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Il fanatismo ambientalista

Carissimi lettori, dopo non so quanti anni mi ritrovo stasera a scrivere un Topic su NIA. Lo faccio perché le cose sono andate peggiorando, e questo vuole essere uno sfogo, un semplice sfogo… I fanatici ambientalisti hanno acquisito negli ultimi anni un potere ormai quasi inarrestabile; i poteri forti, le massonerie mondiali, la stampa di Élite e la grande finanza guidate dai filantropi B. Gates e Soros, hanno avuto il sopravvento. Ormai sono rimasti in pochi tra i laici e tra gli studiosi climatici a sostenere la Verità climatica. Si va sempre di più verso le rinnovabili, troppi miliardi investiti per trasformare il pianeta in un immenso giardino di pale eoliche e pannelli solari per tornare indietro…la strada é  drammaticamente tracciata trainata dai venti di guerra…ci si dimentica che geopoliticamente si sta commettendo lo stesso errore che i paesi Europei hanno fatto con la dipendenza di gas dalla Russia…stiamo consacrando il potere imperialista della Cina dove verranno prodotti negli anni futuri la stragrande maggioranza degli strumenti rinnovabili del pianeta, e poco importa se per fare ciò il gigante asiatico inquinerà più del triplo per produrre la nostra energia pulita del futuro e per usare un eufemismo, ci terrà per le p.alle! Troppi poteri forti dietro, dicevo, gli stessi che hanno creato dal nulla la faccia pulita di Greta Thumberg, una bambina dalla faccia pulita appunto, era quello che serviva per spaventare e sensibilizzare le nostre ( loro) coscienze, per accelerare un processo che già 12 anni fa mentre nasceva questo blog, aveva già seminato i suoi primi frutti. Gli stessi fanatici che nelle principali città Europee stanno bloccando il traffico delle grandi arterie cittadine per portare avanti il loro credo fanatico, noncuranti del lavoro e della vita degli altri…dal 2010 fino al 2030, nei nostri oneri di sistema si nasconde il pegno da pagare per finanziare le rinnovabili, 200 miliardi di euro saranno spesi da noi cittadini per arricchire l Elite della finanza mondiale con la bufala dell energia verde…e mentre noi ci ripuliremo la coscienza ( a caro prezzo) Cina ed India avranno moltiplicato le loro emissioni di CO2, le stesse che i fanatici verdi vogliono eliminare nei paesi occidentali…da medico non critico a priori l energia pulita se associo questa alla diminuzione dello smog nelle grandi città, e agli effetti nocivi che questo provoca sulla nostra salute, ma ciò che continuerò a criticare con tutte le mie forze, é la dietrologia fanatica ed irrazionale che sta dietro a tutto ciò, l immensa bufala che l’uomo possa incidere così fragorosamente sui cambiamenti climatici…e se gli fai notare che il clima é sempre cambiato migliaia di volte negli ultimi 300.000 anni , ti tirano fuori la tiritera che mai é cambiato così repentinamente, e non si rendono conto che i loro calcoli non sono realtà ma solo proiezioni statistiche elaborate dai loro software ( gli stessi che magari hanno ingannato la comunità scientifica internazionale, alias l ormai celeberrima mazza da hockey) prive di alcun fondamento scientifico concreto…mala tempora currunt…

Un saluto a tutti quelli che per caso( ormai) passeranno di qua per leggere…

Simon

 

Contagi e letalità, è anche una questione meteorologica

Perché in certi Paesi il contagio di Covid-19 è più diffuso che in altri? Non bastano i soli fattori sociali a spiegarlo. Uno studio del professor Nicola Scafetta – messo liberamente a disposizione dall’autore – dimostra una straordinaria somiglianza meteorologica anzitutto tra Wuhan e le province lombarde maggiormente colpite (Milano, Bergamo, Brescia). E lo stesso vale per le altre regioni che via via si aggiungono al triste elenco: freddo temperato (tra i 4 e gli 11°C), alta pressione, scarsa umidità, bassa circolazione dei venti appaiono le condizioni ideali per la diffusione e la letalità del contagio. Situazione destinata a spostarsi sempre più a Nord, fin quasi a rallentare del tutto in estate. Ma attenzione, perché in autunno ricomincia il giro, quindi non bisogna abbassare la guardia.

