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La Neve in Italia

Fig 1: Eccezionale nevicata a Bosco Chiesanuova (VR), in Lessinia.
Inverno 2004

Foto di: Vaona Corrado

La pubblicazione n. 26 del Servizio Idrografico Italiano, “La nevosità in Italia nel quarantennio 1921-1960” edita dall’Istituto Poligrafico dello Stato nel 1971, riporta i risultati di uno studio tra i più completi sull’argomento della neve in Italia. Sulla base principalmente di questo documento porteremo avanti le considerazioni che seguono.

Le precipitazioni nevose

L’altezza media cumulata durante l’anno delle precipitazioni nevose, nelle varie zone è determinata dall’andamento delle precipitazioni , dalla quota, dalla latitudine e dalla loro particolare posizione in rapporto all’orografia, alle correnti atmosferiche prevalenti, ecc. (Fig. 2). Da quanto emerge nello studio, i valori medi nella penisola variano da 789 cm della stazione del Lago della Rossa (Alpi occidentali, 2716 m s.l.m.) a meno di 1 cm delle coste dell’estremo Sud e delle isole. Attorno ai 4500 m , sul Monte Bianco, il Bénévent ha stimato un’altezza media della neve caduta pari 45 – 50 m all’anno.

Fig. 2: Nevosità media annua in Italia (1921-1960)

Nella Pianura Padana si passa da meno di 10 cm della fascia costiera adriatica a poco più di 20 cm attorno a Mantova, a 40 – 45 cm della zona compresa tra Pavia e Milano ed ancora a ca. 45 cm dei dintorni di Torino. Valori ragguardevoli si hanno nelle zone collinari del basso Piemonte (maggiori di 50 cm), ancor più nel cuneese e nell’oltre giogo genovese e savonese (> 100 cm a poche centinaia di metri di altezza); ancora, si superano i 40 cm ai piedi dell’Appennino emiliano (Bologna 42 cm).

Significativa, nella pianura veneta, l’isola di maggiore nevosità evidenziata dai colli Euganei e dai monti Berici nonostante la loro modestissima altezza. Valori ancora alti nelle parti settentrionali dei laghi sub alpini (tranne il Garda) dove si superano i 50 cm annui; in effetti la mitezza del clima locale non incide più di tanto sulla neve caduta piuttosto riduce la durata della sua permanenza al suolo. L’Appennino settentrionale gode di buona nevosità in particolare sul versante padano e nei pressi dello spartiacque (Sestola 219 cm, Abetone: 277 cm). Quello centrale presenta valori particolarmente elevati nella parte centrale in particolare nelle località esposte ai venti da Est e Nord-Est (effetto stau a fronte delle correnti fredde balcaniche, umidificatesi sopra l’Adriatico) cosicché si hanno ad es. più di 300 cm a Capracotta (1400 m s.l.m.) e si è registrato un massimo assoluto di 1049 cm ai soli 1050 m di altitudine di Roccacaramanico, nella stagione, ormai leggendaria,1928-1929.

Nell’Appennino meridionale, nonostante la latitudine ma complice (come in parte per l’Appennino centrale) l’alta piovosità invernale, si raggiungono facilmente i 100 cm in vari gruppi montuosi come il M. Santa Croce, il Volturno, il Cervati; i 200 cm nelle parti più alte della Sila e del Pollino. Significativa ancora l’alta nevosità del Gargano: 1 m di neve a meno di mille metri di altezza, e delle Murge settentrionali: più di mezzo metro a meno di 700 m di quota.

Il litorale adriatico riceve dai 5 ai 20 cm di neve nel tratto compreso tra Trieste e Bari (i valori maggiori in alcuni tratti tra Ravenna e Termoli, i più bassi nell’alto adriatico e sotto il Gargano) mentre in quello più a sud e in quello tirrenico e ligure non si superano di regola i 5 cm. Valori maggiori nel Valdarno inferiore e nelle basse valli dell’Ombrone e del Tevere. Buona la nevosità dell’entroterra marchigiano abruzzese e molisano dove già a quota collinare si registra più neve che a Milano. Nevicate trascurabili invece sulle coste della Sicilia e della Sardegna dove tuttavia si raccoglie più di un metro di neve sulle cime più elevate dei Nebrodi e delle Madonie e dei massicci del Limbara e del Gennargentu .

Frequenza della neve

Per quanto riguarda la frequenza della neve, Fig.3, espressa in giorni che hanno registrato almeno 1 cm di neve al suolo, nella pianura padano-veneta si hanno meno di 5 giorni di neve all’anno dalla costa sino a Milano, dai 5 ai 10 in Piemonte e nella fascia di pianura contigua all’Appennino (Parma 7, Imola 6).

Nell’Appennino settentrionale la frequenza è più elevata nelle parti esposte al versante padano ed oscilla tra 25 – 35 giorni l’anno per una quota di 1200-1400 m (Abetone: 31).

Nell’Appennino centrale ed in quello meridionale la frequenza a parità di quota è ancora abbastanza ragguardevole per la ragione, accennata sopra, che qui l’inverno, al contrario che nelle Alpi è la stagione più piovosa dell’anno. Così si hanno 30 gg. di neve al Terminillo, 60 gg. alla stazione di Campo Imperatore (2125 m) sul Gran Sasso, da confrontarsi con la stazione del Lago Cereser, 2500 m s.l.m., nelle Alpi occidentali, 47gg., e del Falzarego, m 1985, nelle Alpi orientali, 29, gg. Paragonabili ai valori piemontesi sono quelli che si riscontrano nelle conche intermontane dell’Aquila e del Fucino (Aquila: 8 gg, Avezzano: 6 gg. ). Per quanto riguarda i litorali, quello adriatico presenta da 1 a 5 giorni di neve all’anno sino al sud della Puglia , mentre quello ionico-tirrenico e quello delle isole non vede(in media) la neve nemmeno un giorno all’anno.

