Archivio mensile:Ottobre 2016

Napoli, scoperti sei nuovi vulcani «Adeguare i piani di rischio»

Sorgono tra Ercolano e Torre Annunziata, la ricerca condotta da Cnr e Università

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Non bastavano Vesuvio, Campi flegrei e Marsili a turbare i sonni dei napoletani. Nel Golfo di Napoli nel tratto compreso tra Ercolano e Torre Annunziata, a meno di 3 chilometri dalla costa, ci sono ben sei strutture vulcaniche sottomarine. La clamorosa scoperta, pubblicata questo mese sulla rivista scientifica americana Geophysical Reserch Letter, si deve a un nutrito team di ricercatori. Ne fanno parte esperti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Roma 1); del Dipartimento di scienze della terra (Distar) della Federico II di Napoli; dell’Istituto per l’ambiente marino costiero del Consiglio nazionale delle ricerche.

Lo studio intitolato Somma-Vesuvio volcano revealed by magnetic and seismic data (V.Paoletti, S.Passaro, M.Fedi, C.Marino, S.Tamburrino, G.Ventura) conferma il quadro niente affatto rassicurante delle potenzialità catastrofiche del vulcanesimo sommerso nel Golfo.

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Già rilanciato sul sito dell’Università di Napoli Federico II è anche commentato da uno dei ricercatori, Guido Ventura: «Abbiamo rilevato nuovi punti di emissioni di anidride carbonica nel Golfo di Napoli — scrive — cosa abbastanza comune in aree geotermali e vulcaniche. E qui abbiamo scoperto sei strutture vulcaniche (coni e duomi) finora sconosciute, con un diametro di 800 metri. Inoltre sono state identificate delle colate laviche medioevali che si sono riversate in mare in età prevalentemente medioevale».

I sei vulcani, contrassegnati sulle slide con le sigle V1-V2-V3-V4-V5-V6, formano una semicorona in mare proprio lungo il tratto costiero che va da Ercolano alla antica Oplonti. Le ricerche hanno consentito di stabilire che tre delle strutture vulcaniche sottomarine (V1-V2-V3) si sono formate prima di 19 mila anni fa, quindi in epoca preistorica. Mentre per il vulcano V5, il più vicino alla costa di Torre Annunziata, la cui parte superiore è ad appena cinque metri sotto il fondale marino, gli scienziati sono convinti che abbia un’età geologica decisamente più giovane. Infine, il V6, quello che sorge davanti al litorale di Ercolano tra 50 e 100 metri di profondità, avrebbe eruttato in età molto più vicine a noi, cioè dopo il 1631 d.C. In particolare il magma sarebbe risalito durante le eruzioni del 1794 e del 1861. Lo studio ha riguardato pure lo stato dei cosiddetti «cryptodomes» già rilevati nel 2012 a quattro chilometri dalla costa. Si tratta di cupole sommerse di lava «ingabbiata» dove non sono state rilevate anomalie magnetiche, pertanto si ritiene che la loro natura vulcanica sia discutibile. Ovviamente, se i risultati dello studio sono importanti dal punto di vista scientifico, inevitabilmente aumentano la consapevolezza di quale sia il livello teorico di rischio cui sono sottoposti tutti gli abitanti del Golfo.

Va detto che la scoperta è avvenuta nell’ambito della campagna «Safe 2014», con rilievi effettuati a bordo della nave oceanografica Urania del Cnr, che già ha portato nel marzo scorso alla scoperta del famoso «duomo» sottomarino a 150 metri di profondità e a 2,5 chilometri da Posillipo. Quello però, a giudizio degli scienziati, non rappresenta al momento alcun pericolo dal momento che contiene gas, per lo più anidride carbonica.

Diverso il discorso per i sei vulcani sottomarini, uno di loro in particolare presenterebbe una struttura più debole. Perciò gli studiosi concludono con una sorta di monito ai responsabili della pubblica incolumità: «Il rischio correlato a possibili, future attività sottomarine, dovrebbe essere incluso nei programmi di valutazione del rischio». Mentre, dal momento che è stata accertata la presenza di colate laviche vesuviane che nel Medioevo hanno raggiunto il mare, «anche questo rischio dovrebbe essere presto in considerazione per una corretta pianificazione degli scenari eruttivi attesi».

