Archivio mensile:Ottobre 2015

Tra linee planetarie e piccole riprese dell’attività EM solare.

Cari lettori di Nia, un veloce aggiornamento fine settimanale sull’attività solare. Allora, la cronaca delle ultime 48h., ci parla di una iniziale discesa del ciclo solare, che sembra aver trovato un preliminare ostacolo da superare.
Infatti, la comparsa di una nuova e interessante macchia solare, la regione Ar 2443 ( che nel giro di una settimana si posizionerà fronte Terra), sembra (usiamo per la seconda volta il condizionale) aver arrestato momentaneamente la discesa del flusso solare.
La traccia del flusso solare parla chiaro, è in corso una preliminare pausa.

Questo vero e proprio cambio di marcia, è stato intercettato dal nostro affezionato utente, Alessandro, il quale si/ci domandava in un precedente articolo :

“C’è qualche allineamento planetario? il sole nonostante il sf ancora basso, porta macchie più consistenti ..”

Si alessandro, la risposta non può che essere affermativa.
Ben due linee planetarie si sono formate (e sono in evoluzione) in quest’ultimi 10 giorni.

Nella prima linea planetaria i pianeti coinvolti sono : Giove, Venere e la Terra con Marte leggermente fuori asse. Nella seconda linea, i pianeti coinvolti sono : Nettuno in allineamento con il Sole, Mercurio e Giove.

Nelle immagini che ho incollato di seguito è chiaramente evidente che l’evoluzione della nuova regione solare è probabilmente iniziata, nel settore solare, dove la seconda linea planetaria lo attraversa (vedi i puntini rossi che ho riportato sul Sole nell’immagine sotto riportata). Chiaramente, l’azione deve essere però considerata nella sua intera totalità (due linee).

Allineamento Giove-Venere-Terra

Allineamento Nettuno-Sole-Mercurio-Giove

Adesso c’è solo un’interrogativo, al quale dobbiamo trovare una soluzione :
Quanto potrà durare questa destabilizzazione ? Credo che un buon simulatore planetario ci possa essere d’aiuto, per le prossime settimane, mesi.

C’è solo una conclusione, questo è l’ennesimo esempio d’interazione planetaria – attività solare. P.S. : Non ho più avuto notizie dal Dott. Nicola Scafetta (prossimi lavori-studi/progetti) . Adesso gli scrivo una mail.

😉

Buon fine settimana,

Michele

Il ciclo di 1350 anni e gli eventi Lawler nell’olocene -1°parte-

1-orbital-period-curve

Negli ultimi anni sono state pubblicate una serie di studi che propongono dei cicli climatici su scala millenaria. Fred Singer e Dennis Avery credono che ci sia un ciclo inarrestabile di 1500 anni.

La prova della presenza di cicli climatici naturali globali di 1.500 anni comprende lunghe registrazioni del cambiamento di temperatura. Si parte dalle carote di ghiaccio, fondali marini e/o lacustri, sedimenti, fossili di granelli di polline e di piccole creature marine. Ci sono anche registrazioni su scale temporali più brevi come per le stalagmiti delle grotte, gli anelli degli alberi e una grande varietà di altre registrazioni della temperatura.

La prova fisica del ciclo climatico di 1500 anni sulla Terra – Settembre 2005 – S. Fred Singer e Dennis T. Avery, si veda : http://www.ncpa.org/pdfs/st279.pdf

Charles Perry e Kenneth Hsu credono che ci sia una piccola era glaciale ogni 1300 anni

L’approssimativo ciclo di 1.300 anni è concorde con le testimonianze archeologiche e storiche di questi periodi freddi e caldi, ed affermano : “…Nel corso della storia, il riscaldamento globale ha portato prosperità mentre il raffreddamento globale ha portato le avversità…”

Geofisica, archeologica, ed evidenze storiche sono ha supporto di un modello solare per il cambiamento climatico , di Charles A. Perry e Kenneth J. Hsu http://www.pnas.org/content/97/23/12433.full.pdf

2-bond-1997-abstract

Gerard Bond ritiene che vi sia un ciclo climatico 1.470 anni nell’olocene.

http://en.wikipedia.org/wiki/Bond_event

Un diffuso ciclo su scala millenaria nel nord Atlantico Olocene e climi glaciali – Bond, G .; et al. – 1997 : http://rivernet.ncsu.edu/courselocker/PaleoClimate/Bond%20et%20al.,%201997%20Millenial%20Scale%20Holocene%20Change.pdf

Purtroppo, i cicli climatici individuati su scala millenaria non sono molto prevedibili. Ad esempio, obbligazionari eventi accadono ogni 1.470 anni, più o meno [circa] 500 anni. Inoltre, i cicli climatici individuati su scala millenaria possono essere piuttosto sfuggenti. Per ragioni che non sono chiare, l’unico evento dell’olocene che ha un segnale di temperatura chiaro nelle carote di ghiaccio della Groenlandia è l’evento 8.2 kyr.

