IL POLO NORD SI SCIOGLIE E LA COLPA È SOLO……. (PARTE III)

 

Nell’appuntamento precedente abbiamo imparato a conoscere questo nuovo schema circolatorio, caratterizzato da una struttura dipolare e noto per questo come pattern Artctic Dipole. Questo è misurato attraverso un indice che corrisponde al gradiente pressorio tra la fascia artica siberiana (con centro sul Mar di Kara) e la zona Canadese-Groenlandese (DA index). In breve, quando si verifica un forte episodio DA+, la circolazione sul polo (in generale su tutto l’emisfero boreale), subisce un cambiamento radicale, con una forte accelerazione dei venti meridionali di provenienza pacifica ed un incremento dei venti settentrionali sul settore atlantico-europeo. Tale circostanza determina un fortissimo aumento dei flussi di calore pacifici direttamente sul polo, con conseguente accelerazione della velocità di fusione estiva della banchisa artica. Abbiamo infine visto i risultati di studi sperimentali (modello PIOMA in primis), in quali dimostrano inequivocabilmente che l’orientamento e l’entità del pattern DA+ sono la chiave per capire e prevedere la diminuzione di ghiaccio marino nel bacino artico.

Nella terza ed ultima parte del presente lavoro cerchiamo di individuare i fenomeni che regolano l’evoluzione e l’intensità del DA pattern, e di conseguenza dei ghiacci marini artici estivi.
A tale scopo partiamo facendo delle considerazioni a carattere prettamente intuitivo, basandoci sulla seguente immagine che ritrae l’andamento del DA index dal 1980 ad oggi:

 

 

Guardando a questo grafico infatti, c’è una cosa che balza subito all’occhio: il mutamento più radicale della circolazione sul polo lo si è avuto a partire dal 2005-2006. Questo ci suggerisce di pensare che anche il fenomeno che regola il DA pattern (e dunque la circolazione sul polo) abbia subito un cambiamento consistente proprio a partire da quel periodo. Ora, tra tutti i (pochi) fenomeni in grado di forzare pesantemente la circolazione atmosferica a scala emisferica (e dunque polare), ce n’è uno in particolare che ha subito un pesante stravolgimento nel periodo di riferimento: l’attività solare. Questo fattore potrebbe indurci a pensare che il principale attore in “questa commedia” sia il sole. Vediamo ora se riusciamo a trovare delle prove in grado di supportare l’ipotesi dettata dall’intuizione.
Anzi tutto, facendo ancora riferimento al medesimo grafico, possiamo osservare come il trend al rialzo del DA sia iniziato, in maniera lenta e graduale, a partire dalla seconda metà degli anni 90. Se guardiamo ora alla storia recente del sole, ci accorgiamo che un primo calo dell’attività si sia registrato proprio nel medesimo periodo, a causa di un ciclo solare (ciclo 23) sottotono rispetto ai precedenti:

 

 

Altre prove a favore della nostra tesi derivano dalla ricerca scientifica mondiale. Difatti sono moltissimi gli studi condotti dai più autorevoli centri di ricerca che dimostrano come la bassa attività solare sia in grado di apportare, anche a breve termine, mutamenti significativi negli schemi circolatori più importanti. Nello specifico è stato in più occasioni dimostrato come la bassa attività solare porta le figura bariche dominanti ad assumere anomale posizioni in grado di accentuare fortemente gli scambi meridiani tra medie ed alte latitudini. Ad esempio è stato ampiamente verificato che, quando il sole si mantiene su bassi livelli attività, tende ad aumentare considerevolmente la frequenza di notevoli episodi da pattern NAO–. Ora, per chi non l’avesse ancora capito, il pattern NAO– risulta strettamente correlato con il pattern DA+.
Per riassumere, la scienza ufficiale ha correlato, in diverse occasioni e con successo, la bassa attività solare con i più famosi pattern favorevoli ad un rafforzamento degli scambi meridiani tra le medie e le alte latitudini (AO– NAO– ecc..). Il fatto che non si sia ancora fatto esplicito riferimento (almeno secondo le nostre conoscenze) al legame bassa attività solare-pattern DA+, potrebbe risiedere semplicemente nel fatto che, proprio il pattern DA+ , è stato individuato solo di recente (ma non si escludono altre motivazioni …..).
Al contrario, sebbene sia comprovata la capacità delle emissioni antropiche (gas serra) di alterare le temperature globali, non esistono studi rilevanti che hanno trovato dei rapporti di causa-effetto tra emissioni di gas serra ed andamento dei più importanti pattern atmosferici (come pattern AO, NAO ecc..). Solo i clorofluorocarburi (CFC) possono influire sulla circolazione polare per via della loro efficacia nella deplezione dell’ozono stratosferico. In questo caso però si parla di un rafforzamento del Vortice Polare (si tratta dunque dell’effetto opposto). Infine, sempre a questo proposito, ammesso per assurdo che esista una debole correlazione tra quantità di emissioni di gas serra e “tipologia” di circolazione sul polo, per giustificare lo stravolgimento circolatorio registrato tra il 2004 ed il 2007, si dovrebbe ammettere che nell’arco di questo triennio le emissioni inquinanti siano aumentate di svariati ordini di grandezza.
Fino ad ora dunque tutti gli “indizi” portano a pensare che sia proprio l’attività solare a guidare l’evoluzione del DA pattern (e dunque dei ghiacci marini artici). Tuttavia manca ancora quella prova schiacciante, in grado di eliminare qualsiasi dubbio. In attesa che la “scienza ufficiale” arrivi a fornircela, noi abbiamo pensato di giocare in anticipo. Di seguito vi mostriamo i risultati di una ricerca da noi condotta in merito appunto alla presumibile relazione tra attività solare e DA pattern.

