Archivio mensile:Luglio 2016

Due nuovi documenti scientifici affermano che il Sole è il “pacemaker del clima”

Due recenti articoli pubblicati sulla rivista Physics Letters A hanno trovato che il Sole è il vero e proprio pacemaker del clima“, delle temperature oceaniche equatoriali e globali. Gli autori riportano evidenza di una forzatura solare annuale, con periodi di 2 o 3 anni che si ripetono sulle temperature oceaniche. Gli autori riportano inoltre che questi cicli sono estremamente significativi ed importanti per la comprensione del fenomeno El Niño/La Niña“, che come tutti noi sappiamo ha profondi effetti sul clima globale.
I due documenti :

1- Il Sole è il pacemaker clima I. Temperatura equatoriale dell’oceano pacifico
di David H. Douglass e Robert S. Knox

Riassunto

I dati delle serie storiche della temperatura equatoriale dell’oceano pacifico contengono dei segmenti che mostrano un segnale agganciato in fase annuale e un segnale agganciato con una fase di tempo di circa due anni o tre anni, con l’annuale ciclo solare. Tre di questi segmenti sono osservati tra il 1990 e il 2014. Affermiamo che questi segmenti sono causati da una forzatura solare con frequenza di 1,0 cicli/anno. Queste caratteristiche periodiche si trovano anche nei dati climatici globali. In questo studio si fa uso di un filtro di dodici mesi per separare nettamente gli effetti stagionali dai dati. Questo risultato è significativo per la comprensione del fenomeno El Niño / La Niña.

Riassunto

Nella prima parte I, la temperatura equatoriale dell’Oceano Pacifico, SST3.4 è stato rilevato avere dei segmenti durante il periodo 1990-2014 ed è stato mostrare avere un segnale annuale ( forzatura di 1,0 cicli / anno) agganciato in fase con periodi di 2 o 3 anni. Questo successivo studio si estende su tutto l’oceano globale, sotto la superficie, da 700 a 2000 m. Anche in questo caso, gli stessi fenomeni in fase di chiusura vengono rilevati. Gli effetti di El Niño / La Niña si diffondono negli oceani del mondo, con un ritardo di circa due mesi.
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Dalle conclusioni :
“…. Con questi risultati sta diventando sempre più chiaro che l’intero sistema climatico risponde alla variabile radiazione solare incidente, ed è soggetto a interazioni, molto probabilmente non lineari, che producono sub-armoniche dal periodo di due o tre anni ed inoltre con una evoluzione non continua, come evidenziato dalle interruzioni riportate nei modelli dei noti cambiamenti climatici.…”
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Per approfondire, i due documenti :

Il sonno dei Colli Albani

L’area vulcanica dei Colli Albani, alle porte di Roma, rimasta in assoluto stato di quiete da 36.000 anni a questa parte – nonostante miti e leggende che hanno accreditato eruzioni fino in epoca romana – è attiva e a diversi chilometri di profondità si sta accumulando nuovo magma, facendo presagire un risveglio tra migliaia di anni. A sostenerlo, uno studio firmato INGV, Sapienza Università di Roma, CNR e Università di Madison, pubblicato su Geophysical Research Letters