Fig 3: Giorni di caduta di neve in Italia (1921-1960)


Durata del manto nevoso

Un importante parametro climatico è la durata media annuale del manto nevoso al suolo (Fig.4). Nella pianura padano-veneta si registrano non più di 5- 6 giorni di neve al suolo presso il litorale, 9-10 attorno a Padova, 12 -15 in un’area che ha per asse la direttrice Vicenza – Ferrara – Bologna; poi ancora 10 giorni tra Verona e Milano. Andando ad occidente valori poi crescenti sino ai 25 gg. di Torino ed ai 35 della bassa piemontese. Ad Aosta la durata media è di 46 giorni. mentre nella valle, a 1200 m, si superano i 100 gg. Limitata è la durata della copertura nevosa nella valle dell’Adige che si estende tra Trento e Bolzano, 20-25 gg. appena, merito delle modeste precipitazioni nevose e del clima invernale molto soleggiato ed abbastanza mite (in particolare riguardo alle temperature massime).

Fig. 4: Durata media in giorni del manto nevoso in Italia (1921-1960)

Nell’Appennino settentrionale la maggior durata spetta la versante rivolto alla Pianura Padana : 100 giorni nell’area più elevata compresa tra il Monte Cimone e l’Abetone, da 50 a 100 giorni in quella tra il Monte Falterona ed il Fumaiolo. La copertura dura ancora più di 100 giorni nelle aree più sommitali dell’Appennino centrale . Nell’Appennino meridionale si superano i 50 giorni solo nelle cime del Pollino, della Sila e dell’Aspromonte. Per quanto concerne le zone costiere, la durata è inferiore a 5 giorni nel litorale adriatico che si estende tra Trieste ed il delta del Po, è compresa tra 5 a 10 giorni più a sud, sino a Civitanova Marche dopo di che essa si riduce nuovamente sino a ca. 1 giorno, all’altezza di Bari. Ancora più a mezzogiorno e in tutto il litorale ionico, tirrenico, ligure ed in quello delle isole, la durata è inferiore a un giorno. Bassa è pure la permanenza della neve nelle zone pianeggianti del Lazio e della Toscana (da 2 a 4 giorni).

La neve nelle Alpi

Nelle Alpi tutti i valori sono ovviamente fortemente influenzati dalla quota. Relativamente al quarantennio 1921-1960 il Servizio Idrografico ha calcolato, sulla base dei dati provenienti di numerose stazioni nivometeorologiche i valori medi indicati nella seguente tabella, nella quale sono pure riportati i giorni di neve (> di 1 cm) ed i giorni della sua permanenza al suolo

Tabella 1

Tabella 1 – Media delle precipitazioni nevose, dei giorni di neve (> 1 cm) e dei giorni di permanenza della neve al suolo, nelle Alpi italiane, in funzione dell’altitudine (1921-1960)

Tali dati sono puramente orientativi risultando dalle medie di rilevamenti di singole stazioni. Questo potrebbe giustificare alcuni valori altrimenti inspiegabili come ad esempio per la quota 1200, 254 cm di caduta di neve per le Alpi centrali, solo 140 per quelle centrali; ed ancora per le prime, il passaggio da 147 a 254 cm per un dislivello di solo 200 m!. In realtà ogni versante, ogni valle, addirittura ogni porzione di valle, pur alla stessa quota, può presentare precipitazioni molto diverse. Nel complesso appare però indubitabile la maggiore nevosità del settore occidentale. Ciò può essere dovuto alla maggiore continentalità ed alle maggiori precipitazioni (per effetto stau) in occasione di depressioni che si formano nella parte settentrionale del bacino del mediterraneo (Gl, depressione della Val Padana). Per quanto concerne i giorni con caduta di neve i dati per i 3 comparti alpini denotano ancora una leggera prevalenza della parte occidentale, mentre per quanto attiene la durata del manto nevoso le differenze significativamente ancora vantaggiose per le Alpi occidentali alle quote meno elevate, tendono a scomparire più in alto.

Per i tre comparti alpini in relazione alla nevosità, ai giorni di neve ed alla permanenza della neve al suolo, il Servizio Idrografico ha suggerito alcune correlazioni matematiche con l’altitudine h espressa in hm, che qui riassumiamo (valide solo sopra i 500 – 600 m di altezza )

Per quanto concerne la caduta della neve, N (cm)

Alpi occidentali
N = 29,6h – 106,2

Alpi centrali
N = 32,9 h – 120,6

Alpi orientali
N = 23,1h – 81,7

In sintesi i può asserire che la nevosità aumenta di 20-30 cm ogni 100 m di dislivello altimetrico.

Per i giorni di caduta di neve, G

Alpi occidentali
G = 2,3 h – 4,5

Alpi centrali
G = 2,3 h – 5,3

Alpi orientali
G = 1,8 h – 3,1

I giorni di neve aumentano di ca. 2 ogni 100 m di dislivello altimetrico. Per i giorni di permanenza di neve al suolo, D

Alpi occidentali
D = 9 h – 1,5

Alpi centrali
N = 10,9 h – 17

Alpi orientali
N = 9,3 h – 11,3

La permanenza della neve al suolo aumenta di ca. 10 giorni ogni 100 m di dislivello altimetrico

Tabella 2Tab. 2 – Giorni di neve, altezza della neve caduta e durata del manto nevoso al suolo
in alcune località (1921 – 1960)

Fonte : http://www.nimbus.it/liguria/rlm15/neve.htm