Archivi categoria: Curiosità sul Sole

Questa revisione del sunspot number fa proprio comodo …. (NOTA : Perchè si sono dimenticati di tracciare la transizione fra il ciclo SC23/24 e il corrente SC24 ?)

Ricerche scientifiche indicano che il 65% delle persone riescono a ricordare un messaggio contenente immagini e testi, mentre solo il 10% riesce a ricordare quelle composte dal solo testo!

http://www.crearelogo.it/limportanza-della-comunicazione-visiva/

Il Sole scagionato

Un nuovo metodo di conteggio delle macchie solari mostra un’attività stabile negli ultimi 400 anni, in contrasto con l’aumento progressivo, frutto, pare, di un errore di calibrazione. Questo risultato mette in forte crisi l’ipotesi che vi sia una correlazione tra l’attività solare e i cambiamenti climatici osservati sul nostro pianeta. Il nuovo studio è stato presentato alla XXIX Assemblea Generale dell’IAU.

Il minimo di Maunder è il nome con cui si identifica un periodo che va dal 1645 al 1715, caratterizzato da uno scarso numero di macchie solari e da inverni molto rigidi. Questa correlazione ha portato a dedurre che ci potesse essere un legame tra attività solare e il cambiamento climatico. Fino ad ora vi è sempre stato un consenso generale circa l’aumento dell’attività solare negli ultimi 300 anni (a partire dalla fine del minimo di Maunder), con un picco nel tardo 20° secolo chiamato da qualcuno il Grande Massimo Moderno.

Questa tendenza ha portato a concludere che il Sole abbia svolto un ruolo significativo nei moderni cambiamenti climatici. Tuttavia, la discrepanza tra i conteggi del numero di macchie solari ottenute con due metodi differenti ha provocato negli anni delle controversie tra gli scienziati.

I due metodi di conteggio del numero di macchie solari si chiamano il Wolf Sunspot Number (WSN) e il Group Sunspot Number (GSN) e indicano livelli significativamente diversi di attività solare prima del 1885 e intorno al 1945. Il WSN è stato messo a punto da Rudolf Wolf nel 1856 ed è la tecnica più antica di conteggio delle macchie solari. Il metodo di basa sul numero di gruppi di macchie e sul numero di macchie all’interno di ogni gruppo. Nel 1994 sono stati sollevati i primi dubbi circa la validità del metodo WSN, poiché le limitazioni dovute ai telescopi più antichi rendono facile perdere di vista le macchie più piccole. A partire da queste considerazioni, nel 1998 è stato introdotto il metodo GSN, basato unicamente sul numero di gruppi di macchie, in grado di risalire fino ai dati raccolti da Galileo Galilei.

Un disegno del Sole realizzato da Galileo Galilei il 23 Giugno 1613 che mostra le posizioni e le dimensioni delle macchie solari. Galileo fu uno dei primi a osservare e registrare il numero e la forma delle macchie solari. Crediti: The Galileo Project/M. Kornmesser

Questi due metodi producono risultati molto diversi per i dati precedenti al 1885, inoltre il GNS mostra un andamento in continua crescita che parte dal 18° secolo e culmina nel 20° secolo, non confermato dal WSN. In generale, le discrepanze prodotte da questi due metodi e le loro possibili implicazioni su attività solare e cambiamenti climatici rendevano difficile pensare che potessero continuare a coesistere.

Il recente conteggio del numero di macchie solari è frutto del Sunspot Number Version 2.0, implementato da Frédéric Clette, Direttore del World Data Centre a Bruxelles, Ed Cliver del National Solar Observatory e Leif Svalgaard della Stanford University in California. Questo nuovo metodo confuta l’ipotesi che vi sia stato un Grande Massimo Moderno.