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I Colli Albani, l’area vulcanica alle porte di Roma, inizia a dare segni di un futuro risveglio. A stabilirlo, uno studio multidisciplinare Assessing the volcanic hazard for Rome: 40Ar/39Ar and In-SAR constraints on the most recent eruptive activity and present-day uplift at Colli Albani Volcanic District, condotto da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Geologiche – “Sapienza” Università di Roma, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IGAG-CNR), e Laboratorio di Geocronologia dell’Università di Madison, che ha permesso di ricostruire la storia delle eruzioni avvenute da 600.000 anni fa a oggi nel distretto vulcanico dei Colli Albani, assieme a quella delle deformazioni della crosta terrestre che hanno accompagnato nel tempo la sua evoluzione. “Il risultato sorprendente”, afferma Fabrizio Marra, ricercatore dell’INGV, “è che non solo il vulcano è tutt’altro che estinto, ma ha appena iniziato un nuovo ciclo di alimentazione delle camere magmatiche che potrebbe portarlo nel prossimo millennio, da uno stato dormiente a quello di risveglio. Da qui la necessità di monitorare sin da oggi quest’area vulcanica”. Gli elementi emersi dallo studio sono molteplici, legati a diversi indicatori geofisici, tutti convergenti nell’indicare che l’area vulcanica è attiva e che a diversi chilometri di profondità si sta accumulando nuovo magma. “In quanto tempo questo magma potrebbe trovare una via di risalita e dar luogo a un’eruzione è difficile da stabilire con precisione, quello che è certo è che i tempi fisici per cui ciò possa avvenire sono alla scala delle diverse migliaia di anni. Tutt’altra storia rispetto al Vesuvio, dove le eruzioni sono avvenute in tempi storici e i tempi di ritorno dell’attività vulcanica sono dell’ordine delle decine e delle centinaia di anni: ai Colli Albani tutto procede con tempi delle migliaia e delle decine di migliaia di anni. A cominciare dai tempi di ritorno delle eruzioni”, prosegue Marra. Lungo tutto il periodo di attività, indipendentemente dalla grandezza dei singoli aventi, le eruzioni ai Colli Albani sono avvenute con cicli molto regolari di circa 40.000 anni, separati da periodi di pressoché assoluta quiescenza.
“A partire da 600mila anni fa”, spiega il ricercatore dell’INGV, “ci sono stati 11 di questi cicli eruttivi. L’ultimo, avvenuto al Cratere di Albano, è iniziato proprio 41.000 anni fa ed è terminato intorno a 36.000 anni. Questo vuol dire che il tempo trascorso dall’ultima eruzione è dello stesso ordine dei tempi di ritorno: quindi il vulcano deve considerarsi attivo e pronto per un nuovo futuro risveglio”. I ricercatori hanno inoltre accertato che nel periodo di attività più recente, a partire da 100.000 anni fa, i tempi di ritorno si sono leggermente accorciati e sono stati dell’ordine di 30.000 anni. L’area in cui sono avvenute tutte le eruzioni più recenti è concentrata in un settore allungato in direzione nord-sud e comprende i crateri di Ariccia (200 mila anni), Nemi (150 mila anni), Valle Marciana (100 mila anni), Albano (due cicli a 69 mila e 41-36 mila anni), e il cono vulcanico di Monte Due Torri (40 mila anni). “Tale settore corrisponde esattamente a un’area in cui le osservazioni di telemetria satellitare (InSar), fatte dai ricercatori INGV, hanno rivelato un continuo sollevamento, con tassi di 2-3 mm/anno, negli ultimi 20 anni. Questo lascia perciò ipotizzare che al di sotto dell’area dove sono avvenute le eruzioni più recenti si stia accumulando nuovo magma che provoca un rigonfiamento della superficie. La rivalutazione di studi di tomografia crostale condotti in passato suggerisce che questa zona di accumulo possa essere tra i 5 e i 10 km di profondità. Abbastanza profonda, quindi, da non destare preoccupazioni al momento”, continua Marra.
Infine, il terzo importante elemento è scaturito dagli studi che hanno investigato le cause dei lunghi periodi di inattività che hanno separato le diverse eruzioni.
“Anche qui si è capito che la causa di questo comportamento peculiare, diverso dagli altri distretti vulcanici attivi nello stesso periodo di tempo nell’Italia centrale (Vulsini, Vico, Monti Sabatini e Roccamonfina), stia nelle particolari condizioni geodinamiche dell’area di Roma, dove sono state attive forze crostali prevalentemente compressive, rispetto a quelle estensionali delle aree circostanti, che ha l’effetto di sigillare le fratture e le faglie che costituiscono le vie di risalita del magma durante le eruzioni. Così il magma rimane in profondità finché il progressivo accumulo non genera delle pressioni tali da superare le forze compressive crostali. A questo punto si esercita una spinta verticale che riapre le faglie e le fratture: il campo di stress diviene cioè estensionale come nelle regioni circostanti, e un nuovo ciclo eruttivo ha inizio”, aggiunge Marra.
Al momento attuale gli indicatori geofisici indicano l’esistenza di un campo di stress estensionale ai Colli Albani e nell’area romana, compatibile con un sollevamento in atto e favorevole alla eventuale risalita di magma.
Al tempo stesso “nessun elemento derivante dalle osservazioni geochimiche e geofisiche in atto lascia ipotizzare che un’eruzione possa avvenire né in tempi brevi né medi. Quindi, se una ricarica dei serbatoi magmatici è in atto, questa durerà senz’altro migliaia di anni prima che possa dar luogo a un’eruzione”, conclude Marra.

