci dice che il ciclo Solare 24 sarà lungo 17 anni e quindi 4,5 anni in più rispetto al ciclo Solare 23. Utilizzando la relazione trovata da Solheim  e i suoi co-autori. Ciò significa che il declino di 0,63 ° C, per l’emisfero settentrionale, lungo il ciclo solare 24 sarà seguito da un ulteriore calo di 0,95 ° C nel ciclo solare 25. Questo è graficamente indicato, utilizzando la figura 19 dalla carta Solheim :

L’ultima volta che abbiamo assistito a qualcosa di simile era nel decennio 1690-1700. I cattivi raccolti causati dal freddo hanno causato la morte del 10% della popolazione, in Francia, Norvegia e Svezia, il 20% della popolazione di Estonia e un terzo della popolazione della Finlandia.

Come è scritto sopra, il rapporto alle Svalbard è di 1,09 ° C per ogni anno di durata del ciclo solare. Ciò significa che è a capo di una caduta totale della temperatura di 8,2 ° C. La produzione agricola delle Svalbard e il resto dell’isola di Spitsbergen, non saranno però interessate perché non c’è significativa produzione. Il più grande effetto avverrà su alcune delle terre agricole più produttive del Mondo. La lunghezza del ciclo solare in relazione alle temperatura per alcune località negli Stati Uniti nord-est è di 0.7 ° C gradi per anno, che è un buon indicatore per la latitudine degli stati uniti – confine canadese e quindi la cintura del grano nordamericana. Newman nel 1980 ha rilevato che la zona dei cereali si sposta di 144 km per 1,0 ° C di variazione di temperatura. Con la diminuzione di temperatura 5,2 ° C, la zona dei cereali si sposterà 750 km a sud, zona del sole, come illustrato di seguito:

Le prospettive per l’agricoltura canadese è un po ‘più terribile. Mi aspetto che l’agricoltura canadese sarà ridotta alla cattura dei castori, come nel 17 ° secolo.

Solheim e i suoi co-autori notano che  (come si vede nelle figure 6 e 7) la temperatura norvegese e le temperature medie in sessanta stazioni europee, hanno già iniziato a declinare sui valori predetti per il ciclo solare SC24”.

Riferimenti:

Newman, J. E. (1980). Impatti dei cambiamenti climatici sulla stagione di crescita dei cereali nel Nord America. Biometeorologia, 7 (2), 128-142. Supplemento alla International Journal of Biometeorologia, 24 (dicembre 1980).

Fonte : http://wattsupwiththat.com/2012/02/11/quantifying-the-solar-cycle-24-temperature-decline/

Michele

Rubrica Sole Maggio 2012

 

Introduzione

Ci siamo lasciati alla fine di aprile con un sole che dava l’impressione di cercare con più convinzione un “cambio di passo” rispetto all’andamento degli ultimi mesi; alla fine sembra che ciò non abbia portato a dei risultati eclatanti in termini numerici anche se va sottolineato che comunque una certa crescita dei valori relativi agli indici solari più rappresentativi di fatto c’è stata. Il mese è iniziato con una fase di crescita graduale dell’attività, culminata nella decade centrale e che ha lasciato il posto ad un leggero declino nel corso dell’ultima, salvo poi tendere a crescere nuovamente a fine mese. In definitiva, l’attività ha fatto registrare un timido progresso ma non quel balzo in avanti che, più o meno, tutti quanti ci aspettavamo in virtù delle configurazioni planetarie che si sono realizzate proprio in questo periodo. In dettaglio  l’SN mensile si è fermato a 69,0 ovvero 13,8 punti in più di aprile. Il solar flux, invece, ha registrato una crescita percentualmente più modesta, di circa 10 punti, attestandosi attorno a 124. Da monitorare con attenzione l’andamento dei prossimi mesi in quanto dopo una prima evidente stasi, l’andamento delle curve delle medie smoothed (sia SIDC che NIA’s) è tornato nuovamente a crescere. Sembra quindi allontanarsi, almeno per il momento, la discesa di questi valori verso un nuovo minimo anche se questa cosa non è da escludersi a priori:

 

Il valore del NIA’s di maggio 2012 è 35,0.

L’andamento delle curve delle medie smoothed naturalmente non tiene conto di un eventuale secondo massimo del ciclo 24, non improbabile stante la previsione NASA (massimo nella prima metà del 2013) e la relativa precocità del primo massimo rispetto al minimo del 2008.

 

Il solar flux degli ultimi tre mesi (immagine sopra) conferma il declino dopo i massimi autunnali e una timida ripresa dopo i minimi raggiunti tra febbraio ed aprile.

 

Solar flux

Sono ancora evidenti le difficoltà che il Sole incontra e, nonostante il tentativo di ripartenza degli ultimi mesi, il ciclo non decolla, anche se la distanza media dai cicli precedenti non è più in aumento, segno forse che sono tutti in prossimità del massimo.