Ad esempio, Wikipedia riporta: “…Per ragioni che non sono state ancora chiarite, l’unico evento dell’olocene che ha un segnale della temperatura chiaro nelle carote di ghiaccio della Groenlandia è l’evento 8.2 kiloyear….”

E’ chiaro quindi che la datazione delle carote di ghiaccio della Groenlandia è un’ipotesi speculativa [supporta da modelli al computer]. In secondo luogo, obbligazionari eventi “medi” di 1.470 anni [più o meno 500 anni], fanno riflettere sulle vere significative frequenze dei dati.

In generale, ci sono molte sfide che si pongono i ricercatori, per cercare di individuare i cicli climatici su scala millenaria :

1) In generale, – i ricercatori – alla cieca, si mettono alla ricerca di cicli nascosti all’interno dei dati. Più specificamente; essi non sono alla ricerca di uno specifico meccanismo ciclico.

2) I ricercatori stanno lavorando con ricostruzioni proxy del clima [è queste non sono una cosa reale]. Ogni procura [e ricostruzione] ha i suoi problemi specifici, ma i ricercatori di solito incontrano alcuni problemi riguardanti : la calibrazione, la risoluzione temporale, ipotesi nascoste e modelli elaborati al computer.

3) I ricercatori, in genere, aderiscono alla convinzione gradualista che “il presente è la chiave per comprendere il passato” dove, grazie alle ultime scoperte, “il presente” funziona allo stesso modo del “passato”. Sfortunatamente, questo approccio gradualista diventa un ossimoro quando i ricercatori sono a caccia di cicli climatici drammatici su scala millenaria..

Nel complesso, come mio padre diceva: due torti non fanno una ragione. Tuttavia, i misteri dei cicli climatici su scala millenaria possono essere svelati in pochi passaggi corti.

  • Il primo pezzo del puzzle è stato stabilito analizzando [studio effettuato su un  foglio di calcolo di Excel] le distanze orbitali e i periodi orbitali dei pianeti del sistema solare utilizzando le moderne tecniche osservazionali [Planets – A Very Short Introduction by David A Rothery – Oxford University Press – 2010 ].

La risultante linea di tendenza, genera con excel, una misura perfetta con i dati planetari.

3-solar-system-orbital-periods-of-the-planets

  • Il secondo pezzo del puzzle ci è stato fornito dal Voyager 1 [nel 2012], quando il veicolo spaziale ha rilasciato all’astronomia un vero e proprio “reality check”  lasciando il Sistema Solare ad una distanza di 122 UA [dal Sole].

La sonda Voyager 1 (che pesa 722 chilogrammi), è stata lanciata dalla NASA il 5 settembre 1977,  per studiare il sistema solare esterno e il mezzo interstellare. Operativa per 35 anni, 1 mese e 23 giorni, a partire dal 28 ottobre 2012, la navicella riceve comandi di routine e trasmette i dati al Deep Space Network, ad una distanza di circa 122 AU (1.83 × 1010 km), ed è l’oggetto artificiale più lontano dalla Terra. Adesso, Voyager 1, si trova nello strato più esterno dell’eliosfera. Il 15 giugno 2012, gli scienziati della NASA hanno riferito che Voyager 1 può essere molto vicino a entrare nello spazio interstellare, diventando il primo oggetto artificiale a lasciare il Sistema Solare.

Fonte : http://en.wikipedia.org/wiki/Voyager_1 Voyager 1 potrebbe aver lasciato il sistema solare by Nancy Atkinson il 8 ott 2012

 

4-voyager-one-passes-through-the-double-layer-boundary-and-leaves-the-solar-system

Mentre non c’è nessuna parola ufficiale da parte della NASA sul fatto che Voyager 1 potrebbe aver lasciato il sistema solare. La prova conclusiva, ci viene dal grafico sopra riportato, che mostra il numero di particelle (principalmente protoni) che in uscita dal Sole colpiscono Voyager 1 nel tempo.

http://www.universetoday.com/97763/voyage-1-may-have-left-the-solar-system/

L’ultimo pezzo della traccia è stato calcolato con excel, estendendo la linea di tendenza fino a 122 UA, per scoprire il periodo orbitale dell’eliosfera di 1.350 anni.