– IL TESTO INTEGRALE DELLO STUDIO (in Italiano) II ENGLISH (ORIGINAL)

Tanto tempo fa, nell’ormai lontano mese di febbraio, si dava quasi per scontato che l’epidemia di Covid-19 si sarebbe risolta con l’arrivo della stagione calda. Sono poi arrivate docce fredde, dall’Oms e dalla nostra virologa Ilaria Capua che hanno posto quasi del tutto fine a questa speranza: non ci sono prove che attestino come il nuovo coronavirus possa perdere slancio la prossima estate. Quindi è ancora tutto da dimostrare. Ma un nuovo studio, a firma di Nicola Scafetta (Università di Napoli Federico II) rimette al centro la temperatura. Lo studio del professore di Oceanografia e Fisica dell’atmosfera, che alleghiamo in versione integrale in formato Pdf, trova una correlazione tra tassi di diffusione e virulenza del Covid-19 e condizioni meteorologiche. Ovviamente quello delle condizioni meteorologiche è solo uno dei fattori che contribuiscono a diffusione e letalità, ma lo studio – il primo del genere – ha il merito di spiegare la prevalenza dell’epidemia in alcune regioni e, su questa base, prevedere i probabili tassi di diffusione nel prossimo futuro.

In questi mesi ci siamo posti una serie di domande: perché l’Italia e la Spagna sì, ma la Grecia no? Perché la Russia è stata quasi del tutto risparmiata, nonostante la vicinanza della Cina? Perché il virus non si diffonde altrettanto rapidamente nel Sud del mondo (Asia meridionale, Africa e America latina)? Perché l’Europa orientale e lo spazio ex sovietico sono meno colpiti?

Non solo la pandemia di Covid-19 (scoppiata fra novembre e gennaio nella Cina centrale), ma in genere tutte le malattie respiratorie, dal semplice raffreddore alla più grave polmonite, si manifestano maggiormente nella stagione invernale e passano in primavera, sia perché le condizioni meteorologiche facilitano il contagio, sia perché i nostri sistemi immunitari sono più deboli. E’ senso comune a suggerirlo e a quanto pare, la nuova malattia non fa eccezione. Ma non tutti i tipi di freddo sono il terreno ideale per la diffusione di questa epidemia: gli elementi sono anche la bassa umidità, l’alta pressione, il poco vento e un freddo temperato, dai 4°C agli 11°C. Cosa che spiegherebbe perché le steppe siberiane da una parte e le giungle tropicali dall’altra paiono aver immunizzato (non del tutto) le popolazioni che vi abitano.

Il professor Scafetta ha osservato una straordinaria somiglianza meteorologica in tutte le zone maggiormente colpite dall’epidemia, nel momento in cui colpisce più duramente. A Wuhan e nello Hubei cinese, il coronavirus si è diffuso soprattutto fra gennaio e febbraio, in Italia e Spagna soprattutto fra febbraio e marzo, mentre in Germania, Francia e Regno Unito soprattutto dal mese di marzo e negli Stati Uniti dalla fine di marzo. Questa progressione potrebbe non essere casuale, né dettata dai soli fattori sociali (maggiori collegamenti internazionali, politiche di quarantena e controllo delle dogane più o meno efficaci). “Ho mostrato – scrive Scafetta – che fra la regione di Wuhan, nella provincia dello Hubei, nella Cina centrale, e le province italiane di Milano, Brescia e Bergamo, che al momento sono le più colpite dalla pandemia di Covid-19, ci sono sorprendenti somiglianze nelle condizioni meteorologiche fra gennaio e marzo. In particolare, le condizioni meteo di Wuhan fra la fine di gennaio e febbraio, quando il contagio di Covid-19 ha colpito più gravemente la regione, è quasi identica alle condizioni meteo fra febbraio e marzo nelle province del Nord Italia”.