I risultati, presentati la scorsa settimana alla XXIX Assemblea Generale dell’Unione Astronomica Internazionale a Honolulu, rendono difficile spiegare i cambiamenti climatici osservati a partire dall’inizio del 18° secolo fino a tutta la rivoluzione industriale del 20° con un’influenza significativa da parte dell’attività solare. L’apparente tendenza al rialzo del numero di macchie tra il 18° secolo e la fine del 20° secolo è stata riconosciuta come frutto di un importante errore di calibrazione del Group Sunspot Number. Ora che questo errore è stato corretto, l’attività solare appare relativamente stabile dal 1700 ad oggi. Il numero di macchie solari è l’unica misura diretta dell’evoluzione del ciclo solare su più secoli ed è attualmente l’esperimento scientifico della durata più estesa in assoluto.

La nuova misura del numero di macchie solari fornisce un valore omogeneo, che comporta un’attività solare sostanzialmente costante negli ultimi 400 anni. I modelli di evoluzione del clima dovranno essere corretti tenendo conto del nuovo quadro delle variazioni a lungo termine dell’attività solare. Questo lavoro stimolerà nuovi studi sia in fisica solare, per quanto riguarda i modelli e le previsioni dei cicli solari, che in climatologia. Inoltre, potrà essere utilizzato per estrapolare decine di millenni di storia dell’attività solare a partire da carotaggi di ghiaccio e anelli degli alberi, aiutando a chiarire il ruolo svolto dal Sole nei cambiamenti climatici su scale temporali ancora più lunghe.

Lo studio di fatto rafforza l’opinione di quanti, la maggioranza ormai, imputa i cambiamenti climatici in atto come imputabili, quasi interamente, ad un effetto antropico, all’influenza dell’uomo sul pianeta e dovrebbe imporre un’accelerazione sulle politiche energetiche che portino ad un abbattimento delle emissioni nocive nell’atmosfera.

Fonte : http://www.media.inaf.it/2015/08/11/il-sole-scagionato/

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Nota ripresa dal blog Tallbloke’s :

https://tallbloke.wordpress.com/2015/08/11/solar-hide-the-decline/

In questi ultimi anni si discute la pausa, per quanto riguarda la crescita delle temperature globali, lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento degli oceani, etc….

La questione : Perchè nel grafico del rivisto conteggio delle macchie solari si sono fermati al 1996 ? Perchè non è stato riportata la transizione fra il ciclo 23 e 24 e l’attuale progressione del corrente debole ciclo solare ?

L’originale :

L’osservazione riportata sul blog inglese :

Meditate gente ….

😉

 

Le stagioni del Sole

La nostra stella è soggetta non solo ad un andamento ciclico undecennale, ma anche a una sorta di variabilità stagionale, assai più breve. Questa l’ipotesi avanzata da un team di ricercatori e pubblicata in un articolo sulla rivista Nature Communications. Il commento di Mauro Messerotti dell’INAF

Abbiamo imparato, partendo dall’osservazione del numero delle macchie solari e via via, sempre più approfonditamente con altri metodi d’indagine, a riconoscere che il Sole completa un ciclo di attività in circa undici anni. Le cose però non sono sempre così semplici: a volte questo intervallo di tempo risulta essere un po’ più breve, a volte un po’ più lungo. A complicare ancora di più la situazione ci sono cicli i cui massimi e minimi sono più o meno intensi di altri e manifestazioni assai violente che si sviluppano nei periodi di salita o di discesa dei cicli. A dare una interpretazione di questi inattesi comportamenti arriva dalle colonne di Nature Communications uno studio guidato da Scott McIntosh, direttore dell’High Altitude Observatory del National Center for Atmospheric Research negli Stati Uniti. Nell’articolo i ricercatori suggeriscono che alla base ci sia un effetto di variabilità ‘stagionale’ del Sole, che si manifesta con un periodo assai più breve – quasi due anni – e che va ad interagire con quello undecennale. Le variazioni stagionali sembrano essere indotte da cambiamenti nelle bande in cui si dispongono gli intensi campi magnetici in ciascun emisfero solare. Queste bande determinano anche l’andamento del ciclo solare a 11 anni, che a sua volta è parte di un andamento periodico più lungo, di durata circa doppia. «Quello su cui ci siamo concentrati è il principale responsabile delle tempeste solari» dice McIntosh. «Capire meglio come si formano queste bande nel Sole e come producano instabilità stagionali ci dà la possibilità di migliorare notevolmente le previsioni di eventi legati alla meteorologia spaziale». Lo studio segue infatti la linea d’indagine sulla variabilità del Sole legata al comportamento delle sue bande magnetiche, iniziata lo scorso anno con un altro articolo, pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal e a prima firma sempre di McIntosh: il quell’articolo si ipotizza che il ciclo undecennale della nostra stella sia guidato dai comportamenti di due bande parallele di polarità magnetica opposta che migrano lentamente, nel corso di quasi 22 anni, da alte latitudini verso l’equatore, dove si incontrano e quindi si annullano a vicenda.

