Archivio mensile:Novembre 2015

Ponte sullo Stretto di Messina, Enzo Boschi : “Io non lo farei mai”

Nessun dubbio per il sismologo ex presidente dell’Ingv. Troppo pericolosa l’area. Con il brutto precedente del terremoto di Messina del 1908: “Probabilmente il più forte che si sia mai verificato nel Mediterraneo”. E non basta. Perché l’intera zona tra la Sicilia e la Calabria sarebbe “soggetta a scivolamenti dell’ordine del centimetro all’anno”

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“Io questo ponte non lo farei mai”. L’avvertimento non arriva da una persona qualunque. Ma da uno degli scienziati più ascoltati in Italia in materia sismica. Enzo Boschi, ex presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). Il quale, davanti al premier Matteo Renzi che annuncia che  il Ponte sullo Stretto si farà, ne sconsiglia vivamente la realizzazione. E proprio per  l’elevato rischio sismico che caratterizza l’area su cui l’opera dovrebbe sorgere: “Il terremoto di Messina del 1908 – ricorda l’esperto – è stato probabilmente il più forte che si sia mai verificato nel Mediterraneo”.  Dunque, visti i precedenti, meglio sarebbe lasciar perdere.

Annuncio troppo affrettato, professore?

“Innanzitutto, se davvero lo facessero, si dovrebbe ricominciare da capo elaborando un nuovo progetto. Perché negli ultimi 10-15 anni le tecnologie di cui disponiamo sono decisamente migliorate. Occorrerà quindi rivedere tutto, a cominciare dalle informazioni e dai dati scientifici sulla sismicità dei luoghi”.

Dati senza i quali il Ponte non si potrebbe costruire…

“Premesso che il ponte lo fanno gli ingegneri, i sismologi hanno il dovere di rappresentare la sollecitazione sismica massima che può interessare una struttura di quelle dimensioni in quella particolare zona. Non solo: l’intera area tra la Sicilia e la Calabria è una zona in movimento, soggetta a scivolamenti lentissimi, dell’ordine del centimetro all’anno, dei quali è necessario tenere conto”.

Quando presiedeva l’Ingv si era già occupato della questione del Ponte sullo Stretto?

“Sì, ma per un aspetto del tutto secondario. Ci chiesero in sostanza di immaginare una rete sismica e geotermica locale ad hoc per fare controlli, una volta realizzata l’opera, per monitorare l’evoluzione della zona. Ma per quanto riguarda la sollecitazione massima che il Ponte potrebbe subire si rivolsero, probabilmente, ad altri esperti”.

Cosa intende per sollecitazione massima?

“Mi riferisco alla magnitudo del terremoto del 1908, la più alta registrata nella zona, pari a 7,2 gradi della scala Richter. Ma la magnitudo è solo uno dei parametri di cui tenere conto. Bisogna vedere anche come il suolo viene accelerato da questo terremoto per determinare quale sarà la sollecitazione esercitata sulla struttura. Ovviamente è possibile prevedere in fase di progettazione che il ponte si aggiusti rispetto a questi fenomeni ma, ripeto, occorrerà ricominciare tutto da capo con un nuovo progetto. Questo è un punto fondamentale”.

Ma un nuovo progetto non allungherebbe ulteriormente i tempi?

“Per rifare un progetto di questo tipo occorreranno tra i 3 e i 5 anni”.

Insomma, un’opera complicata…

“Un’opera faraonica estremamente complicata. Tra l’altro in Italia, ormai da tanti anni, non facciamo più cose difficili. Non so se saremmo ancora in grado”.

Anche se, come sembra, la nuova versione del Ponte dovrebbe servire solo al transito dei treni?

“Ovviamente, in questo caso, sarebbe una semplificazione enorme. Ci sarebbe un alleggerimento di tutta la struttura che, in linea di principio, ne faciliterebbe la realizzazione. Fermo restando che i parametri di sicurezza sarebbero sempre gli stessi”.

Insomma, se dipendesse da lei questo ponte non lo costruirebbe…

“Assolutamente no. Ma non dipendendo da me, se si decidesse comunque di farlo, sarebbe eccitante partecipare ad un progetto di questo tipo che è, sotto certi aspetti, al limite della fantascienza. Da un punto di vista scientifico sarebbe una grande sfida. Da un punto di vista pratico e operativo non lo considero prioritario”.

 

Fonte : http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/07/ponte-sullo-stretto-dopo-lannuncio-di-renzi-lo-scienziato-boschi-sul-rischio-terremoto-io-non-lo-farei-mai/2197225/

I modelli climatici stanno correndo troppo verso il caldo

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Nel corso degli ultimi 35 anni (dal 1979-1982), i modelli hanno previsto delle temperature più elevate del 53% (rispetto alle registrazioni delle temperature sulla superficie) e temperature più elevate, del 147% (rispetto ai dat satellitari).