Fonte : http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/cronaca/16_settembre_29/scoperti-sei-vulcaninel-golfo-napoli-7364a744-8619-11e6-832a-cce4cd3e89ac.shtml

Sotto l’influenza delle maree

Uno studio condotto dalla Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf di Dresda mette in relazione le forze delle maree di Terra, Venere e Giove con l’attività del Sole

Un recente studio condotto dall’ Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf (HZDR) di Dresda e pubblicato su Solar Physics suggerisce una teoria secondo cui le forze di mareali di Venere, Terra e Giove avrebbero un’influenza diretta sull’attività del Sole. L’attività della nostra stella è determinata dal suo campo magnetico ed esso a sua volta è generato da due effetti combinati noti come alfa e omega. ‘Si tratta di una dinamo proprio come per la Terra – commenta Frank Stefani, autore dello studio – attraverso l’autoeccitazione il campo magnetico viene creato praticamente dal nulla e il complesso movimento del plasma conduttivo funge da fonte di energia’. La cosiddetta dinamo alfa-omega del Sole è soggetta a un ciclo regolare. All’incirca ogni 11 anni, la polarità del campo magnetico della stella è invertita con il picco dell’attività solare alla stessa frequenza. In questo particolare momento si manifesta  un aumento delle macchie sulla superficie, provenienti da campi magnetici fortemente concentrati.

Il team di ricercatori tedeschi ha notato che proprio in quest’arco temporale Venere, Terra e Giove sono allineati. Sebbene il fenomeno fosse già noto, gli scienziati non hanno mai trovato un  meccanismo fisico plausibile che dovrebbe portare le deboli maree dei tre pianeti ad influenzare la dinamo solare. Dai calcoli effettuati si nota che l’effetto alfa è soggetto a oscillazioni a determinate condizioni e questi movimenti hanno bisogno solo di una minima fonte di energia e le maree planetarie potrebbero dare il via al fenomeno. La cosiddetta instabilità di Raleigh-Taylor – un fenomeno fisico che descrive la complessa ramificazione di un fluido in filamenti sempre più sottili mentre attraversa un fluido meno denso – gioca un ruolo cruciale per la risonanza della dinamo solare. Quest’ultima si basa sull’interazione dei due citati meccanismi di induzione alfa e omega. L’effetto omega è  originato nel tachocline, la zona di transizione tra la fascia radiativa e quella convettiva.  La rotazione differenziale che converge in quest’area genera il cosiddetto campo magnetico toroidale che si concentra nella parte inferiore della zona convettiva. C’è una considerevole mancanza di chiarezza invece, riguardo la posizione e la causa dell’effetto alfa: secondo una teoria prevalente l’origine dell’effetto sarebbe da identificarsi in prossimità delle macchie solari sulla superficie della stella. I ricercatori di Dresda hanno scelto un approccio alternativo che collega l’effetto alfa almeno in parte all’instabilità di Taylor. A sua volta quest’ultimo è causa dell’incremento di campi toroidali dal tachocline, dove è possibile individuare l’effetto alfa. ‘I nostri calcoli mostrano che le forze di marea planetarie agiscono da apripista – conclude Stefani – le oscillazioni nell’effetto alfa che si attivano ogni 11 anni potrebbero causare l’inversione di polarità del campo magnetico solare e in ultima analisi dettare i 22 anni del ciclo della dinamo del Sole’.

Fonte : http://www.asi.it/it/news/sotto-linfluenza-delle-maree

Anomalie Temperature e Precipitazione Italia – Dati CNR Settembre 2016

Questi sono i Dati del CNR, sono quindi le anomalie ufficiali Italiane e sono calcolate basandosi sulla rete AM/Enav integrando anche gli osservatori più antichi sparsi per la penisola, la media di riferimento è la 71-00 utilizzata ufficialmente anche dell’Aeronautica e che dal 2011 è divenuta quella ufficiale anche per l’Organizzazione Meteorologica Mondiale ( OMM ).

Anomalia Temperature Settembre 2016 :

Il mese chiude con un’anomalia positiva pari a  +1.40°C, ed è il 13° mese di Settembre più caldo dal 1800. Il record spetta al Settembre del 1987 con una temperatura superiore alla media di riferimento pari a +2.84°C.

Anomalie Precipitazioni Settembre 2016 :

Il mese chiude pressochè in media, con un leggero surplus del +14 %. Il record di mese con mag giori precipitazioni spetta al Settembre del 1833 con un surplus di +167%.

Fonte : http://www.isac.cnr.it/climstor/climate_news.html

Emettevano C02 di notte per non farsi scoprire: arrestate quattromila sequoie

Cambio style… fine settimana leggero ….

