Archivi giornalieri: 13 Gennaio 2013

C’è una planetaria influenza sull’attività solare ?

di

J. A Abreu (1,2) , J. Beer (2), A. Ferriz-Mas (3,4), K. G. McCracken (5), and F. Steinhilber (2)

– (1) ETH Zurigo, Instituto di geofisica, CH-8092 Zurich, Svizzera. e-mail: [email protected]
– (2) Eawag, Istituto federale delle scienze aquatiche e tecnologiche, Postfach 611, CH-8600 Dubendorf, Svizzera.
– (3) Dipartimento di Fisica applicata, Università di Vigo, Spagna.
– (4) Instituto di Astrofisica di Andalucia (IAA/CSIC), Granada, Spagna.
– (5) Università del Maryland, USA.

 

Ricevuto il 17 Maggio 2011 – Accettato il 17 Maggio 2011

Introduzione

Il numero delle macchie solari garantisce la massima registrazione ‘diretta’ dell’attività o energia solare, ma è limitata agli ultimi 400 anni (dopo l’invenzione del telescopio). Fortunatamente, l’attività solare può essere ricostruita dai radionuclidi cosmogenici, ampliando così la storia dell’attività solare per molte migliaia di anni (Solanki et al. 2004; Vonmoos et al. 2006). Entrando nell’atmosfera terrestre, i raggi cosmici galattici, producono  radionuclidi cosmogenici, come il 10Be e 14C. Il campo magnetico solare nell’eliosfera, modula i raggi cosmici, e quindi, il tasso di produzione di questi radionuclidi. Il parametro che meglio rappresenta il ruolo del campo magnetico solare nel deviare i raggi cosmici è la modulazione solare potenziale, che può essere derivato dal 10Be o dai tassi di produzione 14C. La Fig.n°1a mostra le registrazioni (Steinhilber et al. 2012) che coprono il passato, fino a 9400 anni. Queste registrazioni rivelano interessanti caratteristiche: (1) L’esistenza di molti grandi minimi; vale a dire, periodi di prolungata ( circa 100 anni) bassa attività solare simile al minimo di Maunder. (2) L’analisi spettrale identifica un numero di periodicità distinti (Stuiver & Braziunas 1993), di  88 anni (Gleissberg), 104 anni, 150 anni, 208 anni (de Vries), 506 anni, 1000 anni (Eddy), e 2200 anni (Hallstatt) (Fig. 1b e 5a). La stabilità dei periodi di queste linee spettrali è considerevole, ma le loro ampiezze è variabile. Per esempio, l’ampiezza del ciclo di 208 anni è maggiore durante i periodi in cui grandi minimi sono più frequenti (confrontare i pannelli A e B nella fig. 1). La periodicità rimane forte per un massimo di un millennio: quindi scompare quasi prima di riapparire di nuovo con la stessa periodicità (vedi le linee tratteggiate orizzontali in fig. 1b). Queste osservazioni mostrano che il meccanismo responsabile della generazione del campo magnetico solare campo (chiamato dinamo solare) opera su una varietà di tempi caratteristici. L’esistenza di questi cicli, che è noto da circa 30 anni (Sonett 1984) rappresenta ancora una grande sfida per qualsiasi modello della dinamo. I modelli attuali della dinamo, presuppongono che il Sole è un sistema isolato e tali modelli non sono in grado di spiegare queste osservazioni. Noi adottiamo un punto di vista differente per quanto riguarda i pianeti e la dinamo solare come due debolmente accoppiati sistemi non lineari. In questo lavoro suggeriamo che questo accoppiamento non è trascurabile e dimostra che questa ipotesi è in grado di spiegare gli osservati cicli dell’attività solare nel lungo termine.

 

Riassunto

  • Contesto

Comprendere l’attività magnetica del Sole è importante per il suo impatto sull’ambiente della Terra. Osservazioni dirette delle macchie solari dal 1610 rivelano un ciclo irregolare dell’attività solare con un periodo medio di circa 11 anni, modulato su tempi più lunghi. Deleghe dell’attività solare, come 14C e 10Be mostrano cicli sempre più lunghi con periodicità ben definiti e che variano in ampiezza. Nell’attuale modello dell’ attività solare si suppone che l’origine e la modulazione della sua attività solare si trovi al suo interno; tuttavia, le correlazioni tra diretti indici di attività solare e le configurazioni planetarie sono stati segnalati in molte occasioni. Dato che nessun meccanismo fisico di successo è stato suggerito per spiegare queste correlazioni, il possibile legame tra il movimento planetario e l’attività solare è stata in gran parte ignorato.