Nel nuovo studio, viene messo in evidenza come il processo di migrazione delle bande produce anche variazioni stagionali nell’attività solare che possono raggiungere intensità analoghe a quelle che ne determinano la modulazione a 11 anni. E questo in ciascuno dei due emisferi. «In analogia con le correnti a getto che si propagano nell’atmosfera della Terra, che hanno pesantemente influenzato i comportamenti meteorologici su scale regionali negli ultimi due anni, anche le bande sul Sole generano onde che si propagano molto lentamente ma che possono espandersi e deformarsi» aggiunge Robert Leamon, della Montana State University, che ha partecipato allo studio. «A volte, questo produce un mescolamento di parte dei campi magnetici tra due bande contigue. In altri casi, l’effetto di trascinamento fa emergere campi magnetici prossimi alla tachocline, fino verso alla superficie». Queste risalite di plasma altamente magnetizzato destabilizzano pesantemente la corona e innescano le più violente tempeste solari: più del 95 per cento dei brillamenti e delle eiezioni di massa coronale più intensi possono essere ricondotti ad esse. Questo scenario riesce a spiegare anche il perché gli eventi solari più energetici di solito si concentrano un anno o più dopo il massimo, calcolato tramite il numero delle macchie, fenomeno che prende il nome di Gnevyshev Gap, dal nome dello scienziato sovietico che per primo, negli anni ’40 del secolo scorso, mise in evidenza questo comportamento: a produrlo sarebbero i sempre le variazioni stagionali dell’attività solare.

«Il ciclo di attività solare è il risultato dell’evoluzione nel tempo di una complessa varietà di fenomeni che lo caratterizzano, ma che non sono stati ancora completamente identificati e quantificati» commenta Mauro Messerotti, esperto di fisica solare dell’INAF. «Questo aspetto, insieme al fatto che il Sole presenta le caratteristiche di un sistema fisico complesso, rende molto difficile la modellizzazione e quindi la previsione dell’evoluzione del ciclo stesso ed anche dei fenomeni ad esso collegati, come le tempeste solari. Il lavoro di analisi ed interpretazione degli autori aggiunge un ulteriore tassello al mosaico, perché identifica uno dei fattori concorrenti di variazione che dà origine ad una modulazione su una scala di tempo di quasi due anni. Le osservazioni indicano che le tempeste solari si possono verificare in qualsiasi momento del ciclo di attività, ovvero nella fase di salita verso il massimo, al massimo e nella fase di discesa. Sapere che esiste anche una “stagionalità” dei fenomeni con un periodo inferiore a due anni e potendo identificare in quale “stagione”, più o meno produttiva, il Sole si trova, aumenta l’affidabilità delle previsioni dei fenomeni all’origine dello “space weather” come i brillamenti e le eiezioni di massa dalla corona solare (CME, Coronal Mass Ejections)».