Questo perché, come nelle altre malattie respiratorie, “in generale possono sussistere diversi meccanismi biologici, fisici e solari che probabilmente influiscono sulla sopravvivenza stagionale del virus e sulla sua trasmissibilità per via aerea, così come influire sulla predisposizione del sistema immunitario umano”. Il freddo secco, l’alta pressione e la bassa forza dei venti sarebbero le condizioni ideali per la diffusione dell’epidemia. Quando parliamo o tossiamo “le goccioline potenzialmente portatrici del virus, rimangono più a lungo in aria perché si riducono di dimensioni”. Mentre se la temperatura fosse più alta e, soprattutto, piovesse: “l’umidità o la pioggia faciliterebbero la loro rimozione dall’aria”. Anche il sole giocherebbe il suo ruolo: “Nell’emisfero settentrionale, l’inverno è caratterizzato anche da meno ore di luce solare e di esposizione ai raggi UV, che possono avere un effetto sterilizzante”.

Mentre un ruolo solamente secondario sarebbe giocato dall’inquinamento, che è uno dei principali accusati della diffusione del morbo in aree densamente abitate e industrializzate quali Wuhan e la Pianura Padana: secondo Scafetta la concentrazione di inquinanti può facilitare la trasmissione del virus, ma è un effetto del meteo (alta pressione, poco vento, freddo secco) e non la causa. Infine, ma non da ultimo: “il tempo freddo normalmente aumenta la predisposizione delle persone agli attacchi dei virus”.

Mostrando le mappe del ciclo delle stagioni, il professore di Napoli ci spiega come è progredita l’epidemia finora, ma anche come è probabile che si evolva in futuro. Le stesse condizioni infatti si stanno ripresentando nell’Europa centro-occidentale: Germania, Francia, Regno Unito. Ed ora negli Stati Uniti, nelle aree con una situazione meteo più simile a quella dell’Europa occidentale. Nella tarda primavera tenderà a muoversi verso Nord: i prossimi che dovrebbero prepararsi sono il Canada, i Paesi scandinavi e la Russia, e anche alcune regioni fredde dell’emisfero Sud, come la Nuova Zelanda, il Cile e parte dell’Argentina. Fra giugno e luglio dovrebbe andare meglio un po’ ovunque. L’area tropicale potrebbe essere protetta più di altre, per un clima caldo tutto l’anno.

Ma attenzione, perché arriverà quasi inevitabilmente anche una seconda ondata. A partire da agosto, infatti, i cambiamenti stagionali delle temperature si invertono. In Italia il novembre è il mese che replica solitamente le condizioni climatiche di marzo e il dicembre quelle di febbraio. Mai abbassare la guardia, dunque: la bella stagione non serve a “distruggere” il virus, né a fermare l’epidemia, semmai a rallentare i contagi. Meglio sapere per tempo quando attuare le politiche di contenimento: in pratica, entro l’inizio del prossimo novembre dobbiamo farci trovare pronti.

Qui potete trovare la pagina originale del lavoro:
Scafetta, N.: A Proposal for Isotherm World Maps to Forecast the Seasonal Evolution of the SARS-CoV-2 Pandemic,
Pagina Web: https://www.preprints.org/manuscript/202004.0063/v1

Fonte : https://www.lanuovabq.it/it/contagi-e-letalita-e-anche-una-questione-meteorologica

Gli orsi polari che passeggiano a Novaya Zemlya

Le notizie sulla “invasione di orsi polari” a Novaya Zemlya in Russia sono state inevitabilmente pubblicate dai media come conseguenza dei cambiamenti climatici:

  

 Tuttavia, gli esperti locali capiscono meglio il vero motivo, come rivela l’osservatore di Barents:

Immagine

Questa storia potrebbe benissimo essere intitolata: «Quando internet è arrivata a Novaya Zemlya».

