Archivi giornalieri: 23 Settembre 2014

Brightpoints : Nuovi indizi per determinare il ciclo solare

Un insieme di 25 immagini separate, scattate dall’osservatorio SDO della NASA, che coprono un anno: dall’aprile 2012 all’aprile 2013. L’immagine rivela la migrazione delle regioni attive verso l’equatore durante tale periodo. Credit: NASA / SDO / Goddard

Circa ogni 11 anni il sole subisce un cambiamento di personalità completo, passando da una tranquilla attività ad una attività violenta. L’apice dell’attività del sole, conosciuta come massimo solare, è un periodo con numerose macchie solari, punteggiate da profonde eruzioni che inviano radiazioni e particelle solari fuori dai confini dello spazio. Tuttavia, i tempi del ciclo solare sono tutt’altro che precisi. Dal momento in cui gli esseri umani cominciarono regolarmente la registrazione delle macchie solari, nel 17° secolo, il tempo intercorso tra un massimo solare e il successivo è stato inferiore a nove anni fino al ciclo 14, il che rende difficile determinarne la causa. Ora i ricercatori hanno scoperto un nuovo marker per monitorare il corso del ciclo solare: i brightpoints, piccoli punti luminosi nell’atmosfera solare che ci permettono di osservare costantemente i movimenti torbidi del materiale all’interno del sole. Questi marcatori forniscono un nuovo modo di osservare i campi magnetici, come si evolvono e si muovono nella nostra stella.  Storicamente le teorie su quello che sta succedendo all’interno del sole, e su ciò che guida il ciclo solare, hanno fatto affidamento su una sola serie di osservazioni: la rilevazione delle macchie solari, un set di dati che si perde nei secoli. Negli ultimi decenni, rendendosi conto che le macchie solari sono aree di campi magnetici intensi, i ricercatori sono stati anche in grado di includere osservazioni di misure magnetiche del sole da più di 90 milioni di miglia di distanza. “Le macchie solari sono state il marcatore perenne per la comprensione dei meccanismi che governano l’interno del sole”, ha detto Scott Mc Intosh, uno scienziato spaziale presso il National Center for Atmospheric Research a Boulder, in Colorado, e primo autore di un saggio su questi risultati che sono usciti il primo settembre 2014, su Astrophysical Journal. “Ma i processi che formano le macchie solari non sono ben compresi, e molto meno lo sono quelli che governano la loro migrazione e che determinano il loro movimento. Ora possiamo vedere che ci sono dei punti luminosi nell’atmosfera solare che agiscono come boe ancorate, se confrontate con quello che sta succedendo molto più in basso, aiutandoci quindi a ipotizzare un quadro diverso dell’interno del sole.” Nel corso di un ciclo solare, le macchie solari tendono a migrare progressivamente verso l’equatore. La teoria prevalente è che due grandi anelli simmetrici, in ciascun emisfero solare, come enormi nastri trasportatori, “spazzano” dai poli all’equatore, dove affondano più in profondità giù nel sole e poi si fanno strada a ritroso verso i poli. Questi nastri trasportatori muovono anche il campo magnetico attraverso l’atmosfera solare. La teoria suggerisce che le macchie solari si muovono in sintonia con questo flusso; il monitoraggio delle macchie solari ha permesso lo studio di questo movimento e le teorie sul ciclo solare si sono sviluppate sulla base di tale progressione. Ma molto rimane ancora sconosciuto: Perché le macchie solari compaiono solo a latitudini inferiori a circa 30 gradi? Che cosa nelle macchie solari dei cicli consecutivi fa capovolgere bruscamente la polarità magnetica da positivo a negativo o viceversa? Perché i tempi del ciclo sono così variabili? A partire dal 2010, Mc Intosh e i suoi colleghi hanno iniziato il monitoraggio delle dimensioni delle diverse aree magneticamente equilibrate sul sole, cioè le zone dove ci sono un numero uguale di campi magnetici. La squadra ha trovato particelle magnetiche di dimensioni  già  viste in precedenza, ma anche gruppi di macchie molto più grandi rispetto a quelle rilevate in passato, di ampiezza più o meno pari al diametro di Giove. I ricercatori hanno rilevato queste regioni anche nelle immagini dell’atmosfera solare, cioè  la corona, catturate dalla NASA Solar Dynamics Observatory o SDO. Hanno notato che i punti onnipresenti di luce ultravioletta e raggi X estremi, noti come brightpoints, preferiscono librarsi attorno ai vertici di queste grandi aree, soprannominate “G-nodes” a causa della loro scala gigante. Questi brightpoints e G-nodes, quindi, ci permettono di utilizzare un nuovo metodo per seguire la traccia del materiale che fluisce all’interno del sole e il modo in cui ciò avviene. Mc Intosh ed i suoi colleghi hanno poi raccolto le informazioni sul movimento di queste aree nel corso degli ultimi 18 anni, ricavate dalle osservazioni rese disponibili dall’Agenzia Spaziale Europea e dalla NASA,  effettuate durante il monitoraggio dell’ultimo ciclo solare e di quello attualmente in corso ad opera del Solar and Heliospheric Observatory (SOHO) e del Solar Dynamics Observatory (SDO). Essi hanno scoperto che le bande di questi marcatori – e quindi i corrispondenti grandi campi magnetici – si sono spostati progressivamente nel tempo verso l’equatore lungo lo stesso percorso delle macchie solari, ma il loro inizio è ad una latitudine di circa 55 gradi. Inoltre, ciascun emisfero del sole di solito ha presente più di una di queste bande .