Lo studio è nato quasi per caso quando, guardando ai valori assunti negli ultimi 54 anni (dal 1959 in avanti) dall’indice DA, ci siamo accorti di una possibile relazione con l’andamento assunto dall’attività solare nel medesimo periodo. Si tratta dunque di uno studio a carattere statistico finalizzato alla valutazione di una potenziale correlazione tra andamento dell’attività solare ed il trend assunto dal DA pattern nel periodo di riferimento (come grandezza rappresentativa dell’attività solare si è fatto riferimento al Sunspot Number)
Per valutare gli andamenti complessivi dei due fenomeni (DA pattern ed attività solare), si è fatto ricorso ai metodi di interpolazione polinomiale. Nello specifico sono state utilizzate delle funzioni interpolanti polinomiali del medesimo ordine (polinomi del IV ordine). Di seguito vengono mostrati i grafici che rappresentano i risultati del processo di interpolazione:

 

DA- PATTERN TREND

 

SOLAR ACTIVITY TREND

 

Notate la perfetta corrispondenza tra la linea rossa, rappresentante il trend del DA pattern) e la linea verde, che invece esprime l’andamento dell’attività solare. Ovviamente, poiché le due funzioni sono in antifase (quando una cresce l’altra diminuisce e viceversa), al fine di visualizzare meglio corrispondenza, il grafico relativo all’attività solare è stato ribaltato.
Sebbene la sola analisi visiva tra le due interpolanti dia risultati più che confortanti, per ottenere una prova certa ed inconfutabile è necessario procedere con uno studio più raffinato, basato sui metodi dell’inferenza statistica. Nel caso in esame, per stabilire il grado di correlazione tra le due grandezze, si è proceduto calcolando, per il parco dati a disposizione (periodo di riferimento), la covarianza e dunque l’indice di correlazione di Pearson.
Brevemente, l’indice di correlazione di Pearson (o di Bravais-Pearson) consente di valutare il grado di correlazione tra due variabili aleatorie e dunque il loro rapporto di causa ed effetto, ammesso che non si tratti di una correlazione spuria (non è questo il nostro caso). Nello specifico, date due variabili aleatorie x ed y, l’indice di Pearson è definito come il rapporto tra la loro covarianza ed il prodotto delle deviazioni standard delle due variabili:

 

 

L’indice di Pearson può assumere valori compresi tra -1 ed 1. Ovviamente valori negativi indicano una correlazione inversa (come nel nostro caso), mentre valori positivi si ottengono per correlazioni dirette. Inoltre ambedue i valori estremi dell’intervallo rappresentano relazioni perfette tra le variabili, mentre il valore 0 si ottiene in assenza di relazione. Ovviamente nei casi pratici non si ottengono mai precisamente i valori estremali ed il valore 0. In generale, quando si ottengono valori bassi (vicini a zero) la correlazione è debole, mentre per valori superiori a 0.7 la correlazione comincia a divenire forte. Infine, per valori superiori a 0.9 la correlazione è fortissima per divenire perfetta quando si supera la soglia dello 0,95 (ovviamente lo stesso identico discorso vale per i valori negativi dell’indice).
Ora, senza girarci troppo attorno, eseguendo i calcoli sul parco dati a nostra disposizione, è venuto fuori un valore dell’indice di correlazione di Pearson che ci ha lasciato praticamente spiazzati: stiamo parlando di un valore prossimo a -0.97. In altre parole abbiamo riscontrato analiticamente una correlazione perfetta tra andamento dell’attività solare e DA pattern.