😆

AMAZZONIA – Sono giunte fin qui, nella foresta più estesa del mondo, le indagini di Gianni Pinotto, Maresciallo dei Carabinieri del Comando di Porto Recanati, che con l’ausilio delle forze dell’ordine locali – le Amazzoni a Cavallo – ha portato alla luce uno dei più incredibili complotti della Storia.

Tutto è cominciato qualche settimana fa, durante la lezione di scienze delle scuole serali per l’ottenimento della licenza elementare. Il Maresciallo Pinotto, studente modello e ascoltatore provetto, non si è lasciato sfuggire una sola parola proferita dalla maestra Lucia durante i 55 minuti che hanno sconvolto la sua esistenza.

Secondo quanto affermato dalla maestra, infatti, la cosiddetta fotosintesi clorofilliana avverrebbe solo di giorno, per lasciare spazio, durante la notte, a un meccanismo di glicolisi, denominato “respirazione cellulare”, che comporta l’emissione di anidride carbonica. “E perché nessuno ne parla? – ha incalzato l’intrepido Maresciallo Pinotto – Perché tutta questa omertà per difendere le piante?”. A nulla sono valsi i tentativi di spiegazione della maestra Lucia, inutilmente intenzionata a contenere l’entusiasmo dell’allievo e tutore della legge: i responsabili di questo crimine contro l’umanità sarebbero stati assicurati alla giustizia.

Nel corso delle sue indagini, il Maresciallo si è scontrato con l’immane ritrosia del regno vegetale a rispondere alle sue domande. Comprendeva che la gravità delle accuse avrebbe lasciato chiunque senza parole, ma confidava nelle sue testate capacità di persuasione. Ed è stato solo grazie all’abile e sapiente uso di sottili tecniche psicologiche, che il Maresciallo Pinotto ha convinto un vivaista a parlare: “Loro sapevano. Le loro serre sono piene zeppe di piante che di notte rovesciano litri e litri di anidride carbonica nell’aere. E ce l’hanno tenuto nascosto per anni!”

Con le prime confessioni, il quadro della vicenda diventava sempre più chiaro. I vivaisti non erano gli unici complici del mondo arboreo: anche eminenti scienziati sarebbero stati a conoscenza del torbido segreto. Il tutto sarebbe confermato dal nome di “effetto serra” dato al fenomeno per cui l’accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera determinerebbe un innalzamento delle temperature con grave impatto climatico. L’intero globo sarebbe dunque come un’immensa serra, nella quale piante di ogni specie crescono rigogliose immettendo sostanze tossiche nell’aria con il chiaro scopo di provocare l’estinzione del genere umano.

Il risvolto più increscioso dell’intera faccenda è dato dalla scoperta del coinvolgimento delle associazioni ambientaliste (le cui tendenze misantropiche non hanno mai rappresentato un segreto) e del Panda del WWF, ora agli arresti domiciliari.

Il clamore delle indagini ha suscitato anche l’attenzione di alcuni deputati, colti di sorpresa mentre erano intenti a convertire un rutto di Renzi in legge: hanno dunque presentato un’interrogazione parlamentare per sapere se durante la partita Juve-Roma l’arbitro Rocchi possa essere stato intossicato dalla CO2 emessa dall’erbetta.
Nel frattempo non è ancora chiaro il destino delle oltre quattromila sequoie a capo della rivoluzione e di tutte altre piante coinvolte. Gli alberi hanno infatti resistito all’arresto – “nonostante la fatica che avevo fatto per trovare manette enormi che gli stessero bene”, ha commentato il Maresciallo Pinotto – e rifiutato categoricamente di seguire gli agenti, aggravando ulteriormente la loro posizione.

Le piante rischiano ora la pena di morte per incendio a meno di riconvertire i propri cicli vitali incrementando le emissioni di ossigeno e riassorbendo tutta la CO2 che hanno immesso nell’atmosfera. Ad ogni modo, se persisteranno nel loro atteggiamento ostile un team di ingegneri ambientali sarà incaricato di progettare un magnifico deserto che andrà finalmente a sostituire l’attuale foresta inquinante.