5-solar-system-orbital-period-of-1350-years-at-122-au

…..

Fine 1°parte

Il clima è il mio pallino

1024SapienzaPallinoClima

I cambiamenti climatici rappresentano un’emergenza globale e locale che mette a rischio la vita di persone, specie ed ecosistemi. In pericolo c’è la sicurezza di intere popolazioni, in ogni area del pianeta e si pongono, esplicitamente, oggi nel mondo, questioni di giustizia climatica. Esse sono legate a costi economici crescenti e all’aggravamento delle condizioni di povertà, a difficoltà sempre maggiori nell’accesso all’acqua, alla riduzione della produzione agricola che mette a rischio la sicurezza alimentare, a nuovi motivi di conflitto e di fuga. Le cause antropiche del cambiamento climatico sono ormai acquisite a livello scientifico mondiale. In gran parte dipendono dall’esplosione negli ultimi secoli dell’utilizzo delle fonti energetiche di origine fossile e dalla deforestazione.
Oggi, però, esistono le conoscenze e le soluzioni tecnologiche per sviluppare un’economia fossil free, che apre prospettive di nuovi settori produttivi con importanti ricadute occupazionali e può dare vita a una nuova democrazia energetica.
Ma ci sono anche approcci innovativi in settori tradizionali, come quello agricolo, che possono dare un contributo importante alla riduzione della CO2.

La COP21, che si terrà a Parigi a partire dal 30 novembre fino al 12 dicembre 2015, rappresenta una tappa molto importante nella battaglia contro i cambiamenti climatici, perché vi si dovrà definire un nuovo piano di riduzione delle emissioni globali di gas serra. Da lì può partire  un percorso  nuovo ed efficace. Ma molte sono le resistenze, guidate soprattutto dalle lobby delle vecchie fonti energetiche, molte sono le timidezze che i governi stanno dimostrando. Per  questo non si può dare per scontato che l’esito della COP21 sia positivo, cioè sia varato un  accordo efficace, equo e incisivo che permetta davvero di raggiungere l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C.

Riteniamo necessario e urgente agire perché, grazie alla pressione dell’opinione pubblica e delle organizzazioni della società civile, si riesca a strappare un accordo legalmente vincolante e in linea con le indicazioni della comunità scientifica. Per questo diamo vita alla Coalizione Clima “Parigi 2015: mobilitiamoci per il clima”, perché la conferenza di Parigi apra un percorso concreto e condiviso da tutti i Paesi, nel quadro di una responsabilità comune e differenziata in rapporto al contributo storicamente dato alle emissioni di CO2.

Le organizzazioni promotrici, con storie, culture, obiettivi, ragioni sociali e motivazioni diverse, si impegnano a declinare, nei propri ambiti di attività e nelle proprie iniziative, le azioni coerenti necessarie per contrastare i cambiamenti climatici e a dar vita a una Coalizione aperta, che si ripromette di continuare ad allargarsi nei prossimi mesi, con l’obiettivo di costruire iniziative e mobilitazioni comuni per raggiungere la massima sensibilizzazione possibile sulla lotta ai cambiamenti climatici e sull’appuntamento di Parigi, per arrivare con una grande partecipazione alle mobilitazioni internazionali del 29 novembre (giorno precedente all’inizio del summit che inizierà il 30 novembre) e poi il 12 dicembre (ultimo giorno dei negoziati) a Parigi.

Per raggiungere questo obiettivo pensiamo sia necessario:

1) organizzare iniziative nazionali e territoriali per sollecitare all’azione contro i cambiamenti climatici, per favorire la conversione del modello agricolo verso il biologico, per bloccare il programma governativo di sviluppo delle trivellazioni, per avviare la costruzione nel territorio e nei diversi settori industriali di un modello produttivo che acceleri la transizione energetica in corso, garantendo i livelli occupazionali, per un futuro pulito, efficiente e rinnovabile;

2) interloquire con il governo italiano e con l’Unione Europea perché assumano posizioni utili in sede di COP 21, a cominciare dal formale riconoscimento che la ‘Just Transition’ debba essere parte integrante del quadro politico che l’UE adotterà per organizzare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio oltre il 2020;

3) avviare iniziative di comunicazione per l’opinione pubblica e per i giornalisti per diffondere consapevolezza delle sfide che si giocheranno a Parigi, degli effetti dei cambiamenti climatici sul pianeta e sulla vita di tutti, e delle prospettive che serie politiche di mitigazione e adattamento potrebbero portare nel nostro paese come in tutti i paesi del globo.