Chi ha un po’ di dimestichezza nella disciplina statistica sa bene che il coefficiente di correlazione di Pearson non misura l’intensità di una relazione qualunque, ma di una particolare relazione: stiamo parlando del tipo di correlazione più desiderata dagli studiosi, ovvero della relazione lineare tra due variabili.In altre parole, quando si ottengono valori molto elevati dell’indice di Pearson (come nel nostro caso), vuol dire che esiste una forte relazione di tipo lineare tra le due variabili. A questo punto, certi di un riscontro positivo e facendo ricorso al metodo dei minimi quadrati, abbiamo calcolato l’equazione della retta che esprime il legame tra attività solare ed indice DA.
In questo caso, per semplicità di calcolo, abbiamo eseguito lo studio su intervalli regolari di ampiezza prefissata (a livello concettuale non fa alcuna differenza):

 

 

Come si vede, ciascun intervallo temporale di riferimento va all’incirca dal massimo di un ciclo solare al massimo del ciclo successivo. Per ciascuno degli intervalli sono stati calcolati i valori medi del sunspot number e dell’indice DA:

 

Senza alcuna sorpresa si riscontra che i punti sperimentali (della tabella) si dispongono lungo una retta:

 

 

Utilizzando il metodo dei minimi quadrati è stata dedotta l’equazione analitica della suddetta retta:
y=ax+b
dove:
a=-8.22
b=38.86

Si può dunque concludere che:

1) l’arctic dipole pattern (DA) è la chiave fondamentale per capire e prevedere la diminuzione di ghiaccio marino nel bacino artico;

2) l’andamento medio dell’attività solare è perfettamente correlato con l’andamento del DA pattern; ciò implica che tra i due fenomeni esiste uno stretta relazione di causa ed effetto;
3) tale relazione è di tipo lineare;

4) poiché come detto, dall’andamento medio del DA pattern dipende l’andamento dell’estensione estiva della banchisa artica, si conclude che l’attività solare gioca un ruolo fondamentale nella modulazione dei ghiacci marini artici;

5) il presente studio non esclude in alcun modo l’influenza del riscaldamento globale di origine antropica nel processo di fusione dei ghiacci artici; quello che è stato inequivocabilmente dimostrato è che l’attività solare, modulando pesantemente la circolazione atmosferica sul polo, gioca un ruolo primario nell’evoluzione dell’estensione dei ghiacci marini artici (con riferimento al periodo estivo); per le stesse ragioni, è assolutamente indiscutibile che il crollo dell’attività solare (ciclo 24) abbia contribuito pesantemente nella decurtazione della banchisa artica avvenuto negli ultimi 7-8 anni.

Infine,nella presente trattazione il DA pattern è stato utilizzato per spiegare l’anomalo andamento dei ghiacci marini artici. Tuttavia, come già accennato, il cambiamento di questo indice corrisponde ad un mutamento generale della circolazione boreale sia in inverno che in estate, con notevole accentuazione degli scambi meridiani e conseguente raffreddamento delle medie latitudini. Pertanto, nel prossimo futuro, al fine do prevedere i cambiamenti climatici che interesseranno il continente europeo, risulterà fondamentale approfondire i meccanismi legati a questo tipo di circolazione nonché i suoi (certi) legami con l’attività solare.

 

Riccardo e Zambo

61 pensieri su “IL POLO NORD SI SCIOGLIE E LA COLPA È SOLO……. (PARTE III)

  1. Ciao Fabio,
    a proposito del tuo lungo commento, mi sento di dire:


    “la parte sul fit polinomiale credo che sia un mero esercizio fine a se stesso, mi pare di aver capito così, ma l’articolo non è chiaro in questo.
    cmq sia i 2 fenomeni sono talmente diversi che è impensabile poter fare un confronto del genere, che poi funziona solamente perchè l’arco temporale relativo ai valori di RI è (magari anche casualmente) perfetto per poter essere fittato in quel modo.
    quindi la prima parte io non la voglio considerare, perchè calcolare l’indice di correlazione lineare per 2 funzioni che sono state costruite in partenza in modo che fossero del tutto identiche secondo me è fine a se stesso.”