Il Democritico

James Lovelock: “Dieci anni fa ero certo che le emissioni di CO2 e il global warming non ci avrebbero dato scampo”

I mutamenti climatici? “Non insostenibili”. Le nuove tecnologie? “Cambieranno più noi che il pianeta”. I robot? “Basta che non votino”. L’animale del futuro? “Quello elettronico, una fusione di uomo e chip. A lui un giorno sembrerà lungo duemila anni”. La parola allo scienziato 97enne che ha sviluppato la teoria di Gaia e previsto la fine dell’umanità. Ma ora ha cambiato idea

L’ULTIMO REGALO DI JAMES LOVELOCK è un elisir di lunga vita, da sorseggiare con cautela. Lo scienziato britannico è passato alla storia da quando, nel 1979, ha reso pubblica la teoria di Gaia: “Una intuizione” , ci racconta dalla sua casa nel Dorset. Il lampo di genio gli suggerì che “la parte vivente e quella inorganica del nostro pianeta interagiscono così che Gaia, la “madre Terra”, mantenga un equilibrio e preservi la vita”. Da allora Lovelock è sempre andato controcorrente. Da scienziato di spicco, critica l’accademia “perché a furia di spezzettare il sapere in mille specializzazioni, sta perdendo per strada la visione d’insieme”. Da studioso vocato all’ambiente, se la prende con gli ambientalisti “perché sostengono cause perse: le energie rinnovabili non basteranno mai a salvarci “.

Rifiutato a lungo dal gotha della scienza per le sue visioni alternative, respinto dai “verdi” per il suo sostegno al nucleare, questo inglese con l’aria pacata affronta oggi l’unica contraddizione con cui davvero bisogna fare i conti: quella con se stessi. Lui, che in La rivolta di Gaia (Rizzoli, 2006) aveva predetto il rapido tracollo dell’umanità per il surriscaldamento globale, oggi ci ripensa. The Earth and I, l’ultimo volume da lui curato per Taschen, è una iniezione di speranza, di fiducia che l’uomo, “l’animale più straordinario”, possa salvarsi, che ogni suo giorno arrivi a valere duemila anni. E anche stavolta, Lovelock si conferma un outsider: a novantasette anni, non è il tramonto che vede all’orizzonte. Ma l’alba.

Lei è stato per decenni il “dottore” del pianeta. Come sta Gaia oggi?
“Gaia oggi è una old lady, una signora attempata, e sta all’incirca come me: siamo entrambi piuttosto anziani (ride, ndr) ma ce la caviamo bene. Certo, le cose che stiamo facendo al pianeta non sono le più sagge, e la signora non è giovane come credevamo, ma non sono particolarmente preoccupato”.

Dieci anni fa, nella sua opera “La rivolta di Gaia”, lei scrisse che “entro la fine del secolo solo una manciata di esseri umani sarà sopravvissuta”. Era preoccupato per la Terra, o almeno per l’umanità. Ora ci dice di stare tranquilli. Cosa è cambiato?
“Sono un allarmista pentito. All’epoca ero convinto che le emissioni di anidride carbonica prodotte dagli uomini avrebbero portato a un aumento delle temperature insostenibile per il pianeta o quantomeno per la nostra sopravvivenza. Vede, la mia teoria di Gaia si basa sul fatto che la biosfera è capace di autoregolarsi e mantenersi vitale. Tuttavia, con i suoi quattro miliardi di anni, è anziana. Io ho sempre avuto fede nella sua resilienza, nella sua capacità di ricomporre un proprio equilibrio nel lungo periodo. Ma nell’immediato? Osservavo la old lady e mi dicevo: ok, un’influenza può essere un fastidio banale per un ragazzetto, ma può essere letale per un centenario. Allo stesso modo, pensavo che Gaia non avrebbe tollerato il nostro impatto. Ce l’avrebbe fatta pagare, la nostra sopravvivenza sarebbe stata a rischio”.

Oggi il suo messaggio è: niente panico.
“Sì”.

Perché? Per undici mesi consecutivi si sono registrate temperature record, non si vedevano mesi caldi come questo agosto da ben centotrentasei anni.
“Vede, ho realizzato che non è ancora possibile fare previsioni che vadano oltre i prossimi otto o dieci anni: le cose stanno cambiando con troppa rapidità per poterle inquadrare nel medio o lungo periodo. Se le mie stesse previsioni fossero state valide, avremmo già fatto una brutta fine. Invece con sorpresa ho constatato che negli anni successivi al mio libro la temperatura rimaneva tutto sommato costante. Non penso che corriamo pericoli nell’immediato. Ma se facciamo ammalare Gaia, gli effetti si potrebbero vedere tra migliaia di anni. Magari allora la “rivolta” arriverà, e in quel momento dovremo fare qualcosa. Ho fiducia che risponderemo alla sfida: siamo gli animali più resistenti “.