La gente del posto ha iniziato a pubblicare foto e video degli oltre 50 orsi polari nel loro quartiere. Nell’ultima settimana, i social media e i giornali online sono impazziti per le notizie provenienti da una delle città più remote del pianeta, l’insediamento militare chiuso di Belushaya Guba.

La piccola città dell’Arcipelago Artico russo è stata alle prese con orsi polari che camminano per le strade e agli angoli degli appartamenti e degli uffici. Anche a piedi da un passeggino all’interno di un ingresso, uno degli spettacoli di videoregistrazione .

Belushya_Guba_on_map_of_Novaya_Zemlya_SM wikipedia

Le autorità regionali hanno dichiarato lo stato di emergenza dopo che gli orsi non reagiscono più al rumore e ai segnali luminosi dalle guardie che cercano di spaventarli.

Belushaya Guba, come l’intera Novaya Zemlya, è chiusa nell’area militare. La base aerea di recente ristrutturazione di Rogachevo si trova a pochi chilometri fuori città.

Ma perché gli orsi non vogliono lasciare l’insediamento? Come riportato in precedenza dal Barents Observer, il mar di Kara al largo della costa orientale di Novaya Zemlya questo inverno é pieno di ghiaccio alla deriva.

Ora, sembra che lo spreco di cibo umano abbia un ruolo molto più centrale nella storia rispetto al solo riscaldamento dell’Artico.

Ma prima uno sguardo ai molti media, incluso il Barents Observer , che la scorsa settimana è balzato alle conclusioni che indicano i cambiamenti climatici quando le storie sugli orsi polari sono nei guai, o che creano problemi, e queste storie sono arrivate alle redazioni globali razie ad internet.

Il portale del blog Polar Bear Science ha mandato molti link ai tanti giornali che riportano le immagini sensazionali di Novaya Zemlya.

Il Guardian scrive «Questi orsi polari in un condominio russo rivelano la crisi climatica». Il Washington Post scrive sotto il titolo «Una ‘invasione di massa’ di orsi polari sta terrorizzando una città insulare. Il cambiamento climatico è da condannare »e la CBC fa una conclusione simile sottolineando nel suo articolo« La città artica russa invasa dagli orsi polari, i cambiamenti climatici incolpati ».

Mats Forsberg ha navigato in spedizioni dal 1982 e ha assistito in produzioni televisive sugli orsi polari nell’Artico. Ha una conoscenza di prima mano sul comportamento degli orsi polari.

«Questi orsi sono ben nutriti», dice al Barents Observer dopo aver esaminato alcuni dei video.

«Direi che questi orsi non gironzolano per le case a causa dei cambiamenti climatici. Hanno un’enorme quantità di cibo scaricata nella natura dagli umani », dice Forsberg e conclude:« Questo è un problema creato dall’uomo in loco ». Insomma il problema é la spazzatura umana.

Alcuni dei video pubblicati dai residenti locali su Vkontakte mostrano come decine di orsi polari stanno mangiando immondizie nella discarica locale di Belushaya Guba. Gli orsi sembrano davvero grassi.

Valutando i resoconti dei media, conclude il blog Polar Bear Science . «Il problema è attribuito al riscaldamento globale, ma come spesso accade, questa affermazione non regge al controllo.»

Quindi abbiamo scoperto che gli orsi preferiscono cenare in discarica.

Belushaya Guba garbage dump_Daily Mail_11 Feb 2019

Il blog è gestito da Susan Crockford, zoologa con oltre 35 anni di esperienza, tra cui lavori pubblicati sulla storia dell’Oloca degli animali artici.

https://thebarentsobserver.com/en/ecology/2019/02/well-fed-polar-bears-are-are-not-stuck-novaya-zemlya-due-climate-change-expert-says

Ma andiamo in poco piú a fondo su questa storia.