Per approfondimenti, la carta : http://www.nature.com/ncomms/2015/150407/ncomms7491/pdf/ncomms7491.pdf

Fonte : http://www.media.inaf.it/2015/04/07/le-stagioni-del-sole/

Brightpoints : Nuovi indizi per determinare il ciclo solare

Un insieme di 25 immagini separate, scattate dall’osservatorio SDO della NASA, che coprono un anno: dall’aprile 2012 all’aprile 2013. L’immagine rivela la migrazione delle regioni attive verso l’equatore durante tale periodo. Credit: NASA / SDO / Goddard

Circa ogni 11 anni il sole subisce un cambiamento di personalità completo, passando da una tranquilla attività ad una attività violenta. L’apice dell’attività del sole, conosciuta come massimo solare, è un periodo con numerose macchie solari, punteggiate da profonde eruzioni che inviano radiazioni e particelle solari fuori dai confini dello spazio. Tuttavia, i tempi del ciclo solare sono tutt’altro che precisi. Dal momento in cui gli esseri umani cominciarono regolarmente la registrazione delle macchie solari, nel 17° secolo, il tempo intercorso tra un massimo solare e il successivo è stato inferiore a nove anni fino al ciclo 14, il che rende difficile determinarne la causa. Ora i ricercatori hanno scoperto un nuovo marker per monitorare il corso del ciclo solare: i brightpoints, piccoli punti luminosi nell’atmosfera solare che ci permettono di osservare costantemente i movimenti torbidi del materiale all’interno del sole. Questi marcatori forniscono un nuovo modo di osservare i campi magnetici, come si evolvono e si muovono nella nostra stella.  Storicamente le teorie su quello che sta succedendo all’interno del sole, e su ciò che guida il ciclo solare, hanno fatto affidamento su una sola serie di osservazioni: la rilevazione delle macchie solari, un set di dati che si perde nei secoli. Negli ultimi decenni, rendendosi conto che le macchie solari sono aree di campi magnetici intensi, i ricercatori sono stati anche in grado di includere osservazioni di misure magnetiche del sole da più di 90 milioni di miglia di distanza. “Le macchie solari sono state il marcatore perenne per la comprensione dei meccanismi che governano l’interno del sole”, ha detto Scott Mc Intosh, uno scienziato spaziale presso il National Center for Atmospheric Research a Boulder, in Colorado, e primo autore di un saggio su questi risultati che sono usciti il primo settembre 2014, su Astrophysical Journal. “Ma i processi che formano le macchie solari non sono ben compresi, e molto meno lo sono quelli che governano la loro migrazione e che determinano il loro movimento. Ora possiamo vedere che ci sono dei punti luminosi nell’atmosfera solare che agiscono come boe ancorate, se confrontate con quello che sta succedendo molto più in basso, aiutandoci quindi a ipotizzare un quadro diverso dell’interno del sole.” Nel corso di un ciclo solare, le macchie solari tendono a migrare progressivamente verso l’equatore. La teoria prevalente è che due grandi anelli simmetrici, in ciascun emisfero solare, come enormi nastri trasportatori, “spazzano” dai poli all’equatore, dove affondano più in profondità giù nel sole e poi si fanno strada a ritroso verso i poli. Questi nastri trasportatori muovono anche il campo magnetico attraverso l’atmosfera solare. La teoria suggerisce che le macchie solari si muovono in sintonia con questo flusso; il monitoraggio delle macchie solari ha permesso lo studio di questo movimento e le teorie sul ciclo solare si sono sviluppate sulla base di tale progressione. Ma molto rimane ancora sconosciuto: Perché le macchie solari compaiono solo a latitudini inferiori a circa 30 gradi? Che cosa nelle macchie solari dei cicli consecutivi fa capovolgere bruscamente la polarità magnetica da positivo a negativo o viceversa? Perché i tempi del ciclo sono così variabili? A partire dal 2010, Mc Intosh e i suoi colleghi hanno iniziato il monitoraggio delle dimensioni delle diverse aree magneticamente equilibrate sul sole, cioè le zone dove ci sono un numero uguale di campi magnetici. La squadra ha trovato particelle magnetiche di dimensioni  già  viste in precedenza, ma anche gruppi di macchie molto più grandi rispetto a quelle rilevate in passato, di ampiezza più o meno pari al diametro di Giove. I ricercatori hanno rilevato queste regioni anche nelle immagini dell’atmosfera solare, cioè  la corona, catturate dalla NASA Solar Dynamics Observatory o SDO. Hanno notato che i punti onnipresenti di luce ultravioletta e raggi X estremi, noti come brightpoints, preferiscono librarsi attorno ai vertici di queste grandi aree, soprannominate “G-nodes” a causa della loro scala gigante. Questi brightpoints e G-nodes, quindi, ci permettono di utilizzare un nuovo metodo per seguire la traccia del materiale che fluisce all’interno del sole e il modo in cui ciò avviene. Mc Intosh ed i suoi colleghi hanno poi raccolto le informazioni sul movimento di queste aree nel corso degli ultimi 18 anni, ricavate dalle osservazioni rese disponibili dall’Agenzia Spaziale Europea e dalla NASA,  effettuate durante il monitoraggio dell’ultimo ciclo solare e di quello attualmente in corso ad opera del Solar and Heliospheric Observatory (SOHO) e del Solar Dynamics Observatory (SDO). Essi hanno scoperto che le bande di questi marcatori – e quindi i corrispondenti grandi campi magnetici – si sono spostati progressivamente nel tempo verso l’equatore lungo lo stesso percorso delle macchie solari, ma il loro inizio è ad una latitudine di circa 55 gradi. Inoltre, ciascun emisfero del sole di solito ha presente più di una di queste bande .