Il 2015 sarà molto probabilmente l’anno più caldo da quando si registrano le tempearture. Questo sottolinea, ovviamente, che il riscaldamento globale è un problema reale. Chiaramente, le temperature sono in aumento, ma la crescita di quest’ultime, “non è” così veloce come i modelli stanno indicando. Questo suggerisce che i modelli sono troppo pessimisti.

Inoltre, si osservi come la temperatura superficiale, che viene calcolata come l’insieme di decine di migliaia di punti di misura ( tutti bisognosi di regolazione, controlli ) e con un sacco di interpolazione introdotte dentro ( in luoghi con poche o nessuna stazione di misura ) si sta sempre più allontanando, dalla temperatura satellitare. Temperatura satellitare, che probabilmente, è molto  più accurata, e che copre quasi continuamente l’intero pianeta. Quindi, il 2015 “non può” essere l’anno più caldo, come il 1998, 2010 e il 2005.

Nonostante che i mass-media, rivolgano la loro forte attenzione sul tema “è caldo o non è caldo“, la discussione, a mio modesto parere dovrebbe piuttosto concentrarsi sulla questione se i modelli stanno correttamente prevedono il futuro della temperatura globale. E qui la risposta, sembra essere molto chiara, nel corso degli ultimi 35 anni, i modelli, stanno correndo verso un troppo caldo, che non è reale.

Ecco perché gli studi recenti sembrano indicare che la sensibilità climatica è probabile nella parte bassa, non nell’estremità superiore. (http://on.fb.me/1Bna2gC)

Giusto per assicurarsi che questo post non venga frainteso:  È possibile che il mio precedente “non”, non significa che non c’è nessun problema del riscaldamento globale.

Il problema è presente, ma quest’ultimo “non è la fine del mondo”. Si può correggere il riscaldamento globale, senza fare paura.

Bjørn Lomborg

 

Le macchie solari versione 2.0 ? Irrilevante. Il Sole c’è.

Dopo la richiesta che mi è arrivata da parte di 5 persone indipendenti, circa la nuova ricostruzione del numero delle macchie solari, la quale non mostra alcun contributo dato dal Sole sul riscaldamento della temperatura terrestre, occorso nel 20° secolo, ho deciso di scrivere qualcosa su questa piattaforma.

Ho una sola parola per descrivere questa nuova revisione : Irrilevante !

Questa è ancora una volta, una buona occasione  per scrivere qualcosa su questi nuovi risultati. Risultati, che mostrano, che il sole ha un grande effetto sul clima. Eppure, il mondo continuerà ancora ad ignorarlo. Sono sorpreso ? No non lo sono.

In primo luogo, la storia? Un gruppo guidato da Frédéric Clette ha tenuto una presentazione all’assemblea IAU alle Hawaii. In essa, si è dichiarato, che il numero delle macchie solari soffre di diversi errori sistematici, in quanto,  è una misura soggettiva. Poiché tali errori sistematici variano nel tempo (con i diversi osservatori e metodi di osservazione), la ricostruzione del SN può esibire una tendenza fittizia nel lungo termine. Hanno anche tentato di calibrare i dati, per ottenere un insieme di dati più omogeneo. Tutto questo, è descritto, nel loro preprint arXiv.

L’aspetto più interessante della loro nuova ricostruzione delle macchie solari è che c’è molta meno variazione del numero delle macchie solari tra i diversi massimi solari dal minimo di Maunder. Ciò implica, secondo loro, che non vi è stato un significativo aumento dell’attività solare nel corso del 20° secolo, e quindi, che  il sole non dovrebbe aver contribuito per nulla all’aumento delle temperature. Questo punto è stato naturalmente catturato dai media.

Figura 1: Il passato conteggio (rosso) e il nuovo (blu) del numero delle macchie solari di Clette et al.

Allora, che cosa penso a questo proposito? In primo luogo, non ho idea se la taratura è corretta. Vale a dire, alcune correzioni sono probabilmente necessarie e non vi è alcun motivo a priori per pensare che quello che hanno fatto non è valido. Tuttavia, la loro affermazione circa l’attività solare in generale non è sbagliata e non varia molto da quando il sole è uscito dal minimo Mounder. Ci sono altri modi più obiettivi per ricostruire l’attività solare rispetto al conteggio soggettivo delle macchie solari, e ci mostrano che l’attività solare è aumentata nel corso del 20° secolo. Quindi al massimo, si può affermare che l’attività solare ha vari aspetti, e che il numero massimo delle macchie non è un buon indicatore di tutti loro. Questo non è irragionevole dal momento che il numero di macchie solari rifletterebbe più direttamente la quantità di linee di campo magnetico chiuse, ma non quelle aperte che soffiano nel vento solare.

I due importanti indicatori oggettivi per l’attività solare sono gli isotopi cosmogenici (C14 e 10Be), e l’indice geomagnetico AA. L’indice AA (misurato a partire dalla metà del 19° secolo), mostra chiaramente che nella seconda parte del 20° secolo, il Sole è stato più attivo rispetto alla seconda metà del 19° secolo. Il set di dati 10Be, più lungo, rivela che la seconda metà del 20° secolo è stata più attiva rispetto a qualsiasi momento precedente, dal minimo di Maunder. (Il C14 è un po’ problematico perché le bombe nucleari umane dal 1940 in poi hanno liberato un sacco di C14 in atmosfera, quindi non può essere utilizzato per ricostruire l’attività solare nella seconda parte del 20° secolo).