Per prima cosa guardiamo l’andamento della temperatura su Novaya Zemlya:

https://data.giss.nasa.gov/tmp/gistemp/STATIONS/tmp_222207440000_5_0_1/station.png

https://data.giss.nasa.gov/cgi-bin/gistemp/stdata_show.cgi?id=222207440000&dt=1&ds=5

Secondo il GISS, c’è poca tendenza e le temperature sono state altrettanto alte negli anni ’30 e ’40, e anche nei primi anni del 1900, quando c’erano molti orsi polari ma non internet.

L’attrazione delle discariche per gli orsi polari poi non è certo nuova. Il New York Times riportò esattamente lo stesso accadimento a Churchill, Manitoba nel 1971:

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OTTAWA, 20 nov. – Il mese scorso, 24 orsi polari sono stati fatti uscire dalla città di Churchill, nel Manitoba, al costo di circa $ 400 ciascuno in una operazione di salvataggio molto pubblicizzata.

Due degli orsi peró sono tornati in città questa settimana e, secondo i funzionari di Ottawa, è solo una questione di tempo prima che gli altri seguano.

I 24 orsi erano stati trasportati in un punto isolato sulla Baia di Hudson, ad est di Churchill, dove si pensava che avrebbero potuto fare il loro ciclo invernale andando a caccia indisturbati. I due animali sono tornati in circa 15 giorni, il che significa che hanno fatto una media di 20 miglia al giorno. Poiché gli orsi polari in condizioni di migrazione normale coprono non più di cinque miglia al giorno, gli uomini della fauna selvatica ipotizzano che i premi cibari della discarica di Churchill possano aver stimolato l’istinto naturale degli orsi.

Le discariche di Churchill e del vicino Fort Churchill, un’installazione militare, sono diventate felici riserve di caccia per gli orsi artici. I cittadini, infastiditi dagli orsi che vagavano per le loro strade, avevano pensato che fosse meglio, più facile ed economico spostare gli animali che le discariche.

AG Loughrey, vice rettore del Canadian Wild Life Service di Ottawa, ha detto a un giornalista che a livello globale l’orso polare è in pericolo di estinzione. Ma questo non sembra essere il caso nella zona di Churchill. Su un recente volo intorno a Churchill, una città portuale sulla Baia di Hudson, a 1.200 miglia a nord di Ottawa, Howard ha individuato da 50 a 60 animali in un’area e 160 nei pressi di Cape Churchill.

https://www.nytimes.com/1971/11/21/archives/polar-bears-airlifted-out-return-because-they-love-the-dump.html

Ricordo che questa ultima storia raccontata é del 1971!!!

Le attrazioni dei pasti pronti giù alla discarica erano così grandi, che gli orsi erano felici di percorrere 300 miglia per arrivare in città… E gli orsi bianchi canadesi non sono cosí di gusti differenti degli orsi bianchi russi.

Sand-rio

Probabile fase cruda invernale fine gennaio-febbraio!

Cari amici, lo sconquasso stratosferico avvenuto qualche settimana fa con  propagazione ai piu’ bassi strati dell’atmosfera, non passera’ innosservato! Finalmente stamane in GFS 06 si intravvede il potenziale di tale dinamica:

geopotenziali 500 hpa

temp ad 850 hpa

Finora e’ un run isolato e tra l’altro e’ l’uscita modellistica 06, forse la meno performante tra le 4 uscite quotindiane del modello americano. Il paralello che a breve sostituira’ l’ufficiale, non vede tutto questo…ed anche reading che a detta di statistiche modellistiche e’ il modello piu’ performante di tutti.

Ma gfs non e’ solo:

infatti anche il canadese gem che per primo aveva visto l’ultima retrogressione, vede qualcosa di simile…

Non ci resta che attendere, consci del fatto che ci aspetta un’ultima decade di gennaio e un mese di febbraio non di certo noisi…diamo tempo ai GM di “digerire” lo sconquasso stratosferico ed incrociamo le dita che un nucleo siberiano riesca a colpire anche il bel paese…

Simon