Fonte : http://comunicazione.ingv.it/index.php/comunicati-e-note-stampa-2/1281-il-sonno-dei-colli-albani

Variazioni del livello degli Oceani misurate dal Satellite GRACE

Questa animazione della NASA mostra le variazioni del livello del mare, quindi, l’aumento e la diminuzione in risposta alle variazioni dei campi gravitazionali e della rotazione terrestre. Impressiona la riduzione del volume di ghiaccio che ricopre la Groenlandia. Le principali modifiche delle massa d’acqua possono causare aumenti o riduzioni localizzate e variazioni nella gravità, a volte con effetti apparentemente controversi. Lo scioglimento dei ghiacciai, per esempio, causa vicino al ghiacciaio stesso, una riduzione del livello dell’acqua determinata dalla perdita di massa, di conseguenza, la loro attrazione gravitazionale rallenta e l’acqua di mare viene allontanata aumentando progressivamente. In questa animazione, calcolata dai dati raccolti tramite i satelliti gemelli GRACE tra l’Aprile 2002 e Marzo 2015, si osserva come il livello del mare diminuisca vistosamente intorno alla Groenlandia a causa del rapido scioglimento (arancione, giallo). Invece, nei pressi della costa ad una distanza sufficiente, il livello dell’acqua aumenta nuovamente (blu). Il metodo di calcolo è descritto nello studio di Adhikari et al. (2016, Geoscientific Model Development).

Fonte : http://geoscienze.blogspot.it/2016/07/variazioni-del-livello-degli-oceani.html

Anomalie Temperature e Precipitazione Italia – Dati CNR Giugno 2016

Questi sono i Dati del CNR, sono quindi le anomalie ufficiali Italiane e sono calcolate basandosi sulla rete AM/Enav integrando anche gli osservatori più antichi sparsi per la penisola, la media di riferimento è la 71-00 utilizzata ufficialmente anche dell’Aeronautica e che dal 2011 è divenuta quella ufficiale anche per l’Organizzazione Meteorologica Mondiale ( OMM ).

Anomalia Temperature Giugno 2016 :

Il mese chiude con un’anomalia positiva pari a  +1.03°C, ed è il 32° mese di Giugno più caldo dal 1800. Il record spetta al Giugno del 2003 con un deficit del +4.79°C.

Anomalie Precipitazioni Giugno 2016 :

E’ un mese multicolore, questo Giugno 2016, con anomalie positive e negative distribuite su tutto il paese. Nel complesso il mese chiude con un surplus del +22%. Il record di mese più umido spetta al Giugno del 1868 con un surplus del +165%, mentre il più secco al Giugno del 1928 con un -77%

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Fonte : http://www.isac.cnr.it/climstor/climate_news.html

Il primo, di tanti possibili (piccoli) incidenti di percorso …

Piccolo aggiornamento del fine settimana / inizio prossima, con due regioni solari, l’AR 2565 & l’AR 2567, in evoluzione e in procinto di posizionarsi fronte Terra. Fra le due regioni, l’AR 2567 sembra essere quella più interessante, in fase di crescita (vedi animazione sotto riportata) e con una configurazione magnetica leggermente instabile, di tipo beta-gamma, con area 370.

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Non sono da escludere possibili brillamenti di categoria C o M nelle prossime ore. Per il resto, i raggi X sono in leggera ascesa e il flusso solare corretto alle ore 17:00 UTC del 16-07-2016, risulta essere pari a 107,8. Ecco quindi, che siamo di fronte ad un nuovo incidente di percorso,  un piccola ripresa dell’attività EM della nostra stella, in questa preliminare fase di discesa del ciclo solare.

Per la cronaca, c’è un allineamento planetario in progress. Allineamento planetario Venere – Mercurio -Terra, con sviluppo delle due regioni proprio nel settore sinistro del disco solare, rispetto al fronte Terra.

Allineamento planetario & AR 2565 2567

Michele