Mc Intosh spiega che una complessa interazione di linee del campo magnetico può svilupparsi all’interno del sole, e che questa è in gran parte nascosta alla nostra vista. Le osservazioni recenti suggeriscono che il sole è popolato da bande di materiale magnetico polarizzato in modo diverso che, una volta formatesi, si muovono costantemente dalle alte latitudini verso l’equatore . Queste bande avranno una polarità magnetica nord o sud e la loro alternanza di segno, in ciascun emisfero, farà in modo che le polarità si annulleranno sempre.

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In questo scenario, è il ciclo della banda magnetica, cioè la durata dello spostamento di ciascuna banda verso l’equatore, che definisce veramente l’intero ciclo solare. “Così, il ciclo solare di 11 anni può essere visto come la sovrapposizione tra due cicli molto più lunghi”, ha detto Robert Leamon, co-autore alla Montana State University di Bozeman e della NASA a Washington. Il nuovo modello concettuale fornisce anche una spiegazione del perché le macchie solari sono intrappolate sotto i 30 gradi e bruscamente cambiano segno. Tuttavia, il modello ci conduce di conseguenza ad un’interrogativo: Perché i marcatori magnetici, i brightpoints e i G-nodes, iniziano ad apparire a 55 gradi? “Soprattutto a quella latitudine, l’atmosfera solare sembra essere scollegata dalla rotazione che avviene sotto di essa”, ha detto McIntosh. “Quindi vi è motivo di ritenere che dentro il sole c’è un movimento interno e una evoluzione alle alte latitudini rispetto alla regione vicino all’equatore, molto diversa. 55 gradi sembra essere una latitudine critica per il sole e questo fatto è qualcosa che  bisogna esplorare ulteriormente.” Le teorie sui cicli solari sono le più utilizzate per fare previsioni su quando avremo il prossimo minimo e il prossimo massimo solare. Questo lavoro di ricerca prevede che il sole entri nel minimo solare intorno alla seconda metà del 2017, con le macchie solari del ciclo successivo che appariranno verso la fine del 2019. “Le persone fanno le loro previsioni su quando questo ciclo solare finirà e il prossimo avrà inizio”, ha detto Leamon. Alcuni affermano nel 2019 o 2020. Alcune persone avranno ragione e gli altri torto.”Nel frattempo, a prescindere dal fatto che la nuova ipotesi fornita da Mc Intosh e dai suoi colleghi sia corretta, questo insieme di punti luminosi e aree g-nodes nel lungo termine offrono una nuova serie di osservazioni per esplorare l’attività solare al di là delle sole macchie solari. Inserendo queste informazioni nei modelli solari, avremo l’occasione per migliorare le simulazioni della nostra stella.