Figura 2: L’indice geomagnetico AA, che mostra un netto aumento dell’attività solare nel corso del 20° secolo.

Figura 3: La produzione di 10Be dimostra ancora una volta, che il sole era particolarmente attivo nella seconda metà del 20° secolo. Il vecchio conteggio delle macchie solari “, senza la ricostruzione e correzione di Clette et al.

 

Che cosa ci dice questo grafico ? Dato che le variazioni nel lungo termine del clima della Terra non sono correlate con l’attività solare nel lungo termine (ad esempio, vedere la prima parte di questo articolo ) e dato che alcuni indicatori dell’attività solare (presumibilmente ?) non mostrano un aumento dal minimo di Maunder, ma alcuni si, questo significa che il clima è sensibile a quegli aspetti dell’attività solare che sono aumentati (ad esempio il vento solare), ma non con quelli più direttamente associati con il numero di macchie solari (ad esempio : UV o radiazione solare totale). Così, questo risultato sul massimo delle macchie solari (di nuovo, se vero), rafforza l’idea che il legame sole – clima è legato attraverso le linee del campo magnetico aperto, come la forza del vento solare o il flusso di raggi cosmici.

Il secondo punto che volevo evidenziare è un’analisi recentemente pubblicata che mostra che il sole ha un grande effetto sul clima, e quindi si può quantificare esso. Recentemente, Daniel Howard, Henrik Svesmark ed io, abbiamo analizzato i dati altimetrici satellitari, che sono simili alle registrazioni mareografiche e che misurano le variazione del livello del mare. Tuttavia, poiché i dati dei satelliti sono di alta qualità, e con una risoluzione superiore rispetto ai dischi temporali mareografici, questo ci consente di individuare le componenti di espansione termica. Questo ci permette una migliore stima del forcing solare, che è 1,33 ± 0,34 W / m2 nell’ultimo ciclo solare. Questo può essere visto in fig. 4, con il sole e il ciclo enso, che possono spiegare una grande frazione del cambiamento del livello del mare da scale annuali a decennali.

Fig.n°4

Figura 4: I dati del livello del mare e l’adattamento del modello. I punti blu sono il livello globale del mare linearmente misurato con l’altimetria satellitare. La linea viola è l’adattamento del modello dei dati che comprende sia una componente solare armonica che un contributo del ciclo ENSO. Le regioni ombreggiate indicano le regioni di confidenza. L’adattamento spiega il 71% della variazione osservata nei dati filtrati.

La linea di fondo evidenzia che il sole sembra avere un grande effetto sul clima su diverse scale temporali. Se le macchie solari non riflettono l’aumento dell’attività solare dal minimo di Maunder (come riscontrato in quest’ultima serie di dati) non è molto importante. Al massimo, se non lo riflettono, rafforzano l’idea che qualcosa associato al vento solare lo fa (come i raggi cosmici che modulano).

Fonte : http://www.sciencebits.com/sunspots_2.0

ANTARTIDE, Un nuovo studio della NASA afferma …

Nasa

Dopo anni, nei quali si proclamava che l’Antartide si stava sciogliendo, adesso, la NASA afferma che la regione sta guadagnando ghiaccio. La NASA, avverte che questo non è necessariamente una buona notizia.

Le ultime notizie dal NASA sullo stato dei ghiacci :

“Secondo la nuova analisi dei dati satellitari, la calotta antartica ha mostrato un guadagno netto di 112 miliardi di tonnellate di ghiaccio l’anno, dal 1992 al 2001. Tale guadagno netto è sceso a 82 miliardi di tonnellate di ghiaccio tra il 2003 e il 2008.

Essenzialmente concordiamo con gli altri studi che mostrano un incremento nel rilascio di ghiaccio nella Penisola Antartica e nelle regioni di Thwaites e Pine Island ad ovest,” dichiara Jay Zwally, glaciologo del Goddard Space Flight Center NASA e principale autore dello studio, pubblicato il 30 ottobre su Journal of Glaciology. “Il nostro maggiore disaccordo riguarda l’area a est e l’interno dell’area ovest – lì abbiamo notato un incremento di ghiaccio che è superiore alla perdita che si verifica nelle altre aree.

La buona notizia è che l’Antartide non sta contribuendo al momento all’innalzamento del livello del mare, ma guadagna 0,23 mm l’anno,” continua Zwally. “Ma è anche una cattiva notizia. Se i 0,27 mm l’anno di innalzamento attribuiti all’Antartide nel rapporto IPCC non arrivano davvero dall’Antartide, deve esserci una qualche altra origine che non è stata presa in considerazione.

Fonte : http://www.nasa.gov/feature/goddard/nasa-study-mass-gains-of-antarctic-ice-sheet-greater-than-losses