Fonte : http://www.coalizioneclima.it/manifesto/

Le grandi tempeste solari invisibili

Recenti osservazioni raccolte da un team di ricercatori spagnoli hanno dimostrato che gli indici utilizzati per prevedere e monitorare le perturbazioni geomagnetiche solari potrebbero non essere efficaci quanto pensiamo. Lo studio ha portato allo sviluppo di un indice locale per la Spagna, che sembra garantire previsioni più accurate

Rappresentazione artistica di una tempesta solare in viaggio verso la Terra. Crediti: NASA

Stando alle osservazioni raccolte dal Tihany Magnetic Observatory in Ungheria, gli indici utilizzati dagli scienziati per prevedere e studiare le perturbazioni geomagnetiche del Sole non sarebbero in grado di rilevare alcuni di questi eventi, e questo potrebbe mettere a serio rischio le reti di alimentazione e di comunicazione terrestri. Il Tihany Magnetic Observatory ha registrato una tempesta solare estremamente intensa, che nessuno degli altri osservatori ha osservato.

Nel 1859 la più grande e potente tempesta solare mai registrata, chiamata Evento di Carrington in onore dell’astronomo inglese Richard Carrington che l’ha osservata per primo, è stata rilevata presso il Colaba Observatory in India. Questa tempesta solare è stata talmente intensa da portare all’osservazione di aurore a latitudini basse quanto quelle di Madrid e del Mar dei Caraibi. Tuttavia, ha anche comportato interruzioni di corrente e incendi presso le strutture che ospitavano sistemi telegrafici in tutta Europa e nel Nord America.

Da allora sappiamo che le tempeste geomagnetiche più intense costituiscono una minaccia per una società sempre più dipendente dalla tecnologia, poiché possono rappresentare un pericolo per l’incolumità delle reti elettriche e di comunicazione. Al fine di evitare questo rischio gli scienziati hanno messo a punto diversi indicatori che possono aiutare ad analizzare e prevedere le tempeste geomagnetiche.

Uno degli indici più utilizzati per misurare l’intensità di tali fenomeni è il Dst (Disturbance storm time), che si ottiene facendo la media dei dati registrati ogni ora in quattro osservatori: Hermanus (Sud Africa), Kakioka (Giappone), Honolulu (Hawaii) e San Juan (Porto Rico).

Un altro indice, ancora più preciso, si chiama SYM-H e valuta la componente orizzontale del campo magnetico terrestre utilizzando le informazioni raccolte da un numero maggiore di osservatori, con una risoluzione temporale del minuto. Utilizzando questi due indici, per i quali la latitudine è il dato fondamentale nelle misurazioni magnetiche, gli scienziati sono in grado di monitorare gli effetti delle grandi tempeste solari. Uno degli eventi più recenti e importanti è stata la tempesta solare di Halloween, che ha avuto luogo tra i mesi di ottobre e novembre del 2003.

Tuttavia, né il Dst né il SYM-H sono stati in grado di rilevare la perturbazione magnetica che ha colpito la Terra il 29 ottobre 2003. L’evento era straordinariamente simile a quello di Carrington e ha colpito alcune centrali elettriche in Svezia e Sud Africa, dove sono andati bruciati svariati trasformatori.

L’evento è stato registrato dal Tihany Magnetic Observatory. Un team di ricercatori dell’Università di Alcalá ha studiato nel dettaglio il fallimento degli indici ufficiali, e ha presentato un report sulle potenziali conseguenze.

«Una delle conclusioni è che gli indici comunemente utilizzati dagli scienziati, come il Dst o l’SYM-H, che si basano su una visione globale della Terra ottenuta calcolando valori medi, molto probabilmente non sarebbe stata in grado di rilevare nemmeno l’evento di Carrington», spiega Consuelo Cid, autrice principale della ricerca.

Lo studio, pubblicato dal Journal of Space Weather and Space Climate, suggerisce che la comunità scientifica potrebbe utilizzare un approccio sbagliato calcolando valori medi in diverse regioni terrestri. L’errore potrebbe risiedere fatto che i disturbi magnetici positivi e negativi si annullano a vicenda, il che significa che il disturbo magnetico reale in una regione risulta nullo quando non lo è. Inoltre, il disturbo dipende molto dall’ora locale (ovvero la longitudine), mentre alcuni scienziati ipotizzano che dipenda soprattutto dalla latitudine.