 

In termini generali, il grafico conferma la peculiarità del ciclo 24, rispetto a quelli immediatamente precedenti: è un ciclo “pigro”, con le “marce lunghe”, è l’unico dal ciclo 19 che non sia ancora riuscito a raggiungere la soglia di 200, ampiamente superata da tutti quelli precedenti. Inoltre, negli ultimi mesi si osserva chiaramente la brusca frenata rispetto ad un massimo, per ora relativo, comunque tutt’altro che eccezionale.

Più in dettaglio, nell’ultimo mese il valore medio del flusso “aggiustato” (ore 20) è stato pari a 124,12 (Aprile 2012 aveva fatto registrare un 114,14) mentre la “forbice” tra il valore minimo e quello massimo è rimasta compresa tra 109,2 (ore 23 del 29/05) e 140,4 (ore 23 del 11/05). Nell’ultima decade (dal 20 al 31 compresi) la media è stata pari a 119,12 (valori delle ore 20), valori che testimoniano una certa uniformità: una “ripresina” quindi, senza particolari picchi di intensità.

 

Altri diagrammi

Il cosiddetto “butterfly diagram”, per quanto ancora incompleto nella rappresentazione del ciclo 24 è eloquente: http://solarscience.msfc.nasa.gov/images/bfly.gif

Il ciclo 24 è inferiore a quelli immediatamente precedenti, sia come numerosità che come estensione delle macchie. Attualmente appare paragonabile a cicli come il 12, o addirittura lievemente inferiore.

Per quanto concerne lo stato di avanzamento dell’inversione dei poli solari (o, per meglio dire, il tentativo di inversione http://wso.stanford.edu/Polar.html#latest , ultimamente ci sono state notizie oltremodo attendibili che danno per imminente o in corso  il cambio di polarità per quanto riguarda l’emisfero nord http://solar-b.nao.ac.jp/news/120419PressRelease/index_e.shtml

L’ultimo dato disponibile (22 maggio) evidenzia un valore “filtrato” pari a 0, finora in costante e graduale salita. Ciò testimonia che, molto probabilmente, l’inversione dell’emisfero nord è in corso: per l’emisfero sud invece il percorso sembra essere ancora  molto lungo, infatti i valori si stanno gradatamente allontanando da quelli che potrebbero consentire l’inversione in tempi relativamente brevi anche per questo emisfero e tale andamento pare essere proporzionalmente inverso a quello dell’emisfero nord.

Dunque ad oggi lo scenario che appare più probabile è quello di una inversione parziale, del solo emisfero Nord, fenomeno mai osservato finora e sulle cui conseguenze gli studiosi si stanno tuttora interrogando: ad esempio, David Hathaway, in un recente intervento apparso sul sito della NASA, osserva come i modelli di previsione (almeno quelli più attendibili) dei cicli solari non incorporino l’asimmetria, non la prevedano insomma. Quindi, in tal caso, le conseguenze di un Sole non più bipolare sarebbero tutte da scoprire.

Le immagini “Stereo Behind” attualmente testimoniano una situazione piuttosto movimentata confermando che questo ciclo risulta davvero di difficile lettura. Sempre valida quindi la regola che occorre attendere ancora qualche mese per poter avere un quadro complessivo della situazione solare. L’estrema debolezza e variabilità di questo ciclo non lasciano ancora spazio ad interpretazioni univoche, sebbene appaia ormai evidente da tempo la debolezza e le svariate anomalie di questo ciclo, descritte sopra.

 

Conclusioni

Questo ciclo aveva fornito una parvenza di “normalità” lo scorso autunno, quando la progressione era parsa netta e, per la prima volta dal minimo, continua per qualche mese consecutivo. Gennaio ed in particolare Febbraio hanno fatto segnare un crollo difficilmente pronosticabile che ha di fatto minato l’ipotesi di un proseguimento “normale”, anche se contraddistinto da un debolezza di fondo, di questo ciclo 24. Marzo, Aprile e Maggio non hanno evidenziato alcuna nuova netta progressione. Ciò avvalora ancor di più la possibilità che il massimo raggiunto a novembre possa addirittura essere quello del ciclo, oppure uno dei due massimi che spesso si sono verificati nei cicli precedenti, tipicamente a distanza di 18-24 mesi. La modesta attività degli ultimi mesi è ben poca cosa se confrontata con quanto accadeva al sole negli approcci al massimo dei passati cicli e non  è in grado di sovvertire quanto sopra scritto: solo in caso di una forte ripresa nei prossimi mesi si potrebbe riaprire il discorso. Di fatto, se davvero dovesse andar in porto l’inversione del solo emisfero nord, che appare ormai in corso, rimarrebbe da monitorare unicamente il declino dell’attività di tale emisfero e verificare invece la reale capacità dell’emisfero sud di uscire da questa fase di stallo e dare vita quindi al proprio massimo .

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Apuano70 e FabioDue