La Terra, dice lei, si ammala per come la trattiamo. Stiamo facendo abbastanza per rimediare? Cosa pensa dell’accordo sul clima raggiunto a Parigi?
“Per evitare che la Terra diventi insostenibilmente troppo calda, è necessario ridurre le emissioni. Credo che stiamo procedendo bene, anche in questo caso non mi faccio prendere dall’ansia. Sono davvero impressionato dall’accordo di Parigi. Ha dimostrato che siamo in grado di prendere la questione del clima davvero sul serio. L’impegno di tante nazioni, e in primo luogo dei “grandi inquinatori” come Stati Uniti e Cina, rende il patto davvero globale. Una mossa senza precedenti, che ci porta nella giusta direzione. Ma vi metto in guardia: nessun passo avrà grandi effetti se ciascuno di noi non rivoluzionerà i propri com- portamenti, per esempio scegliendo di camminare invece di inquinare”.

I problemi energetici di oggi sono gli stessi di ieri? Lei crede che la rivoluzione industriale abbia segnato l’inizio di una nuova era geologica, l’Antropocene. Stiamo entrando in una nuova era dell’industria, un’era tech: che impatto avrà su Gaia?
“Il nuovo sistema di produzione e di consumo, le macchine che si guidano da sole, la svolta tecnologica, avranno molto più impatto su di noi che sul pianeta. La mia paura è che smettiamo di allenare le nostre menti delegando tutto ai computer, e temo che le macchine ci “tolgano il lavoro”. Ma dal punto di vista climatico non vedo svolte paragonabili alla rivoluzione industriale di trecento anni fa. L’invenzione della macchina a vapore ridefinì i nostri rapporti con la Terra, proiettandoci in una nuova era geologica, l’Antropocene appunto. Così come le prime forme di vita avevano imparato a usare l’energia del Sole per ricavarne ossigeno – e questo passaggio ha segnato tutto ciò che è successo dopo – allo stesso modo l’uomo è stato il primo animale a utilizzare l’energia solare per raccogliere, conservare e usare informazioni. Questo è un passaggio cruciale che condizionerà tutto ciò che segue”.

In che modo? Quando lei ha concepito la teoria di Gaia bisognava ragionare sul rapporto tra l’uomo e il pianeta. Ora in questa relazione subentrerà un terzo incomodo: il robot.
“Dica ai suoi lettori di non preoccuparsi troppo dei robot, fino a che non potranno votare. Il punto di svolta è questo: noi produciamo intelligenza artificiale, ma arriverà il punto in cui i computer diventeranno così evoluti da essere più intelligenti di noi? Insomma, ci rimpiazzeranno? Sembra fantascienza degli anni Venti, ma ora è una eventualità probabile. Più i robot diventeranno capaci, più potrebbero porsi come nostri rivali e chiedere un mondo molto diverso da quello a noi congeniale”.

Per il pianeta, i robot che “animali” saranno?
“Quando gli artificial intelligent animals saranno diventati parte del sistema Terra, non essendo organici, saranno felici in modo molto diverso dal nostro. Anche la loro sorgente di vita non sarà la stessa. Ma per ora possiamo immaginare una mutazione graduale. In questa nostra era dell’Antropocene, noi uomini, che siamo il sistema nervoso del pianeta, gli stiamo imponendo un cambiamento rapido e stiamo dando il via a nuove forme di vita. Il futuro animale elettronico accelererà ancor di più sia le trasformazioni che la nostra stessa percezione del tempo”.

In che modo?
“Prenda me: io e il mio pacemaker siamo perfettamente integrati. A livelli ben più avanzati, l’emergere di forme di vita basate sulla simbiosi tra animale e chip è un’eventualità non remota, e potrebbe offrirci nuove chance di sopravvivenza. Vede, il nostro cervello è in grado di tradurre segnali elettronici in informazioni utili, e viceversa l’elettronica è in grado di trasmettere informazioni ad alta velocità. Immagini una forma di vita elettronica, dove le informazioni viaggiano a una velocità molto più alta di quella sopportabile dai neuroni animali. Con una tale densità di stimoli, un giorno ci sembrerà lungo più di duemila anni. E la vita, in qualche modo, durerà un’eternità”.

Fonte : http://www.repubblica.it/ambiente/2016/10/02/news/james_lovelock_dieci_anni_fa_ero_certo_che_le_emissioni_di_co2_e_il_global_warming_non_ci_avrebbero_dato_scampo_-148942414/