«Un evento di tipo Carrington può verificarsi più spesso di quanto sospettiamo, anzi, potrebbe essere già accaduto senza che ce ne siamo resi conto», osserva Cid, che sottolinea la necessità di sviluppare indici locali più solidi, e quindi più utili alle aziende potenzialmente interessate da questi disturbi, come ad esempio le società elettriche.

Il team di Cid ha sviluppato l’indice di disturbo locale per la Spagna (LDiñ) che calcola la perturbazione geomagnetica sul territorio spagnolo. Il calcolo viene effettuato in base al campo magnetico registrato dall’Osservatorio di San Pablo a Toledo.

«Un indice simile a LDiñ potrebbe essere utilizzato in paesi vicini a noi, come il Portogallo, la Francia e l’Italia. Analogamente, potrebbero essere sviluppati altri indici, corretti per ogni regione, da utilizzare in altre parti del mondo», sottolinea la ricercatrice, che insiste sulla necessità di collaborare con le aziende coinvolte, come è accaduto nel caso del suo gruppo di ricerca che ha interagito con la società responsabile della rete elettrica spagnola: la Red Eléctrica Española.

Fonte : http://www.media.inaf.it/2015/10/19/le-grandi-tempeste-solari-invisibili/

Scosse di terremoto: in un pozzo di Medolla da giorni l’acqua era quasi bollente

L’episodio è collegabile alla doppia scossa di martedì 20 ottobre? Il proprietario aveva fatto la segnalazione alcuni giorni fa Intervento dei vigili. È arrivata a 43 gradi e ieri erano attesi alcuni geologi.

MEDOLLA. Le terre calde di Camurana avevano puntualmente annunciato il terremoto. Come era già accaduto nel 2012, infatti, nei giorni scorsi si è registrato un surriscaldamento in tutti i pozzi “sensibili” del territorio, con temperature attorno ai 50 gradi. Quattro anni fa il fenomeno si era registrato anche in altri Comuni, come a ridosso del Panaro a Camposanto, dove le segnalazioni dei residenti erano state prese con scherno dalle istituzioni, salvo poi accorrere, all’indomani del sisma, tra tanto interesse scientifico e curiosità. Quella di Medolla resta storicamente uno dei territorio più particolari da questo punto di vista. Ci sono fondi agricoli dove il grano matura prima, proprio in virtù delle temperature diverse dell’acqua di falda e di superficie.

E così quando sabato scorso i proprietari che utilizzavano un pozzo nel cantiere della loro casa in ricostruzione in via Camurana hanno attinto l’acqua si sono scottati. Il proprietario ha chiamato i vigili del fuoco che hanno accertato l’entità di un fenomeno che si rinnovava. Proprio ieri era attesa a Camurana una squadra di tecnici chiamata per verificare la situazione e accertare se potessero essere collegati a qualche “ebollizione” foriera di movimenti tellurici. Ma il terremoto è arrivato prima della visita dei tecnici. Il fenomeno delle terre calde di Camurana era conosciuto e segnalato dai geologi almeno da un secolo e mezzo, ma è diventato appunto famoso poco prima del 2012, quando venne portato ad esempio del pericolo che si determinasse un collegamento tra il sottosuolo profondo e la superficie a dispetto di quanti rassicuravano del contrario, per far costruire il famoso deposito gas di Rivara.

«Una decina di giorni fa ci siamo accorti che l’acqua del pozzo era calda – commentano i proprietari del fondo di via Camurana, dove sorge il pozzo che ha una capacità di 200 quintali d’acqua – Tuttavia, non ci siamo preoccupati più di tanto, né abbiamo ritenuti di trovarci di fronte a qualcosa di strano: io pensavo che l’acqua fosse tiepida per la differenza di temperatura rispetto all’estate e, con quell’acqua, ho pulito un’attrezzatura. Poi, man mano che i giorni passavano, ci siamo resi conto dell’innalzamento della temperatura che, negli ultimi tre giorni, è arrivata a 43 gradi. Dal pozzo, addirittura, vediamo che viene emanato del vapore: quando la temperatura si abbassa, verso sera, o al mattino presto, si vede salire il vapore della condensa…». (s.a.)

Fonte : http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2015/10/21/news/scosse-di-terremoto-in-un-pozzo-di-medolla-da-giorni-l-acqua-era-quasi-bollente-1.12304817