    Di certo l’interpolazione polinomiale da noi impiegata, data l’escursione delle serie di dati, soffre di un errore che andrebbe discusso coi numeri.
    Per questa ragione non abbiamo forzato la sua valenza, ma utilizzata solo per cercare qualcosa di più solido.
    Il fit è stato volutamente cercato con medesima polinomiale su medesimo periodo, proprio perché, trattandosi di serie di dati differenti, si voleva esplorare la reazione della curva d’interpolazione (i gradi di libertà definiscono proprio la libertà di reazione della curva al variare dei dati).
    Il coefficiente di correlazione mostra come varia uan serie di dati rispetto all’altra, indipendentemente dall’analisi dimensionale di questi.
    Non avendo discusso l’errore, il tuo ragionamento sulla casualità può anche reggere… Ma non certo per un motivo legato alla metodologiua d’anali utilizzata.

    “dai dati si capisce che il sole non può agire come forzante a breve termine, cioè i dato che avete mostrato voi indicano una forzante a lungo corso, anche se bisognerebbe ampliare di molto l’intervallo considerato.
    non spiega affatto il cambiamento drastico avvenuto negli anni 2000.
    cioè la lettura mi pare molto forzata”

    Questa non l’ho capita. Mi potresti spiegare meglio in che mmodo trai tua deduzione ?

    “questi 2 punti non sono affatto veri, o almeno da quello qui mostrato
    la correlazione è quasi del tutto assente ed è di tipo lineare su intervalli temporali determinati in base al cicli solare (quindi ognuno di differente arco temporale) che presentano forse un andamento di lungo corso.”

    Anche questa non l’ho capita: http://www.astroara.org/prova/p1.png

    “dico forse perchè se l’attività solare dovesse abbassarsi ancora il DA, ammettendo vera la correlazione sui valori medi per intervallo, dovrebbe aumentare ancora di valore e portare l’artico ad estensioni sempre minori.
    prima o poi invece interverranno fattori di breve periodo che andranno ad invertire questo ciclo riportando l’artico ad aumentare.”

    Si èin linea di principio è vero, com’è vero che prima o poi tornerà l’era glaciale.
    Ad oggi si osserva ciò.
    E’ più che sensato pensare che il Sole non sia l’unico attore del clima.
    Di certo ha un “peso specifico” davvero notevole.

    “se ci fosse una relazione, seppur debole, con il minimo undecennale si sarebbe visto anche nei minimi precedenti.”

    La ritengo un asserzione gratuita.
    Ad esempio la transizione al ciclo 24 è ben differente almeno dai cicli ottocenteschi.
    Ma credo che avremo modo di ridiscutere questa cosa tra un po’.

    Zambo.

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  2. Zambo, riesci a fare una media mobile undecennale (anche non centrata) sia dell’RI che dei valori del DA?

    prova a fare un grafico dei 2 valori se riesci.

    riguardo al commento
    la correlazione c’è sui 5 valori intervallari, ma non sui dati puntuali
    per cui questo si ricollega all’altra parte che non hai capito, essendoci una potenziale relazione solo con i dati mediati per intervallo è lecito pensare ad un’influenza di lungo periodo, non certo di breve.

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  3. @FBO
    Ciao Fabio,
    ora non riesco.
    Ci provo stasera e poi ti dico.
    Sono davvero interessato alle tue osservazioni e dunque vediamo di ragionarci sopra.

    Davvero interessante anche la tua osservazione riguardo il discorso del lungo periodo, anche se ancora non mi è chiaro cosa intendi per lungo periodo. Come ben sappiamo, la transizione al ciclo 24 è stata particolarmente lunga e con differenze misurabili rispetto agli altri cicli. Lo ribadisco, credo che tra non molto potremo ritornare su quest’argomento con un punto di vista un po’ più formale.