Fonte : http://www.sciencedaily.com/releases/2014/09/140903104743.htm

Ciclo solari 21 & 22, sviluppi di una teoria in “BASIC”

Listato basic

La passata settimana, un  nostro affezionato lettore di nome Vincenzo, mi ha inviato un curioso ed interessante articolo. Articolo ripreso da una vecchia rivista, del Febbraio 1989 e al cui interno si trovava un particolare studio, sulla genesi dei cicli solari 21 & 22, in relazione alle dinamiche planetarie. Lo studio e il vero e proprio listato sono stati realizzati dal radioamatore Emilio Focosi e con il supporto di uno dei primi PC dell’epoca e nel quale, il radioamatore, ha messo insieme un programma in grado di calcolare l’attività solare dal 1974 al 1989. Tuttavia, per poter far coincidere i diagrammi ottenuti, con quelli rilevati nei decenni passati, ha dovuto introdurre nel calcolo un corpo celeste di dimensioni molto maggiori di Giove e orbitante molto all’esterno del sistema solare.

Il file contenente l’intero articolo, scannerizzato ed in formato pdf è disponibile al seguente link : Ciclo Solare-1

Il nocciolo della metodologia, si trova nella tabella a pagina 60 e nella rappresentazione della risultante delle forze mareali, a pagina 61, che evidenzia il contributo della triade Giove-Venere e Terra e l’ipotetico sistema “X”.

Triade Giove-Venere-Terra

Prima di lasciarvi alla lettura dell’articolo, riporto questo interessante passo conclusivo ripreso dall’articolo. Emilio Focosi, conlude, affermando :

Da quanto indicato nella figura 1, l’attuale ciclo, contrariamente a quello che si va dicendo da più parti, sembrerebbe avere un’ascesa regolare con un primo massimo relativo nel 1990, con successivi massimi nel trienno successivo. Ai posteri l’ardua sentenza…

Prima considerazione, si capisce bene dalle parole del Sig.Focosi, che anche a quei tempi, le previsioni dell’attività solare, rilasciate da chissà quale ente governativo, non erano così ottime… 🙂

Probabilmente, mi viene da pensare, che con cicli solari, così regolari e spinti, quali sono stati il 21 & 22, il gioco funzionava “quasi” perfettamente, vedi l’immagine sopra.

Sinceramente, tuttavia credo, che lanciarsi in una replica del listato scritto in Basic, e una contemporanea ricerca di una possibile connessione astronomica o spiegazione scientifca, che ipotizzi un eventuale sistema esterno al nostro, sia cosa decisamente al limite del fattibile, se non fantascientifica.

Sono perplesso e nutro forti dubbi … vista l’estrema flessibilità dell’attività solare, registrata nei passati secoli. Però, al contempo, nutro anche una forte curiosità.

Curiosità, che mi spinge ad indagare, sviluppare nuovamente il listato, su una eventuale macchina virtuale o altro … (P.S. Io non sono un programmatore, c’è qualcuno che mi può aiutare ? :smile:), in maniera tale da verificare, se allargando la scala temporale dal passato (facciamo ad esempio a partire dal 1900) ai nostri giorni ( vedi l’attuale fase di debolezza dell’attività solare), possa essere presente una possibile relazione.

 

Michele

Interessante scoperta riguardo un ipotetico sotto-ciclo di attività solare della durata di 7.2 mesi

Partiamo innanzi tutto con un breve riassunto del NIA’s Count, visto che un aggiornamento su di esso era da un po’ che non si vedeva.

Prima di tutto segnalo che la pagina è finalmente aggiornata al mese di Maggio con i conteggi ufficiali e validati.

 

perchè partiamo dal NIA’s Count? che c’entra con l’articolo? ci arriviamo, non vi preoccupato, sto solo ripercorrendo quello che ho fatto io per accorgermi di questa strana “coincidenza” nella attività solare.

All’inizio mettiamo subito il grafico riassuntivo, del confronto tra NIA’s ed RI, a partire da Dicembre 2008, ricordandovi che i conteggi NIA’s precedenti al Luglio 2009 non sono ancora quelli ufficiali e validati, così come quelli del SIDC successivi a Dicembre 2011.