Mc Intosh spiega che una complessa interazione di linee del campo magnetico può svilupparsi all’interno del sole, e che questa è in gran parte nascosta alla nostra vista. Le osservazioni recenti suggeriscono che il sole è popolato da bande di materiale magnetico polarizzato in modo diverso che, una volta formatesi, si muovono costantemente dalle alte latitudini verso l’equatore . Queste bande avranno una polarità magnetica nord o sud e la loro alternanza di segno, in ciascun emisfero, farà in modo che le polarità si annulleranno sempre.

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In questo scenario, è il ciclo della banda magnetica, cioè la durata dello spostamento di ciascuna banda verso l’equatore, che definisce veramente l’intero ciclo solare. “Così, il ciclo solare di 11 anni può essere visto come la sovrapposizione tra due cicli molto più lunghi”, ha detto Robert Leamon, co-autore alla Montana State University di Bozeman e della NASA a Washington. Il nuovo modello concettuale fornisce anche una spiegazione del perché le macchie solari sono intrappolate sotto i 30 gradi e bruscamente cambiano segno. Tuttavia, il modello ci conduce di conseguenza ad un’interrogativo: Perché i marcatori magnetici, i brightpoints e i G-nodes, iniziano ad apparire a 55 gradi? “Soprattutto a quella latitudine, l’atmosfera solare sembra essere scollegata dalla rotazione che avviene sotto di essa”, ha detto McIntosh. “Quindi vi è motivo di ritenere che dentro il sole c’è un movimento interno e una evoluzione alle alte latitudini rispetto alla regione vicino all’equatore, molto diversa. 55 gradi sembra essere una latitudine critica per il sole e questo fatto è qualcosa che  bisogna esplorare ulteriormente.” Le teorie sui cicli solari sono le più utilizzate per fare previsioni su quando avremo il prossimo minimo e il prossimo massimo solare. Questo lavoro di ricerca prevede che il sole entri nel minimo solare intorno alla seconda metà del 2017, con le macchie solari del ciclo successivo che appariranno verso la fine del 2019. “Le persone fanno le loro previsioni su quando questo ciclo solare finirà e il prossimo avrà inizio”, ha detto Leamon. Alcuni affermano nel 2019 o 2020. Alcune persone avranno ragione e gli altri torto.”Nel frattempo, a prescindere dal fatto che la nuova ipotesi fornita da Mc Intosh e dai suoi colleghi sia corretta, questo insieme di punti luminosi e aree g-nodes nel lungo termine offrono una nuova serie di osservazioni per esplorare l’attività solare al di là delle sole macchie solari. Inserendo queste informazioni nei modelli solari, avremo l’occasione per migliorare le simulazioni della nostra stella.

Fonte : http://www.sciencedaily.com/releases/2014/09/140903104743.htm