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  4. @ FBO e Zambo
    Non capisco perchè si continui a dibattere su questo fatto, quando nessuno ha mai asserito che esiste una correlazione puntuale…..anzi, se fosse scappata fuori qualche tipo di correlazione puntuale (sul singolo anno), mi sarei insospettito non poco circa la bontà dei calcoli…ma una correlazione a “lungo termine” (anche se non trovo molto corretto definirla così) era lecito aspettarsela, e alla fine si è rilevata più forte del previsto (addirittura perfetta), anche se ripeto, la scarsezza del campione è un punto debole da non sottovalutare….
    secondo me, per l’ennesima volta, state dicendo più o meno la stessa cosa senza rendervi conto (non è la prima volta che vi capita)…..

    comunque queste sono le belle e costruttive discussioni, anche se non ci si trova esattamente su alcuni aspetti….spero che serva da lezione a qualcuno qui dentro per non commettere lo stesso errore nel futuro…..

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  5. Zambo :

    @FBO
    Ciao Fabio,
    ora non riesco.
    Ci provo stasera e poi ti dico.
    Sono davvero interessato alle tue osservazioni e dunque vediamo di ragionarci sopra.

    Davvero interessante anche la tua osservazione riguardo il discorso del lungo periodo, anche se ancora non mi è chiaro cosa intendi per lungo periodo. Come ben sappiamo, la transizione al ciclo 24 è stata particolarmente lunga e con differenze misurabili rispetto agli altri cicli. Lo ribadisco, credo che tra non molto potremo ritornare su quest’argomento con un punto di vista un po’ più formale.

    per lungo periodo parlo di circa 11 anni, ed è per quello che ti ho fatto quella richiesta 😀
    secondo me la suddivisione centrando il minimo è migliore di quella opposta.
    e mostra che c’è una relazione di periodo 11
    sarebbe bello riuscire però a vedere se questa relazione esiste per tutti i possibili periodi di 11 anni

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  6. @ FBO
    Secondo me concettualmente cambia ben poco…..comunque quando abbiamo deciso tale suddivisione la tua opzione è stata scartata semplicemente perchè questo non ci avrebbe consentito di considerare gli ultimi anni, a vantaggio dei primi anni 50 per i quali nutro più dubbi (in termini di dati NCEP)…..

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  7. @FBO
    Cia Fabio,
    se ritieni che il perido lungo sia di 11 anni, allora ciò calza con quanto scritto nell’articolo, difatti la virata inizia (guarda i dati del DA) grossomodo dal 2004.
    Credo anch’io che tra massimo e massimo e minimo e minimo (medianddo sugli 11 anni) cambi poco. Ma l’idea della media mobile mi sconfinfera per un’altro aspetto.
    Ma prima la faccio e poi ne discutiamo.
    Penso che faro un programmino che vada a ciclare sui dati per avere libertà di manovra, dunque mi sa che stasera no ce la fo…

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  8. Ottimo lavoro.
    E’ la prima luce su qualcosa che è ancora molto oscuro.
    I cambiamenti climatici possono avvenire per svariate cause quasi tutte sconosciute.
    Qualche tonto infila la testa sotto la sabbia e pensa che tutto sia dovuto all’uomo. Se così facessimo tutti non ci porremmo domande e non troveremmo mai le risposte.
    Non si sa ancora quale meccanismo del sole influisca maggiormente, ma l’influenza c’è ed è forte.
    Il massimo medioevale è nato dal sole, così come la PEG.

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  9. @ FBO
    Ho rifatto il calcolo considerando la suddivisione da te suggerita (ogni periodo è composto da 11 anni ed è settato da minimo a minimo)…..senza sorpresa ritroviamo una correlazione fortissima (indice di Pearson pari a -0.9)……come detto prima questo mi ha costretto a saltare gli ultimi anni e a considerare gli anni 50 (anche per questo credo sia sceso di poco il livello di la correlazione)…..

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  10. Quest’articolo sembra non c’entrare nulla con quanto postato e dell’articolo in todo.. eppure…..

    se avete letto Il 5° giorno di Shatzing lo troverete shoccante….