 

Si nota un definito rapporto di forza tra i 2 indici, magari non è immediata la cosa, ma l’inserimento del dato “Differenza” non è ovviamente casuale, infatti a partire dal mese di Aprile 2010, tranne rare occasioni, il rapporto tra NIA’s e RI è sempre stato di 1:2

ed ecco il grafico con il rapporto tra i 2 indici

Il rapporto è perfettamente di 1:2

Per verificare quindi quale dei 2 conteggi fosse più sensibile alle variazioni di SF, che tra tutti gli indici in nostro possesso è quello che meglio ci mostra la reale attività solare, ho calcolato i tassi di incremento per tutti e 3 gli indici, standardizzando il tutto per permettere un confronto ho calcolato il quadrato degli scarti degli incrementi del NIA’s e dell’RI rispetto a quelli del SF

gli scarti sono poi stati ricorretti considerando come più importanti quelli relativi alla fase più attiva del sole (cioè i mesi con SF più elevato) e meno importanti quelli relativi alla fase di minimo solare ancora intenso.

So che la spiegazione dovrebbe essere più approfondita, se qualcuno avesse voglia di maggiori informazioni chiedete nei commenti, l’articolo preferisco tenerlo il più leggero possibile.

Trovati gli scarti per entrambi ho quindi calcolato la cumulata, sommandoli uno ad uno per vedere quale delle 2 curve avesse valori maggiori.

Si può vedere come all’inizio le 2 curve fossero uguali per poi quella blu del NIA’s salire leggermente, sempre restando su valori molto bassi, siamo sotto i 5 punti e ricordo che il grafico è una cumulata, quindi i valori sono via via sommati tra di loro.

Verso la 2° parte del 2011 le 2 curve salgono rapidamente, segno di scarti maggiori e con l’inizio del 2012 il NIA’s SN diventa più affidabile dell’RI del SIDC.

ecco il Grafico

ed è proprio andando a calcolare questi scarti che mi sono accorto di una cosa alquanto particolare, ovvero che ci fosse una ciclicità nell’andamento dei tassi di crescita standardizzati che avevo calcolato, infatti ho preso i 3 indici calcolandone la media in modo che potesse sintetizzare l’attività solare ed ecco cosa mi trovo:

C’è una chiara e forte ciclicità che, tralasciando i mesi iniziali dove le variazioni di attività solare erano minime perchè ci trovavano in un minimo molto intenso, notiamo che ogni 7.2 mesi (con intervallo 6-8 mesi) si ripresenta un minimo o un massimo di tasso di crescita.

Ovvero abbiamo 3-4 mesi di attività solare in crescita seguiti da 3-4 mesi di attività solare in decrescita.

vi segno ora i minimi e i massimi rilevati dalla media centrata che ho calcolato, dato appunto che si tratta di una media centrata (per la precisione di una a 3 periodi) è il mese successivo a quello con il valore più basso della media ad essere un minimo o un massimo

Febbraio 2009 —> minimo

Giugno 2009 —> massimo

Settembre 2009 —-> minimo

Gennaio 2010 —> massimo

Maggio 2010 —> minimo

Settembre 2010 —> massimo

Dicembre 2010 —> minimo

Marzo 2011 —> massimo

Giugno 2011 —> minimo

Ottobre 2011 —> massimo

Febbraio 2012 —> minimo

?? Giugno 2012 ?? —> massimo

la mia previsione è quindi che l’attività solare in questo mese sarà maggiore di quella del maggio appena passato, ma che nei prossimi mesi, fino (indicativamente) a Settembre 2012 l’attività solare tornerà a calare o ad essere inferiore di quella di Giugno

Ovviamente se ciò non dovesse avverarsi significa che siamo di fronte ad una incredibile coincidenza, valuteremo a Settembre, intanto però Michele sta già cercando alcune possibili cause che possano aver portare questo fenomeno

Fabio Nintendo