  • Obiettivi

Mentre considerazioni energetiche mostrano chiaramente che i pianeti non possono essere la causa diretta della attività solare, rimane aperta la questione se i pianeti possono perturbare il funzionamento della dinamo solare. In questo lavoro noi usiamo la ricostruzione di 9400 anni dell’attività solare derivati dai radionuclidi cosmogenici per verificare questa ipotesi.

  • Metodi.

Abbiamo sviluppato un semplice modello fisico per descrivere le temporali dipendenze della coppia esercitata dai pianeti sulla non sferica tachocline e abbiamo confrontato lo spettro corrispondente con quello delle registrazioni ricostruite dell’attività solare.

 

 Fig. 2: Struttura interna del Sole, coppia planetaria e solare tachocline. (a) La struttura interna del Sole: il nucleo, la zona radiativa, e la zona di convezione. Lo strato di superamento (linea nera tratteggiata) che rappresenta la transizione tra la zona radiativa e la zona convettiva. (b) Rappresentazione bidimensionale della tachocline (grigio) modellato come ellissoide e lo strato overshoot (nero linea tratteggiata). (c) Il tachocline (modellata come un ellissoide) strato di superamento. Si noti l’inclinazione del asse di rotazione solare rispetto all’eclittica e la non sferica simmetria del tachocline e l’inclinazione dell’asse di rotazione solare guidato dalle coppie. (d) Modello del tachocline utilizzato per i calcoli assumendo densità uniforme tra i due gusci ellissoidali con semiassi maggiori a, b, c, d, e, f. Z è la direzione parallela all’asse di rotazione solare .

 

 Fig. B.1: Rappresentazione schematica dell’accelerazione di marea esercitata da un pianeta di massa m in un punto x all’interno del sole. O rappresenta il centro di massa del sistema solare. Ob rappresenta il centro di massa solare. xb è la posizione istantanea del centro solare di massa rispetto al centro di massa del sistema solare. Il vettore r rappresenta il distanza istantanea tra il pianeta e il centro di massa solare. [Ui] è la base del riferimento della struttura equatoriale J2000 (spiegato nel testo). Le linee tratteggiate blu rappresentano i confini del tachocline solare, che si presume essere ellissoidi.

  • Risultati

 Noi abbiamo trovato un ottimo accordo tra i cicli nel lungo termine delle rappresentanze dell’attività solare e le periodicità delle coppie planetarie, ed inoltre,  alcune periodicità restano in  fase oltre i 9.400 anni.

Fig. A.1: Spettro dei quattro marcatori o registrazioni  inerenti il periodo 300BP – 9400BP. (a) 10Be dal nucleo GRIP di ghiaccio in Groenlandia (Vonmoos et al. 2006). (b) tasso di produzione del 14C derivato dal 14C INTCAL09 registrazione (Reimer et al. 2009). (c) registrazioni sulla base di 10Be da GRIP (Groenlandia) e Maud Land (Antartide) e la produzione di 14C (Steinhilber et al 2012.), (d) coppia calcolata sulla base delle posizioni planetarie.

 

Fig. 1: Proprietà dell’attività solare ricostruita dai radionuclidi cosmogenici. (a) L’attività solare negli ultimi 9 400 anni, come specificato dalla solare potenziale modulazione determinata con i cosmogenici  radionuclidi 10Be e 14C (Steinhilber et al. 2012). (b) corrispondente analisi delle attività solare che mostra l’evoluzione temporale delle ampiezze delle varie periodicità. Le linee orizzontali tratteggiate illustrano le distinte periodicità di 88 anni, 104, 150, 208 anni e 506 anni. Le aree rosse indicano l’alta potenza e le aree blu la bassa potenza. I contorni neri mostrano le regioni di significatività del 5% (cioè il livello di confidenza del 95%).

  • Conclusioni

Sulla base di queste osservazioni abbiamo avanzato l’idea che nel lungo termine l’attività solare magnetica è modulata dalle dinamiche planetarie.

Se la nostra ipotesi è corretta ha importanti implicazioni per la fisica solare e sul solare-terrestre collegamento.

L’intero testo della carta è reperibile al seguente link :

http://www.aanda.org/articles/aa/pdf/forth/aa19997-12.pdf

 

Michele