    Variazione del flusso della corrente del Golfo destabilizza i sedimenti marini lungo gli USA orientali
    lunedì 29 ottobre 2012, 21:25 di Renato Sansone

    Credit: Nature
    Una variazione del flusso della corrente Golfo che sta riscaldando le acque in profondtà lungo gli Stati Uniti orientali. Questo cambiamento destabilizza i sedimenti marini e potrebbero causare la fuoriuscita di gas metano intrappolato nella litosfera oceanica. “Sappiamo della presenza di idrati di metano, e se il riscaldamento dovesse continuare, potrebbe condurre potenzialmente alla instabilità dei sedimenti”, afferma Matthew Hornbach, un geologo marino presso la Southern Methodist University di Dallas, Texas, che ha condotto lo studio. I risultati suggeriscono che le più calde temperature potrebbero far riversare fino a 2,5 miliardi di tonnellate di idrato di metano lungo la scarpata continentale degli Stati Uniti orientali. Questa regione è soggetta a frane sottomarine, che qualora dovessero avvenire, libererebbero il potente gas ad effetto serra nell’atmosfera. Questo lavoro ha acceso un dibattito scientifico, nel quale non sono ben chiari gli effetti che potrebbero scaturire dal rilascio di questo gas. Una delle teorie prevede una maggiore instabilità della scarpata continentale, ma è improbabile che le sole variazioni di temperatura possano innescare frane sottomarine. Gli eventi drammatici richiedono infatti una intensa variazione di pressione. La realtà è che i ricercatori non hanno alcuna solida teoria in merito. In tutto il mondo ci sono sedimenti marini che meritano la giusta attenzione, e che potrebbero aiutare a capire gli scenari futuri. L’Artico, ad esempio, è in fase di rapido riscaldamento, e sta vivendo una drammatica perdita di ghiaccio marino e mutevoli condizioni oceanografiche. In sostanza, è il luogo dove si stanno verificando i più rapidi cambiamenti, e quindi quello migliore per studiare queste dinamiche. Il lavoro dettagliato è stato pubblicato sulla rivista Nature.

    http://www.meteoweb.eu/2012/10/variazione-del-flusso-della-corrente-del-golfo-destabilizza-i-sedimenti-marini-lungo-gli-usa-orientali/159978/

    Cosa ne pensate?

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  11. FBO :
    penso che sta paranoia del metano ha rotto.

    E cioè, in sostanza cosa dobbiamo credere e capire in tal senso?

    Io veramente non ci sto più a capire nulla anche se mi sono fatto un po le mie idee..

    Ma volevo sapere la vostra in maniera critica, visto che sicuramente avete più esperienza di me..

    Grazie per le eventuali opinioni..

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  12. Nero 74 :

    FBO :
    penso che sta paranoia del metano ha rotto.

    E cioè, in sostanza cosa dobbiamo credere e capire in tal senso?

    Io veramente non ci sto più a capire nulla anche se mi sono fatto un po le mie idee..

    Ma volevo sapere la vostra in maniera critica, visto che sicuramente avete più esperienza di me..

    Grazie per le eventuali opinioni..

    il mio pensiero è che adesso c’è il metano che va di moda ed ogni scusa è buona per tirarlo fuori, ormai son 2 anni che la tirano pesantemente
    è un argomento che non sta in piedi da nessuna parte e prima o poi lo sotituiranno con altro

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  13. Sarebbe interessante capire se la PDO (Pacific Decadal Oscillation), passata a negativo, se non sbaglio tra il 2006 ed 2007 o giù di li, abbia avuto un ruolo nello scioglimento dei ghiacci artici..

    Cosa ne pensate?

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  14. @fano

    Ciao Fano,
    si. Discussi la cosa con FBO, il quale mi suggerì di aggiornare l’articolo… Ma non l’ho fatto poiché è andato. La correlazione sul periodo di 10 anni in media mobile senza centrare i massimi è di circa 0.7. Si vede come spostandosi dai 10 anni questa cala significativamente.

    Se mi mandi una mail a [email protected] ti giro (però riesco a farlo in tarda serata) la mail coi dati e la discussione…

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  15. @ fano
    L’articolo verrà sicuramente aggiornato con l’inserimento di questa cosa suggerita da Nintendo….
    per la pubblicazione dell’articolo con l’aggiornamento c’è tempo, e credo la cosa migliore sia aspettare l’estate prossima quando il tema sarà molto più in voga e quando sarà passato un discreto margine di tempo dalla prima pubblicazione….
    buona giornata…

    Riccardo

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  16. @autori

    Perfetto! Nessun problema!
    Ero rimasto in attesa del proseguimento dello studio ed ero curioso.

    Come ogni cosa fatta a modo, ha bisogno di tempo e lavoro per affinarsi e migliorare.

    Ribadisco i complimenti per la strada intrapresa!!!

    Ciao
    Fano

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